Vicenza, Sabato 27 Aprile 2024

>> Anno 2019

La cessione del contratto preliminare. Aspetti fiscali

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 8 maggio 2019

 

La cessione di un contratto preliminare di compravendita immobiliare è operazione abbastanza diffusa, nella realtà operativa. Ci sono state incertezze, nel passato, per l’inquadramento della fattispecie.

La R.M. 6/E/2015

L’Amministrazione Finanziaria ha preso una posizione, nel 2015, con la Risoluzione n. 6/E del 19 gennaio 2015, in risposta ad un interpello. Un contribuente, privato, desiderava conoscere il trattamento tributario della cessione di un contratto preliminare per un corrispettivo maggiore dell’acconto versato in sede di stipula del contratto.

Il richiedente, peraltro con non molta determinazione, suggeriva di non considerare reddito la eventuale differenza di valore tra quanto versato come acconto e quanto ricevuto. Non essendo la fattispecie riconducibile ad alcuna specifica norma impositrice vigente e non essendo consentita, alcuna interpretazione analogica, per i tributi, ne derivava che l’unica conclusione possibile era quella di non far concorrere l’eccedenza alla formazione del reddito imponibile. E questo in base al principio di certezza del diritto tributario.

L’Amministrazione Finanziaria ha dapprima osservato come “il contratto preliminare non ha effetti reali, vale a dire non trasferisce la proprietà del bene, ma produce esclusivamente effetti obbligatori, nel senso che comporta il sorgere di determinati impegni in capo alle parti contraenti”.

Poi ha concluso affermando che tale reddito deve annoverarsi tra i “redditi diversi” ex art. 67 del Tuir, riconducendo l’eventuale eccedenza percepita per il trasferimento del contratto nella categoria indicata alla lettera l), (corrispettivi percepiti per l’assunzione di obblighi di fare, non fare o permettere). In questo senso, precedentemente, si era pronunciata anche Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna (n. 72 del 20 settembre 2013)-

La dottrina

La dottrina ha un po’ trascurato questa problematica: chi sostiene la tesi della non tassabilità [1] muovendo dalla constatazione della mancanza, nell’ambito dell’elencazione residuale, ma esaustiva, del citato art. 67, di una disposizione che in maniera certa e inequivocabile attragga a tassazione la fattispecie in argomento. In forza del principio di certezza del diritto tributario, che non consente interpretazioni di tipo analogico per coprire eventuali lacune normative sulla tassazione delle manifestazioni di ricchezza, ciò dovrebbe essere sufficiente ad escludere l’imponibilità del corrispettivo in parola.

La stessa dottrina ha osservato come non si possa comunque in alcun modo inquadrare il corrispettivo della predetta cessione fra i redditi di cui al comma primo, lettera b) dell’art. 67, dal momento che, come si è già avuto modo di chiarire più volte, il contratto preliminare pone in essere solo vincoli obbligatori, rimandando ad una fase successiva l’effettiva traslazione dei diritti reali. Segnaliamo come altri [2] abbiano sostenuto che la fattispecie andrebbe ricondotta proprio fra quelle atte a generare un reddito derivante dall’assunzione di un obbligo di “fare, non fare, o permettere” di cui alla suddetta lett. l). Pertanto, il corrispettivo percepito concorrerebbe quindi a formare il reddito complessivo del cedente come reddito diverso, per la cessione del preliminare.

Qualora poi il soggetto che lo corrisponde rivestisse la qualifica di sostituto d’imposta, dovrebbe essere anche operata la ritenuta a titolo d’acconto del 20%, con obbligo di rivalsa, ai sensi dell’articolo 25, comma 1, del DPR n. 600/1973.

Le imposte indirette

Per quanto concerne le imposte indirette, la cessione del contratto preliminare da parte di un privato è soggetta all’imposta di registro del 3%. Qualora la cedente sia una impresa, il corrispettivo della cessione sarà sottoposto ad IVA, nella misura ordinaria del 22%.

