Vicenza, Domenica 22 Dicembre 2024

Le implementazioni del software. Aspetti contabili e fiscali

di Giuseppe Rebecca e Carlotta Pilotto
Il Fisco, N. 36/2003

In questo articolo trattiamo degli effetti conta­bili e fiscali sul bilancio delle implementazioni del software, cioè di quelle spese sostenute successi­vamente all’acquisto o alla produzione di un software.

Ricordiamo che i costi relativi all’acquisto di software (a titolo di proprietà o a titolo di licenza d’uso a tempo indeterminato) e i costi sostenuti per la produzione ad uso interno di un software “tutelato” vanno iscritti tra le “Immobilizzazioni immateriali” alla voce B.I.3. “Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno”. Nel caso d’acquisto di licenza d’uso a tempo determinato, pagando un corrispettivo “una tantum”, i costi vanno iscritti nella voce B.I.4. “Concessioni di licenze, marchi e diritti simili”. Ultima situazione che si può incontrare è quella relativa alla produzione per uso interno di software non sottoposto a tutela, i cui costi van­no imputati nella voce B.I.7. “Altre immobilizzazioni immateriali”.

Per quanto concerne le implementazioni ana­lizziamo i seguenti aspetti:

- capitalizzazione o meno delle spese per implementazioni;

- effetti della capitalizzazione sull’ammorta­mento ed eventualmente sulla durata dell’ammor­tamento stesso;

- svalutazione dei beni immateriali;

- differenze tra cambiamenti di stima e cam­biamenti di principi.

Per quanto riguarda in generale la rilevazione dei costi relativi alle implementazioni delle immobilizzazioni immateriali, si evidenzia come questa non sia disciplinata in modo specifico. Vi­sta la rilevanza pratica e la frequenza con cui si riscontrano nella realtà tali situazioni, ci si pone il problema della loro corretta rilevazione.

A tal fine può risultare opportuno rifarsi, in carenza di altri riferimenti, a quanto previsto per le immobilizzazioni materiali.

Le spese incrementative per le immobilizza­zioni materiali

Le spese incrementative su immobilizzazioni immateriali sono, come previsto dal principio con­tabile n. 16 del CNDC e del CNR, quelle spese so­stenute al fine di aumentare in modo significati­vo e misurabile la capacità o la produttività o la vita utile del bene cui si riferiscono.

In base allo IAS 16, una spesa incrementativa di un’immobilizzazione materiale deve essere ag­giunta al valore iscritto del bene quando è proba­bile che l’impresa godrà benefici economici futu­ri eccedenti le prestazioni ordinarie del bene stes­so originariamente accertate.

Il principio contabile n. 16 del CNDC e del CNR precisa inoltre che nel caso in cui le modificazioni di cespiti preesistenti comportino l’eliminazione di una parte significativa del cespite originario, il costo e l’ammortamento relativi alla parte elimi­nata devono essere stornati dai conti.

L’impresa deve quindi essere in grado di valu­tare i benefici derivanti da tale operazione e le eventuali parti sostituite. Nel caso in cui non fos­se in grado di farlo autonomamente, dovrà richie­dere una perizia tecnica.

Per quanto riguarda le altre spese, quelle non incrementative, devono essere iscritte in conto economico come costi relativi all’esercizio. Tra queste sono compresi i costi di manutenzione so­stenuti per mantenere la capacità e la produtti­vità originarie e per garantire la vita utile del bene inizialmente prevista.

La distinzione sopra esposta deve essere considerata valida anche per le spese sostenute su beni di terzi. Anche in relazione alle spese incrementative sostenute su tali beni è infatti possibile procedere alla capitalizzazione dei co­sti, sempre nel rispetto del vincolo dell’effettivo miglioramento del bene sottostante. In questo caso i costi vengono rilevati tra le immobilizzazioni immateriali (alla voce B.I.7) se l’intervento effettuato non è separabile dal bene di riferimento, tra le immobilizzazioni materiali (nella voce riferibile al tipo di bene) se l’interven­to può essere diviso dal bene originario.

