Cessione di fabbricati da demolire
di Giuseppe Rebecca
Il Fisco, N. 13 - 28 marzo 2011
L’intervento prende in considerazione una fattispecie molto diffusa nel settore immobiliare, ovvero la cessione, da parte di un privato, di un fabbricato (inserito o meno in un piano di recupero) destinato alla demolizione. A dispetto del dato formale (cessione di un fabbricato), l’Amministrazione finanziaria ha affermato che nel caso di specie si configura (dal punto di vista delle imposte dirette) una cessione di area edificabile, di modo che si realizzano in ogni caso plusvalenze tassabili (a prescindere dal possesso ultraquinquennale o dalla provenienza successoria dell’immobile). Si propone un esame critico della fattispecie, prendendo in considerazione i chiarimenti dell’Amministrazione finanziaria sul tema, la giurisprudenza (anche comunitaria), nonché la dottrina che ha esaminato la questione.
1. Premessa
Trattiamo di una fattispecie molto diffusa nel settore immobiliare: la cessione da parte di un privato di un fabbricato, inserito o meno in un piano di recupero, a un’impresa che poi lo demolirà. Per il pagamento talvolta non è richiesto denaro (o comunque non in toto), ma è accettata una permuta sul costruendo.[1]
Il privato finanzia, così, parzialmente l’impresa che da parte sua è facilitata nell’acquisto. Può trattarsi di una casa singola o di un condominio, di un fabbricato inserito o meno in un piano di recupero, di un fabbricato che faccia parte di un piano casa o di altra tipologia di intervento urbanistico; sotto l’aspetto tributario, la fattispecie che qui interessa è esattamente la stessa.
Sotto l’aspetto reddituale, si tratterà di cessione di immobile, nel qual caso il possesso ultraquinquennale o la provenienza successoria ne esclude l’intento speculativo, e quindi rende neutra l’operazione, oppure si tratterà di cessione di area edificabile, invece sempre tassata?
Quest’ultima è la tesi che l’Amministrazione finanziaria sta portando avanti, con insistenza, dal 2008. Quello che preoccupa gli operatori non è tanto la ris. n. 395/E del 22 ottobre 2008,[2] quanto piuttosto le successive numerose conferme dell’Amministrazione. Cerchiamo di confutare questa interpretazione, a nostro avviso non corretta e, se non altro, irrazionale.
2. La risoluzione n. 395/E del 2008
Questo il caso: un privato cede un fabbricato, ad uso di civile abitazione o anche strumentale, posseduto da più di cinque anni, facente parte di un più ampio Piano di recupero già approvato dal Comune.
L’impresa acquirente, impresa di costruzione, abbatterà tale fabbricato.
In una fattispecie di questo tipo, un contribuente aveva ritenuto di presentare interpello per chiedere all’Amministrazione finanziaria se si trattasse di cessione di area, e quindi di operazione speculativa (terreno edificabile), oppure no (cessione di fabbricato posseduto da più di cinque anni). E qualora l’Amministrazione finanziaria avesse ritenuto trattarsi di cessione di area, è stato chiesto se i beni avrebbero comunque potuto essere oggetto di rivalutazione, in base alla normativa di allora, normativa specificamente dettata per le aree fabbricabili e non per i fabbricati.
L’Agenzia delle Entrate, con la ris. n. 395/E del 22 ottobre 2008, ha così risposto: “mentre le plusvalenze derivanti dalla cessione, a titolo oneroso, di fabbricati sono assoggettate alla disciplina di cui alla lettera b), dell’art. 1 (rectius comma 1), del citato art. 67 del Tuir, che ne prevede l’imponibilità nella sola ipotesi in cui tale cessione avvenga prima del decorso del quinquennio dall’acquisto ovvero dalla costruzione - fatte salve le ipotesi in cui l’acquisto avvenga per successione o donazione e le cessioni di unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso fra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari - le plusvalenze realizzate dalla vendita, anche parziale, dei terreni (e degli edifici) dopo che su di essi sono state eseguite opere intese a renderli edificabili, invece, vanno ricondotte nell’ambito applicativo della lettera a) del comma 1 dello stesso articolo 67 del TUIR che ne prevede la tassabilità a prescindere dal periodo di possesso dell’immobile.
Ulteriore fattispecie impositiva ricorre qualora la plusvalenza sia realizzata a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. Quest’ultima previsione, introdotta nel nostro ordinamento dalla L. 30 dicembre 1991, n. 413, ricollega la tassazione al semplice intervento della destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica dei terreni a prescindere dalla esistenza o meno di una attività speculativa”. Non potranno essere considerati oggetto della compravendita “i fabbricati, oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente, l’area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatorie in corso di definizione”.
