Le liberalità indirette: aspetti fiscali.
di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 29 settembre 2020
Le donazioni o liberalità indirette consistono in una attribuzione patrimoniale gratuita mediante le quali si raggiunge lo stesso effetto della donazione tipica, e quindi l’arricchimento del donatario e correlato depauperamento del donante, senza utilizzo della forma dell’atto pubblico.
Il caso tipico di donazione indiretta è dello in cui i genitori, o uno di essi, pagano il prezzo di un immobile che viene intestato al figlio. Altre forme di donazione indiretta possono essere la rinuncia, il negotium mixtum cum donatione, la delegazione, l’accollo, la cessione del credito, il contratto a favore di terzo, l’intestazione di beni sotto nome altrui, l’adempimento di un debito altrui, l’atto di fondazione, depositi bancari, il trust, il patto di famiglia con rinuncia, il mandato senza rappresentanza, il contratto di società nel passaggio generazionale, l’acquisto in comunione legale in certi casi, la prestazione di garanzia fidejussoria, l’assunzione di una obbligazione solidale, il contratto preliminare a favore del terzo (da Giancarlo laccarino, Liberalità indirette, IPSOA, 2011)
In questo senso anche Tribunale di Ivrea, n. 614 dell'8 luglio 2016 e Appello Potenza, n. 550/2018; non è appunto sufficiente la cointestazione del conto a far considerare un versamento una donazione, è richiesto anche lo spirito di liberalità.
Da un punto di vista fiscale, le donazioni indirette collegate ad atti di trasferimento di immobili o aziende, qualora per tale atto sia dovuta l’imposta proporzionale di registro o l’iva, non sono soggette ad imposta sulle donazioni. Si tratta della previsione dettata dall’art.1, comma 4-bis del D.Lgs. n. 346/1990.
Donazione indiretta nel TUS
Nel testo unico dell’imposta di successione e donazione (D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346), le liberalità diverse dalla donazione "formale" sono indicate in una pluralità di norme:
- Art. 1, comma 1: l’imposta sulle donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti "per donazione o altra liberalità tra vivi";
- Art. 1, comma 4: l’imposta di donazione non si applica ai casi di "donazione o liberalità di cui agli artt. 742 e 783 del Codice civile" (vale a dire per le "spese non soggette a collazione", di cui all’art. 742 ce, e per le donazioni "di modico valore", di cui all’art. 783 ce);
- Art. 1, comma 4-bis: ferma restando "l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione", l’imposta, però, non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità "collegate" ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per tali atti sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto;
- Art 55, c 1-bis: sono soggetti a registrazione "in termine fisso" anche "gli atti aventi ad oggetto donazioni dirette o indirette formati all’estero" nei confronti di residenti;
- 56-bis, ci ove sono precisati i criteri per l’accertamento delle "liberalità diverse dalle donazioni";
- art.58, c.5: le disposizioni dettate per l’imposta sulle donazioni "si applicano, in quanto compatibili, anche per gli atti di liberalità tra vivi diversi dalla donazione". (Angelo Busani, Imposta di successione e donazione, IPSOA, 2020)
Non esiste in ogni caso un obbligo di registrare le donazioni indirette.
La forma nelle donazioni o liberalità dirette
L’articolo 782 del codice civile prevede per le donazioni la forma solenne dell’atto pubblico, "sotto pena di nullità"; è altresì richiesta la presenza di due testimoni (art. 47 e 48 della legge notarile 89/13). Per le donazioni di modico valore, invece, l’art. 783 del Codice Civile non prevede alcuna forma particolare, solo la tradizione. In questi casi la modicità è determinata in base a due previsioni, quella oggettiva (valore del bene) e quella soggettiva (la consistenza del patrimonio del donante).
Va altresì tenuto in considerazione che la presenza di un notaio per la redazione di detti atti non è finalizzata a rendere irrilevante un eventuale conflitto di apprezzamenti da parte degli interessati relativamente alla titolarità o all’esercizio delle situazioni giuridiche, ma, molto più semplicemente lo stesso è chiamato a chiarire il valore negoziale, giuridicamente rilevante, della manifestazione stessa.
"La forma sarebbe [...] intesa essenzialmente a favorire la riflessione dell’autore della dichiarazione negoziale, quando questa non ha, secondo la valutazione del legislatore, una ragione di per sé sufficientemente giustificativa" (A. Liserre, Il formalismo negoziale e testamentario, Milano, 1966, 93 ss.).
La forma nelle donazioni indirette
Per le donazioni indirette, invece, la dottrina si è per lo più dichiarata a favore di una tesi liberale in merito alla forma, e la Cassazione ha più volte avallato questa soluzione (Cassazione 16 marzo 2004, n. 5333; 29 marzo 2001, n. 4623; 21 gennaio 2000, n. 642; 10 aprile 1999, n. 3499; 23 dicembre 1992, n. 13630; 28 novembre 1988, n. 6416; 9 febbraio 1985, n. 1446; 9 dicembre 1982, n. 6723; 18 dicembre 1970, n. 2710; 23 gennaio 1967, n. 203; 28 gennaio 1943, n. 117).
