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Debiti nella divisione successoria: si possono assegnare?

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 21 ottobre 2021

Iniziamo l’esame della problematica della divisione dei debiti, in una divisione di comunione ereditaria, con un esempio, proprio per comprendere sin da subito la questione, e il diverso trattamento riservato dalla norma ai debiti, rispetto ai crediti.

Si pensi al seguente caso:

Due eredi. Due beni, uno da 2.000 e uno da 3.000, con un debito di 1.000, totale netto della successione 4.000 e quindi due quote nette di 2.000 ciascuna.

Posso assegnare ad un erede il bene di 2.000 e all'altro il bene di 3.000, con assegnazione del debito di 1.000? si può? oppure si ha assegnazione di 1.600 e 2.400, con un conguaglio di 400 come taluno sostiene?

 

Il Notariato

Il Notariato si è indirettamente occupato della questione nello studio n.24-2015/T dal titolo “Divisione - Individuazione della massa nelle ipotesi successorie e non successorie - Riflessi delle assegnazioni sulla configurabilità di conguagli fittizi”.

Così si è espresso: “Si consideri, poi, che neanche la presenza di debiti ereditari consente di mettere in gioco poste passive per pareggiare porzioni e quote di diritto, poiché quella presunzione assoluta vale perfino in presenza di “accollo di debiti della comunione”, ex art. 34 TUR, nella quale ipotesi si valorizza inderogabilmente l’accollo come forma di “pagamento”.

Altro studio precedente del Notariato ( n.73/2005/T),” Tassazione dei conguagli nelle divisioni “, così specifica, relativamente ai debiti:

“La configurazione fiscale dei conguagli si verifica in tre casi specifici:

  1. quando uno o più condividenti ottengono in sede divisionale beni, il cui valore superi la quota di diritto loro spettante;

  2. quando, in sede divisionale, i condividenti, di comune accordo, decidono che uno o più di essi si assuma una parte di debiti superiore alla quota di propria spettanza;

  3. quando la differenza tra quota di diritto e quota di fatto emerge dalla revisione del valore venale dei beni immobili assegnati ad un condividente, effettuata dalla Agenzia delle Entrate in sede di accertamento e rettifica dei valori dichiarati dai condividenti.”

Il punto due si riferisce esattamente al nostro caso.

In base a questi studi il Notariato si è quindi sinteticamente espresso, da quanto par di capire, per la tesi del conguaglio, non ritenendo quindi assegnabili i debiti a singoli coeredi. In ogni caso si tratta di tesi cautelativamente seguita anche da certi professionisti.

Non ci risulta, almeno al momento, che l’Amministrazione finanziaria si sia espressa, al riguardo; personalmente saremmo invece orientati, come illustreremo, per l’assenza di accollo, e conseguentemente con la ininfluenza fiscale della divisione così operata, ovviamente solo con riferimento alla assegnazione dei debiti.

 

L’analisi

Le passività, al contrario delle attività, non possono essere oggetto di divisione, gravando pro quota su tutti gli eredi. I debiti non diventano mai oggetto di comunione ereditaria.

In base all’art. 752 del c.c. gli eredi rispondono delle passività solo in proporzione delle rispettive quote ereditate, senza alcun vincolo di solidarietà. E questo, al contrario di certe normative straniere, a tutela degli eredi stessi.

All’apertura della successione i debiti sono automaticamente divisi tra i vari eredi, in base alle quote ereditate, e gli stessi vi rispondono, ma appunto solo per la loro quota, con il loro patrimonio anche personale ( Cass. n. 14063 del 25 ottobre 2000). Questo, salvo che non ci sia stata una accettazione con beneficio di inventario oppure che il testatore abbia diversamente disposto. La eventuale previsione, da parte del de cuius, della solidarietà non può comunque intendersi quale clausola vessatoria ( Cass. n.7281 del 7 aprile 2005 ).