Le spese incrementative per il software

Analogamente a quanto disposto per le immobilizzazioni materiali, si può quindi ritene­re che anche per le immobilizzazioni immateriali in generale, e per il software in particolare, deb­bano essere considerate come spese incrementative quelle sostenute al fine di miglio­rare in modo significativo e misurabile il program­ma di base o di aumentare la vita utile inizial­mente prevista.

Tali spese devono quindi essere aggiunte al co­sto del programma base ed ammortizzate in rela­zione alla vita residua di quest’ultimo. Salvo il caso in cui la vita utile risulti superiore, l’ammor­tamento viene effettuato sulla base del piano preesistente. La quota accantonata in ogni eser­cizio risulta quindi più elevata in relazione ai nuovi costi capitalizzati. Nel caso in cui la nuova implementazione (A) comporti la sostituzione di una precedente (B), i costi che sono stati capitalizzati in relazione alla precedente (B) e gli ammortamenti effettuati su tale valore devono essere stornati dal valore del software di base. Gli aspetti relativi al processo d’ammortamento, all’eventuale variazione della vita utile e alle sva­lutazioni sono trattati nei paragrafi successivi.

Tutti gli altri costi non incrementativi devono essere considerati di competenza dell’esercizio, in quanto sono volti a mantenere l’utilità del software di base o la sua vita utile. Tra tali costi vanno quindi imputate tutte le modifiche appor­tate al programma base volte ad aggiornare il si­stema e non a svilupparne la sua funzionalità.

La distinzione tra le spese che potremmo defi­nire “correnti”, nel senso che si debbono sostene­re ogni anno per poter utilizzare il programma base, e le spese “implementative”, nel senso che migliorano in modo significativo il programma stesso, non è molto facile e certamente non è uni­voca, mai. Un riferimento lo si può in parte indi­viduare nella ripetitività dell’onere. Se ogni anno si è obbligati a sostenere una certa spesa per im­plementare un programma, si può ragionevolmen­te sostenere che si tratta di spese correnti, piut­tosto che di vera e propria implementazione, e ciò anche se l’utilità dell’intervento è comunque pluriennale. In tal caso si deve infatti ritenere che il costo sostenuto sia riconducibile a quanto pre­visto per i costi di manutenzione relativi ai beni materiali. La ricorrenza, che può quindi essere considerata un valido riferimento nella distinzio­ne tra spese correnti e spese incrementative, por­ta a ritenere che le spese siano state effettuate al fine di mantenere l’utilità originariamente previ­sta per il software di base e non di aumentare i benefici economici ottenibili. Tali costi devono quindi essere imputati come componenti negati­vi di reddito nell’esercizio in cui vengono soste­nuti.

Le implementazioni dei software effettuate al fine di migliorare il programma base debbono es­sere portate in aumento del valore attribuito al software di base, fermo restando il vincolo della valutazione della recuperabilità del valore iscrit­to. Nel caso in cui l’implementazione vada a so­stituirne una di precedente, i costi connessi all’implementazione sostituita e i relativi ammor­tamenti devono essere stornati. Nel successivo paragrafo si approfondisce tale aspetto, proponen­do anche un’esemplificazione numerica.

Analogamente a quanto rilevato per le immo­bilizzazioni materiali, la proprietà o meno del software sottostante non rileva ai fini della pos­sibilità di capitalizzare i costi sostenuti in re­lazione alla sua implementazione. Risulta pertan­to possibile capitalizzare le spese sostenute per l’implementazione di un software in licenza d’uso.