In particolar modo, si segnala la sentenza della Cassazione n. 5333/2004 nella quale è stato chiarito che: "la donazione indiretta è caratterizzata dal fine perseguito di realizzare una liberalità, e non già dal mezzo, che può essere il più vario, nei limiti consentiti dall’ordinamento; realizzazione dunque che può venire attuata anche mediante un collegamento tra più negozi, ossia un preliminare e il pagamento del prezzo, procurando in tal modo al destinatario della liberalità il diritto di rendersi intestatario del bene, non essendo necessaria la forma dell’atto pubblico prevista per la donazione, ma bastando l’osservanza della forma richiesta per l’atto da cui la donazione indiretta risulta.
Non costituiscono ingiuria grave verso il donante, al fine della revoca della donazione per ingratitudine ai sensi dell’articolo 801 del codice civile, né il rifiuto di acconsentire alla richiesta del donante di vendita di immobile oggetto di donazione (tale richiesta equivalendo a una pretesa di restituzione del bene legittimamente rifiutata indipendentemente dai motivi delia stessa), né quei comportamenti di reazione legittima (perché attuata attraverso gli strumenti offerti dall’ordinamento) tale richiesta e ad altri atti in vario modo finalizzati a sostenerla".
La donazione indiretta evita la franchigia?
La donazione indiretta non è soggetta al coacervo (anche se talvolta qualche ufficio è di diverso avviso) e pertanto non erode la franchigia, relativamente alla applicazione dell’imposta. In questo senso da ultimo la sentenza della Commissione Tributaria Regionale Lombardia n. 263/8/2020 (di cui si dirà appresso) che conferma la precedente CTP Milano n. 6497 del 2017. Ricordiamo che l’istituto del coacervo, introdotto inizialmente con D.P.R. N.637/1972, è stato poi riproposto dal D.Lgs n. 346/1990 ed è tuttora applicabile. Pertanto le donazioni precedenti concorrono ora a determinare il totale delle stesse, ai fini della erosione della concessa franchigia. Non trattiamo qui della questione se vi concorrano o meno anche le donazioni ante riforma, a nostro avviso escluse.
Le liberalità indirette non tassate per effetto della norma in esame non erodono la franchigia eventualmente spettante al beneficiario, in quanto la loro irrilevanza ai fini del tributo successorio non deriva dall’applicazione di alcuna franchigia, bensì da una norma che ne dispone l’esclusione in senso proprio.
La sentenza a Sezioni Unite della Cassazione n. 18725 del 18 luglio 2017, invero un po’ incerta, come è stato rilevato dalla dottrina. Tale sentenza qualifica il bonifico al figlio come donazione "instabile" per poi aprire la strada, ricorrendo determinati presupposti, alla sua qualificazione come donazione indiretta, con un inevitabile ricorso a valutazioni di fatto.
Una conferma sempre circa l’aspetto coacervo è data da Commissione Provinciale Tributaria di Bari, n. 807/3/2019, rei. Trevisani: le liberalità indirette intervenute in epoca anteriore alla stipula dell’atto di donazione, che siano inquadrate tra quelle collegate previste dall’art. 1 del Testo Unico sulle successioni e donazioni, non concorrono alla formazione del coacervo previsto ai fini della relativa base imponibile. Questo il caso: in un atto di donazione di denaro tra padre e figlio il notaio aveva elencato le precedenti compravendite tra gli stessi, precisando che si trattava di liberalità indirette che non rilevavano ai fini della formazione del coacervo, in base all’art. 1, comma 4 bis, del Testo Unico. Abbiamo anche CTP Brescia, n.807/3/2019, rei. Trevisani secondo la quale le liberalità indirette intervenute anteriormente alla donazione, se ed in quanto inquadrabili tra quelle collegate d cui all’art. 1 del TUS non concorrono appunto al coacervo. Precedentemente, CTP Milano n. 6497/2017, rei. Dolci: "Qualora detti atti di liberalità "esenti" fossero comunque computati nel ed. "coacervo "delle donazioni di cui all’art. 57 verrebbero di fatto ad essere tassati, dunque, una corretta interpretazione dell’art. 57 impone di ricomprendere nel computo solo le donazioni soggette ad imposta ". E la stessa tesi è stata sostenuta, in seguito all’appello dell’ufficio, da CTR Milano n. 263 del 3 febbraio 2020, rei. Giacomo Rota che appunto ha confermato l’assunto. La CTR Milano, dopo aver stranamente affermato (è la prima volta che vediamo una dichiarazione del genere) che le due diverse tesi, dell’Ufficio e del contribuente, erano "meritevoli di considerazione", ricorda che l’ufficio fa leva sul dato letterale dell’art.57, comma 1 del D.Lgs. 346/1990, che non prevede espressamente le donazioni indirette tra quelle escluse dal coacervo.Ma la esclusione delle donazioni di ogni altro bene o diritto dichiarato esente vi fa rientrare anche le donazioni indirette collegate ad un trasferimento immobiliare, come nel caso.
