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La vexata quaestio della cessione degli immobili da abbattere

di Giuseppe Rebecca
Portale Ateneoweb.com - 6 ottobre 2017

Il contenzioso tra Fisco e contribuenti sulla riqualificazione ai fini Irpef della cessione di edifici da demolire, considerata cessione di area edificabile piuttosto che cessione di fabbricato, forse sta arrivando ad una conclusione positiva, per i contribuenti, anche se la Corte di Cassazione non ha dato sempre risposte del tutto univoche.

In breve: fino al 2008 i plusvalori relativi a tali compravendite (esclusi immobili ereditati o posseduti da oltre 5 anni), non erano mai stati oggetto di alcuna tassazione, ai fini delle imposte dirette, ma a seguito di una risposta ad un interpello proposto da un contribuente all'Agenzia delle Entrate (Risoluzione n. 396/E/2008), l'Amministrazione Finanziaria ha ritenuto invece tali cessioni assoggettabili ad Irpef, essendo di fatto equiparate alla cessione di terreni edificabili. Da qui il via ad un gran contenzioso che vede lo scontro tra contribuenti, i quali hanno ceduto un fabbricato da demolire, e l'Agenzia delle Entrate, che riqualifica tali atti come cessione di terreno edificabile.

In questi anni, numerose sono state le sentenze di Commissioni Tributarie che hanno contrastato l'approccio dell'Amministrazione Finanziaria; con esse anche sentenze della Cassazione, nel 2014, nel 2016 e nel 2017. La Suprema Corte aveva confermato l'orientamento della dottrina, e cioè che non si può considerare cessione d'area una cessione di fabbricato, esclusivamente per questioni che esulano dall'atto stesso. Con i due primi interventi della Cassazione, del 2014 (sentenza n. 4150 e 15629 e nello stesso senso n. 15630 e 15631), interventi favorevoli ai contribuenti, sembrava si potesse mettere un punto fermo sulla questione. Tale illusione però è durata poco; infatti a sorpresa, una specifica interrogazione parlamentare di luglio 2014 sul punto ha avuto come risposta la conferma del corretto operato degli Uffici, disattendendo quanto sostenuto dalla Cassazione, due sentenze univoche ritenute evidentemente per l'Amministrazione Finanziaria di nessun conto.

Il testo dell' interrogazione di Giulio Cesare Sottanelli (n. 5-0322 del 15 luglio 2014), cui risponde, in data 31 luglio 2014, l'allora Sottosegretario del Ministero dell'Economia e delle Finanze, Enrico Zanetti, espone in modo molto chiaro la problematica.

Ci si aspettava una altrettanto esaustiva risposta, ma, purtroppo, così non è stato.

Nella risposta, infatti, viene confermato che ai fini delle imposte indirette il trattamento fiscale da applicare è quello specifico per il bene trasferito (fabbricato) il che non era messo in discussione, mentre ai fini delle imposte dirette si conferma l'impostazione "cessione di area".

Inoltre, viene sottolineato che la riqualificazione è correttamente attuata quando basata su elementi certi e non presuntivi, come ad esempio il prezzo di cessione, la richiesta di concessioni edilizie per la demolizione e la ricostruzione dell'edificio o anche l'attività imprenditoriale svolta dall'acquirente.

Ciò che lascia perplessi è l'ostinazione con cui è stata portata avanti tale tesi, non solo dall'Amministrazione Finanziaria, ma anche dal Ministero stesso. A nulla, quindi, sono valse le due sentenze n. 4150/2014 e n. 15629/2014 (nello stesso senso anche la n. 15630 e 15631, sempre del 2014).

Ma c'è una precisazione alquanto significativa, nella risposta: «Tenuto conto delle argomentazioni sviluppate dall'Agenzia, questo Ministero si riserva di seguire i futuri sviluppi giurisprudenziali, monitorandone attentamente l'andamento» .

Dopo le due note sentenze del 2014, cui se ne sono aggiunte altre due, sempre ai fini delle imposte dirette, ci sono state due sentenze contrarie alla tesi dei contribuenti nel 2015 (12.294 e 16.983), seguite però da ben 5 sentenze favorevoli ai contribuenti (n. 7.599 e 7.853 del 2016 e n.4.361, 7.714 e 15.920 del 2017). Anche la sentenza della Cassazione n. 1.0113 del 21 aprile 2017, riferita invero alle imposte indirette, conferma che per le imposte dirette l'atto non può essere riqualificato.

A questo punto ci troviamo con 9 sentenze di Cassazione (2014/2017) favorevoli alla tesi dei contribuenti. Cosa aspetta il Ministro, nella sua riservata dichiarata azione di monitoraggio, a suggerire all'Amministrazione Finanziaria di presentare finalmente una circolare ad hoc? O saremo costretti a continuare ad adire il contenzioso, con aggravio di tempo e spese, anche per l'Amministrazione Finanziaria?

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