Esemplificazione: La società X acquista un software del valore di 5.000. La vita utile è stata stimata in cinque esercizi, con quota a carico di ogni esercizio di 1.000. Nel corso del terzo eserci­zio vengono sostenuti dei costi per implementa­zioni per 300. Tali costi vengono capitalizzati in quanto migliorano significativamente il sistema e sono ammortizzati per 100 nei successivi tre esercizi, ritenendo inalterata la durata prevista del software di base. Nell’esercizio successivo, la precedente implementazione viene sostituita con una più aderente alle esigenze della società. I co­sti sostenuti per la nuova implementazione sono pari a 500. Alla fine del quarto esercizio ci si ri­trova quindi con un valore netto contabile pari a 2.200 (5.000-3.000=2.000 per il software di base e 300-100 = 200 per l’implementazione). Da tale valore deve essere stornato il valore netto conta­bile dell’implementazione precedente (200) e si deve aggiungere il costo della nuova implementazione (500). Su tale valore di 2.500 si deve calcolare la quota d’ammortamento che ri­sulta essere pari a 1.250 (2.500/2); 2 rappresenta la vita utile residua del software, ove la durata di utilizzo del software stesso non vari, come si illu­stra qui di seguito.

Certamente il confine tra le due posizioni, implementazioni che consentono una maggior durata dell’utilizzo del software di base e imple­mentazioni che non lo consentono, non è ben definito né sempre facilmente determinabile.

Chiarito, almeno a livello teorico, quali sono i costi per implementazioni che possono essere capitalizzati e la conseguente necessità di impu­tarli ad incremento del valore del software di base, si procede all’analisi del processo d’ammortamen­to e dell’effetto che tali spese possono avere sul­la variazione della vita utile del bene sottostante.

Tale variazione, a differenza delle svalutazioni, comporta un cambiamento di stima e non un cam­biamento di principio. Per un approfondimento di tali argomenti si rimanda ai paragrafi succes­sivi.

Nella tabella successiva si riportano i criteri per distinguere le spese implementative dalle spese correnti.

Spese implementative: -

aumentano significativamente l’utilità del software di base aumentano la vita utile inizialmente prevista

Spese correnti: -

mantengono l’utilità inizialmente prevista mantengono la vita utile inizialmente prevista spese ricorrenti nei vari esercizi

Il processo di ammortamento

Il principio contabile n. 24 del CNDC e CNR sta­bilisce che le immobilizzazioni la cui utilizzazio­ne è limitata nel tempo devono essere sistemati­camente ammortizzate in ogni esercizio in rela­zione con la loro residua possibilità di utilizza­zione. In base all’art. 2425 c.c., tali ammortamenti vanno indicati alla voce B.10.a. “ammortamento delle immobilizzazioni immateriali” del conto eco­nomico.

La Relazione Ministeriale, in relazione all’art. 2426 c.c., chiarisce che l’avverbio “sistematica­mente” mira ad evitare che gli ammortamenti vengano accelerati o rallentati nei vari esercizi a seconda della convenienza, anziché essere effet­tuati in conformità a piani. Ciò indica che l’am­mortamento deve essere operato in conformità ad un piano prestabilito, ma anche che il piano deve essere impostato in modo che l’ammorta­mento sia effettuato per importi costanti. Essen­do inoltre possibile che i piani d’ammortamento mutino per il mutare dei piani aziendali di utiliz­zazione dei cespiti, si è consentita la modificazio­ne dei criteri e dei coefficienti applicati per la strutturazione originaria del piano, richiedendo­ne però la motivazione in nota integrativa. Tali aspetti sono trattati più dettagliatamente nel pa­ragrafo successivo.

Considerando che l’implementazione del software non costituisce un bene autonomo, e che conseguentemente il relativo costo deve essere portato ad incremento del valore del software cui attiene, il processo d’ammortamento deve basar­si sulla residua possibilità di utilizzazione del software di base.

In linea di principio, quindi, l’ammortamento è effettuato in base al piano d’ammortamento preesistente, ripartendo il nuovo valore per la vita utile residua.