Si ricorda che, ex art. 754 c.c., gli eredi rispondono in proporzione della loro quota ereditaria e solo nel caso di ipoteca, per l’intero. Qualora poi l’erede abbia spontaneamente pagato oltre la parte a lui incombente, potrà ripetere agli altri eredi la parte non dovuta. Nel caso di insolvenza di un erede per un debito ipotecario, ex art. 755 rispondono in proporzione gli altri eredi. Il legatario invece è escluso da ogni debito, eccetto il caso della iscrizione ipotecaria ( art. 756 c.c.).

Ma c’è una eccezione, e riguarda i debiti tributari; in base all’art. 65 del DPR 29 settembre 1973, n. 600, per certi debiti tributari gli eredi rispondono in solido, e non in base alla quota di eredità ricevuta. Ma appunto si tratta di una eccezione. I debiti del de cuius non entrano in comunione ereditaria e si ripartiscono in base alle quote della eredità.

Il creditore, in caso di mancato pagamento del suo credito, dovrebbe iniziare tante azioni legali per quanti sono gli eredi, frazionando il proprio credito in base alle rispettive quote di eredità. Principio questo che vale anche per i debiti tributari, con due importanti eccezioni: per le imposte sui redditi (Irpef, Ires, Irap) e per l’imposta di successione vale infatti la regola della «solidarietà. Conseguentemente per queste imposte l’Agenzia delle Entrate, o l’Agente per la Riscossione Esattoriale, potrà richiedere l’intero importo ad un solo erede, salvo poi il diritto di quest’ultimo, una volta effettuato il pagamento, di rivalersi nei confronti dei coeredi per la rispettiva quota. Per le imposte locali e quelle indirette la solidarietà non c’è. In ogni caso le sanzioni tributarie comminate al de cuius non sono dovute.

I crediti del de cuius, a differenza dei debiti, non si dividono automaticamente tra i coeredi in ragione delle rispettive quote, ma entrano a far parte della comunione ereditaria, secondo le regole dettate dagli art. 727, 757 e 760 c.c.; ne consegue che i compartecipi assumono la veste di litisconsorti necessari nei giudizi diretti all’accertamento dei crediti ereditari ed al loro soddisfacimento ( Cass. n. 19062/2006 ).

Tenuto conto che ogni erede è tenuto al pagamento dei debiti in proporzione alla sua quota ereditata, si rende necessario determinare appunto tale percentuale, rapportando il valore della quota al valore globale della eredità ( Cass. n. 2050/1976 ).

L’eventuale azione del creditore per il recupero del suo credito nei confronti della eredità non dà vita ad un litisconsorzio necessario tra gli eredi, in quanto non si tratta di un rapporto unitario indivisibile. In base agli articoli 1295 e 1314 del codice civile gli eredi di un debitore rispondono nei confronti del creditore solo in proporzione della quota a ciascuno pertoccante.

 

Le deroghe

Come si è visto, il testatore può distribuire tra i propri eredi un debito, derogando al principio della divisione pro quota. Ma questo soltanto per espressa specifica previsione testamentaria; altrimenti i debiti sono attribuiti pro quota a tutti gli eredi. Con la imputazione testamentaria di un debito, si vengono a favorire indirettamente, con una specie di legato, gli eredi esentati.

La previsione della divisione del debito di cui all’art. 752 c.c. è derogabile in tre casi:

  1. Ex lege, nel caso di debito ipotecario, come si è visto ( art. 754 c.c. ):

  2. In base ad una diversa specifica disposizione testamentaria ( art. 754 c.c. );

  3. In base al contratto da cui deriva il debito, come nei rapporti bancari ( art. 1295 c.c.).

Le previsioni di cui all’articolo 752 c.c. sono evidentemente poste a tutela degli eredi, e pertanto si ritiene dagli stessi derogabili. Nulla infatti impedisce che i coeredi, prima della imputazione divisionale di una successione con debiti, si dividano il debito stesso, che diventa così solidale. Il creditore sarà maggiormente garantito, rispondendo tutti gli eredi in solido, riterremmo. Questa rinuncia alla divisione del debito potrà essere oggetto di specifica formalizzazione, o anche si ritiene potersi desumere dall’atto stesso della divisione, dal quale risulta che il debito è assegnato ad un coerede. Atto dal quale deriverà anche la solidarietà di tutti i coeredi. In questo modo si tratterebbe di assegnazione del debito, non di accollo. Potrà essere considerato questo atto come espressione di capacità contributiva? Non riteniamo, in quanto le quote sono sempre le stesse, quelle pertoccanti in base alla successione. La situazione patrimoniale di ciascun erede rimane immutata; l’unica cosa che cambia è la solidarietà nel pagamento del debito.