Si trasforma così l’oggetto della compravendita da cessione di fabbricato, che per possesso ultraquinquennale sarebbe operazione esclusa dal reddito, a cessione di terreno edificabile, comunque sempre tassabile. Conseguentemente, l’Amministrazione finanziaria ha ammesso la rivalutazione dell’area (o meglio fabbricato), ove gli interessati dovessero decidere in tal senso (ovviamente in presenza di una norma applicabile nel periodo di riferimento).
3. La possibilità di rivalutare il bene
Come si è visto, la stessa ris. n. 395/E/2008 ha fatto comunque una importante precisazione: ha consentito al contribuente de quo di effettuare la rivalutazione specifica per i terreni (edificabili e non) in base alla norma allora vigente. Ha ammesso, quindi, che potesse essere oggetto di rivalutazione un fabbricato, in quanto inserito in un Piano di Recupero già approvato dal Comune. Il fabbricato, come si è visto, è stato considerato terreno, ai fini delle imposte dirette, e quindi, conseguentemente, secondo l’Amministrazione finanziaria, era ammessa la rivalutazione, che riguarda appunto le aree.
L’Amministrazione finanziaria così si è espressa: “Atteso che per i sopra esposti motivi, deve ritenersi che la cessione abbia ad oggetto un’area edificabile, può tornare eventualmente applicabile la disposizione che prevede la rivalutazione del valore dei terreni tramite l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 4% sul valore periziato, a condizione che la redazione ed il giuramento della perizia, nonché il versamento della prima o dell’unica rata, siano effettuati entro la predetta data del 31 ottobre 2008”.
Queste sono le precise indicazioni ministeriali. Ciò desta non poche perplessità. Ai fini della ipotizzata rivalutazione si deve necessariamente fare una perizia, che dovrà riferirsi ad un’area, non ad un fabbricato. Il valore sarà quello dell’area. E se poi chi acquista non dovesse demolire e si tenesse il fabbricato? Nella perizia si dirà che c’è un fabbricato, che è censito in catasto e che è in regola da un punto di vista urbanistico, ma lo si valuterà in base alla volumetria edificabile in ipotesi di demolizione.
Un po’ più complicato il caso in cui l’iter amministrativo non sia ancora concluso, come accadrebbe, ad esempio, ove l’immobile non fosse ancora compreso in un piano di recupero. Ne è ipotizzato l’inserimento, ma il bene che si vorrebbe appunto abbattere è ancora una costruzione. In questo caso, sempre letteralmente, nemmeno si potrebbe effettuare la rivalutazione, a meno che non si facesse un ulteriore salto logico: dire che si tratta di area, ma solo futura. La questione appare un po’ ingarbugliata, ma l’applicazione della tesi ministeriale dovrebbe ciò consentire, o meglio non se ne ravvisa contrarietà alcuna: la logica è già stata superata.
Ove in questo caso specifico non dovesse essere ammessa tale rivalutazione, cosa potrebbe accadere? Dovrebbe essere restituito quanto versato, se si affermasse che si tratta di fabbricato che è diventato area solo successivamente? Oppure, sempre escludendo la possibilità di effettuare la rivalutazione, considerare tassabile tutta la plusvalenza e detrarre, ai fini delle imposte dirette, quanto già versato? Ma ciò non è ammesso da alcuna disposizione.
4. La nostra critica
Analizziamo l’interpretazione ministeriale data dalla ris. n. 395/E del 2008. L’Amministrazione finanziaria, nella sua impostazione, fa un salto logico, e non è, a nostro avviso, legittimata a farlo.
Se la cessione riguarda fabbricati, dovrà essere trattata in modo conseguente. L’Amministrazione finanziaria afferma, nel caso de quo, che non si vendono “i fabbricati, oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente, l’area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alle potenzialità edificatorie (sic) in corso di definizione. Al riguardo, è significativa la circostanza che lo schema di convenzione predisposto ha già stabilito le cubature ammesse in relazione alle varie tipologie di edifici realizzabili (residenziali, produttivi e destinati ad uffici e commercio). Dal predetto schema di convenzione risulta, inoltre, che l’area sarà sottoposta ad interventi di trasformazione urbana che comporteranno modifiche all’aspetto, alla consistenza e alle funzioni insediate, e che per la realizzazione degli edifici residenziali e uffici previsti sarà necessaria la preventiva demolizione degli edifici esistenti. Ad avviso della scrivente, concordemente a quanto ritenuto dalla Direzione Regionale, la fattispecie in esame appare riconducibile alla lettera b), trattandosi di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria”.
Si tratta di una affermazione illogica, non coerente; si vende un fabbricato, non si vende un terreno.
In ogni caso, Tatto di compravendita è riferito ad un fabbricato, che come tale dovrà essere in regola da un punto di vista urbanistico (altrimenti l’atto sarà nullo), anche in base alle recenti disposizioni.
