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Donazioni indirette e franchigia

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 8 settembre 2023

 

Le liberalità indirette collegate ad una compravendita di azienda o di immobile, e quindi non tassate, per legge, non sono soggette all’istituto del coacervo, e conseguentemente non concorrono a ridurre l’importo della franchigia spettante per le donazioni e successioni.

Tesi da tempo da noi sostenuta (da ultimo, “Le liberalità indirette: aspetti fiscali”, ne Commercialista Telematico, 29 settembre 2020), in contrapposizione alla interpretazione data dall’Agenzie delle Entrate. E la nostra tesi trova ora conferma dalla Cassazione, con la ordinanza n. 17424 del 16 giugno 2023.

La donazione indiretta

Per liberalità, o donazione indiretta si intendono quelle attribuzioni patrimoniali gratuite mediante le quali viene raggiunto lo stesso effetto della donazione tipica (art. 769 c.c.), e quindi arricchimento del donatario e correlato depauperamento del donante, senza la forma dell’atto pubblico.

Per una analisi di vari aspetti, vedasi “Le donazioni indirette” del Prof. Avv. Marco Allena, relazione per il Consiglio di Presidenza della Giustizia Tributaria, programma di formazione per giudici tributari del 2021.

Per quanto concerne la forma per tali donazioni, la dottrina si è prevalentemente dichiarata a favore di una tesi liberale, tesi più volte avallata dalla Cassazione (Cass. 16 marzo 2004, n. 5333; Cass. 29 marzo 2001, n. 4623 e molte altre precedenti). Cassazione n. 5333/2004 ha chiarito che “la donazione indiretta è caratterizzata dal fine perseguito di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall’ordinamento; realizzazione dunque che può venire attuata anche mediante un collegamento tra più negozi, ossia un preliminare e il pagamento del prezzo, procurando in tal modo al destinatario della liberalità il diritto di rendersi intestatario del bene, non essendo necessaria la forma dell’atto pubblico prevista per la donazione, ma bastando l’osservanza della forma richiesta per l’atto da cui la donazione indiretta risulta. Non costituiscono ingiuria grave verso il donante, al fine della revoca della donazione per ingratitudine ai sensi dell’articolo 801 del cc, né il rifiuto di acconsentire alla richiesta del donante di vendita di immobile oggetto di donazione (tale richiesta equivalendo a una pretesa di restituzione del bene legittimamente rifiutata indipendentemente dai motivi della stessa), né quei comportamenti di reazione legittima (perché attuata attraverso gli strumenti offerti dall’ordinamento) tale richiesta e ad altri atti in vario modo finalizzati a sostenerla”.

Le donazioni indirette sono anch’esse soggette alle norme sulla collazione (art. 737 c.c.) e alla revocazione per ingratitudine o sopravvenienza di figli, come pure alla azione di riduzione (art. 809 c.c.).

Il caso più frequente

Il caso più frequente di donazione indiretta è quello dei genitori che pagano il prezzo dovuto dal figlio per comprare un immobile.

Un dettagliato elenco di tutti i casi in cui la donazione indiretta può realizzarsi lo fornisce la stessa Corte di Cassazione, nella sentenza del n. 18.725 del 27 luglio 2017 a Sezioni Unite:

· il cosiddetto contratto a favore di terzo: ad esempio quando si versa una somma su un conto cointestato e, quindi, in sostanza, si arricchisce il cointestatario che beneficia dell’altrui versamento;

· il pagamento di un debito altrui (si pensi al padre che paga una o più rate del mutuo intestato al figlio);

· il pagamento di un prezzo dovuto da altri (si pensi al genitore che paga il prezzo dell’appartamento che viene intestato al figlio);

· la vendita di un bene a un prezzo irrisorio (che è una donazione per la differenza tra il valore del bene e il prezzo pagato);

· la rinuncia a un proprio credito a favore del debitore che, in tal caso, è anche il beneficiario della donazione.