Esemplificazione: La società Alfa possiede un software del valore di 1.000. La vita utile è stata stimata in cinque esercizi, con quota a carico di ogni esercizio di 200. Nel corso del terzo eserci­zio (il valore netto contabile è pari a 600) vengo­no sostenuti dei costi per implementazioni per 90. Tali costi vengono capitalizzati in quanto miglio­rano significativamente il sistema. La quota d’am­mortamento da imputare nei restanti tre esercizi è allora di 230, data dalla ripartizione in tre eser­cizi del nuovo valore (valore contabile del software pari a 600 più il valore dell’implemen­tazione pari a 90; 690/3=230).

E’ possibile però che l’implementazione del bene comporti una sostanziale trasformazione del software sottostante. In tal caso si verrebbe a cre­are un “nuovo” bene, i cui costi dovrebbero esse­re ripartiti in base ad un nuovo piano d’ammor­tamento, procedendo ad una nuova valutazione della vita utile del software. Risulta comunque da escludere la possibilità di imputare autonoma­mente, tra le immobilizzazioni immateriali, il valore dell’implementazione e di procedere am­mortizzandolo secondo un autonomo e diverso piano d’ammortamento. Per un approfondimen­to, si veda anche il paragrafo successivo.

Esemplificazione: La società Beta ha acquista­to la licenza d’uso a tempo indeterminato di un software per un importo di 3.000. La vita utile stimata è di tre esercizi. Nel corso del secondo esercizio si sostengono costi per implementazioni per 1.600. Tali costi vengono capitalizzati in quan­to aumentano la vita residua del software. A se­guito di un’attenta valutazione si stabilisce che la vita utile residua è di tre esercizi. La quota d’ammortamento da imputare nei restanti tre esercizi è allora di 1.200, data dalla ripartizione in tre esercizi del nuovo valore (valore contabile del software pari a 2.000 più il valore dell’imple­mentazione pari a 1.600; 3.600/3 = 1.200).

La variazione della vita attuale

Il piano d’ammortamento inizialmente adotta­to, in base allo IAS 38 relativo alle immobiliz­zazioni immateriali, deve essere rivisto alla fine di ogni esercizio.

In relazione a tale revisione può risultare che la vita utile del bene sia diversa da quella previ­sta dalle stime precedentemente adottate. Que­sto cambiamento, solitamente dovuto a cambia­menti tecnologici, a cambiamenti nel mercato dei prodotti, a migliorie apportate, non rientra, per sua natura, nella definizione di elemento straor­dinario o di errore determinante. Quest’ultima situazione rientra nell’ambito delle svalutazioni trattate nel paragrafo successivo.

La variazione della vita utile di un bene è con­siderata, come si evidenzia nei paragrafi succes­sivi, un cambiamento di stima e deve pertanto essere contabilizzata, per la parte di competen­za, in conto economico. La variazione della stima della vita utile di un bene ammortizzabile ha ef­fetto su tutti gli esercizi interessati dalla vita re­sidua del bene stesso, di norma con una variazio­ne della quota accantonata.

Il principio contabile n. 29 del CNDC e del CNR, in conformità allo IAS 8, prevede infatti che, in caso di modificazione della vita utile, il valore contabile, costituito dal valore originario al netto degli ammortamenti, deve essere ripartito sulla nuova vita utile del bene. Tale variazione deve essere evidenziata in nota integrativa, indicando i relativi effetti e la motivazione.

Esemplificazione: riduzione della vita utile. La società Alfa possiede un software per un importo di 10.000. La vita utile stimata è di cinque eserci­zi. Dopo il primo esercizio, si riesamina il piano d’ammortamento e si riscontra che la vita resi­dua è di due esercizi. Il valore contabile dopo il primo esercizio è pari a 8.000. Di conseguenza, la quota d’ammortamento da imputare nei restanti due esercizi è di 4.000 per esercizio.