L’aliquota del 3% di imposta di registro sarà applicabile solo all’importo della cessione, non all’importo legato al rimborso della caparra. La fattispecie della cessione del contratto differisce sostanzialmente dall’altra fattispecie, invero molto più frequente, quella che riguarda il preliminare per persona da nominare. In quest’ultimo caso il terzo nominato subentra nella posizione originaria del cedente con effetto retroattivo, e quindi dal momento della stipula del preliminare stesso. Nel caso di cessione del contratto, invece, il subentro è a titolo derivativo, con effetto dal momento della cessione.

Esemplificazione:

Il Signor X stipula un contratto preliminare con cui si impegna ad acquistare un immobile dal Signor Y. Nel preliminare è prevista, per il promittente acquirente, anche l’autorizzazione alla cessione del contratto. E’ altresì prevista e corrisposta una caparra confirmatoria pari a Euro 20.000. Successivamente il Signor X cede il preliminare al Signor Z, dietro corresponsione di una somma di Euro 30.000, di cui Euro 10.000 a titolo di corrispettivo per la cessione ed Euro 20.000 a titolo di rimborso della suddetta caparra.

In questa ipotesi, sulla base dell’orientamento interpretativo prevalente, la cessione del preliminare dovrebbe scontare:

- L’imposta d’atto fissa di Euro 168,00 ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 131/1986;

- L’imposta proporzionale del 3% ex art. 9 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986, da calcolarsi sull’ammontare del corrispettivo concordato per la cessione, ovvero Euro 10.000.

Il nuovo promittente acquirente, potrà dedurre, in sede di registrazione del definitivo, le eventuali imposte proporzionali pagate dal soggetto cedente al momento della registrazione del preliminare. La parte cessionaria subentra infatti automaticamente in tutte le situazioni giuridiche attive e passive dipendenti dal preliminare e facenti capo alla parte cedente.[3]

Qualora la cessione del contratto preliminare di compravendita avvenga tramite “scambio epistolare”, la stessa sarebbe soggetta a registrazione solo in caso d’uso, alla stregua di quanto previsto dal summenzionato all’art. 1, comma 1, lett. a) della Tariffa, parte seconda, allegata al D.P.R. n. 131/1986. Ma tale regola non dovrebbe potersi applicare alla cessione del preliminare immobiliare, la quale andrebbe dunque registrata in termine fisso” anche se formata per corrispondenza. La registrazione della corrispondenza solo in caso d’uso può infatti verificarsi solo per atti diversi da quelli per i quali è richiesta la forma scritta, mentre, come si è sopra visto, per il principio secondo cui ogni negozio modificativo di altro negozio per il quale è imposto un onere di forma deve seguire la forma di questo, la cessione del preliminare immobiliare deve necessariamente rivestire la forma scritta prevista per quest’ultimo.

Laddove il corrispettivo di cessione sia soggetto ad IVA, la cessione onerosa del preliminare non sconterà il registro proporzionale, in forza del principio di alter natività fra Iva e imposta di registro. Qualora l’originario promittente acquirente, colui che ora cede il preliminare, abbia anche versato un acconto sul prezzo pattuito, secondo l’orientamento dottrinale prevalente (Studio n. 32-2007/T del Consiglio Nazionale del Notariato) la cessione del contratto preliminare non rientrerebbe fra le fattispecie per le quali si potrebbe legittimare l’emissione di una nota di variazione in diminuzione ai fini IVA (ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972), volta a stornare la fattura relativa a detto acconto. Operazione invece possibile nell’ipotesi di contratto preliminare per persona da nominare, come si ricava dalla risoluzione dell’Agenzia delle Entrate 11 agosto 2009, n. 212/E.