Trattandosi di un fabbricato, ha dei dati castali ben determinati e precisi, ha una scheda catastale sua propria, che tra l’altro dovrà anche essere relativa alla realtà effettiva. Non è allegato certamente all’atto il certificato di destinazione urbanistica, relativo solo ai terreni. In presenza di attività commerciali locate a terzi, poi, ben potrebbero anche esserci diritti di prelazione da parte degli affittuari, diritti non esistenti in caso di vendita di terreno edificabile. Ma se anche tutto ciò non bastasse, ai fini delle imposte indirette si avrà l’applicazione delle imposte relative al bene ceduto (registro 7% + 3% di ipotecarie e catastali, oppure 3% in caso di regime agevolato per la prima casa). Le imposte applicate saranno quindi quelle relative ad una cessione di fabbricato, e non di terreno (nel qual caso sarebbero state le seguenti: 8% di registro + 3% di ipotecarie e catastali).
Si pensi poi alla normativa sul piano casa; solo con l’esistenza di una costruzione si potrà ottenere un aumento di volumetria, anche del 40%. E la normativa consente anche l’abbattimento completo dell’immobile. Ora, proprio i presupposti per poter costruire nuova volumetria sono dati dal fabbricato esistente, ma la sua eventuale cessione potrà essere ritenuta come cessione di area? È evidente il contrasto, l’irrazionalità.
Si cede un fabbricato con una maggiore volumetria utilizzabile, e ciò solo in quanto esiste il fabbricato, che ben potrebbe essere demolito; ma si può considerarlo area, ai fini delle imposte dirette, se la volumetria la si ha solo se ed in quanto c’è un fabbricato?
Nel caso di cessione di abitazione, inoltre, ove l’acquirente fosse un privato, sussisterebbe la possibilità di applicazione del particolare regime del prezzo/valore, con applicazione delle imposte indirette sul valore catastale e non sul prezzo, indicato comunque in atto. Da un punto di vista sostanziale, di diritto, quindi, la cessione è relativa ad una cessione di fabbricato, e dovrà averne quindi tutti i requisiti, nessuno escluso; ai fini delle imposte indirette, la tassazione sarà conseguente. Inequivocabilmente il bene è un fabbricato; non può esserne variata la natura per un solo aspetto utilitaristico, da parte dell’Amministrazione finanziaria. È peraltro indubbio che, in casi del genere, è invece il valore che varia, essendo determinato in base alla volumetria edificabile, e non in base al costruito; ma la cessione riguarda comunque un fabbricato.
Ma a ben vedere, in tutte le costruzioni parte del valore è dato dal valore dell’area su cui sono costruite; nel caso specifico, invece, il valore è dato esclusivamente dall’area. Ecco l’obiezione: è prevista la demolizione del fabbricato. Una specifica previsione non può, però, essere ritenuta sufficiente per variare la sostanza delle cose, nemmeno in campo tributario. Tale previsione, tra l’altro, riguarda la controparte, che potrebbe anche non demolire il bene, mentre qui si sta analizzando il caso del venditore. Si vorrebbe, quindi, qualificare un atto ai fini del trattamento fiscale in capo al venditore in base a decisioni che prenderebbe un terzo, appunto l’acquirente.
Certo che, se il fabbricato fosse demolito prima della cessione, o ne fosse solo iniziata la demolizione, come nel caso analizzato dalla Corte europea [3] (aspetto che sarà trattato più avanti), allora pacificamente, almeno nel caso di demolizione in toto ante cessione, si tratterebbe di vendita di un’area scoperta, e il conseguente trattamento fiscale sarebbe quello relativo a un terreno, sia da un punto di vista urbanistico, sia per le imposte, dirette e indirette. E in effetti di terreno si tratterebbe.
Mentre se la demolizione è solo ipotizzata, o anche solo voluta, è forzato considerare il bene compravenduto come edificio ai fini di qualche aspetto (urbanistico, di diritto civile e delle imposte indirette), ed invece terreno ai fini delle imposte dirette. E tutto ciò solo per questioni di gettito, poiché altre ragioni non se ne ravvisano. Non pare quindi sostenibile una tesi di questo tipo, del tutto incoerente.
Ma ce dell’altro. Per quanto concerne le imposte indirette, ha rilevanza il momento del trasferimento, non potendosi fare un processo alle intenzioni. Ci si è chiesti:[4] “cosa succederebbe nell’IVA se la scelta dell’aliquota da parte del cedente non dipendesse dalla natura del bene ceduto, ma dall’uso che vuol farne l’acquirente?”. Sarebbe esattamente la stessa cosa. Ed allora, ai fini delle imposte dirette, qualificare sotto l’aspetto tributario l’atto in funzione degli atti che porrà in essere l’acquirente pare poco razionale. E nemmeno si potrà parlare di elusione, né di abuso del diritto. L’atto di cessione degli immobili è esattamente l’oggetto della compravendita (fabbricato) oggetto che nemmeno potrebbe essere diverso. Il cedente non ha effettuato forzatura alcuna.
5. L’analisi
Tratteremo la problematica facendo riferimento a due diverse fattispecie:
• la semplice vendita di un fabbricato da demolire, inserito o meno in un piano di recupero;
• la vendita di un fabbricato con pagamento, totale o parziale, in permuta sul costruendo.
