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Diritto di superficie e altri diritti reali maltrattati: dal 2024 la cessione è sempre speculativa

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 18 gennaio 2024

In questo articolo tratteremo del nuovo regime impositivo riservato alla cessione dei diritti reali di superficie, uso e enfiteusi, soffermandoci in particolare sul diritto di superficie.

Ne abbiamo già trattato, seppur marginalmente, per il futuro, nell’articolo specifico relativo all’usufrutto (“Usufrutto sempre più maltrattato” ne Commercialista Telematico del 15 dicembre 2023) e in generale, sulle problematiche oramai del passato, nell’articolo sul diritto di superficie, dal quale riportiamo anche qualche parte limitata (“Cessione del diritto di superficie da privato: il carico fiscale”, Commercialista Telematico del 12 agosto 2020).

Ora approfondiamo le problematiche relative alla nuova norma, che decorre dall’1 gennaio 2024, norma che ha un rilevantissimo impatto, e al momento non è ancora stato oggetto di un adeguato approfondimento.

 

Il diritto di superficie

“Il diritto di superficie è un diritto reale, trattato dagli articoli 952/953/954 del Codice Civile, la cui cessione è un contratto consensuale ad efficacia reale (art. 1376 c.c.). Il cedente cede il diritto di superficie (proprietà superficiaria) ad un terzo (superficiario) che così acquisisce il diritto di costruire ed utilizzare un immobile sulla stessa area. Tale diritto può anche derivare da una cessione a terzi del solo immobile già costruito.

La durata del diritto può essere indeterminata, come pure essere a tempo determinato; in quest’ultimo caso, alla scadenza il proprietario del terreno acquisisce la proprietà dell’immobile costruitovi per il principio della accessione (art. 953 c.c.).

La cessione del diritto di superficie può avvenire a titolo oneroso o a titolo gratuito. Si tratta di una tipologia contrattuale che ha avuto una particolare diffusione nel campo del fotovoltaico."

 

La nuova norma

La legge di bilancio 2024 (Legge n 213 del 30 dicembre 2023) all’articolo 1, comma 92 (nello stesso identico testo previsto dall’ articolo 23, comma 5, titolato “Misure di contrasto all’evasione…” del ddl 926 approvato dal Senato) prevede la applicazione della lettera h) del primo comma dell’articolo 67 TUIR a tutte le cessioni di diritti reali.

Quindi non solo per l’usufrutto (ora previsto specificatamente, e per la cui relativa analisi rimandiamo al citato nostro articolo), ma anche per gli altri diritti reali, che fino al 2023 ne erano invece esclusi, rientrando nella lettera b) di tale articolo.

Pertanto dall’1 gennaio 2024 tutte le cessioni di diritti reali sono considerate operazioni speculative, indipendentemente dalla data di acquisizione del bene cui si riferiscono, ed anche se relative a terreni non edificabili.

Abbiamo già anticipato che non siamo convinti che si tratti di una soluzione corretta, quanto piuttosto di un richiesto appoggio normativo ad una tesi ministeriale, almeno per l’usufrutto, tesi da molti contestata e non condivisa.

Anzi in merito prevediamo un ripensamento, che ci auguriamo a breve.

Si pensi tra l’altro a quanti problemi potrà sollevare questa norma, per il settore energetico, relativamente ai contratti di diritto di superficie per gli impianti fotovoltaici.

 

Problemi pratici

Il primo problema che si presenta riguarda la determinazione del valore, soprattutto con riferimento al valore iniziale. Trattandosi di operazione speculativa, per il cedente persona fisica, sarà tassato l’incremento di valore tra il costo di acquisto, maggiorato dei costi inerenti, e il prezzo di cessione. Mentre il valore alla cessione è determinato nello stesso atto (salvo possibili azioni accertative circa il valore stesso da parte degli uffici), per il valore da considerare per l’acquisto manca normalmente un riferimento. E nessuna norma aiuta a determinarlo.

Potrebbe quindi essere utile un riferimento all’imposta di registro, visto che precedentemente poche erano le cessioni soggette ad imposte dirette.

