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Agenzia delle Entrate sconfessata: legittima la vendita di un terreno a prezzo inferiore rispetto a quello affrancato

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 24 marzo 2020

È dovuta finalmente intervenire la Cassazione, a Sezioni Unite ( Cass. n.2321 el 31 gennaio 2020 ) a dirimere una questione che invero nemmeno avrebbe dovuto nascere. Questo è il caso , sempre più frequente nella odierna realtà, per effetto dell’ attuale andamento del mercato immobiliare : il corretto trattamento fiscale di una vendita di un terreno plusvalente ad un prezzo inferiore a quello rivalutato in occasione di un precedente affrancamento .

Tutto nasce da due circolari dell’Agenzia delle Entrate del lontano 2002 ( n.15/E e 81/E ) secondo le quali in caso di vendita di un terreno plusvalente, precedentemente rivalutato, ad un prezzo inferiore a quello rivalutato , si sarebbe considerato come costo fiscale di riferimento, per il calcolo della plus, il costo originario. A nulla avrebbe quindi influito la effettuata rivalutazione ad un valore superiore. Dopo 13 anni, ecco una parziale apertura, non certamente soddisfacente . Una circolare dell’Agenzia delle Entrate ( n.1 del 15 febbraio 2013, poi riconfermata dalla Risoluzione n. 53 del 27 maggio 2015 ) aveva suggerito , per questa fattispecie, un particolare meccanismo di “ prezzo-valore “ da seguire :

  • nell’atto di vendita si dovevano indicare due valori, il corrispettivo e il maggior valore di cui alla perizia ;
  • il venditore non realizzava comunque alcuna plusvalenza, essendo il primo termine inferiore al secondo;
  • le imposte di registro, ipotecarie e catastali sarebbero però state liquidate sul maggior valore di perizia.

Tutto ciò sarebbe stato superabile redigendo una nuova perizia, al ribasso, per adeguare appunto il valore del terreno alla minor valutazione. Fino a che l’aliquota per l’affrancamento è rimasta invariata al 4%, si dimostrava sufficiente una nuova perizia , niente di più. Ovviamente non si doveva pagare nulla, anche se non si aveva diritto ad alcun rimborso. In ogni caso si doveva compilare il modello specifico nella dichiarazione dei redditi . .

Con le variazioni delle aliquote dell’imposta sostitutiva ( dal 4% del 2002 si è passati prima all’ 8%, poi al 10% e ora all’11% ), le cose sono ovviamente variate .

 

Una esemplificazione

Esaminiamo questa fattispecie : area fabbricabile periziata e affrancata in passato in euro 500.000 e con un prezzo di vendita odierno di 400.000 euro. In questo caso l’opzione di poter redigere una eventuale nuova perizia al ribasso non sarebbe più a costo zero. L’imposta sostitutiva ora dovuta , sarebbe infatti pari a 44.000 euro ( 11% di 400.000 euro ) dalla quale si deve detrarre la precedente imposta di 20.000 euro, se appunto affrancato con una imposta al 4% ( 4% di 500.000 euro ) . Si ha così un costo effettivo di 24.000 euro ( 44.000 meno 20.000 ) . Il COSTO ZERO , al di là del costo per la nuova perizia, si avrebbe solo in presenza di una riduzione di valore pari all’incirca al 63,7% ( se il confronto è tra 4% e 11 % ).

 

La Cassazione

La tesi dell’Agenzia delle Entrate era chiaramente insostenibile, sia sotto l’aspetto razionale che sostanziale. Ancora nel 2015 era stata peraltro ipotizzata l’ipotesi di un cambio di linea interpretativa dell’Agenzia delle Entrate ( come riportato da Il Sole 24 Ore del 9 aprile 2015 ) , ma non c’era stato invece alcun seguito, ed anzi subito è arrivata la già citata risoluzione n. 53 , del 27 maggio . A scanso di equivoci, si confermava la tesi precedente .

La Cassazione è dovuta intervenire molte volte , su questo tema , ma non sempre in modo univoco . Tralasciando le molte sentenze delle Commissioni Tributarie , segnaliamo le varie sentenze :

  • per la tesi dell’impossibilità dell’accertamento, qualora il valore dichiarato fosse stato inferiore a quello periziato nei vari anni si hanno,

2016 n. 19.242 del 28 settembre e n. 24.310 e 24316 del 29 novembre

2017 n. 14.141 del 22 settembre

2018 n. 7.037 del 31 gennaio, n. 19.378 del 20 luglio, n. 23.508 del 28 settembre, 25.501 dell’11 ottobre

2019 n. 2894 e 2.897 del 31 gennaio, n. 3984 del 12 febbraio, 5.088 del 21 febbraio e 11.044 del 19 aprile .

 

  • per la tesi contraria, e quindi per la possibilità di effettuare un accertamento , queste le sentenze :

2016 n. 14.492 e 14.493 del 15 luglio, n. 19.465 del 30 settembre

2017 n. 24.136 del 13 ottobre .

