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Le clausole di covendita - Tipologie, inserimento nello statuto e soppressione

di Massimo Simoni e Alessandra Gamba
Il Commercialista Veneto, N. 207 - Maggio / Giugno 2012

Il presente contributo ha lo scopo di illustrare le peculiarità ed il funzionamento delle c.d. clausole di covendita, le quali si inseriscono nel novero delle disposizioni che limitano la circolazione delle azioni. Si tratta di clausole singolari, poiché impongono a taluni soci scelte obbligate che derivano da decisioni di altri soci: così, nel caso della clausola tag along, il socio di maggioranza che intende alienare le proprie partecipazioni sarà costretto, su volontà dei soci di minoranza, a garantire l’impegno all’acquisto, da parte del terzo acquirente e alle stesse condizioni economiche, anche delle quote di minoranza. Nel caso delle clausole drag along e bring along, invece, i soci di minoranza saranno obbligati a vendere le loro azioni qualora il socio di maggioranza decida di cedere la propria quota societaria. Trattandosi di clausole atipiche, si discute circa la loro legittimità ed in merito ai quorum deliberativi necessari per introdurle nello statuto ovvero per sopprimerle.

 

Introduzione

Da qualche anno, ormai, ha iniziato a diffondersi negli statuti societari italiani l’introduzione delle c.d. clausole di covendita. Queste ultime derivano dagli ordinamenti giuridici di common law[1], e, nonostante non siano esplicitamente disciplinate dal nostro codice civile, possono essere inserite nel novero delle disposizioni che limitano la circolazione delle azioni (art. 2355 bis, c.c. [2]).

È da premettere che, benché si sia fatto riferimento agli statuti societari, tali clausole possono essere inserite anche all’interno di patti parasociali. La loro collocazione è di fondamentale importanza ai fini dell’efficacia delle stesse: infatti, qualora le clausole siano inserite all’interno di patti parasociali, esse avranno mera efficacia obbligatoria. Da ciò discende che, in caso di inadempimento da parte di un socio aderente al patto parasociale, il socio soccombente potrà chiedere solamente il risarcimento del danno, ovvero il pagamento di una somma di denaro, qualora sia prevista una clausola penale in tal senso[3]. Al contrario, se le clausole sono inserite nello statuto societario, esse acquistano efficacia reale, e sono opponibili erga omnes. Pertanto, il terzo acquirente che abbia acquistato le azioni con modalità che violano le clausole statutarie, non avrà diritto di essere iscritto nel libro soci della società.

Tanto premesso, si passa all’analisi delle tre tipologie di clausole di covendita: clausole “tag along”, clausole “drag along” e clausole “bring along”.

Diritto di covendita: clausola tag along

La clausola tag along (“patto di accodamento”), detta anche piggy back, è una disposizione prevista a tutela dei soci di minoranza, che mira a disciplinare l’ingresso di nuovi soci di maggioranza in società a ristretta compagine sociale, ove è maggiormente percepita la soggettività dei singoli soci.

Nel caso il socio di maggioranza voglia cedere il proprio pacchetto azionario, la clausola tag along permette ai soci di minoranza di vendere le proprie azioni alle medesime condizioni e allo stesso prezzo concordati dal socio alienante con l’acquirente, sfruttando, dunque, la forza contrattuale del socio di maggioranza. Essa prevede, infatti, che il terzo – acquirente della partecipazione di maggioranza – si renda cessionario anche delle partecipazioni dei soci di minoranza, e determina la sospensione dell’efficacia della vendita azionaria da parte del socio di maggioranza per un certo periodo di tempo, durante il quale i soci di minoranza decidono se “accodare” all’alienazione originaria, proposta dal socio di maggioranza, anche la vendita delle loro azioni. Nel caso i soci di minoranza decidano di esercitare il diritto derivante dalla clausola tag along, verrà definita una nuova proposta di vendita da proporre all’acquirente.

La clausola offre, dunque, una via di uscita ai soci di minoranza al verificarsi di cambiamenti della compagine sociale, soprattutto quando la loro partecipazione alla società dipenda da rapporti, anche personali, con il socio di maggioranza alienante (intuitus personae) [4].