Pertanto le donazioni indirette non concorrono ad erodere la franchigia. Si segnala che Cassazione n. 13133/2016 ha ritenuto pregiudiziale la esplicita menzione nell’atto della natura collegata della precedente liberalità indiretta; in assenza, ha considerato tassabile l’atto come donazione. In ogni caso non esiste alcuno specifico obbligo, da parte del notaio rogante, di indicare le pregresse donazioni indirette, e parrebbe dello stesso avviso anche il Notariato Studio n,29/2017T del 26 ottobre 2017. Sarà peraltro conveniente adeguarsi a quanto disposto dalla Cassazione, anche al fine di evitare contenziosi inutili.
Liberalità indirette e accertamento sintetico
L’art. 56-bis del D.Lgs 346/1990 rubricato "accertamento delle liberalità indirette" limita i poteri di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate, consentendone l’accertamento solo al verificarsi in contemporanea di due condizioni:
- l’esistenza di tali liberalità che risulti da una dichiarazione resa dal soggetto coinvolto in presenza di un accertamento diverso da quello della imposta sulle donazioni;
- che l’incremento patrimoniale sia stato superiore alla franchigia. Nello specifico, si sono bilanciati diversi e contrastanti interessi:
- da una parte è consentito alla amministrazione finanziaria individuare liberalità non palesi;
- dall’altra, al contribuente è consentito autodenunciare tale liberalità indiretta, al fine di giustificare un incremento patrimoniale idoneo a determinare materia imponibile.
La donazione indiretta neutralizza l’accertamento da redditometro (Cassazione n. 11428/2019). Cassazione 24597/2010: "In base ai principi fissati dall’art.38, comma 6 ... la prova delle liberalità che hanno consentito in tutto o in parte l’incremento patrimoniale deve essere documentale e conseguentemente la motivazione della sentenza deve fare preciso riferimento ai documenti che la sorreggono ad al loro contenuto", cfr Cass. n. 11389 del 2008.
La nullità delle donazioni informali
La sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 18725 del 27 luglio 2017, rei. Giusti, ha sostenuto la nullità della donazione "informale" effettuata mediante bonifico bancario; è pertanto ipotizzabile che la giurisprudenza cessi da ritenerle tassabili, con la relativa imposta sulle donazioni. Trattandosi di donazioni nulle, necessariamente non possono produrre effetti e quindi essere considerate manifestazioni di capacità contributiva.
Osservazioni varie
Il Tribunale di Salerno (sentenza 6 maggio 2016 n. 2305) ha ritenuto applicabile l’azione revocatoria ordinaria ad una donazione indiretta. La Cassazione, con sentenza n. 11496 del 12 maggio 2010 è intervenuta in materia di circolazione di immobili fatti oggetto di donazioni e ha stabilito che l’immobile oggetto di donazione indiretta non soggiace alla problematiche tipiche della libera circolazione dei beni donati.
Liberalità indirette e voluntary disclosure
In occasione della voluntary disclosure, strumento che consentiva a soggetti detentori illecitamente di patrimoni all’estero di regolarizzare la propria posizione, era possibile valutare la convenienza di sottoporre a registrazione volontaria (e non attende l’accertamento) le liberalità indirette, beneficiando così delle minori aliquote e delle franchigie.
La decadenza per l’accertamento
La già citata sentenza Cassazione n. 13133 del 2016 è anche intervenuta sul tema della decadenza dell’accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate. E’ stato confermato che il termine quinquennale di cui all’art. 76 DPR 131/1986 per l’accertamento decorre dalla data in cui il contribuente fornisce la dichiarazione relativamente alla esistenza della liberalità indiretta, piuttosto che dalla data in cui la liberalità è stata attuata. In merito è già stato osservato che il termine quinquennale è invece relativo alla omessa registrazione, situazione che non riguarda le donazioni indirette, in assenza appunto di un obbligo.
Conclusione
La donazione indiretta, da non confondere con la donazione informale (che se relativa a beni di non modico valore è nulla, per la Cassazione), ha un particolare rilievo se collegata ad atti soggetti ad IVA o all’imposta proporzionale di registro, in quanto è esclusa da ogni imposizione. E, ad avviso della giurisprudenza, nemmeno erode la franchigia, non concorrendo a formare il cosiddetto coacervo.In ogni caso sarà cura degli interessati darne adeguata prova; un semplice richiamo in atto sarebbe sufficiente (per la Cassazione, necessario).