La differenza fra le due ipotesi è data solo dalla modalità di pagamento, denaro oppure beni. Nel primo caso la demolizione può risultare dalla stessa richiesta di permesso di costruire o nello stesso piano di recupero; nell’altro può risultare indirettamente, qualora la parte permutata derivi dalla demolizione, totale o parziale, dell’esistente.
Analizzeremo la questione, facendo in particolare riferimento a:
• una precedente risoluzione ministeriale (n. 181 del 24 luglio 2007);
• l’interrogazione parlamentare del 7 ottobre 2009;
• la sentenza della Corte di Giustizia europea del 19 novembre 2009;
• la circolare n. 1/E del 19 gennaio 2007;
• la sentenza della Commissione tributaria regionale di Bologna (n. 7 del 22 maggio 2008);
• la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano (n. 377/3/2008 del 22 dicembre 2008);
• l’intervento della Direzione Regionale Emilia Romagna del 31 maggio 2010;
• la risoluzione ministeriale n. 72/E del 23 marzo 2009;
• Telefisco del 26 gennaio 2011;
• l’interrogazione parlamentare della Camera alla Commissione Finanze del 16 febbraio 2011.
5.1. Una precedente interpretazione ministeriale
Con la ris. n. 181 del 24 luglio 2007[5] l’Amministrazione finanziaria era già intervenuta su una fattispecie per certi versi simile. Il caso riguardava la risposta ad un interpello presentato da un privato relativamente ad un conferimento in una società di beni immobili inseriti in un programma integrato di intervento ai sensi di una legge della Regione Campania.
Ancorché i beni fossero inseriti in un programma integrato di intervento, l’Amministrazione finanziaria non ha ritenuto di poter parificare tali beni alla situazione di un piano di recupero, la cui cessione gode appunto di agevolazioni. Secondo l’Agenzia delle Entrate non si era in presenza di un Piano di Recupero.
La domanda riguardava anche il trattamento fiscale ai fini delle imposte dirette; in proposito, fu questa la risposta dell’Amministrazione finanziaria:
“Per chiarezza si precisa che il trasferimento di cui è causa genera plusvalenza in quanto interessa un’area destinata ad essere edificata ex novo in base alla regolamentazione del Piano integrato di riqualificazione urbanistico ambientale. Se la cessione, invece, avesse avuto ad oggetto dei fabbricati, la plusvalenza non si sarebbe realizzata in quanto l’atto di acquisto da parte del soggetto che intende procedere al conferimento risulta essere avvenuto nel 1975. Non sarebbero rispettate, quindi, le condizioni temporali di cui all’articolo 67, lett. b), TUIR in base al quale sono redditi diversi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni”. La risoluzione, non molto chiara, lascia comunque un po’ di incertezza, in quanto nelle conclusioni pare negare quanto invece precedentemente affermato.
5.2. L’Interrogazione alla Camera dei Deputati (7 ottobre 2009)
L’interpretazione data dall’Amministrazione finanziaria con la ris. n. 395/E del 2008 è stata oggetto anche di una interrogazione presso la Camera dei Deputati del 7 ottobre 2009 n. 501881.[6]
Gli Onorevoli Milo e Zeller hanno chiesto di conoscere se, alla luce delle disposizioni normative contenute nell’art. 67 del Tuir, la cessione di fabbricati, posseduti da oltre 5 anni e inseriti in un Piano di Recupero già approvato dal Comune, possa dar luogo a plusvalenza tassabile in quanto, al momento della compravendita, i beni ceduti conservano natura e caratteristiche di fabbricati.
L’allora sottosegretario all’Economia, Onorevole Daniele Molgora, ha confermato l’interpretazione fornita nella ris. n. 395/2008. Ha poi, però, così ritenuto di specificare, quasi a voler negare l’estensione dell’applicazione del principio: “la soluzione interpretativa fornita dall’Agenzia fa riferimento ad una ipotesi specifica e circoscritta e non può essere assunta a principio di carattere generale applicabile a diverse ipotesi di contratti di compravendita, aventi ad oggetto fabbricati ricadenti in un piano di recupero”. Difficile trarre conclusioni univoche, da una risposta di questo tipo.
5.3. La Corte di Giustizia europea
L’interpretazione ministeriale pare trovare un qualche avallo anche in una recente sentenza della Corte di Giustizia Ue (19 novembre 2009, C-461/08). [7]
Questo era il fatto: cessione di un terreno con relativo fabbricato destinato alla demolizione, con avvio dei lavori già intrapresi da parte dello stesso venditore. Ai fini Iva (siamo in Olanda) la Corte di Giustizia ha ritenuto che si trattasse di cessione di area non edificata, e, nello specifico, soggetta ad Iva, in luogo della esenzione, applicabile invece nel caso di cessione di immobile. Nella fattispecie, però, ha avuto una forte influenza il fatto che la demolizione fosse già iniziata dal venditore ante cessione. Ad avviso della proprietà (impresa), si trattava di cessione di area soggetta ad Iva; per il Fisco olandese, invece, cessione di fabbricato, esente Iva.