Quanto agli effetti della clausola tag along, secondo la dottrina maggioritaria, il diritto dei soci di minoranza si configurerebbe in un vero e proprio obbligo per i soci di maggioranza e per il terzo acquirente; qualora i soci di minoranza esercitassero tale diritto ed il terzo non acconsentisse ad acquistare anche le loro partecipazioni alle stesse condizioni, il socio alienante di maggioranza non potrebbe pertanto procedere alla cessione delle proprie azioni[5]. In effetti, pare corretto ritenere che la clausola tag along comporti un obbligo in capo al socio alienante, il quale dovrebbe far sì che il terzo acquirente si impegni ad acquistare, alle medesime condizioni, anche le azioni minoritarie, proponendo al socio di minoranza un’offerta di acquisto irrevocabile per un certo periodo di tempo. Se così non fosse, verrebbero meno i benefici offerti dalla clausola in questione, e verrebbe a mancare la sua funzione a tutela dei soci di minoranza.

Nel caso il terzo acquirente non intendesse acquistare anche le azioni dei soci di minoranza, è possibile che i soci decidano di proporre allo stesso un’offerta quantitativamente identica a quella iniziale, ma composta, in proporzione, sia da quote del socio alienante sia da quote dei soci covenditori. In questo modo, i benefici della cessione verrebbero distribuiti in favore di tutti i soci coinvolti[6].

Per quanto riguarda il numero di azioni che i soci di minoranza possono cedere, si ritiene che essi possano cedere l’intero pacchetto azionario, ovvero una parte di esso, calcolato proporzionalmente alle azioni che intende cedere il socio di maggioranza (qualora il socio di maggioranza non venda tutte le azioni possedute).

Quanto all’efficacia della clausola in questione, si è già ricordato che essa può essere contenuta tanto in un patto parasociale (con efficacia obbligatoria), quanto nello statuto (con efficacia reale).

Nel caso sia inserita in un patto parasociale, la clausola tag along potrebbe ricondursi alla disciplina della promessa di cui all’art. 1381 C.C., secondo cui “ colui che ha promesso l'obbligazione o il fatto di un terzo è tenuto a indennizzare l'altro contraente, se il terzo rifiuta di obbligarsi o non compie il fatto promesso ”. Pertanto, il socio di maggioranza che si impegna affinchè il terzo acquirente acquisti anche le quote di minoranza, assume il ruolo di garante e si assume il rischio di inadempimento del terzo. In tale ultimo caso, il socio di maggioranza, in quanto promittente e garante, è tenuto a versare un’indennità ai soci minoritari nel caso il terzo non acquisti le loro partecipazioni.

Qualora la clausola tag along sia inserita nello statuto, invece, essa acquista efficacia erga omnes e i suoi effetti sono, pertanto, opponibili anche al terzo acquirente.

Obbligo di covendita: clausola drag along

La clausola drag along (“patto di trascinamento” – diritto ad essere “trascinati”) prevede un diritto a favore del socio di maggioranza.

Con tale clausola, il socio di maggioranza, che intende alienare la propria quota partecipativa, acquista il diritto di negoziare con i terzi – alle medesime condizioni economiche – la vendita non solo delle proprie azioni, ma dell’intero capitale della società, comprendendo, dunque, anche le partecipazioni di minoranza[7]. Essa si configura, pertanto, come un diritto del socio alienante (il socio di maggioranza), che “trascina” le partecipazioni degli altri soci nel progetto di cessione delle proprie azioni, e come un obbligo dei soci di minoranza [8]. In tal senso, tale clausola è configurabile come un’opzione call a favore di un terzo.

La ratio di siffatta clausola è aumentare il valore del pacchetto azionario: la prospettiva, per un acquirente, di poter acquisire l’intero capitale sociale di una società, senza timore di trovare soggetti sgraditi nella compagine sociale, contribuisce, infatti, ad aumentare il valore delle quote, determinando un “premio di maggioranza” a favore di tutti i soci, compresi quelli di minoranza.

