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Le anticipazioni bancarie Salvo Buon Fine nel fallimento

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 15 marzo 2022

Le anticipazioni bancarie salvo buon fine, comunemente SBF, sono state oggetto di molte analisi da parte della dottrina e della giurisprudenza relativamente alla procedura di concordato preventivo (vedasi anche il nostro articolo “ Le anticipazioni bancarie nel concordato preventivo”, ne Commercialista Telematico del 26 agosto 2020). Sono state invece pochissimo trattate nelle procedure fallimentari; in questo articolo analizzeremo appunto questo particolare tema, anche alla luce di una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sentenza n.42008/2021).

Si tratta di stabilire se la banca possa legittimamente incassare il credito, anticipato prima dell’inizio della procedura, dopo l’avvio della stessa, e compensare così, in tutto o in parte, il suo credito.

Anticipiamo fin da subito che, a nostro personale avviso, le rimesse effettuate da terzi relativamente ad importi già anticipati dalla banca, al di là del meccanismo contabile adottato dalla stessa banca, sono sempre revocabili, ovviamente in presenza dei presupposti di cui all’art. 67 L. fall. (conoscenza dello stato di insolvenza, consistenza e durevolezza) e all’art. 70 L. fall. (rientro). La Cassazione invece non sempre si è pronunciata in questo stesso senso.

 

Il fido SBF

Per poter operare mediante le anticipazioni bancarie, la banca concede un fido al correntista comunemente definito “castelletto”. Il fido SBF (o castelletto SBF) indica l’importo massimo di titoli che il correntista può presentare in banca ottenendone la “messa a disposizione” in via anticipata. Il conto di appoggio può essere lo stesso conto ordinario, o altro.

In particolare sono state individuate 4 diverse modalità pratiche di comportamento, da parte del sistema bancario, per la gestione di questi rapporti:

  1. disponibilità immediata con conto specifico SBF;
  2. disponibilità immediata con conto unico;
  3. disponibilità differita con contabilizzazione immediata (conto unico);
  4. disponibilità differita con contabilizzazione alla scadenza.

Questi in sintesi i diversi movimenti:

  1. Nel caso di una disponibilità immediata con conto specifico SBF l’impresa presenta una distinta delle ricevute alla banca che ne anticipa l’importo.

    L’importo di tali ricevute viene riportato, a debito, nel conto SBF in Dare e registrato a credito nel conto ordinario, in Avere. In questo caso la data valuta di accredito è immediata. Alla scadenza la banca accredita l’importo sul conto SBF, chiudendo così l’operazione di anticipo. Gli interessi sono calcolati sul conto SBF dalla data di anticipazione fino alla data di scadenza più i cosiddetti giorni banca (da 4 a 10 giorni oltre la scadenza, generalmente 8, secondo la forza contrattuale del cliente), e poi sono addebitati sul c/c ordinario. In caso di insoluto la banca addebiterà l’importo sul c/c ordinario con data valuta solitamente coincidente con la scadenza del titolo.

  2. Nel caso di disponibilità immediata con conto unico, quindi senza conto di appoggio, a fronte dell’accredito sempre immediato, degli effetti presentati al SBF, con conteggi interni l‘istituto di credito addebita gli interessi passivi sul conto ordinario. È un po’ come se si trattasse di uno sconto.

  3. Nel caso di disponibilità differita con contabilizzazione immediata (conto unico) manca anche qui il conto SBF. L’accredito sul c/c ordinario è fatto al momento della presentazione degli effetti (o ricevute bancarie), ma con data valuta alla scadenza, posticipata per via dei giorni banca. Per il calcolo del saldo disponibile in questi casi si dovrà far riferimento alla valuta dell’accredito, e non alla data contabile.

  4. Infine nel caso di disponibilità differita con contabilizzazione alla scadenza, data contabile e data valuta vengono praticamente a coincidere ovvero la valuta può essere successiva di qualche giorno per effetto dei cosiddetti giorni banca.

     

Il saldo disponibile in questo caso va calcolato con riferimento alla data valuta. Eventuali insoluti possono avere una data valuta leggermente diversa da quella dell’accredito, ancorché vicina a quella di scadenza. Si dovranno comunque compensare con l’accredito, anche se le date, come detto, possono essere leggermente diverse. I conti possono essere uno solo o anche due. Questa tipologia di affidamento porta la banca, di norma, a concedere comunque degli utilizzi oltre al fido di cassa. È solitamente questa la configurazione del c.d. fido mobile, che si ribadisce essere la migliore soluzione per risolvere in modo pratico ed efficace la problematica della sommatoria dei fidi. In assenza di fido mobile, si tratta di impostazione che comporta un aumento sensibile dello scoperto.