Esemplificazione: aumento della vita utile. La società Beta possiede un software per un impor­to di 6.000. La vita utile stimata è di tre esercizi. Dopo il secondo esercizio, si riesamina il piano d’ammortamento e si stabilisce che la vita resi­dua è di due esercizi. Il valore contabile dopo il secondo esercizio è pari a 2.000 (6.000-2.000­2.000). Di conseguenza, la quota d’ammortamen­to da imputare nei restanti due esercizi è di 1.000.

Esemplificazione: implementazione e aumento della vita utile. La società Gamma possiede un software per un importo di 15.000. La vita utile stimata è di tre esercizi. Nel corso del terzo eser­cizio, vengono sostenute delle spese incre-mentative capitalizzabili per 4.000. Il piano d’am­mortamento viene rivisto e si stabilisce che la vita residua è di tre esercizi. Il valore contabile dopo il secondo esercizio è pari a 5.000 (15.000-5.000­5.000). Di conseguenza, il nuovo valore contabile è di 9.000 e la quota d’ammortamento relativa all’esercizio è di 3.000.

Le svalutazioni

In alcuni casi si può rilevare che il valore del software iscritto in bilancio non corrisponde più a quello recuperabile attraverso il suo utilizzo. Si deve quindi procedere ad una svalutazione.

A differenziare tale situazione dalla revisione del piano d’ammortamento è il fatto che mentre quest’ultimo dipende dalla revisione delle stime precedentemente adottate, la svalutazione è la conseguenza di una perdita durevole di valore imputabile a cause straordinarie o ad errori de­terminanti.

Come evidenziato dal principio contabile n. 24, “alcune delle cause che rendono necessaria la sva­lutazione sono le stesse che costituiscono gli ele­menti sui quali si basa la determinazione degli ammortamenti, ma che diventano causa di sva­lutazione quando compromettono la capacità di ammortamento, inteso come il valore recu­perabile del bene (cioè il maggiore tra il valore realizzabile dall’alienazione e quello effettivo d’uso dell’immobilizzazione stessa). Le cause di svalutazione devono avere il carattere di straordinarietà e gravità, e non essere quindi fatti di cui tenere conto nel periodico riesame dei pia­ni di ammortamento”.

Le svalutazioni delle immobilizzazioni imma­teriali devono essere iscritte nella voce B.10.c “al­tre svalutazioni delle immobilizzazioni” del con­to economico e devono essere portate a diretta diminuzione delle immobilizzazioni iscritte nello stato patrimoniale.

Nella nota integrativa devono essere indicate le ragioni e l’ammontare della svalutazione ap­portata per perdite durevoli di valore.

Cambiamenti di principi e cambiamenti di stima

Di seguito si riportano le motivazioni in base alle quali si ritiene che una revisione del periodo d’ammortamento di un software debba essere considerato cambiamento di principio e non cam­biamento di stima.

A tale proposito si esamina il principio contabi­le n. 29 del CNDC e del CNR che analizza le varia­zioni dei principi contabili e le variazione delle stime contabili.

Per quanto riguarda la continuità d’applicazio­ne dei principi contabili, si evidenzia come que­sta sia uno dei cardini per la determinazione del risultato d’esercizio e condizione essenziale per la comparabilità dei bilanci.

Un cambiamento di principio contabile è rap­presentato da una o più variazioni rispetto ai principi adottati nel precedente esercizio. Per principi contabili si intendono quei principi, com­presi i criteri, le procedure ed i metodi di applica­zione, che stabiliscono i criteri di individuazione dei fatti da registrare, le modalità di contabiliz­zazione degli eventi di gestione, i criteri di valu­tazione e quelli di esposizione dei valori in bilan­cio.

Un cambiamento di principio contabile è am­messo solo se validamente motivato e se effet­tuato al fine di migliorare la rappresentazione in bilancio dei fatti e delle operazioni dell’impresa.