A tal proposito, va osservato che, da un lato, la clausola drag along si potrebbe considerare vantaggiosa anche per i soci di minoranza che volessero speculare sul valore delle loro partecipazioni, dal momento che le loro azioni verrebbero valutate al pari di quelle del socio di maggioranza [9]. Questo aspetto giustifica anche il nomen iuris della clausola, ossia il diritto da parte dei soci di minoranza (anche se in realtà si configura poi come un obbligo alla cessione) ad essere trascinati nella negoziazione, per beneficiare delle vantaggiose condizioni economiche offerte al socio di maggioranza.

Dall’altro lato, tuttavia, ci si è interrogati sulla legittimità della clausola drag along, che ben potrebbe essere utilizzata per estromettere coattivamente i soci di minoranza[10]. In tal senso, è opportuno richiamare l’Ordinanza 31 marzo 2008 del Tribunale di Milano[11], nella quale il giudice, esprimendosi in merito alla possibilità sopra evidenziata, ha affermato che la clausola drag along si realizza attraverso l’obbligo del socio di minoranza di dismettere l’intera partecipazione, dunque attraverso una radicale limitazione dell’autonomia negoziale e del diritto di proprietà che, nel quadro del nostro ordinamento anche costituzionale, può essere legittima solo a certe condizioni, idonee ad evitare il rischio che l’esercizio di un siffatto diritto si traduca nell’ingiustificata espropriazione del socio di minoranza, o nell’abusiva estromissione dello stesso da parte del socio di maggioranza ”. Tra le condizioni che legittimano la clausola in questione, il giudice ha individuato – pena la nullità della clausola stessa - l’equa valorizzazione della partecipazione, quale “congruo contrappeso negoziale” all’impotenza dei soci di minoranza [12]. Pertanto, al socio obbligato a cedere la propria partecipazione dovrebbe essere offerto – sempre secondo il giudice milanese – almeno il valore che gli sarebbe riconosciuto in sede di liquidazione della quota a seguito del recesso (art. 2437 ter, commi 2 e 4, c.c.), ovvero, almeno un valore che non provochi un danno al socio stesso. Si noti che, ai fini dell’equa valorizzazione della partecipazione, a nulla rileva l’esistenza di una clausola di prelazione, poichè l’esercizio del diritto di prelazione, quale alternativa all’obbligo di covendita, non garantisce la congruità del prezzo di alienazione della partecipazione[13].

Obbligo di covendita: clausola bring along

La clausola bring along (“patto di trascinamento” – diritto a “trascinare”) è molto simile alla clausola drag along, ma si distingue per i suoi destinatari, che sono esclusivamente i soci di maggioranza. Tale clausola, infatti, è volta a tutelare il socio di maggioranza, che intenda alienare il proprio pacchetto azionario, nei casi in cui i soci di minoranza hanno un certo “peso”. Si ipotizzi, ad esempio, l’esistenza di clausole statutarie che attribuiscano ai soci di minoranza un diritto di “veto” su certe delibere assembleari o del Consiglio di Amministrazione (si pensi alla nomina di alcuni amministratori[14]). In questi casi, la presenza di soci di minoranza con tali diritti potrebbe scoraggiare i potenziali acquirenti della partecipazione.

La clausola bring along, ponendo in uno stato di soggezione i soci di minoranza, riconosce al socio di maggioranza, che intende cedere le sue azioni (totalmente o in parte), il diritto di obbligare – come avviene con la clausola drag along – i soci di minoranza ad alienare le proprie partecipazioni (totalmente o proporzionalmente); in tal modo non viene neppure compromesso il “premio di maggioranza”. Coerentemente con le finalità perseguite, detta clausola potrebbe interessare anche solo le quote dei soci di minoranza che dispongono dei citati “particolari diritti”, e non necessariamente le partecipazioni di tutti i soci minoritari. Infatti, è la presenza di detti soci (e non della generalità dei soci di minoranza) che potrebbe influenzare negativamente la negoziazione delle partecipazioni, a scapito del “premio di maggioranza”, e che differenzia questa clausola dalla precedente drag along.