 

Gli insoluti

Si deve considerare che solo quanto effettivamente incassato dalla banca si rende concretamente disponibile, ragione per cui risulta necessario sottrarre al totale degli effetti l’importo dei relativi insoluti, che si manifestano successivamente all’accredito. Solo il netto effettivamente incassato potrà essere quindi considerato revocabile.

 

Il mandato in rem propriam

Nel caso di mandato in rem propriam, il correntista rilascia alla banca un mandato all’incasso in base al quale la banca è legittimata, nei rapporti interni, ad incassare determinati crediti, compensabili con eventuali suoi crediti (artt. 1241 – 1252 c.c.). Si dice che il mandato è “in rem propriam”, cioè anche nell’interesse del mandatario, in quanto è evidente l’interesse che la banca ha nell’eseguire l’operazione.

Si tratta in ogni caso di una questione del tutto differente dalla revocatoria. Qui la riportiamo per completezza.

Molte volte gli istituti bancari in presenza di foglio con scadenza successiva all’inizio della procedura, (che può essere anche una procedura concorsuale minore poi sfociata in fallimento), eccepiscono che si tratta di un mandato all’incasso, un mandato “in rem propriam“, e quindi che può detenere quanto legittimamente incassato.

Non è così, come pressoché uniformemente ha riconosciuto la giurisprudenza; l’istituto bancario è legittimato all’incasso, questo è vero, ma nel contempo è obbligato a restituire al mandante (ora in procedura) quanto incassato.

In questo senso, Cassazione 22 maggio 2003 n. 8042 (Il fallimento 6/2004): “la banca, creditrice del cliente per saldo passivo di conto corrente, la quale sia incaricata da quest’ultimo di riscuotere un credito verso terzi, non in forza di negozio solutorio implicante la cessione del credito stesso, né comunque in forza di accordo comportante il diritto incondizionato di incamerare le somme riscosse, ma in base ad un mandato in senso stretto, ancorchè irrevocabile (cosiddetto mandato in rem propriam), mantiene la legittimazione alla riscossione del credito anche dopo il fallimento del cliente, in considerazione di detta irrevocabilità (art. 1723 codice civile), ma è obbligata a rimettere al mandante e, quindi, alla curatela del suo fallimento, le somme riscosse (art. 1713 codic e civile), senza potere invocare l’estinzione di tale obbligo per compensazione, tenuto conto dello scioglimento del rapporto di conto corrente per effetto della dichiarazione di fallimento, ai sensi dell’art. 78 legge fallimentare, e della non applicabilità della compensazione fallimentare, di cui all’art.56 del citato decreto, con riguardo a debiti sorti dopo detta dichiarazione”.

 

La revocatoria

Attualmente, escluso ogni riferimento agli affidamenti, sono revocabili le rimesse consistenti e durevoli (art. 67 L. fall.) effettuate sul conto, nel limite del rientro (art. 70 L. fall.) realizzato dalla banca, nei sei mesi che precedono il fallimento. Ricordiamo come, nel caso di consecuzione di procedure, il riferimento è alla data di pubblicazione della domanda di concordato preventivo, e quindi il periodo potrebbe risultare più interessante, ai fini della revocatoria.. In ogni caso è sempre richiesta la conoscenza dello stato di insolvenza da parte della banca.

Tralasciamo in questa sede l’ampio e forse anche eccessivo dibattito che ha interessato i concetti di consistenza e durevolezza, come pure la effettiva prevalenza dell’art. 70 rispetto al 67 L. fall., ed invece analizziamo l’impatto che gli accrediti di effetti al SBF hanno sulla quantificazione del c.d. rientro.

L’art. 70 L. fall. fa riferimento alle “pretese”: “Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario o comunque rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l'ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d'insolvenza, e l'ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso”.

E il concetto “pretese” corrisponde, a nostro avviso, all’esposizione del soggetto in procedura verso la banca, e questa esposizione è data dalla posizione complessiva del correntista, che può avere più conti e più rapporti di finanziamento con la stessa banca. Per il conto SBF, come abbiamo visto, varie sono le modalità operative riscontrate nella realtà.