 

La Cassazione

Segnaliamo una sentenza della Cassazione, indicataci da Angelo Busani, che ci conforta nella nostra tesi.Sentenza 30 giugno 2005, n. 13953, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2006, 6, 638, con nota di PASQUILI, Il tradizionale principio della rifrazione automatica e pro quota dei debiti ereditari e le deroghe al beneficium divisionis.

Così si è pronunciata la Cassazione:

“Quanto alla denunciata violazione dell'art. 752 cod. civ. la norma - derogabile, anche per accordo tra coeredi, e non soltanto per volontà del testatore, espressamente prevista- concerne i rapporti interni tra gli stessi - come statuisce la rubrica (ripartizione dei debiti ereditar tra gli eredi) e perciò non è invocabile dal creditore del de cuius.

Per la disciplina dei rapporti esterni nei confronti dei creditori ereditari provvede invece l'art. 754 cod. civ., al quale soltanto è ricollegabile il brocardo nomina et debita hereditaria ipso iure dividuntur. Ma innanzi tutto questa norma, posta nell'interesse di ciascun coerede, nei cui confronti il creditore non può pretendere l'adempimento della prestazione divisibile in misura maggiore della sua quota, in deroga al principio della solidarietà passiva, è derogabile, anche tacitamente, dalla volontà degli eredi (come si desume dagli artt.1295 e 1314 cod. civ. . In secondo luogo, in ogni caso, non può inficiare il principio secondo il quale l'adempimento del debito, anche se eseguito da soggetto diverso da colui che è obbligato, è un modo estintivo satisfattorio del vincolo obbligatorio.”

Pertanto, è confermato che l’ articolo 742 c.c. è derogabile da parte degli eredi. Forse non resta ben definita la questione della responsabilità, che parrebbe a mio avviso divenire solidale.

 

L’articolo 34 del TUR

L’articolo 34 del TUR, titolato Divisioni, al secondo comma richiama anche i debiti:

“ I conguagli superiori al cinque per cento del valore della quota di diritto, ancorché attuati mediante accollo di debiti della comunione, sono soggetti all'imposta con l'aliquota stabilita per i trasferimenti mobiliari fino a concorrenza del valore complessivo dei beni mobili e dei crediti compresi nella quota e con l'aliquota stabilita per i trasferimenti immobiliari per l'eccedenza. “

Ora, il primo comma si riferisce alle comunioni ordinarie ed anche a quelle successorie, senza distinzione alcuna. Il secondo comma, richiamando la possibilità che ci sia un accollo di debiti, necessariamente ne ammette, e non poteva che essere così, la possibile esistenza. Quindi anche i debiti, che possono far parte della comunione, possono essere accollati, anche se invero noi si sostiene che non si tratti di accollo, bensì di assegnazione. Tale norma parrebbe quindi dare supporto alla nostra tesi.

 

Conclusioni

Riprendendo l’esempio fatto in premessa, se gli eredi sono due, in parti uguali, e il debito è di 1.000, ad ogni erede compete un debito di 500 e risponderà per tale debito.

Ma se il debito gli venisse integralmente assegnato, in sede di divisione, per lo stesso risponderanno assieme a lui anche gli altri coeredi. Questa è l’unica differenza che si ritiene di riscontrare. Si ritiene infatti che non si possa ravvisare una ipotesi di accollo né di conguaglio, essendo la quota divisa esattamente corrispondente a quanto spettante.

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