Un cambiamento di principio può essere appli­cato retroattivamente (quando viene applicato anche alle operazioni avvenute negli esercizi pre­cedenti, come se il nuovo principio fosse sempre stato applicato; tali cambiamenti si riflettono nel bilancio in cui avviene il cambiamento, in con­formità al nuovo principio contabile) o prospetti­camente (quando il nuovo principio viene appli­cato solo alle operazioni dell’esercizio in cui in­terviene il cambiamento; le operazioni preceden­ti vengono riflesse in bilancio in base al vecchio principio).

La variazione di principio contabile deve esse­re imputata nel conto economico dell’esercizio in cui avviene il cambiamento e classificata come componente straordinario del risultato d’eserci­zio.

Nella nota integrativa devono essere indicati i motivi e la modalità d’attuazione del cambiamen­to; l’effetto sulle componenti ordinarie del reddi­to d’esercizio, prima delle componenti straordi­narie, per non aver adottato il criterio preceden­te; gli effetti sui conti patrimoniali interessati, sul risultato d’esercizio e sul patrimonio netto, al lor­do e al netto dell’incidenza fiscale.

Esemplificazione (riferita ad un bene materia­le, tenuto conto che risulta più semplice il riferi­mento, anche se si deve ritenere applicabile lo stesso principio anche ai beni immateriali): Una società, a inizio dell’anno 20xx, decide di sostitu­ire un vecchio macchinario (identificato come macchinario Z), del valore originario di 1.000. Questo viene comunque mantenuto all’interno dell’azienda al fine di poterlo utilizzare in caso d’emergenza. Il macchinario in oggetto è già am­mortizzato per 500. Il valore realizzabile dall’alie­nazione di tale macchinario è di 200.

A fine esercizio, si procede quindi a svalutarlo per 300.

Nella nota integrativa tale situazione può esse­re rappresentata come segue:

Variazione della valutazione del macchinario Z - Nel bilancio chiuso in data 31/12/20xx la socie­tà ha valutato il macchinario Z in base al valore di presunto realizzo. La nuova valutazione è do­vuta al fatto che detto macchinario è stato sosti­tuito. Si è deciso comunque di mantenerlo all’in­terno dell’azienda per far fronte ad eventuali si­tuazioni d’emergenza.

In relazione a quanto sopra, gli ammortamenti non saranno più essere effettuati.

Effetti in conto economico - Ai fini della comparabilità dei dati di bilancio dell’anno 20xx con quelli del bilancio preceden­te, si rileva che nel conto economico non sono confluiti gli ammortamenti relativi al macchina­rio in oggetto inseriti nell’anno precedente nella voce B.10.b. “ammortamento delle immobilizza­zioni materiali” per un importo di 100.

Nella voce E.21. “oneri straordinari” è stata in­serita la svalutazione per 300.

La differenza tra il valore e i costi della produ­zione (A-B) non considera quindi il valore di 100 relativo all’ammortamento.

Sul risultato prima delle imposte, tale variazio­ne ha un impatto negativo di 200 (300 della sva­lutazione meno 100 degli ammortamenti non ef­fettuati)”.

Per quanto riguarda i cambiamenti delle stime, questi risultano essere la logica conseguenza del­la predisposizione dei bilanci in tutti quei casi in la valutazione sia effettuata in base alla previsio­ne di situazioni future.

Si possono comunque verificare dei fatti ano­mali che comportano un riesame delle stime ef­fettuate.

Tali rettifiche rientrano nel normale procedi­mento di formazione del bilancio e non costitui­scono correzioni di precedenti errori e neppure comportano l’evidenza di elementi straordinari di reddito.

Gli effetti dei cambiamenti di stima possono influenzare il solo esercizio in corso o anche gli esercizi successivi. Per quanto riguarda la fattispecie da noi trattata, una variazione della vita utile del software ha l’effetto di modificare l’importo accantonato in ogni esercizio a titolo d’ammortamento.

I cambiamenti di stima possono alterare signi­ficativamente la comparabilità dei bilanci. E’ per questo motivo che la nota integrativa deve moti­vare le ragioni del cambiamento, fornire l’effetto sul bilancio del cambiamento e, qualora sia ra­gionevolmente stimabile, l’incidenza fiscale.

