Fondi, Sicav e ETF: trattamento fiscale non razionale
di Giuseppe Rebecca
Il Commercialista Veneto, N. 257 settembre/ottobre 2020
Fondi, SICAV ed ETF (Exchange Traded Fund), questi dal 9 aprile 2014, D. Lgs. 44 del 4 marzo 2014) sono soggetti ad un regime fiscale del tutto particolare, e come vedremo non del tutto razionale, a tutto svantaggio degli investitori privati.
Infatti le plusvalenze sono tassate in un certo modo, oggi tutte al 26%, con i titoli di Stato al 12,50% , mentre le minusvalenze non possono compensarle, quasi che il diverso segno algebrico fosse motivato da una diversa natura del reddito conseguito. Si tratta di due comparti che devono essere tenuti separati, secondo l’amministrazione finanziaria, ognuno per la sua strada. L'investitore privato si trova così in una situazione del tutto irragionevole, per la quale prima o poi qualcheduno potrebbe eccepirne la incostituzionalità. Invece di incentivarlo, di agevolarlo, come in effetti meriterebbe, il privato che investe viene trattato fiscalmente in modo non equo, a tutto vantaggio del fisco.
Tutto trae origine da un inquadramento di base da parte della amministrazione finanziaria:
- i profitti di questa tipologia di titoli sono qualificati come redditi di capitale (equiparati quindi ai dividendi e alle cedole);
- le perdite come redditi diversi.
Ne consegue che:
- le plusvalenze non sono compensabili con le minusvalenze pregresse presenti in un deposito amministrato;
- le minusvalenze possono essere compensate secondo le regole ordinarie, cioè non oltre il quarto anno successivo a quello di realizzo, ma solo con plusvalenze realizzate su titoli (azioni, obbligazioni, strumenti derivati e certificati).
In buona sostanza, gli utili conseguiti su Fondi, Sicav e Etf saranno sempre tassati, sul loro intero importo, mentre le eventuali perdite conseguite non potranno essere detratte, quasi fossero derivate da tutt’altra fonte di reddito; per poterle utilizzare, sarà necessario avere degli utili su altri strumenti finanziari, quali azioni, obbligazioni, strumenti derivati e certificati.
A parziale giustificazione di tale atteggiamento potrebbe essere osservato che il fondo percepisce anche le cedole, e che pertanto il prezzo di smobilizzo di una quota è composto da due componenti, i frutti dei titoli posseduti e il differenziale di prezzo, che talvolta potrebbe anche essere di segno opposto, ma non per questo si può mixare il tutto e considerarlo come reddito di capitale. Ma lo stesso identico discorso si potrebbe fare anche per le minus; infatti alla loro determinazione sicuramente concorrono sia le cedole, in senso positivo, sia le — a questo punto maggiori - perdite di valore, con una sommatoria appunto negativa.
Appare illogico, anche sotto l’aspetto tributario, separare e trattare in modo differente gli utili dalle perdite per chi investe in certe tipologie di strumenti finanziari. In fin dei conti il risultato è il frutto della stessa attività, in un caso andata bene, in un caso andata male. Soltanto una costruzione artificiosa può differenziarle; la natura deli investimento è evidentemente la stessa, per forza.
Ci si augura che il trattamento fiscale sia finalmente unificato, magari prima della prossima ipotizzata riforma tributaria, stante la insostenibilità ed illogicità deli impostazione attuale.
MINUSVALENZE: COMPENSABILI? |
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Le plusvalenze su |
si possono compensare con minusvalenze su |
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