Soccombente in questo caso è risultato il Fisco olandese, e quindi è stata data ragione all’impresa, ma qui gli interessi delle parti erano esattamente al contrario, rispetto alla situazione italiana esaminata nella ris. n. 395/2008. La proprietà riteneva trattarsi di cessione di area, l’Amministrazione finanziaria cessione di immobili.
La Corte europea si è comunque pronunciata per la tesi della cessione di area piuttosto che di immobile, forse proprio in quanto il cedente aveva già iniziato la demolizione. Per la Corte europea, la cessione di un terreno su cui sorge un fabbricato la cui demolizione è già iniziata prima di tale cessione, e la demolizione stessa di tale fabbricato, formano un’operazione unica avente ad oggetto, nel suo complesso, non la cessione del fabbricato esistente, ma quella di un terreno non edificato. Indipendentemente dallo stato di avanzamento dei lavori di demolizione del vecchio fabbricato al momento della cessione del terreno, l’operazione non può quindi ricadere nell’esenzione prevista dalla Sesta direttiva per la cessione di fabbricati e non per la cessione di aree. In definitiva, la Corte europea sostiene quanto sostiene ora l’Amministrazione finanziaria in Italia, ma, come abbiamo visto, l’interesse delle parti nel caso specifico era proprio l’opposto, rispetto alla normativa italiana: la parte sosteneva la tesi della cessione di area, l’Amministrazione finanziaria la tesi della cessione di fabbricato. Ciò invero potrebbe far ritenere rafforzata la tesi italiana, ma si ricorda che la demolizione era già stata iniziata dal cedente.
In ogni caso è interessante notare come, in questa fattispecie, il Fisco olandese la pensasse (per convenienza) esattamente all’opposto del Fisco italiano, cessione di fabbricato e non di area.
5.4. La dottrina e la contrastante circ. n. 1/E del 19 gennaio 2007
Pochi sono stati gli interventi dottrinari[8] su questa risoluzione, quasi che l’argomento non fosse importante. E invece la questione sta diventando sempre più di attualità.
In particolare,[9] è stata evidenziata anche la problematica di ordine pratico, relativamente alla determinazione della plusvalenza. Si farà infatti riferimento al costo, costruzione compresa, o solo al terreno, come letteralmente parrebbe? Parrebbe preferibile, secondo la tesi dell’Amministrazione finanziaria, il riferimento al costo complessivo, se non altro per equità. Ma questa impostazione da parte dell’Agenzia delle Entrate[10] desta perplessità.
Per contestarne la tesi può essere utilizzato un altro intervento, sempre della stessa Amministrazione finanziaria.
La circ. n. 1/E del 19 gennaio 2007, paragrafo 7.4,[11] ha stabilito che nel caso di acquisto di fabbricato da demolire, ma comunque in quel momento ancora atto all’uso, si tratta pur sempre di acquisto di fabbricato, e non di area: [12] “Occorre precisare al riguardo che, nel caso in cui il fabbricato preesistente, ora demolito, fosse stato un bene strumentale funzionante, il valore dell’area ed il valore del fabbricato saranno determinati applicando i criteri ordinariamente stabiliti dal comma 7 (raffronto tra il valore dell’area eventualmente esposto in bilancio al momento dell’acquisto e quello che si ottiene applicando i coefficienti del 20 o 30 per cento al costo complessivo dell’immobile, comprensivo del valore dell’area). Il costo residuo del fabbricato demolito - come sopra determinato - sarà ammesso in deduzione ai sensi dell’articolo 102, comma 4, del TU IR, mentre le spese di bonifica relative alla demolizione e capitalizzate insieme ai costi della nuova costruzione sono da imputare al terreno e ne incrementano il valore fiscalmente riconosciuto”.
Al contrario, in presenza di un rudere, da un punto di vista fiscale si considera acquisto di un’area (sempre dalla stessa circolare). “Nel caso, invece, in cui il fabbricato preesistente sia solo un rudere acquistato unitamente al terreno, a tale fattispecie non è applicabile la disciplina del comma 7 ed il costo d’acquisto deve essere interamente imputato al terreno e non al rudere. Si osserva al riguardo che un rudere, non potendo costituire un bene strumentale in quanto non funzionante, non è ammortizzabile”.
È di tutta evidenza la contraddizione che si viene a creare con questi due interventi. Da una parte si afferma che se il fabbricato è atto all’uso, ancorché da demolire, è da considerare fabbricato (circ. n. 1/E del 2007); dall’altra si vorrebbe considerare trattarsi di sola cessione di area (risoluzione ministeriale n. 395/E del 2008). Appare evidente che una delle due contrastanti interpretazioni è errata; e da parte nostra riteniamo essere errata proprio la risoluzione ministeriale 395/E del 2008.