Ad ogni buon conto, la questione che ci si pone è se il primo accredito (anticipazione) possa essere considerato rimessa revocabile, se ciò sia influenzato dall’eventuale insoluto, e se sia revocabile l’accredito del pagamento effettuato dal terzo, il tutto nel limite del rientro.

 

Le sentenze

Riportiamo, da una una sentenza abbastanza recente che tratta esplicitamente del tema ( Tribunale di Cuneo, 6 novembre 2020, est. Paola Elefante,dal sito ilcaso.it) , la massima, che è nella falsariga della nostra interpretazione.

“Le rimesse suscettibili di revocatoria sono pertanto tutte le operazioni in accredito sul conto corrente, sia che si tratti di versamenti diretti o di accrediti di disponibilità anticipata SBF, che abbiano veste di pagamento e quindi valenza solutoria, vale a dire che consentano una riduzione consistente e durevole della esposizione debitoria del correntista fallito. In sostanza è la riduzione consistente e durevole dell’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca a conferire natura solutoria alle rimesse, che saranno pertanto revocabili.”

Questa decisione afferma con chiarezza che nella fattispecie sono revocabili tutti gli accrediti SBF, e la loro consistenza e durevolezza è messa in relazione alla riduzione dell’esposizione debitoria, ovvero al rientro. Inoltre, viene chiarito che il rientro va calcolato anche sui conti SBF.

Infine, viene precisato che non può essere eccepita la compensazione per assenza di data certa opponibile.

Ricordiamo anche altre sentenze di giudici di merito, invero poco frequenti, sullo stesso tema .

Tribunale di Milano, 21 luglio 2009, est. Mauro Vitiello : con questa sentenza il Tribunale si è pronunciato per la revocabilità di un accredito sul conto anticipi.

Nel caso specifico, il conto anticipi funzionava con accredito del conto ordinario e addebito del conto anticipi, alla presentazione delle fatture. Al momento del successivo pagamento da parte del terzo debitore, pagamento effettuato sul conto ordinario, viene effettuato lo storno, con giroconto dal conto ordinario (addebito) e accredito al conto anticipi.

Tribunale di Bergamo, 28 aprile 2014, est. Mauro Vitiello : in questa sentenza il giudice Mauro Vitiello sembra cambiare parere, relativamente alle anticipazioni SBF, rispetto alla precedente sentenza di Milano del 2009.

Per quanto concerne i versamenti effettuati sul c/c per anticipazioni s.b.f. o fatture, gli stessi non costituiscono atto solutorio anomalo, come invece sostiene il fallimento. E si tratta di un concetto ormai consolidato: “ L’anticipo dietro presentazione di ricevuta bancaria o fattura, accompagnato dalla cessione del credito, come nel caso in esame, o da un mandato all’incasso in rem propriam con patto di compensazione, non può rappresentare un mezzo di pagamento anormale perché interviene quale atto esecutivo di un contratto tra le parti, banca e cliente ”.

Ma la sentenza dice anche qualcosa di più, e cioè che “gli accrediti possono essere considerati revocabili soltanto ove risultanti a copertura (e quindi solutori) di precedenti anticipazioni rimaste insolute. Ma anche in tale ipotesi che, tra l’altro, nella fattispecie in esame non è provata [...], dalla natura solutoria del versamento sul conto corrente discende al più una potenziale revocabilità ex art. 67, comma 2 L.F., non già la qualificazione del versamento quale atto anomalo di pagamento (conforme Trib. Milano, 19 giugno 2004)”.

Tribunale di Udine, 22 dicembre 2017, est. Annamaria Antonini Drigani : la G.I. ha ritenuto di considerare unitariamente gli importi revocabili sul c/ordinario e sul c/anticipi, “come se la banca avesse addebitato sul conto corrente ordinario l’importo degli effetti insoluti indicato nell’insinuazione al passivo fallimentare”, nonostante tali addebiti in realtà non si siano verificati. L’unica motivazione in sentenza è che si tratterebbe di un’ipotesi “maggiormente coerente con i dati acquisiti in sede fallimentare e più corretta anche da un punto di vista di equità sostanziale”.

In particolare, secondo la sentenza è revocabile il rientro ex art.70 L.F. (inferiore rispetto alla sommatoria delle rimesse consistenti e durevoli), rettificato per tener conto di un “ipotetico” addebito sul c/ordinario di insoluti, che come anticipato non è mai stato effettuato.