 

Nel passato

“Per prassi, l’Ufficio del Registro nel passato considerava il valore della cessione nella misura del 50% del valore dell’area.” Secondo altri, il 70% “(Aiello, Casi e Questioni, Ipsoa 25/1/1996). “. La Commissione Tributaria Provinciale di Milano, in una risalente decisione (sentenza del 27/6 – 19/7/97 n. 135, Pres. e rel. Guastalla) si è pronunciata sulla valutazione, ai fini dell’imposta di registro, del valore del diritto di superficie ritenendo applicabile lo stesso identico criterio dettato dalla norma per la valutazione dell’usufrutto.

La motivazione, invero scarna, è stata la seguente:

“L’evolversi del valore dell’immobile, che risulta tendenzialmente orientato ad assumere valori sempre più bassi con l’avvicinarsi della scadenza del termine di estinzione del diritto di superficie, impone di rispettare dei canoni analoghi a quelli variabili determinati per l’usufrutto.

La Commissioneritiene che il criterio automatico di valutazione, nel caso di immobili in diritto di superficie, debba pertanto essere applicato tenuto conto dei criteri stabiliti per l’usufrutto.

Nel caso in esame, considerato che la durata della concessione di novanta anni è iniziata in data 25/1/1993 e che il valore dell’annualità può essere assunto in base all’art. 48 del DPR 131/86 moltiplicando il valore della piena proprietà per il saggio legale di interessi al momento del trasferimento e visto il prospetto dei coefficienti allegato al DPR 131/86, si ottiene che il valore dell’immobile in esame deve essere determinato in Lire 176.652.500.=.

In particolare il valore dell’annualità per il saggio legale di interessi è pari a Lire 18.595.000.=. Il coefficiente fino a venti anni di utilizzo della superficie è pari a 9,5 e pertanto il valore dell’immobile è la risultante della moltiplicazione fra i due valori pari, come si è detto, a Lire 176.652.500=”.

La tesi che il diritto di superficie possa essere assimilato all’usufrutto non è però convincente, se non altro per il fatto che la costruzione su terreno concesso in superficie è fatta dall’utilizzatore; ciò da solo basta a differenziare in modo più che evidente le due fattispecie. Certo è che, fino a che non si predisporrà legislativamente in maniera specifica relativamente al diritto di superficie, ogni tesi è valida.”

 

Le Imposte dirette

L’art. 9 del TUIR, comma 5, come modificato dalla legge di bilancio 2024, così recita (in grassetto la modifica):

“Ai fini delle imposte sui redditi, laddove non è previsto diversamente, le disposizioni relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società”.

La diversa previsione riguarda il trattamento riservato ai diritti reali, sempre tassati, al contrario delle cessioni di immobili, esclusi in certi casi da imposte dirette.

Quanto alla determinazione dell’imponibile, sempre in funzione del disposto dell’art. 9 TUIR, si renderanno applicabili le stesse modalità stabilite per le cessioni dei terreni.

A dire il vero potrebbe anche essere ritenuto che tutto il corrispettivo del diritto di superficie vada a costituire reddito. Ma anche se ciò potrebbe, in linea teorica, sembrare corretto, la letteralità della norma, ancorché effettuata per richiamo, non lascia ombra di dubbio: si tassa solo la differenza di valore. Si pone però, in ogni caso, il problema della quantificazione del valore di riferimento iniziale, avendo di norma il costo del terreno, e non di un diritto.

Trattandosi di redditi diversi, si è tassati in base al principio di cassa; qualora il corrispettivo fosse dilazionato nel tempo, anche il reddito sarà da dichiarare frazionatamente, in base agli incassi.

 

La norma di comportamento di AIDC n.183/2012

Può risultare interessante ricordare un approfondimento invero un po’ datato, anche se ovviamente riferito alla normativa precedente.