5.5. Le Commissioni tributarie
Decisamente scarsa è anche la giurisprudenza sul tema.
Una sentenza della Commissione tributaria regionale di Bologna,[13] emessa peraltro prima della risoluzione qui considerata, sostanzialmente conferma la tesi successivamente espressa dall’Amministrazione finanziaria. La Commissione emiliana ha condiviso la tesi dell’ufficio per la quale la cessione di un vecchio fabbricato effettuata nei confronti di una società di leasing, la quale lo aveva acquistato nell’interesse di un soggetto intenzionato a demolirlo per procedere alla realizzazione di un nuovo immobile ad uso direzionale, in effetti si sostanzia, “ove l’insieme degli elementi indiziari raccolti dall’Ufficio fiscale induca a ritenere fondatamente presumibile (l’ipotesi) che il contribuente abbia contrattato non la cessione di un fabbricato, ma quella di un’area edificabile” in un tentativo di elusione dell’art. 81, comma 1, lettera b) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.[14] L’Amministrazione finanziaria aveva ritenuto che il reale oggetto del contratto di compravendita fosse da individuare nel terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria a seguito della demolizione del fabbricato preesistente, e non già in quest’ultimo come dichiarato in atto, ed aveva accertato la plusvalenza. I giudici non hanno ritenuto simulato il contratto di compravendita, ma hanno riqualificato l’oggetto del negozio giuridico, sostenendo che in realtà non si trattava di una cessione di una unità immobiliare, bensì della alienazione di un’area edificabile.
Gli elementi considerati, utili ai fini della soluzione poi data, sono stati individuati:
• nel prezzo di vendita, di gran lunga superiore al valore peritale della costruzione;
• nello stesso comportamento della società acquirente che, dopo solo quattro mesi dall’acquisto, ha demolito il fabbricato acquistato per poi riedificare sfruttando, quindi, la potenzialità edificatoria dell’area.
Ma c’è anche una sentenza sfavorevole all’Amministrazione finanziaria.
Questa la massima della Commissione tributaria provinciale di Milano, sent. n. 377/3/2008 del 22 dicembre 2008: [15] “L’intervento di riqualificazione urbanistica in dipendenza di convenzione stipulata fra privato e Comune non rientra nella nozione di lottizzazione prevista dall’art. 67 [ex 81) del Tuir ostando alla tassazione dell’eventuale plusvalenza conseguita non solo il dato urbanistico ma anche il decorso del quinquennio (cespiti pervenuti per successione apertasi oltre il periodo fissato dalla norma)”. Nel caso specifico non si trattava di terreno lottizzato, in quanto nessuna richiesta era stata presentata al Comune per la lottizzazione. Si trattava solo di cessione di immobili facenti parte di una zona soggetta a Piano Regolatore, convenzionato con il Comune. Così si legge nella sentenza: “Il collegio ha ribadito che l’operazione posta in essere si inseriva in un programma di intervento mirato a ‘riqualificare il tessuto urbanistico edilizio, ambientale’, volto a valorizzare i fabbricati già esistenti e, quindi, non si era in presenza di un’area destinata a essere edificata ex-novo. E visto che i fabbricati risalivano a successione aperta nel 1996, per gli stessi non sussisteva plusvalenza. In definitiva, quindi, in presenza di riqualificazione di un’area già costruita, nessun riferimento ad aree, ma a fabbricati”. È proprio il caso che qui trattiamo.
5.6. L’intervento della Direzione Regionale Emilia Romagna (31 maggio 2010)
La Direzione Regionale Emilia Romagna[16] ha confermato in toto l’orientamento della ris. 22 ottobre 2008, n. 395. Con la risposta ad interpello del 31 maggio 2010 (prot. 909-28406)[17] ha, infatti, affermato che l’atto di cessione di fabbricato da demolire, sotto l’aspetto tributario, va riqualificato in cessione di area. La Direzione Regionale dell’Emilia Romagna, individuando nel compendio immobiliare un’area edificabile in virtù del fatto che le costruzioni avrebbero perduto qualunque valore in seguito al piano concordato con il Comune, conclude per l’imponibilità della plusvalenza, con possibilità di applicare l’imposta sostitutiva del 4% sul valore di perizia per sterilizzare la maggiore Irpef a tassazione separata altrimenti dovuta per la cessione.
5.7. L’Amministrazione bifronte
Abbiamo visto che, con la ris. n. 395/E/2008, la cessione di un immobile da demolire è equiparata dall’Amministrazione finanziaria a cessione di area, ai fini delle imposte dirette. E ciò, solo per attrarre a tassazione quanto invece non ne sarebbe oggetto.
Ma abbiamo anche il caso opposto.