Ai fini della legittimità della clausola bring along, si deve ritenere necessaria – pena la nullità della clausola stessa – l’ “equa valorizzazione” della partecipazione, trattandosi di una clausola, al pari della drag along, da cui deriva lo stesso obbligo di cessione, senza possibilità di scelta, da parte dei soci di minoranza.

Introduzione delle clausole di covendita nello statuto e loro soppressione: maggioranza o unanimità

Accanto alle questioni di legittimità delle clausole di covendita (in particolare, drag along e bring along), si pone il problema del quorum necessario per l’introduzione delle clausole di covendita nello statuto sociale.

Il dubbio riguarda esclusivamente l’introduzione di dette clausole in un momento successivo alla costituzione della società, posto che in sede costitutiva è evidente che lo statuto derivi dalla volontà unanime di tutti i soci.

Sul punto ci sono stati, in passato, pareri discordanti: assimilando le clausole di covendita alle ordinarie clausole che limitano la circolazione delle azioni, da un lato, si è registrata l’opinione della maggior parte della dottrina, che sosteneva la sufficienza di una deliberazione con le maggioranze previste per le modificazioni dello statuto, con possibilità di recesso per i soci dissenzienti[15]. Dall’altro lato, l’orientamento della giurisprudenza ha sempre evidenziato la necessità dell’unanimità dei soci, date le peculiarità delle clausole di covendita rispetto alle ordinarie clausole limitative della circolazione delle azioni[16].

In uno dei più recenti interventi, il Tribunale di Milano, con provvedimento del 24 marzo 2011, ha definitivamente affermato che l’introduzione di una clausola drag along nello statuto societario necessita del consenso unanime dei soci, ed in particolare dei soci di minoranza (c.d. “soci forzabili” per il giudice milanese), soccombenti di fronte alle scelte di alienazione del socio di maggioranza [17]. Tale decisione, come affermato dal Tribunale stesso, deriva dal fatto che la drag along non è riconducibile al «genus» delle clausole recanti meri «vincoli alla circolazione» delle azioni, risultando invece incentrata sulla previsione di un ben più rilevante congegno di vendita forzosa delle azioni di minoranza ad iniziativa del solo socio di maggioranza ”.

Nonostante il Tribunale di Milano si sia espresso circa una clausola drag along, si ritiene corretto applicare il principio dell’unanimità anche in caso di introduzione nello statuto della clausola bring along, poiché essa, ugualmente alla drag along, obbliga i soci di minoranza a sottostare, senza possibilità di scelta, alle volontà del socio di maggioranza[18].

Quanto alla tag along, invece, poiché la stessa non priva i soci di minoranza del potere di disporre delle proprie quote sociali, parrebbe sufficiente una deliberazione a maggioranza.

Un ulteriore aspetto controverso riguarda il quorum necessario per eliminare le clausole di covendita dallo statuto.

Secondo il generale orientamento riguardante le clausole limitative della circolazione delle azioni, la soppressione di queste ultime necessiterebbe di quorum deliberativi meno rigorosi rispetto a quelli richiesti per la loro introduzione. Sembrerebbe, così, sufficiente una deliberazione a maggioranza, dal momento che l’abrogazione di dette clausole comporta la riaffermazione del principio della libera circolazione della partecipazione che è il regime per così dire «naturale»[19]. Parrebbe però necessaria una riflessione sugli effetti di tali clausole. Si deve considerare, infatti, che le clausole di covendita, seppur annoverate tra le clausole limitative della circolazione delle azioni, hanno delle peculiarità che incidono sulla individuazione dei necessari quorum deliberativi, come si è visto in merito alla doverosa unanimità (invece della maggioranza) per l’introduzione statutaria della clausola drag along e bring along. Pare, pertanto, ragionevole ritenere che la sola maggioranza non basti per eliminare le clausole di covendita. Così, per quanto concerne la tag along, nonostante sembri sufficiente una deliberazione a maggioranza per la sua introduzione, si ritiene che, una volta introdotta, la sua soppressione necessiti dell’unanimità, dal momento che ciò comporta anche la soppressione di un diritto dei soci di minoranza. A maggior ragione, si reputa doverosa l’unanimità per l’eliminazione della drag along, che interessa i diritti dell’intera compagine sociale. L’abrogazione della bring along genera, invece, maggiori dubbi: se da un lato è richiesta l’unanimità per la sua introduzione, dal momento che da essa deriva un obbligo incondizionato di cessione delle azioni da parte dei soci di minoranza, dall’altro lato dalla sua soppressione deriverebbe un vantaggio per gli stessi soci minoritari, che riacquisterebbero il diritto di disporre liberamente delle proprie azioni. Pertanto, si potrebbe ipotizzare la legittimità di una deliberazione a maggioranza, anziché all’unanimità, per eliminare la bring along, poichè tale decisione non lederebbe alcun diritto dei soci di minoranza.