“La norma di comportamento n. 182 del 2012 della Associazione Italiana Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili, sez. di Milano era intervenuta sulla questione circa il trattamento da riservare alla cessione del diritto di superficie per il privato cedente:

a.1) persona fisica non imprenditore cedente il diritto di superficie su un terreno agricolo oppure su un fabbricato posseduto da più di 5 anni o pervenuto per successione oppure su una unità immobiliare urbana che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione è stata adibita ad abitazione principale dal cedente o dai suoi familiari: l'articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir esclude espressamente tali fattispecie dai "redditi diversi". Il cedente non realizza alcun reddito imponibile ai fini Irpef;

a.2) persona fisica non imprenditore cedente il diritto di superficie su un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria o su un fabbricato posseduto da meno di 5 anni: l'articolo 67, comma 1, lettera b) del Tuir qualifica "reddito diverso" la plusvalenza che, in base all'articolo 68, comma 1 del Tuir, è calcolata come differenza tra corrispettivo percepito e costo di acquisto. Qualora, come frequentemente avviene, il costo di acquisto del diritto di superficie non sia separatamente rilevabile nell'atto di acquisto del terreno o del fabbricato, la quota parte del costo riferibile al diritto ceduto va determinata in base a una ragionevole proporzione quale quella risultante dalla formula: - valore del diritto di superficie al momento della vendita/valore della piena proprietà al momento della vendita = XX%; - costo di acquisto della piena proprietà x XX% = costo del diritto di superficie.

Invero la Risoluzione Agenzia delle Entrate n. 112/E/2009 aveva precisato che “Non è possibile individuare un costo storico perché il diritto nasce solo al momento della sua costituzione: la piena proprietà non incorpora in sé, per così dire in potenza, anche l’eventuale diritto di superficie”. Si tratta di affermazione non condivisibile “in quanto ritiene che non sia mai possibile individuare una quota parte del costo di acquisto da contrapporre al corrispettivo percepito “perché il diritto nasce solo al momento della sua costituzione”. Invece il diritto di superficie – come quello dell’usufrutto – è una delle caratteristiche proprie della “piena proprietà”, già esistente quindi, che non nasce, ma si separa dalla proprietà al momento della concessione del diritto a terzi. Pertanto, la regola da applicare è quella che un costo di raffronto sussista, salvo la difficoltà di determinarlo nel modo caso per caso più razionale e ragionevole, eventualmente supportato da apposita perizia. Tale principio è conforme a quanto affermato dall’Amministrazione Finanziaria nel caso di cessione del diritto di opzione da parte del titolare di una partecipazione societaria. Inoltre, conforme all’utilizzo del criterio proporzionale è la Risoluzione Ministeriale n. 379/E/2008“ (sempre dalla norma di comportamento n 183).”

 

Le interpretazioni ministeriali ante variazione del 2024

“Dapprima (Circolare n. 36/E/2013) l’Amministrazione Finanziaria aveva inquadrato la fattispecie nell’ art. 67 c.1 lett. b) del TUIR esclusivamente nell’ipotesi in cui il medesimo diritto reale fosse stato acquistato a titolo oneroso, ipotesi invero poco realistica. Per poter applicare quanto disposto dall’art. 9 c.5 del TUIR il confronto doveva essere fatto a valori omogenei; in mancanza, si sarebbe applicato l ’art. 67, c.1 lett. l) del TUIR (assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere).

La Cassazione (sentenza n.15333 del 2014) aveva però disatteso tale atteggiamento, facendo rientrare la cessione del diritto di superficie sempre nella previsione di cui all’art. 67 c 1 lett. a) o b), e non nella lettera l), relativa a diritti personali, e non a diritti reali quali appunto il diritto di superficie.

“Per quanto riguarda il trattamento tributario da applicare ai fini delle imposte sui redditi al corrispettivo conseguito dalla cessione a titolo oneroso di un diritto di superficie va richiamato anzitutto l’articolo 9, comma 5, Tuir, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, nel quale si stabilisce che le disposizioni relative alla cessioni a titolo oneroso si applicano anche nei confronti degli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento”. Pertanto, “essendo il diritto di superficie un diritto reale, è pienamente applicabile l’articolo 9, comma 5, Tuir, implicante l’equiparazione della disciplina fiscale relativa alla cessione a titolo oneroso della piena proprietà degli immobili agli atti che importano la costituzione o il trasferimento di diritti reali di godimento”.