Il Testo Unico dell’imposta di successione e donazione

Nel testo unico dell’imposta di successione e donazione (D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346), le liberalità diverse dalla donazione “formale” sono indicate in una pluralità di norme:

a) l’art. 1, comma 1: l’imposta sulle donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti “per donazione o altra liberalità tra vivi”;

b) l’art. 1, comma 4: l’imposta di donazione non si applica ai casi di “donazione o liberalità di cui agli artt.742 e 783 del Codice civile” (vale dire per le “spese non soggette a collazione”, di cui all’art. 742, c.c., e per le donazioni “di modico valore”, di cui all’art. 783 c.c.);

c) l’art. 1, comma 4-bis, ferma restando l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione”, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità “collegate” ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per tali atti sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto.”

Non esiste in ogni caso uno specifico obbligo di registrare le donazioni indirette.

L’art. 1, comma 4-bis, del D.Lgs. n. 346/1990

Questa norma prevede che “ferma restando l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto”.

Non sussiste alcun dubbio circa la attuale vigenza di tale disposizione, tenuto conto che si tratta di norma contenuta nel decreto legislativo n. 346/1990, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, e non incompatibile con le nuove disposizioni dettate, in materia di tributo successorio, dall’ art. 2 del D.L. n. 262/2006.

In sostanza, ai fini dell’imposta di donazione, sono irrilevanti le liberalità indirette la cui esistenza sia riscontrata nell’ambito di un atto di trasferimento di un’azienda o di un immobile. In questi atti di norma è riportata l’indicazione che il prezzo della compravendita è stato pagato con denaro donato da un familiare o da un terzo, oppure che il prezzo è stato pagato direttamente da questi.

Si tratta di una norma che favorisce la trasparenza dei trasferimenti patrimoniali nell’ambito delle famiglie, con particolare riferimento al fenomeno, assai frequente nella pratica, dell’intestazione al figlio dell’immobile acquistato col denaro dei genitori.

Il necessario collegamento

Le maggiori problematicità relative all’applicazione di questa norma sono quelle attinenti alla nozione di “collegamento” che deve sussistere fra la liberalità non donativa e l’atto traslativo oneroso assoggettabile ad I.V.A. o registro proporzionale, al fine di poter escludere l’applicazione del tributo successorio.

Non è, infatti, chiaro se il collegamento funzionale fra la liberalità e l’acquisto dell’immobile o dell’azienda possa risultare soltanto da elementi univoci, quali l’intervento in atto del disponente piuttosto che una dichiarazione espressa dell’acquirente circa la provenienza della liquidità utilizzata per pagare l’alienante, o se, invece, possa essere desunto anche sulla base di elementi oggettivi, quali, ad esempio, un bonifico bancario effettuato all’acquirente da un suo familiare in prossimità del rogito notarile, oppure l’utilizzo di assegni riferibili a conti correnti di familiari dell’acquirente.

In dottrina sembra prevalere l’impostazione meno restrittiva.

In particolare è stato affermato che, stante il silenzio della norma, la prova del collegamento in parola può essere data “adducendosi un qualsivoglia elemento che corrobori la funzionalità dell’atto liberale all’acquisto dell’immobile o dell’azienda”.

Ricordiamo che la norma in commento pone quale condizione per l’irrilevanza impositiva della liberalità indiretta che il trasferimento sconti l’I.V.A. oppure l’imposta proporzionale di registro.

L’esclusione da imposta di donazione non opererà quindi nel caso, ad esempio, del padre che fornisce al figlio la provvista per acquistare un immobile situato all’estero, magari nella città estera dove il figlio si è trasferito per lavoro.

In questo caso, infatti, l’atto di compravendita immobiliare attraverso cui viene attuata la donazione indiretta, se formato in Italia, non è soggetto ad I.V.A., per mancanza del presupposto di territorialità, ed è soggetto a registrazione con pagamento dell’imposta di registro non in misura proporzionale ma in quella fissa di € 168, ai sensi dell’art. 1 della tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986.