Nel dubbio, comunque, si noti che in dottrina è stata evidenziata la necessità dell’unanimità per l’eliminazione dallo statuto di tutte le clausole di covendita[20].

Conclusioni

Le clausole di covendita sono disposizioni assimilabili alle clausole che limitano la circolazione delle azioni. Esse presentano, tuttavia, una peculiarità, consistente nel fatto che impongono a taluni soci scelte obbligate che derivano da decisioni di altri soci. Così, nel caso della clausola tag along, il socio di maggioranza che intende alienare le proprie partecipazioni sarà costretto, su volontà dei soci di minoranza, a garantire l’impegno all’acquisto, da parte del terzo acquirente e alle stesse condizioni economiche, anche delle quote di minoranza. Nel caso della drag along e della bring along, invece, i soci di minoranza saranno obbligati a vendere le loro azioni qualora il socio di maggioranza decida di alienare la propria quota societaria.

Questi aspetti hanno sollevato dubbi circa la legittimità delle clausole di covendita: in particolare, in riferimento alla drag along, è stato osservato che, se da un lato detta clausola assicura ai soci di minoranza di poter beneficiare delle vantaggiose condizioni economiche offerte al socio di maggioranza per la cessione delle partecipazioni, dall’altro lato detta clausola potrebbe essere usata per estromettere coattivamente gli stessi soci di minoranza. Per evitare che la drag along (e di conseguenza anche la bring along) si trasformi in uno strumento volto a favorire l’esclusione delle minoranze, il Tribunale di Milano, nell’Ordinanza 31 marzo 2008 (e prima ancora il Consiglio Notarile di Milano) ha riconosciuto la legittimità della clausola stessa a condizione che sia garantita al socio, obbligato alla cessione delle quote, l’equa valorizzazione della partecipazione.

Data la particolarità delle clausole di covendita, ci si è anche interrogati sulla necessità di una deliberazione a maggioranza ovvero all’unanimità per inserire tali clausole nello statuto in un momento successivo alla costituzione della società. In una recente pronuncia, il Tribunale di Milano (provvedimento 24 marzo 2011) ha affermato l’indispensabilità dell’unanimità dei soci, ed in particolare dei soci di minoranza, soccombenti di fronte alla volontà del socio di maggioranza di alienare la sua partecipazione. In conseguenza di ciò, si considera necessaria l’unanimità anche in riferimento alla clausola bring along, visto che gli effetti - obbligo di cessione da parte dei soci di minoranza senza facoltà di scelta - sono gli stessi della drag along. Invece, per la clausola tag along, si ritiene sufficiente una deliberazione a maggioranza, poiché essa non priva i soci di minoranza del potere di disporre delle proprie quote sociali.

Quanto alla soppressione delle clausole di covendita, pare necessaria una deliberazione all’unanimità, dal momento che esse incidono sui diritti di tutti i soci. Permane, tuttavia, un dubbio circa l’eliminazione della bring along: poichè la sua soppressione non lederebbe alcun diritto dei soci di minoranza, si potrebbe – forse – ipotizzare la legittimità di una deliberazione a maggioranza.