Esemplificazione (sempre riferito, per i motivi citati precedentemente, alle immobilizzazioni materiali e applicabile anche alle immobilizza­zioni immateriali): Il macchinario Y è stato ac­quistato nel 20x0 al valore di 15.000 ed è stato ammortizzato prevedendo una vita utile di cin­que anni.

Alla fine del 20x2 il piano d’ammortamento vie­ne rivisto in considerazione del fatto che la resi­dua possibilità d’utilizzazione si riduce di un anno, in relazione all’obsolescenza tecnica.

Ad inizio 20x2 il valore accantonato risulta es­sere pari a 6.000 e il valore netto contabile è quindi di 9.000. In relazione alla variazione della vita utile del bene del macchinario, la quota d’ammor­tamento relativa al 20x2 è pari a 4.500 e non 3.000 come se si fosse applicato il piano d’ammortamento originariamente predisposto.

Nella nota integrativa si deve evidenziare la variazione della stima della vita utile. Una for­mula utilizzabile potrebbe essere la seguente:

“Macchinario Y: variazione della vita utile

Nel bilancio chiuso il 31/12/20x2 la società ha valutato che, a causa di una sopraggiunta impre­vista obsolescenza tecnica del macchinario Y, l’ef­fettiva vita utile del macchinario stesso si riduca di un anno.

Effetti sul bilancio

In bilancio, la quota d’ammortamento relativa all’esercizio 20x2 è pari a 4.500 (rispetto ai 3.000 originariamente previsti). La differenza di 1.500 influisce negativamente sulla differenza tra il valore e i costi della produzione (A-B).

Il valore netto contabile alla fine del 20x2 è di 4.500 (15.000-3.000-3.000-4.500) contro i 6.000 (15.000-3.000x3) che sarebbero risultati se si fos­se continuato ad applicare il vecchio piano d’am­mortamento”.

Possono esserci dei casi in cui un cambiamento di principio contabile comporti anche la variazio­ne della stima. In tali situazioni, potrebbe non risultare agevole distinguere i due effetti, visto che il cambiamento di stima è solitamente la di­retta conseguenza del cambiamento di principio. In questo caso la rettifica complessiva deve esse­re contabilizzata e descritta come un cambiamen­to di principio contabile. In conto economico deve quindi essere rilevato un componente straordi­nario di reddito e nella nota integrativa si devono indicare i motivi e la modalità d’attuazione del cambiamento, l’effetto sulle componenti ordina­rie del risultato d’esercizio, gli effetti sui conti patrimoniali, sul risultato d’esercizio e sul patri­monio netto.

Aspetti fiscali

1l valore originario per il software

In base all’art. 76 del D.P.R. 917 del 22 dicem­bre 1986 sulle “norme generali sulle valutazio­ni”, il valore fiscalmente rilevante da attribuire al software è costituito dal costo d’acquisto o di produzione, compresi gli oneri di diretta imputa­zione. I costi relativi agli interessi passivi e alle spese generali sono fiscalmente rilevanti solo se nel bilancio sono portati ad incremento del valo­re del software stesso.

Gli ammortamenti

La deducibilità delle quote d’ammortamento relative ai software varia in relazione alla voce di stato patrimoniale nella quale è iscritto il software stesso.

Per quanto riguarda i software iscritti nella voce

B.I.3. “Diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno”, l’ammorta­mento si effettua in base all’art. 68 comma 1 del D.P.R. 917 del 22 dicembre 1986 il quale prevede che: “le quote d’ammortamento del costo di di­ritti di utilizzazione di opere dell’ingegno, dei brevetti industriali, dei processi, formule e infor­mazioni relativi ad esperienze acquisite in cam­po industriale, commerciale o scientifico sono deducibili in misura non superiore ad un terzo del costo”.