La donazione indiretta che risulta dall’atto di compravendita sarà, pertanto, assoggetta, in tale ipotesi, al regime ordinario di tassazione ai fini dell’imposta sulle donazioni, con la conseguente applicazione dell’aliquota del 4% sulla parte di valore dell’immobile che eccede la franchigia applicabile.

Nel caso, poi, in cui l’atto di compravendita dovesse essere formato all’estero, va notato che, in base all’art. 2 del D.P.R. n. 131/1986, non vi sarebbe l’obbligo di registrazione in termine fisso in Italia, sennonché l’art. 55, comma 1-bis del D.lgs. n. 346/1990 prevede la registrazione obbligatoria anche per gli atti aventi ad oggetto donazioni, sia dirette che indirette, formati all’estero nei confronti di beneficiari residenti in Italia e, quindi, la liberalità indiretta sconterebbe comunque l’imposta sulle donazioni in Italia.

La donazione non dovrebbe invece avere rilevanza impositiva in Italia qualora il figlio non fosse più fiscalmente residente in Italia, attesa l’assenza dell’obbligo di registrazione dell’atto formato all’estero.

Altra fattispecie in cui non può trovare applicazione la norma di esclusione in commento è quella in cui la liberalità indiretta sia collegata all’acquisto di beni immobili, esenti da I.V.A. e soggetti all’imposta fissa di registro.

Si segnala che Cassazione n. 13133/2016 ha ritenuto pregiudiziale la esplicita menzione nell’atto della natura collegata della precedente liberalità indiretta; in assenza, ha considerato tassabile l’atto come donazione.

Abbiamo anche la già citata sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n.18725 del 18 luglio 2017, invero un po’ incerta, come è stato rilevato dalla dottrina. Tale sentenza qualifica il bonifico al figlio come donazione “instabile“ per poi aprire la strada, ricorrendo determinati presupposti, alla sua qualificazione come donazione indiretta, con un inevitabile ricorso a valutazioni di fatto.

In ogni caso pare che non ci sia alcun obbligo, da parte del notaio rogante, di indicare le pregresse donazioni indirette, e parrebbe dello stesso avviso anche il Notariato Studio n.29/2017T del 26 ottobre 2017.

La forma nelle donazioni indirette

Dal nostro precedente articolo del 2020 riportiamo: “Per le donazioni indirette, invece, la dottrina si è per lo più dichiarata a favore di una tesi liberale in merito alla forma, e la Cassazione ha più volte avallato questa soluzione (Cassazione 16 marzo 2004, n. 5333; 29 marzo 2001, n. 4623; 21 gennaio 2000, n. 642; 10 aprile 1999, n. 3499; 23 dicembre 1992, n. 13630; 28 novembre 1988, n. 6416; 9 febbraio 1985, n. 1446; 9 dicembre 1982, n. 6723; 18 dicembre 1970, n. 2710; 23 gennaio 1967, n. 203; 28 gennaio 1943, n. 117).

In particolar modo, si segnala la sentenza della Cassazione n. 5333/2004 nella quale è stato chiarito che: "la donazione indiretta è caratterizzata dal fine perseguito di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall’ordinamento; realizzazione dunque che può venire attuata anche mediante un collegamento tra più negozi, ossia un preliminare e il pagamento del prezzo, procurando in tal modo al destinatario della liberalità il diritto di rendersi intestatario del bene, non essendo necessaria la forma dell’atto pubblico prevista per la donazione, ma bastando l’osservanza della forma richiesta per l’atto da cui la donazione indiretta risulta.

Non costituiscono ingiuria grave verso il donante, al fine della revoca della donazione per ingratitudine ai sensi dell’articolo 801 del codice civile, né il rifiuto di acconsentire alla richiesta del donante di vendita di immobile oggetto di donazione (tale richiesta equivalendo a una pretesa di restituzione del bene legittimamente rifiutata indipendentemente dai motivi delia stessa), né quei comportamenti di reazione legittima (perché attuata attraverso gli strumenti offerti dall’ordinamento) tale richiesta e ad altri atti in vario modo finalizzati a sostenerla".