Tale aspetto è assolutamente condivisibile, in quanto ipotizza lo spostamento di un debito, dal c/anticipi al c/ordinario, a parità di esposizione complessiva alla dichiarazione di fallimento; non incide quindi sulla determinazione del rientro complessivo e delle rimesse consistenti e durevoli.

 

La Cassazione

La Cassazione si è ora pronunciata sulla questione delle anticipazioni bancarie nel fallimento, e ha sposato una tesi da poco fatta propria nell’ambito del concordato preventivo.

Ci riferiamo alla sentenza n. 42008 del 30 dicembre 2021, estensore Marco Vannucci. Questa la massima: “ In tema di conto corrente bancario, ove il correntista e la banca abbiano pattuito l’anticipazione su crediti per ricevute con clausola di compensazione, l’incasso da parte della banca, anche nell’interesse del cliente, del danaro incorporato nelle ricevute bancarie consegnatele costituisce adempimento di un’obbligazione già sorta e determina la sola esigibilità del relativo credito verso la banca da parte del cliente.

Pertanto, in caso di successivo fallimento di quest’ultimo, tra le operazioni di anticipazione di danaro avvenute prima della dichiarazione di fallimento e la riscossione dei crediti portati dalle suddette ricevute bancarie avvenute in epoca successiva sussistono i presupposti richiesti dall’art. 56 l.fall., per effetto della perdurante efficacia della clausola di compensazione fra i reciproci debiti restitutori, giacché il debito della banca è solo divenuto esigibile (da parte della curatela fallimentare) dopo la stessa dichiarazione di fallimento del correntista.”

In ogni caso è richiesta la data certa, alla convenzione di compensazione.

In questa sentenza si citano anche molte altre sentenze conformi di Cassazione, tutte riferite però a casi anteriori al 2012, sia per la amministrazione controllata che per il concordato preventivo. Stranamente vengono invece omesse le numerose sentenze contrarie, anche a Sezioni Unite, tutte elencate nel nostro articolo “ Sorte dei contratti bancari autoliquidanti nel concordato preventivo”, www.unijuris, 17 settembre 2019 al quale rimandiamo.

Ricordiamo sinteticamente come, nell’ambito dei concordati preventivi, per casi sorti post 11 settembre 2012, data di variazione della norma sui contratti pendenti, ci sia stata solo una sentenza, la n. 11524 del 15 giugno 2020, sentenza appunto nello stesso senso della n. 42008/2021.

Riportiamo un nostro commento relativo alla sentenza che ha dato inizio a questo nuovo orientamento (n.11524/2020) “ Le anticipazioni bancarie nel concordato preventivo nel quadro della riforma del diritto concorsuale”, ne Diritto della Crisi, 27 luglio 2021.

“Si tratta di una sentenza che ha ritenuto di pronunciare un principio di diritto, ex art. 363 c.p.c., ancorchè il caso sottopostole fosse stato dichiarato inammissibile.

Questi i principi di diritto pronunciati:

“L’art. 169 bis L. fall., che consente al debitore proponente un concordato di chiedere al giudice delegato lo scioglimento dei contratti pendenti, è applicabile al contratto-quadro di anticipazione bancaria contro cessione di credito o mandato all’incasso ed annesso patto di compensazione, fino quando la banca, nell’anticipare al cliente l’importo dei crediti non ancora scaduti vantati da quest’ultimo nei confronti dei terzi, non abbia ancora raggiunto il tetto massimo convenuto tra le parti.

L’art. 169 bis L. fall. è inapplicabile alla singola operazione di anticipazione bancaria in conto corrente contro cessione di credito o mandato all’incasso con annesso patto di compensazione, ancora in corso al momento dell’apertura del concordato, avendo la banca, con l’erogazione della anticipazione, già compiutamente eseguito la propria prestazione.

Il collegamento negoziale e funzionale esistente tra il contratto di anticipazione bancaria ed il mandato all’incasso con patto di compensazione, che consente alla banca di incamerare e riversare in conto corrente le somme derivanti dall’incasso dei singoli crediti del proprio cliente nei confronti di terzi, dando luogo ad un unico rapporto negoziale, determina l’applicazione dell’istituto della c.d. compensazione impropria tra i reciproci debiti e crediti della banca con il cliente e la conseguente ínoperatività del principio di “cristallizzazione” dei crediti, rendendo, pertanto, del tutto irrilevante che l’attività di incasso della banca sia svolta in epoca successiva all’apertura della procedura di concordato preventivo”.