In tale sede è stato precisato di fatto che, qualora le parti indichino quale termine per la nomina il “momento del rogito notarile”, senza individuare una data precisa oppure una scadenza compresa entro un determinato numero di giorni dal compromesso, il termine è da considerarsi incerto. Da ciò conseguirebbe, sempre secondo la tesi avanzata dall’Agenzia, che, poiché la fattispecie contrattuale non rispetterebbe i requisiti previsti dal Codice Civile per integrare la fattispecie del contratto per persona da nominare, il contratto avrebbe effetto tra gli originari contraenti, senza possibilità per il cedente di emettere note di variazione, riconducendo quindi la “sostituzione soggettiva”, da un punto di vista fiscale, alla scelta negoziale della cessione del preliminare, con le conseguenze IVA sopra citate [4]

Le tipologie di contratti

Pare opportuno ricordare come le tipologie che possono riguardare il caso di intestazione di un terzo, in un preliminare di compravendita immobiliare, sono tre, e precisamente:

1) Contratto preliminare di compravendita per persona da nominare

Il promittente acquirente si riserva la facoltà di nominare, entro un certo termine, un terzo soggetto che subentra nel preliminare con effetto retroattivo, ossia dal momento della sua stipulazione, in aggiunta o in sostituzione del promittente acquirente medesimo.

Questo un esempio di clausola:

“Il Signor X si obbliga e promette di vendere al Signor Y che si obbliga e promette di acquistare, per sé e/o per persona da nominare entro il termine ….. (eventualmente inserire anche essenziale), il seguente immobile….”.

Ricordiamo la problematica sollevata dall’Agenzia delle Entrate di Roma secondo la quale qualora l’atto di accettazione della dichiarazione di nomina contenga una clausola secondo la quale l’electus dichiara di impegnarsi a richiedere allo stipulante quanto versato a titolo di caparra, sarebbe soggetto alla registrazione ex art. 9 TUIR tariffa parte prima con l’aliquota del 3% in luogo della tassa fissa [5]

2) Contratto preliminare di compravendita a favore del terzo

Si rientra in questa ipotesi allorchè la sostituzione del promittente acquirente non avviene già nell’ambito del contratto preliminare, ma unicamente nel contratto definitivo, di talchè il terzo nominato non diventa in nessun momento parte sostanziale del contratto preliminare.

Esempio di clausola:

“Il Signor X si obbliga e promette di vendere al Signor Y che si obbliga e promette di acquistare, con riserva di sostituire a sé altra persona, fisica o giuridica, al momento della stipula del contratto definitivo, il seguente immobile ……”.

Si ricorda che il contratto a favore di terzi è un contratto nel quale appunto si indica un terzo beneficiario, motivandone o meno le ragioni (art. 1411 cc), con origine donativa o solvendi causa oppure obbligatio causa.

Lo studio del Notariato 26-2018/T ne ha analizzato la fiscalità diretta, aspetto invero trascurato. Le difficoltà maggiori si riscontrano nell’esame del rapporto intercorrente tra stipulante e terzi, tenuto conto che la sua causa non è sempre facilmente desumibile. Secondo tale studio: in ogni caso, in presenza di contratti immobiliari a favore di terzi, il terzo beneficiario dell’immobile che poi lo rivenda può realizzare una plusvalenza, determinata detraendo dal corrispettivo percepito il prezzo di acquisto sostenuto dallo stipulante. Quindi:

- nel caso di contratto a favore del terzo donandi causa, si farà riferimento al corrispettivo pagato dallo stipulante;

- mentre nel caso di contratto a favore del terzo solvendi causa si farà riferimento al “valore dell’obbligazione estinta”.

 

3) Contratto preliminare di compravendita con clausola di cedibilità

In questo caso la sostituzione del promittente acquirente con un terzo soggetto, designato dallo stesso promittente acquirente, avviene a titolo derivato e con effetto dal momento della cessione del contratto preliminare.

Esempio di clausola:

“Il Signor X si obbliga e promette di vendere al Signor Y che si obbliga e promette di acquistare, con espressa autorizzazione di sostituire a sé altra persona entro il termine fissato per la stipula del rogito notarile, il seguente immobile….”

 

Conclusioni

La cessione a terzi del preliminare di compravendita è riconducibile alla più generale fattispecie della cessione del contratto, cos’ come prevista dall’art. 1406 e seguenti cc. Questa fattispecie si differenzia dall’altra ipotesi (modificazione soggettiva inerente al preliminare, ovvero preliminare per persona da nominare), in quanto il subentro del terzo nella posizione del promittente acquirente originario avviene a titolo derivato e con efficacia ex nunc, mentre nel caso del preliminare per persona da nominare, il terzo nominato subentra nella posizione del cedente con effetto retroattivo, ossia dal momento della stipulazione del contratto preliminare.