La donazione indiretta evita la franchigia?

La donazione indiretta non è soggetta al coacervo (anche se talvolta qualche ufficio è di diverso avviso) e pertanto non erode la franchigia, relativamente all’applicazione dell’imposta. In questo senso da ultimo la sentenza della Commissione Tributaria Regionale Lombardia n. 263/8/2020 (di cui si dirà appresso) che conferma la precedente CTP Milano n. 6497 del 2017. Ricordiamo che l’istituto del coacervo, introdotto inizialmente con D.P.R. N.637/1972, è stato poi riproposto dal D.Lgs n. 346/1990 ed è tuttora applicabile. Pertanto le donazioni precedenti concorrono ora a determinare il totale delle stesse, ai fini della erosione della concessa franchigia. Non trattiamo qui della questione se vi concorrano o meno anche le donazioni ante riforma, a nostro avviso escluse.

Le liberalità indirette non tassate per effetto della norma in esame non erodono la franchigia eventualmente spettante al beneficiario, in quanto la loro irrilevanza ai fini del tributo successorio non deriva dall’applicazione di alcuna franchigia, bensì da una norma che ne dispone l’esclusione in senso proprio.

La sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 18725 del 18 luglio 2017, invero un po’ incerta, come è stato rilevato dalla dottrina. Tale sentenza qualifica il bonifico al figlio come donazione "instabile" per poi aprire la strada, ricorrendo determinati presupposti, alla sua qualificazione come donazione indiretta, con un inevitabile ricorso a valutazioni di fatto.

Una conferma sempre circa l’aspetto coacervo è data da Commissione Provinciale Tributaria di Bari, n. 807/3/2019, rei. Trevisani: le liberalità indirette intervenute in epoca anteriore alla stipula dell’atto di donazione, che siano inquadrate tra quelle collegate previste dall’art. 1 del Testo Unico sulle successioni e donazioni, non concorrono alla formazione del coacervo previsto ai fini della relativa base imponibile. Questo il caso: in un atto di donazione di denaro tra padre e figlio il notaio aveva elencato le precedenti compravendite tra gli stessi, precisando che si trattava di liberalità indirette che non rilevavano ai fini della formazione del coacervo, in base all’art. 1, comma 4 bis, del Testo Unico. Abbiamo anche CTP Brescia, n.807/3/2019, rei. Trevisani secondo la quale le liberalità indirette intervenute anteriormente alla donazione, se ed in quanto inquadrabili tra quelle collegate d cui all’art. 1 del TUS non concorrono appunto al coacervo. Precedentemente, CTP Milano n. 6497/2017, rei. Dolci: "Qualora detti atti di liberalità "esenti" fossero comunque computati nel ed. "coacervo "delle donazioni di cui all’art. 57 verrebbero di fatto ad essere tassati, dunque, una corretta interpretazione dell’art. 57 impone di ricomprendere nel computo solo le donazioni soggette ad imposta ". E la stessa tesi è stata sostenuta, in seguito all’appello dell’ufficio, da CTR Milano n. 263 del 3 febbraio 2020, rei. Giacomo Rota che appunto ha confermato l’assunto. La CTR Milano, dopo aver stranamente affermato (è la prima volta che vediamo una dichiarazione del genere) che le due diverse tesi, dell’Ufficio e del contribuente, erano "meritevoli di considerazione", ricorda che l’ufficio fa leva sul dato letterale dell’art.57, comma 1 del D.Lgs. 346/1990, che non prevede espressamente le donazioni indirette tra quelle escluse dal coacervo.Ma la esclusione delle donazioni di ogni altro bene o diritto dichiarato esente vi fa rientrare anche le donazioni indirette collegate ad un trasferimento immobiliare, come nel caso.