Prima di analizzare la sentenza della Cassazione a Sezioni Unite , appare opportuno segnalare anche una sentenza a dir poco particolare .

Un notaio era stato chiamato a rispondere per danni, in presenza di un accertamento per plusvalore su terreni rivalutati venduti a prezzo inferiore a quello di cui alla perizia. Il Tribunale di Voghera e la Corte di Appello di Milano avevano stabilito la responsabilità del notaio, confermata anche dalla Cassazione (n.3984 del 12 febbraio 2019).

Così precisava l’ordinanza : la legge non impone “al notaio l’indicazione del prezzo di perizia negli atti di compravendita. Al contrario, tale norma prevede solo determinate agevolazioni derivanti dalla rivalutazione dei terreni agricoli divenuti edificabili, a condizione vi sia una perizia asseverata che determini il valore commerciale minimo del bene, cui far riferimento per la tassazione in caso di alienazione”. “Avendo le parti concordato un prezzo inferiore rispetto a quello periziato, il notaio, in quanto pubblico ufficiale, non avrebbe potuto indicare un prezzo diverso da quello effettivamente pagato e dimostrato mediante l’indicazione dei mezzi di pagamento”. “Ove la vendita venga effettuata ad un valore inferiore a quello minimo di riferimento emergente dalla perizia, rispetto al quale il venditore abbia versato l’imposta sostitutiva prevista dalla legge, ciò non implica alcuna rinuncia e non comporta alcuna decadenza dai benefici fiscali previsti dalla L. n.488 del 2001, con la conseguenza che all’Ufficio sarà precluso di riprendere il calcolo delle plusvalenze secondo il criterio degli artt. 67 e 68 TUIR, muovendo dal “vecchio” valore acquisto”.

E fino a questo punto non si può che condividere.

Del tutto sorprendente sono invece le affermazioni successive: “della perizia che giustificava la determinazione del prezzo in modo consequenziale, difatti, il notaio diede espressamente atto nel rogito, di tal che, come correttamente e condivisibilmente ritenuto in entrambi i giudizi di merito, i suoi ineludibili doveri di consiglio gli imponevano di comunicare alle parti – e segnatamente alla ricorrente – il rischio (con tutte le possibili conseguenze) della dichiarazione di un prezzo non conforme. La sua prospettazione difensiva – e cioè che siano state le parti a concordare il prezzo e che lui non potesse interloquire in proposito – non ha giuridico fondamento, là dove non considera che il dovere di consiglio lo obbligava comunque ad esporre loro la situazione, esplicitandone rischi e conseguenze. Soltanto all’esito di tale , completa e compiuta informazione in ordine alla complessa questione di diritto, egli avrebbe potuto legittimamente stipulare l’atto, eventualmente cautelandosi con una dichiarazione di esclusione della sua responsabilità”.

Secondo la Cassazione, quindi , il notaio avrebbe quindi dovuto avvertire le parti in merito ai problemi noti! Ma se il rischio non esisteva, come è stato detto poco sopra, cosa avrebbe dovuto dire? O fare?

Ma veniamo alla già citata sentenza n. 2321 del 31 gennaio 2020, a Sezioni Unite , relatore Roberto Giovanni Carrato . In contrapposizione a quanto deciso dalla Commissione Tributaria di Caserta e poi dalla Commissione Tributaria Regionale di Napoli n.305/2011 depositata il 6 ottobre 2011, la Cassazione ha ritenuto che l’omessa indicazione del valore periziato, in presenza di un corrispettivo inferiore, non giustifica la rettifica di valore per determinare la plusvalenza sulla base del costo storico del bene . Dopo una lunga analisi delle sentenze precedenti e delle norme , così afferma la Cassazione “ E’ dunque necessario prediligere l’interpretazione letterale dell’art.7” ( L,n. 448/2001 ) “ in cui non viene in alcun modo previsto l’obbligo di indicazione del valore minimo di riferimento nell’atto traslativo successivo … “. In pratica conferma la tesi prevalente già bene evidenziata dalla stessa Cassazione , nella sentenza 2894 del 31 gennaio 2019 “ la pregressa scelta di rivalutare terreni edificabili non impedisce al cedente di alienare il bene ad un prezzo inferiore a quanto dichiarato in perizia. Nel caso in cui si verifichi detta ipotesi, per il contribuente non si determina la decadenza del beneficio derivante dalla rivalutazione. L’Amministrazione Finanziaria non può in tal caso ritenere di poter calcolare la plusvalenza secondo gli ordinari criteri previsti dall’art.68 TUIR, ossia a partire dal vecchio valore di acquisto . “

C’è da dire che ai fini delle imposte indirette resta comunque possibile l’accertamento di maggior valore, rispetto a quanto dichiarato.

 

Conclusione

Finalmente la se non altro curiosa interpretazione dell’Amministrazione Finanziaria è stata cassata, e d’ora in poi non si verificheranno più situazioni di inutile contenzioso, dall’esito non sempre certo, come si è visto. Ma come è difficile far prevalere la logica e l’equità !

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