Se invece i software sono iscritti alla voce B.I.4. “Concessioni di licenze, marchi e diritti simili”, l’ammortamento fiscalmente deducibile è quello corrispondente alla durata di utilizzazione pre­vista dal contratto o dalla legge (comma 2 art. 68 del D.P.R. 917/1986).

Infine, si evidenzia che la legislazione fiscale non prevede, per le immobilizzazioni immateriali, ammortamenti accelerati e anticipati, né l’utiliz­zo di una minor aliquota (pro-rata temporis) nel primo esercizio di utilizzo del bene, né tantomeno la possibilità di dedurre in un solo esercizio i co­sti fino a • 516,46.

Conclusioni

In relazione a quanto sopra esposto, si può quin­di rilevare che i costi relativi alle implementazioni dei software devono essere capitalizzati solo quando sia apportato un miglioramento sostan­ziale del software di base o quando venga allun­gata la vita utile dello stesso.

In ogni caso, considerando il fatto che l’implementazione non è utilizzabile autonoma­mente, i costi che devono essere capitalizzati van­no aggiunti al valore del software sottostante.

Per quanto riguarda gli ammortamenti, questi devono essere calcolati sul nuovo valore conside­rando la vita residua del software sottostante. Tale valore è costituito dalla somma del valore netto contabile del software di base (valore originario al netto degli ammortamenti) e il costo dell’im­plementazione.

Se l’implementazione comporta la sostituzione di una precedente, quest’ultima e i relativi am­mortamenti devono essere stornati.

Nel caso in cui, in seguito all’implementazione, si abbia anche la variazione della vita utile del software, si deve predisporre un nuovo piano d’ammortamento. Il valore da considerare è sem­pre quello costituito dalla somma tra il valore netto contabile del software di base e i costi so­stenuti per l’implementazione.

L’implementazione non può avere una rilevanza specifica, al di fuori del bene al quale si riferisce.

Si sottolinea che la variazione della vita utile del bene comporta il cambiamento di una stima e non il cambiamento di principio contabile. La re­lativa rettifica viene quindi rilevata attraverso gli ammortamenti e non come componente straordi­nario di reddito.

Infine, sembra utile evidenziare la differenza di trattamento della variazione della vita utile rispetto alla svalutazione. Premesso che nella pra­tica può risultare non sempre agevole distingue­re le due situazioni, a livello teorico si distingue la prima situazione nella quale l’ammontare com­plessivo da ammortizzare risulta invariato, com­portando solo una variazione delle quote accan­tonate, in relazione alla diminuzione o all’aumen­to della vita utile residua, dalla seconda fattispecie, che prevede la rettifica del valore delle immobilizzazioni in quanto questo non corrispon­de più al valore recuperabile attraverso la loro utilizzazione.

Da un punto di vista fiscale, i costi relativi ai software sono capitalizzati in base a quanto pre­visto dall’art. 76 del D.P.R. 917/1986. Si segue quindi il criterio del costo d’acquisto o di produ­zione. Nel costo, oltre agli oneri accessori di di­retta imputazione, possono essere compresi an­che i costi relativi agli interessi passivi e alle spe­se generali se nel bilancio sono rilevati ad incre­mento del valore del software.

Per quanto riguarda gli ammortamenti, questi sono ammessi in deduzione, in ogni esercizio:

- in misura non superiore ad un terzo se sono iscritti nella voce “diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione di opere dell’ingegno”;

- in relazione alla durata prevista dal contrat­to o dalla legge se sono stati rilevati nella voce “concessioni di licenze, marchi e diritti simili”.

Nella tabella successiva è riassunta la discipli­na relativa agli ammortamenti dei software.

Software

Ammortamento

Contabile

Fiscale

di proprietà

Residua possibilità di utilizzazione

In misura non superiore a 1/3 per ciascun esercizio

in licenza d’uso a tempo determinato

Residua possibilità di utilizzazione

Durata prevista dal contratto o dalla legge

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