Merita comunque osservare come la motivazione, a supporto della tesi avanzata, probabilmente non avvertita così sicura, abbia ritenuto di intrattenersi anche su quella che al momento era solo una bozza di un provvedimento futuro, la bozza del decreto correttivo della Crisi di Impresa. Riferimento quindi doppiamente non adeguato, sia in quanto solo futuro, ovviamente, sia in quanto a semplice livello di bozza. In pratica, si è aggrappata sul nulla.

L’altra sentenza dello stesso giorno, la n. 11523 si è pronunciata nello stesso senso, senza comunque pronunciare principi di diritto; dal testo della stessa in ogni caso non è dato comprendere se si tratti di caso sorto ante o post 11 settembre 2011 (nelle premesse si afferma che non può applicarsi l’art.169 bis LF “ in quanto la domanda di ammissione al concordato era stata presentata successivamente alla sua entrata in vigore”).

Certo che, con la affermazione dei principi di diritto di cui alla sentenza n, 11524 del 15 giugno 2020, l’orientamento sembrerebbe oramai segnato, anche se una pronuncia a Sezioni Unite non stonerebbe di certo.”

Per una analisi anche critica della giurisprudenza di Cassazione anteriore al 2012 rimandiamo alla nostra analisi “ Sorte dei contratti bancari autoliquidanti nel concordato preventivo”, www.unijuris, 17 settembre 2019. Vi sono riportate decine di sentenze, sul punto, con tesi alterne.

 

Una esemplificazione

Riportiamo, da un nostro precedente approfondimento (La revocatoria delle anticipazioni bancarie, Giuseppe Rebecca e Giuseppe Sperotti ne Diritto della Crisi, 23 settembre 2021) una esemplificazione, tratta dalla realtà operativa.

“ Si ipotizzi un rapporto così regolato:

- rapporto di c/c ordinario affidato, abbinato a c/SBF gestito a parte, con accredito immediato dell’anticipo e chiusura dell’operazione alla scadenza;

- alla presentazione, la Banca anticipa l’80% delle fatture presentate; l’importo anticipato viene addebitato sul c/SBF e accreditato sul c/c, con descrizione “Accredito Anticipo”; l’accredito sul c/c avviene con data valuta pari alla data contabile (e corrispondente alla data di presentazione della fattura);

- alla scadenza, in caso di buon fine, il pagamento del cliente arriva con bonifico sul c/c; l’importo a suo tempo anticipato viene addebitato sul c/c con descrizione “Rimborso Anticipo” e accreditato sul c/SBF, a chiusura dell’operazione;

- in caso di insoluto, viene semplicemente contabilizzata la chiusura dell’anticipo, el ’importo a suo tempo anticipato viene addebitato sul c/c con descrizione “Rimborso Anticipo” e accreditato sul c/SBF, a chiusura dell’operazione.

La presenza di un conto corrente ordinario e di una linea per anticipi SBF rende necessario tener conto dei collegamenti tra i diversi rapporti e dell’andamento dell’esposizione complessiva verso la Banca, anziché limitare l’analisi al solo c/ordinario. In pratica:

- un addebito sul c/c ordinario, se destinato a chiusura di un anticipo SBF, non incrementa l’esposizione complessiva della Banca;

- un accredito sul c/c ordinario che deriva dalla concessione di un anticipo SBF non realizza un effettivo rientro, in quanto il miglioramento del saldo del c/c comporta una maggiore esposizione sulla linea per anticipi SBF;

- l’accredito del pagamento effettuato dal terzo sul c/c non va ridotto dall’addebito che giroconta la cifra anticipata sul c/SBF, nella verifica sulla consistenza e durevolezza degli accrediti.

Queste considerazioni sono fondamentali per comprendere l’effettivo “rientro” che viene realizzato dalla Banca, che costituisce il limite della revocabilità ex art. 70 L. fall. Il rientro si realizza solo con risorse che affluiscono dall’esterno, ovvero da terzi o da altre banche, così limitando la revocatoria alle somme effettivamente “rientrate” nella disponibilità della Banca riducendo il debito del correntista. Parimenti, il rientro non può essere individuato nella sola riduzione del saldo disponibile del conto corrente ordinario, ma deve riguardare l’intero ammontare del credito della Banca, ovvero delle sue “pretese”, e quindi la riduzione dell’esposizione debitoria complessiva nel semestre in esame.