Pertanto le donazioni indirette non concorrono ad erodere la franchigia. Si segnala che Cassazione n. 13133/2016 ha ritenuto pregiudiziale la esplicita menzione nell’atto della natura collegata della precedente liberalità indiretta; in assenza, ha considerato tassabile l’atto come donazione. In ogni caso non esiste alcuno specifico obbligo, da parte del notaio rogante, di indicare le pregresse donazioni indirette, e parrebbe dello stesso avviso anche il Notariato Studio n,29/2017T del 26 ottobre 2017. Sarà peraltro conveniente adeguarsi a quanto disposto dalla Cassazione, anche al fine di evitare contenziosi inutili.”

E ora abbiamo la conferma da parte della Cassazione, con l’ordinanza n. 17424 del 16 giugno 2023. In conclusione, le donazioni indirette non concorrono a formare il coacervo e conseguentemente non erodono la franchigia.

L’ordinanza della Cassazione n. 17424/2023

La Cassazione, relativamente alle liberalità indirette, collegate ad atti di trasferimento di diritti immobiliari, in tale ordinanza così precisa: “ il Collegio non ignora che questa Corte, con la sentenza n. 13133/2016, ha ritenuto che la donazione sia esente da imposta solo nel caso di espressa dichiarazione contenuta nell'atto di donazione affermando, dunque, che, per essere esente da imposta, la donazione indiretta debba espressamente menzionata nel contratto di compravendita cui la liberalità indiretta è collegata ai sensi dell'art. 1, comma 4-bis, DLgs. n. 346 del 1990 cit.;
2.7. questa Corte, tuttavia, con la sentenza n. 11831/2022 , ha evidenziato come sia oggetto di discussione se il collegamento funzionale fra la liberalità e l'acquisto dell'immobile o dell'azienda possa risultare soltanto da elementi univoci, quali l'intervento in atto del disponente piuttosto che una dichiarazione espressa dell'acquirente circa la provenienza della liquidità utilizzata per pagare l'alienante, o se, invece, possa essere desunto anche sulla base di elementi oggettivi, quali, ad esempio, un bonifico bancario effettuato all'acquirente da un suo familiare in prossimità del rogito notarile, oppure l'utilizzo di assegni riferibili a conti correnti di familiari dell'acquirente, essendo stato, in particolare, affermato che, stante il silenzio della norma, la prova del collegamento in parola possa essere data adducendosi un qualsivoglia elemento che corrobori la funzionalità dell'atto liberale all'acquisto dell'immobile o dell'azienda;
2.8. sono stato quindi enunciati i seguenti principi: "il DLgs. n. 346 del 1990, art. 1 , comma 4-bis comporta... che l'imposta sulle donazioni e successioni si applichi anche alle donazioni indirette, indipendentemente dall'espressa menzione di tale finalità, salvo che il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari o il trasferimento di aziende risulti collegato ad un atto che sia già sottoposto ad IVA o imposta di registro, dovendosi in quel caso applicare il regime fiscale relativo al "negozio mezzo" al fine di evitare una doppia imposizione su un fenomeno sostanzialmente unitario, incentivando altresì il contribuente alla loro esteriorizzazione"; "la norma relativa alla individuazione dei presupposti per l'applicazione del tributo (o come si sostiene, più in generale, per la fruizione del beneficio fiscale) non presuppone l'esplicito esercizio del diritto corrispondente da parte del contribuente, il quale non è conseguentemente onerato dal farne espressa dichiarazione in atto; ciò in quanto la norma in disamina individua i presupposti per l'applicazione dell'imposta alle donazioni dirette nella volontaria registrazione dell'atto ovvero nella dichiarazione del contribuente resa in sede di accertamento D. Lgs. n. 396 del 1996, ex art. 56";”.