Tabella riassuntiva delle clausole di covendita

CLAUSOLA

SOCI TUTELATI

PRESUPPOSTO

CARATTERISTICHE DELLA CLAUSOLA

TAG ALONG

DIRITTO

DI COVENDITA

Soci di minoranza

Alienazione delle azioni da parte del socio di maggioranza

a) I soci di minoranza hanno il diritto di vendere le proprie azioni alle stesse condizioni economiche offerte al socio di maggioranza.

b) Il socio di maggioranza si impegna affinchè il terzo acquirente presenti un'offerta irrevocabile di acquisto ai soci di minoranza

DRAG ALONG

OBBLIGO

DI

COVENDITA

Soci di maggioranza

+

Soci di minoranza

Alienazione delle azioni da parte del socio di maggioranza

a) Il socio di maggioranza ha il diritto di negoziare l’intero capitale sociale

(proprie azioni + azioni dei soci di minoranza).

b) I soci di minoranza sono obbligati ad alienare le proprie partecipazioni.

c) I soci di minoranza possono speculare sul “premio di maggioranza”.

 

 

BRING ALONG

OBBLIGO

DI

COVENDITA

Soci di maggioranza

Alienazione delle azioni da parte del socio di maggioranza

+

Particolari diritti dei soci di minoranza

a) Il socio di maggioranza ha il diritto di negoziare l’intero capitale sociale

(proprie azioni + azioni dei soci di minoranza).

b) I soci di minoranza sono obbligati ad alienare le proprie partecipazioni.

c) I soci di minoranza possono speculare sul “premio di maggioranza”.



(*) Dottore Commercialista e Revisore Legale, ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bassano del Grappa, Studio Rebecca & Associati di Vicenza.

(**) Praticante, ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Bassano del Grappa, Studio Rebecca & Associati di Vicenza.

[1] Come evidenziato da C. di Bitonto, Clausola statutaria di c.d. drag along: chi era costei?, in Le Società, n. 11/2008, pag.1378.

[2] Per quanto riguarda i limiti al trasferimento delle partecipazioni in una S.r.l., la corrispondente disposizione normativa è l’art.2469 c.c.; è opportuno precisarlo in quanto le clausole di covendita possono essere introdotte anche nello statuto di una S.r.l..

[3] Cfr. E. Adducci, I patti parasociali, Halley Editrice, 2007, pag. 38.

[4] L. Ponti - P. Panella, La “preferenza” nel diritto societario e successorio, Giuffrè Editore, 2003, pag. 219.

[5] In tal senso, S. Lantino – P. Casucci – G. Limido, Acquisizioni di aziende e partecipazioni. Aspetti legali e tributari, Ipsoa, 2010, pag. 173; A. Salonna, Diritto al dividendo e facoltà di “exit” del socio di minoranza di srl, in Diritto e Pratica delle Società, n. 6/2009; P. Divizia, Clausole statutarie di covendita e trascinamento, in Notariato, n. 2/2009, pag.157: l’autore afferma che “ il socio di minoranza beneficia del diritto derivante dal tag along, ma resta libero di vendere o meno la propria partecipazione; in altre parole, il socio di minoranza è titolare di un diritto, il socio di maggioranza è gravato da un obbligo (e, indirettamente, lo è anche il terzo acquirente) ”.

[6] Si vedano D. Proverbio, I patti parasociali, Ipsoa, 2010, pag. 98; P. Divizia, cit., pagg.157 ss.

[7] Potrebbe anche non trattarsi dell’intero capitale sociale, ma solo di parte dello stesso. In tal caso, le partecipazioni di minoranza verrebbero negoziate in modo proporzionale rispetto alle partecipazioni di maggioranza. Tuttavia, date le finalità della clausola, non avrebbe senso non negoziare l’intero capitale sociale.

[8] È stato correttamente osservato che, in generale, “ è indifferente, ai fini dell’attivazione del meccanismo di c.d. drag along, la percentuale di partecipazione al capitale sociale del socio «trascinatore» o di quello «trascinato»; nella pratica, tuttavia, assume rilievo la circostanza che (…) l’uno (di regola, il «trascinatore») sia il socio di maggioranza e l’altro (di regola, il «trascinato») sia socio di minoranza” (cfr. C. di Bitonto, cit., pag.1380).