Per quanto riguarda gli insoluti, l’addebito degli stessi va ad aumentare l’esposizione debitoria del correntista, e quindi a ridurre il rientro, così di fatto riducendo la cifra revocabile. Analoghe considerazioni vanno effettuate nell’individuazione delle rimesse revocabili ex art. 67 L.F., quando si verifica la durevolezza degli accrediti quantificando gli addebiti verso terzi che li hanno effettivamente ridotti, senza considerare gli addebiti che la Banca ha effettuato per chiudere le anticipazioni SBF concesse al correntista.

Non ci addentriamo in discussioni circa l’orizzonte temporale della durevolezza degli accrediti, o la consistenza dei medesimi, dato che sul tema esiste copiosa dottrina e giurisprudenza. Esemplificando quanto sopra, e supponendo per semplicità che tutti gli accrediti per anticipi su c/c ordinario siano avvenuti prima del semestre sospetto (quindi esclusi dalle verifiche e non revocabili), vediamo la revocabilità di un’operazione di pagamento da parte del terzo debitore e l’effetto della chiusura dell’anticipazione (anticipo di 80, a fronte di una fattura presentata al SBF di 100):

Ai fini di consistenza e durevolezza, l’accredito di 100 va considerato per intero, e non ridotto dall’addebito di 80, visto che tale addebito è un giroconto che resta nella disponibilità della banca.

Ragionando in termini di (riduzione delle) pretese, ossia di esposizione complessiva, si ha che:

- sul c/c ordinario il rientro è pari a 20 (920 – 900);

- la banca è inoltre rientrata del proprio credito di 80, a seguito dell’addebito sulc/ordinario e della chiusura dell’anticipo (il saldo del c/SBF è passato da -80 a zero); - il rientro totale (20 + 80) di 100 è pari alla riduzione dell’esposizione complessiva (1.000 – 900).

In pratica, sarà revocabile l’intero accredito di 100, che coincide con il rientro. Si può inoltre notare che anche l’accredito dell’anticipo iniziale, sommando i due conti, non riduce l’esposizione complessiva, e quindi anche nel semestre non sarebbe stato revocabile. “

 

Un aspetto del tutto trascurato

Non ci risulta specificatamente trattato il caso delle anticipazioni effettuate in percentuale ridotta, rispetto al nominale del credito. Abitualmente infatti la anticipazione è fatta nella percentuale dell’80%. Ora, anche a voler applicare la interpretazione dell’ultima sentenza della Cassazione (n.42008/2021), pur in presenza di patto di compensazione con data certa, non è certamente logico né corretto effettuare la compensazione del 100% del credito. Tale principio potrà valere eventualmente per l’80%, mentre il 20% a nostro avviso non potrà essere trattenuto, non essendo stato anticipato, e tramutandosi, ove trattenuto, in un arricchimento indebito.

 

Conclusione

A nostro avviso la revocatoria delle operazioni SBF è sicuramente possibile; in particolare il rientro, calcolato sulla sommatoria delle posizioni del correntista, risolve automaticamente la questione della duplicazione degli accrediti e degli insoluti. Di fatto sarà revocabile solo l’accredito effettuato dal terzo debitore. In definitiva si sostiene, come illustrato anche nell’articolo sopra citato, che:

  1. l’accredito dell’anticipazione sul c/c non realizza di fatto alcun rientro;
  2. perde così di importanza l’eventuale insoluto, poiché in concreto non è possibile considerare rimessa consistente e durevole l’anticipazione accreditata sul c/c;
  3. l’accredito del pagamento effettuato dal terzo non va ridotto dal contestuale addebito con cui la banca chiude l’operazione sul c/SBF;
  4. il rientro va calcolato sulla posizione complessiva del correntista nei confronti della banca;
  5. il fido SBF non ha alcuna rilevanza nella revocatoria attuale.

Al momento, in presenza si patto di compensazione dotato di data certa, si ha solo una sentenza di Cassazione contraria a questa tesi (n.42008/2021), peraltro preceduta da altra nello stesso senso, e da noi sopra criticata, riferita ad una procedura di concordato preventivo (n. 11524/2020).

Prima della variazione dell’articolo 169 bis l.fall . sui contratti pendenti nel concordato preventivo del 2012 la giurisprudenza anche di Cassazione non era certamente univoca (vedasi i richiami al nostro approfondimento).

 

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