Rivalutazioni al ribasso, vendite “pesanti”
di Giuseppe Rebecca
Il Sole 24 ORE- 1 giugno 2016
Agenzia delle Entrate e commissioni tributarie divise sulle implicazioni della rivalutazione al ribasso. Ma andiamo con ordine.
Da qualche anno è prevista la possibilità di variare il valore già rivalutato di terreni e di Agenzia partecipazioni, e nello specifico anche di ridurlo (Agenzia delle Entrate n.47/E del 24 ottobre 2011 e 20/E/2016 del 18 maggio 2016). Per quanto concerne i terreni, tenuto conto dell’andamento del mercato immobiliare in questi ultimi anni, la fattispecie appare assai diffusa.
Fino al 2014, essendo state mantenute sempre invariate le aliquote (pari al 4% per i terreni), nel caso di riduzione era sufficiente soltanto una nuova perizia, nulla più. Non si pagava nulla, ma per contro non si aveva diritto ad alcun rimborso. Qualora poi il corrispettivo di vendita fosse risultato inferiore al valore indicato nella relazione di stima, l’Agenzia delle Entrate (circolare n. 1 del 15 febbraio 2013, 4.1) ha ammesso una sorta di meccanismo di “prezzo valore”, per cui:
- nell’atto di vendita si devono indicare sia il corrispettivo sia il maggior valore di perizia;
- il venditore non realizza alcuna plusvalenza, essendo il primo termine inferiore al secondo, ma non perde i benefici della rivalutazione (benefici che, invece, vengono meno se la doppia indicazione non ha luogo);
- le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono però liquidate sul maggior valore di perizia.
In alternativa, tutto ciò era superabile, redigendo una nuova perizia, al ribasso (vedere anche l’esemplificazione di cui alla circolare 20/2016).
In definitiva, il costo ZERO si avrebbe solo in presenza di una riduzione di valore esattamente poi alla metà. Una scelta alternativa potrebbe essere quella di trovare un accordo, tra le parti, venditore e acquirente, e così non redigere la perizia al ribasso e indicare nell’atto di vendita proprio il corrispettivo pattuito, come pure il precedente valore di perizia. Su quest’ultimo valore verrà calcolata l’imposta di registro (le imposte ipotecaria e catastale non rappresentano, invece, più un problema, essendo fisse, dall’1 gennaio 2014).
L’accordo potrebbe essere nel senso che rimane a carico dell’acquirente l’imposta dovuta sul corrispettivo di vendita, non sul valore stimato, mentre l’eccedenza rispetto appunto al valore stimato. In generale si può affermare che il punto di differenza tra le due ipotesi viene raggiunto nel momento in cui il terreno ha perso circa il 24% del valore rispetto alla precedente perizia. Era stato ipotizzato un cambio di linea interpretativa relativamente alle disposizioni dettate dalla circolare ministeriale (si veda Il Sole 24 Ore del 9 Aprile 2015), ma questo non ha avuto alcun seguito. Anzi, l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto di emanare la Risoluzione 53 del 27 maggio 2015 dove sostanzialmente conferma la sua impostazione.
Al momento numerosissime Commissioni Tributarie hanno dato ragione ai contribuenti che non hanno applicato quanto dettato dalla circolare, e quindi contro l’Agenzia delle Entrate. Tra le ultime c’è la sentenza della Commissione Regionale della Lombardia n. 4095, 24 settembre 2015. La posizione portata avanti dall’Amministrazione Finanziaria, che vuole l’imposta di registro piena per avere l’effetto della esclusione da imposte dirette quando il prezzo è inferiore alla stima, è irrazionale e comunque insostenibile, giuridicamente. Ove non ci dovesse essere un revirement da parte della stessa Amministrazione, saranno sempre più numerose le Commissioni Tributarie che andranno contro a questa interpretazione difficilmente sostenibile.