Terzo millennio, anno zero. Un debito lungo otto volte l'equatore
di Giuseppe Rebecca
Il Commercialista Veneto, N. 132 novembre-dicembre 1999
Un futuro denso di incognite attende il cittadinocontribuente italiano. E' possibile che nell'anno zero del terzo millennio (e si badi bene, non si parla del futuro, già ci siamo) il contribuente italiano arriverà a rimpiangere i tempi passati, vissuti come bui, sconquassati e ritenuti insuperabili, in peggio. Ci sovrasta un debito pubblico già ampiamente superiore ai 2 milioni di miliardi, ed in incremento nonostante il calo degli interessi e la vendita dei gioielli di famiglia (leggi privatizzazioni). Si tratta di una cifra che nessuna persona al mondo riuscirebbe mai a contare in tutta la sua vita, e che non potrebbe nemmeno essere contata da qualche centinaio di persone tutte assieme, in tutta la loro vita. Si tratta di una cifra che, tramutata in biglietti di banca da 100.000 lire, uno di seguito all'altro, consentirebbe di coprire l'equatore 8 volte. E pensare che per arrivare a 1 milione di miliardi, nel 1988, ci sono voluti circa 50 anni. In soli 10 anni il debito è poi più che raddoppiato. Con queste premesse, cosa ci possiamo aspettare? Niente di buono, è certo. La pressione tributaria è già a livello mitteleuropeo, almeno per chi le paga, le imposte. Intanto si cerca già di raccattare quello che si può: e così si ipotizzano imposte sulle carte di credito, sui telefonini, sulla proprietà ed altro. Magari anche sulla pubblicità, come era stato ipotizzato tempo fa, salvo poi ricredersi, e non certamente per protesta dei contribuenti. Di una cosa si può star certi. Il nostro futuro tributario e di cittadini non è assolutamente ipotizzabile, nemmeno a breve scadenza. Ci tocca vivere alla giornata.