Con la ris. n. 72/E del 23 marzo 2009,[18] riferita invero alle imposte indirette, al fine di non far fruire la cessione delle agevolazioni previste per i piani particolareggiati (art. 33 del D.P.R. n. 601/1973), una cessione di area (con immobile) è stata considerata cessione di fabbricato, e quindi non agevolabile.
Nella fattispecie si era in presenza di un Pip (Piano per gli insediamenti produttivi) ove dei privati avevano già eseguito delle costruzioni. L’agevolazione è stata pertanto negata.
Il fabbricato era stato costruito dall’acquirente, prima di acquistare il suolo. A dire il vero il caso riguardava un opificio, quando invece le norme agevolative richiamate nel caso de quo riguardano l’edilizia economica e popolare.
In caso di cessione di un’area con sopra un opificio, si ha cessione di fabbricato, dovendosi guardare alla realtà fattuale, ha affermato la ris. n. 72/E/2009. Peccato che con la ris. n. 395/E/2008 tale concetto fosse stato sconfessato, l’anno prima. D’accordo che in ambedue gli ambiti l’Amministrazione finanziaria ha cercato di tutelare i suoi interessi, negando una agevolazione o tassando un atto, ma i concetti non possono essere stravolti in base alle singole specifiche convenienze. La doppia diversa interpretazione da sola toglie valenza alle stesse tesi dell’Amministrazione finanziaria.
5.8. Telefisco 2011
In occasione del recente Telefisco (26 gennaio 2011), una risposta data riguarda il corretto inquadramento, ai fini Iva, di una cessione di immobile strumentale dismesso e da abbattere.
La domanda verteva sull’applicazione della normativa Iva sugli immobili (esenzione o Iva per opzione) oppure di quella sulle aree (Iva 20%).
La decisa risposta è stata per “cessione di immobile”: “il regime di tassazione ai fini IVA è strettamente correlato alla natura oggettiva del bene ceduto, vale a dire allo stato di fatto e di diritto dello stesso all’atto della cessione, prescindendo quindi dalla destinazione del bene da parte dell’acquirente. Tanto premesso, riguardo la fattispecie prospettata, si esprime l’avviso che la stessa debba essere trattata alla stregua di una cessione di ‘immobile strumentale’; ragion per cui si applica il regime di esenzione, salvo il caso di cessione effettuata dal soggetto che ha operato la costruzione o la ristrutturazione del medesimo immobile, entro il quarto anno dal compimento di tali opere, nonché il caso di opzione per il regime di imponibilità operato dal cedente nell’atto di cessione (in tale secondo caso la fatturazione è operata con il meccanismo dell’inversione contabile in base all’articolo 17, comma 6, lettera a-bis) del D.P.R. 633/1972)”. Quindi ai fini Iva, senza incertezze, la cessione di immobile da abbattere è cessione di immobile e non di area, come se si potesse fare una distinzione tra le imposte, e considerare un atto in un modo ai fini di certe imposte, e in altro modo ai fini di altre imposte. Ma tale affermazione pare illogica.
Si ritiene che il regime di tassazione, ai fini Iva, si ricolleghi alla natura oggettiva del bene ceduto, indipendentemente dalla destinazione
che ne farà l’acquirente; sul punto ovviamente non si può che convenire.
5.9. La recente risposta del 16 febbraio 2011 ad interrogazione parlamentare
Il 16 febbraio 2011 la Commissione Finanze della Camera si è occupata della problematica. Il deputato Angelo Cera (UDC), assieme al deputato Galletti, ha presentato un’interrogazione titolata “Regime tributario delle cessioni di fabbricati”.
Come si vedrà, la risposta del sottosegretario Sonia Viale è stata netta e decisa, confermando l’orientamento dell’Amministrazione finanziaria.
I parlamentari Galletti e Cera hanno chiesto chiarimenti sul cosiddetto regime tributario applicato alle cessioni di fabbricati da demolire, considerato che la risoluzione ministeriale n. 395/E del 22 ottobre 2008 “ha considerato oggetto della cessione non i singoli fabbricati bensì l’area edificabile su cui i medesimi insistono. Di converso, con specifico riguardo al trattamento ai fini IVA della cessione di un immobile strumentale, la medesima Agenzia in risposta ad un quesito formulato nell’ambito della manifestazione ‘Telefisco 2011’ del 26 gennaio 2011 ha precisato che occorre fare riferimento, ai fini dell’applicazione dell’imposta, alla natura del bene ceduto. Sottolineando il contrasto tra le due pronunce amministrative, l’Onorevole interrogante chiede di porre un chiaro discrimine giuridico tra le compravendite di fabbricati che possono essere riqualificate come atti relativi ad aree edificabili e quelle che devono essere considerate senza ambiguità cessioni di fabbricati”.