Circa la esclusione da imposte, così prosegue:
“2.11. occorre, tuttavia, evidenziare che l'art. 1, comma 4-bis, DLgs. 31 ottobre 1990, n. 346, deve essere qualificato come esclusione di imposta, piuttosto che quale norma di agevolazione e, più precisamente, quale norma di esenzione d'imposta, trattandosi di disposizione volta a circoscrivere la situazione colpita dal tributo e non di disposizione recante una disciplina giuridica speciale;
2.12. come posto in rilievo da attenta dottrina, che si è soffermata, in particolare, sulle differenze sussistenti tra le norme disciplinanti le esenzioni e le esclusioni tributarie, le norme che prevedono le esclusioni tributarie hanno la funzione di delimitare i confini della fattispecie impositiva, ed esprimono la scelta del legislatore di individuare correttamente solo quei fatti che siano reale manifestazione della specifica capacità contributiva che il medesimo vuole colpire con una determinata imposta;
2.13. tali norme, quindi, non rivestono carattere di specialità, in quanto operano in modo sistematico nel delimitare l'ambito oggettivo del tributo in chiave con la ratio ad esso sottesa e possono essere ricondotte a quelle ipotesi ove il presupposto astrattamente considerato imponibile dalla norma venga già colpito da altro tributo o se ne presuma l'inesistenza per la sua modesta entità o per la sua marginalità;
2.14. le norme che prevedono le esenzioni, invece, si configurano come vere e proprie disposizioni speciali, in quanto dettano una specifica disciplina giuridica per situazioni nelle quali si verifica il fenomeno economico colpito dalla norma impositiva, e, a differenza delle esclusioni, introducono delle deroghe alle regole designate, in ordine al presupposto del tributo, dalla norma impositrice, esonerando dall'imponibilità fattispecie che altrimenti rientrerebbero nell'ambito applicativo del tributo stesso;
2.15. mentre le esclusioni d'imposta sono dunque rinvenibili nelle ipotesi in cui la mancata applicazione del tributo è giustificata da valutazioni di estraneità relative al tributo stesso, si è in presenza di un'esenzione, invece, nel caso in cui il beneficio fiscale mira a creare posizioni di favore, in funzione del perseguimento di determinate finalità decise dal legislatore, cosicché le esclusioni sono determinate da considerazioni che possono qualificarsi in termini di mancanza di capacità contributiva che sarebbe colpita da quel tributo, le esenzioni, viceversa, hanno un valore soltanto strumentale in funzione di finalità per lo più estranee all'ordinamento tributario, per cui deve ritenersi che esse derogano alla normale disciplina dei tributi;
2.16. così ricostruita la distinzione tra norme di esenzione e norme di esclusione d'imposta, si può allora pervenire a ritenere che l'art. 1, comma 4-bis, DLgs. 31 ottobre 1990, n. 346, si configuri quale esclusione d'imposta, in quanto trattasi di norma con cui il legislatore - perseguendo l'obiettivo di evitare una duplicazione del prelievo tributario su una fattispecie imponibile che, sebbene composta da due distinti negozi, è manifestazione di un'unica capacità contributiva; in tal senso cfr. Cass. n. 11831/2022 cit. - ha circoscritto l'ambito di applicazione dell'imposta sulle successioni e donazioni e non introdotto una deroga alla regola generale di imponibilità delle liberalità;
2.17. tale conclusione, oltre ad essere perfettamente coerente con il dato testuale della norma - ove si legge che "l'imposta non si applica nei casi..." - e la ratio della stessa - da individuarsi, come detto, proprio nella volontà del legislatore di evitare una duplicazione del prelievo tributario su una fattispecie impositiva sostanzialmente unica - risulta confermata dal fatto che le liberalità indirette collegate ad atti di trasferimento di diritti immobiliari, per i quali sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro in misura proporzionale o dell'IVA, proprio in quanto escluse dall'ambito di applicazione dell'imposta non concorrono ad erodere la franchigia eventualmente spettante al donatario-compratore dell'immobile o dell'azienda;”.

Conclusione

La donazione indiretta di immobili assoggettati ad IVA o di aziende, soggetta ad imposta proporzionale di registro, è esclusa da imposta sulle donazioni e non erode la franchigia, trattandosi di esclusione, e non di esenzione.

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