Conseguentemente, nel caso di un terreno agricolo acquistato da oltre 5 anni, oppure di provenienza successoria, la cessione del diritto di superficie non generava redditi tassabili. Conforme Cassazione n. 26143 del 18 ottobre 2018.

In sede di risposta ad una interrogazione parlamentare (n. 5-09475 del 15 settembre 2016), l’Agenzia delle Entrate, preso atto del contrasto con quanto sostenuto dalla Cassazione, aveva dichiarato che avrebbe effettuato ulteriori approfondimenti, sul tema specifico.

Ed ecco che con Circolare n. 6/E/2018, recependo la sentenza della Cassazione n. 1533/2014, l’Agenzia ha cambiato atteggiamento.

Ai fini della determinazione della plusvalenza, trova applicazione l’art. 68, comma 1 del T.U.I.R., che quantifica tale valore per un importo pari alla differenza tra il corrispettivo incassato nel periodo di imposta e il costo di acquisto del diritto di superficie.

Nel caso in cui il diritto reale di superficie sia concesso, in assenza di un precedente acquisto a titolo oneroso, la plusvalenza dovrà essere determinata individuando il prezzo d’acquisto originario del diritto secondo un criterio di tipo proporzionale, fondato sul rapporto tra il valore complessivo attuale del terreno agricolo o dell’area fabbricabile e il corrispettivo percepito per la costruzione del diritto di superficie, da applicare al costo originario del terreno. Nello stesso senso Ris. Ag. Entrate n. 379/E del 10 ottobre 2008.”

Si tenga sempre conto che, in presenza di un terreno agricolo acquistato oltre 5 anni, prima di questa variazione normativa si era al di fuori di ogni ipotesi di tassazione (Cass. n. 14847 del 7 giugno 2018 e n. 222 del 13 settembre 2017).

 

La relazione al disegno di legge n. 926

La relazione parlamentare si dilunga, su questa novità, e dettaglia i dati della relazione tecnica, che prevede un introito di 416 milioni di euro nel 2025 e di 208 milioni di euro nel 2026. Vengono anche riportati dei dati statistici. Di seguito sintetizziamo quanto risulta da tale relazione.

Il diritto di superficie rappresenta l’ipotesi più ricorrente di cessione di diritti reali di godimento, e nel 2021 il valore complessivo di tali cessioni è stato di 1,38 miliardi di euro, cui ha fatto seguito una dichiarazione di plusvalori ad esse collegati di 60 milioni di euro (pagina 109 e seguenti della relazione al disegno di legge). Nell’impossibilità di distinguere tra atti costitutivi del diritto di superficie dagli atti di cessione, ipotizzati inferiori, prudenzialmente gli atti costitutivi sono stati stimati nel 50%. E’ stato conseguentemente stimato” il valore complessivo dei redditi da sottoporre a tassazione in base alla disposizione in commento “in euro 691 milioni, quindi esattamente pari alla metà del monte cessioni (1,38 miliardi). Da questo importo sono state poi detratte le somme dichiarate dai danti causa più sopra indicate, 60 milioni di euro, per cui ne consegue che “il reddito differenziale è quantificabile” in euro 630 milioni, da cui, applicando una aliquota media del 33%, ne consegue unna imposta di 208 milioni. Raddoppiata nel 2025 per via del sistema degli acconti.

In ogni caso viene fatta una precisa distinzione tra costituzione del diritto e cessione dello stesso, questione che merita un futuro approfondimento.

 

Conclusione

La cessione del diritto di superfice dall’1 gennaio 2024 è sempre operazione speculativa, rientrante tra i redditi diversi, sia su terreni agricoli sia su terreni posseduti da oltre 5 anni. Il che creerà forti ripercussioni in certi ambiti contrattuali, tra cui sicuramente il settore fotovoltaico. Tra l’altro ci sono evidenti incertezze applicative circa la determinazione dell’imponibile; per il valore iniziale cui far riferimento molto probabilmente ci si atterrà ad un criterio proporzionale, nella stessa misura determinabile per il valore finale. Ad ogni buon conto la soluzione non ci pare definitiva, e crediamo in un revirement da parte del legislatore.

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