[9] Così E. Civerra, Società di capitali e posizione del socio, Ipsoa, 2010, pag. 321; L. Ponti - P. Panella, op. cit., pag. 222.

[10] E. Civerra, op. cit., pag. 322.

[11] Tribunale di Milano, Ord., 31 marzo 2008 – Giudice Dal Moro – Design Factory s.p.a. c. AB Partecipazioni Industriali s.p.a., in Le Società n. 11/2008, pag. 1373.

[12] L’ “equa valorizzazione” era già stata riconosciuta dal Consiglio Notarile di Milano nella Massima n. 88 del 22 novembre 2005 che si riporta: “ Si reputano legittime le clausole statutarie che prevedono, in caso di vendita di partecipazioni in s.p.a. o in s.r.l, il diritto e/o l’obbligo dei soci diversi dall’alienante di vendere contestualmente, a loro volta, le partecipazioni possedute; queste clausole, tuttavia, restano soggette alle disposizioni relative ai limiti alla circolazione delle partecipazioni, proprie dei rispettivi tipi sociali (s.p.a. o s.r.l.) e – ove prevedano l’obbligo di vendita – devono essere compatibili con il principio di una equa valorizzazione della partecipazione obbligatoriamente dismessa.”

[13] Così la massima n. IV dell’Ord. 31 marzo 2008, Trib. Milano.

[14] L. Ponti - P. Panella, op. cit., pag. 224; P. Divizia, cit., pagg.157 ss.

[15] Nelle S.p.a., in base all’art. 2437, II comma, c.c., infatti, spetta il diritto di recesso al socio che non abbia concorso all’approvazione delle deliberazioni riguardanti l’introduzione o alla rimozione di vincoli alla circolazione delle azioni, salvo che lo statuto non lo abbia escluso. Per le S.r.l. tale ipotesi di recesso non è, invece, prevista.

[16] Per approfondimenti circa il dibattito dottrinale e giurisprudenziale, si veda P. Divizia, cit., pagg.157 ss.

[17] Si vedano anche i commenti di P. Divizia, Clausole di tag-along e drag-along e modalità di introduzione nello statuto, in Notariato, n. 4/2011, pag. 395, e di M. Meoli, Clausola di drag-along solo all’unanimità, portale eutekne.it, sezione Articoli, 18 agosto 2011.

[18] A sostegno di tale opinione, è da osservare che anche il Comitato Notarile del Triveneto si era precedentemente espresso a favore dell’unanimità per la legittimità e per l’introduzione nello statuto di clausole che obbligano i soci a cedere le proprie partecipazioni. Si riporta la massima n. H.I.19 del 2006, in riferimento alla S.p.a.: “ Le clausole statutarie che impongono a determinati soci, ad esempio i soci di minoranza, l’obbligo di cedere ad un giusto prezzo (comunque non inferiore al valore determinato ai sensi dell’art.2437 ter c.c.) le loro azioni nel caso in cui altri soci, nell’esempio quelli di maggioranza, decidano di alienare le loro sono legittime a condizione che siano adottate con il consenso di tutti i soci. Per rendere opponibile tale clausola ai terzi acquirenti delle azioni è necessario che la stessa sia pubblicizzata nelle forme previste dall’art.2355 bis c.c.”. In riferimento alla S.r.l., si veda la speculare massima n. I.I.25 del 2006.

Anche secondo P. Divizia, cit., pagg.157 ss., l’unanimità appare indispensabile e “ si configura come elemento differenziale fra questa tipologia di clausole ed il più ampio genus delle clausole limitative della circolazione dei titoli azionari ”.

[19] Per riferimenti, cfr. G. Rebecca, M. Simoni, Gli statuti delle nuove S.r.l., Giuffrè Editore, 2004, pagg.151-152.

[20] In tal senso, P. Divizia, cit., pagg. 157 ss..

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