Ecco la sintesi della risposta: “in definitiva, posto che in tale particolare caso, ai fini dell’imposizione diretta assume rilevanza la destinazione del bene da parte dell’acquirente e che la stessa non può che avere carattere speculativo, la plusvalenza conseguita dalla cessione di tali fabbricati deve essere in ogni caso sottoposta a tassazione in base al disposto dell’articolo 67, comma 1, lettera b), del TUIR. Il medesimo ragionamento non può essere automaticamente trasposto in sede di determinazione del regime IVA applicabile ad analoga operazione, atteso che ai fini dell’imposta sul valore aggiunto occorre avere riguardo esclusivamente alla natura giuridica del bene oggetto della cessione. La struttura di tale tributo non consente, infatti, di attribuire rilievo a valutazioni di natura economica, né di considerare ai fini dell’individuazione del trattamento da riservare all’operazione, la destinazione che al bene sarà data da parte dell’acquirente”.
Ai fini dell’inquadramento dell’atto si fa così riferimento a comportamenti dell’acquirente, ai fini delle imposte dirette.
6. Conclusioni
La cessione di un fabbricato da demolire, o comunque compreso in un piano di recupero, è attualmente sotto osservazione da parte dell’Amministrazione finanziaria.
La tesi ad oggi sostenuta, e cioè equiparare la cessione di un immobile che sarà demolito
dall’acquirente a cessione di area, equiparazione fatta solo ai fini delle imposte dirette, poiché ai fini delle imposte indirette non si discute, non pare condivisibile. L’interpretazione data non convince, in ogni caso, e anche il fatto che l’Amministrazione finanziaria cambi impostazione, a seconda degli interessi specifici, mina alla radice questa impostazione. Non si può considerare un atto di cessione, che necessariamente è un atto unico, cessione di area ai fini delle imposte dirette ed invece cessione di fabbricato ai fini delle imposte indirette (ris. n. 395/E/2008), e ancora, ai fini della contabilizzazione, cessione di fabbricato se l’immobile è atto all’uso, ancorché appunto da demolire, o di area se si tratti, invece, di un rudere (circ. n. l/E/2007, paragrafo 7.4). Cosa fare, a questo punto?
Le alternative non sono molte, in attesa di un sempre possibile intervento chiarificatorio. Le opzioni sono:
• non trattare l’atto, ai fini delle imposte dirette, come operazione speculativa (in questo caso l’accertamento sarà sicuro);
• trattare l’atto come cessione di area, ai fini delle imposte dirette, presentando la dichiarazione e contestualmente istanza di rimborso, cui far seguire il ricorso avanti la Commissione tributaria provinciale competente avverso il sicuro silenzio/rifiuto da parte dell’Agenzia delle Entrate;
• adeguarsi all’interpretazione ministeriale e, in presenza di norme che consentano l’affrancamento delle plusvalenze sui terreni, rivalutare il fabbricato da demolire, tenendo presente che la perizia dovrà riferirsi all’area, non al fabbricato.
[1] Si veda G. Rebecca, Riqualifìcabilità della cessione di fabbricato da demolire in cessione di terreno, in “il fìsco n. 37/2010, fascicolo n. 1, pag. 5959.
[2] In banca dati “fisconline”.
[3] Cfr. la sentenza della Corte di Giustizia europea 19 novembre 2000, C-461/08, di cui si dirà al successivo paragrafo 5.3.
[4] G. Gavelli-G. P. Tosoni, // piano qualifica l’immobile, in “Il Sole-24 Ore”, 25 agosto 2010.
[5] In banca dati “fisconline”
[6] In banca dati “fisconline”
[7] In banca dati “fisconline”
[8] A. Busani, Trasformazione fiscale da fabbricato a te reno, in “II Sole-24 Ore” dell’8 novembre 2008, pag. 31; L. Gaia-ni, L’area fabbricabile si estende, in “Il Sole-24 Ore” del 23 ottobre 2008, pag. 34.
[9] C. Corradin, Risoluzione n. 395/E del 23 ottobre 2008: il reddito derivante dalla cessione di fabbricati ricadenti in Piani di Recupero, in “il fisco’ n. 41/2008, fascicolo n. 2, pag. 7421.
[10] E. Zanetti, Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008: le nuove incertezze “regalate” dall’Agenzia delle Entrate sulla nozione di area edificabile, in “il fisco” n. 46/2008, fascicolo n. 1, pag. 8223; G. Rebecca, Riqualificazione della cessione di fabbricato da demolire in cessione di terreno, in “il fisco n. 37/2010, fascicolo n. 1, pag. 5959.
[11] In banca dati “fisconline”
[12] P. Meneghetti-G. P. Ranocchi, Piani di recupero edificabili, in “Il Sole-24 Ore” del 18 gennaio 2010.
[13] Comm. trib. reg. Bologna, sez. VIII, sent. n. 7 del 22 maggio 2008.
[14] G. Rebecca, in “il fisco” n. 37/2010, cit
[15] In banca dati “fisconline”
[16] G. Gavelli-G. P. Tosoni, pag. 5965, cit.
[17] In banca dati “fisconline”
[18] In banca dati “fisconline”