Esaminiamo ora l’aspetto fiscale .

Tale cessione è espressamente disciplinata ai fini dell’imposizione indiretta. Ai fini IVA, la disciplina di riferimento è quella delle prestazioni di servizi, rientrando la fattispecie in esame nella previsione di cui all’art. 3, comma 2, n. 5) del D.P.R. n. 633/72, che qualifica, appunto, come prestazione di servizi ogni cessione di contratto. Pertanto, laddove il cedente rivesta la qualifica di soggetto passivo Iva e per la cessione sia previsto un corrispettivo, lo stesso andrà fatturato con applicazione dell’Iva con aliquota ordinaria.

In presenza di eventuali acconti già fatturati con IVA da parte dell’impresa cedente, nel caso di cessione di preliminare non pare si possa rientrare nella fattispecie atta a legittimare l’emissione di una nota di credito. Unica possibilità per poter rettificare l’Iva è rientrare invece nella fattispecie del contratto per persona da nominare, nel qual caso l’Amministrazione Finanziaria si è pronunciata per l’ammissibilità dell’emissione della nota di credito, ove sia determinato un termine preciso per la nomina del terzo. Attenzione però che la nomina necessariamente presuppone una cessione. Tutto starebbe quindi a come si identifica il negozio giuridico scelto per sciogliere la “riserva di nomina”.

Ai fini dell’imposta di registro, la cessione del contratto preliminare di compravendita dovrebbe, in generale, scontare l’imposta in misura fissa, atteso che l’art. 31 del D.P.R. n. 131/1986 prevede, per la cessione del contratto, una tassazione analoga a quella del contratto ceduto e che, in linea di massima, il contratto preliminare è soggetto all’imposta di registro fissa. Ma la questione non è affatto pacifica. Una parte della dottrina ha infatti affermato (ed è questo, fra l’altro, l’orientamento seguito da molti Uffici finanziari) che potrebbe trovare applicazione l’art. 9 della Tariffa, parte prima, allegata al D.P.R. n. 131/1986, secondo cui sono soggetti all’imposta proporzionale di registro, nella misura del 3%, gli atti aventi “per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale”. Tale tesi poggia sulla considerazione che il presupposto impositivo dell’imposta di registro sarebbe da individuarsi non tanto, o non solo, nella modificazione soggettiva inerente al preliminare, quanto piuttosto nella pattuizione del corrispettivo per il subentro del terzo.

Si è poi evidenziato che la regola della registrazione “in caso d’uso” per la formazione dell’atto mediante corrispondenza non dovrebbe potersi applicare in relazione alla cessione del preliminare immobiliare, trattandosi di un negozio che deve rivestire la forma scritta, per il principio secondo cui ogni contratto modificativo di altro contratto per il quale è imposto un onere di forma deve seguire la forma di questo.

Ai fini dell’imposizione diretta, dalla cessione di preliminare posta in essere da un soggetto al di fuori dell’esercizio d’impresa non sembra che tale fattispecie possa ricondursi letteralmente e sistematicamente ad alcuna norma impositrice vigente, il che dovrebbe essere sufficiente per poterne sostenere la irrilevanza ai fini Irpef, se si considera che nel nostro ordinamento tributario, come osservato da autorevole dottrina, trova applicazione il principio per cui, per escludere un certo fenomeno dell’imposizione, non occorre una norma che lo esenti, ma è sufficiente l’assenza di una norma che ne preveda la tassabilità.

Tuttavia, considerata l’ampiezza della previsione di cui all’art. 67, lett. l) del Tuir, non si può davvero escludere che, in caso di controllo, l’Ufficio finanziario possa inquadrare nell’ambito di applicazione di detta previsione normativa il corrispettivo percepito a seguito della cessione del contratto preliminare, quantificandolo come la remunerazione di un’obbligazione di permettere assunta dal cedente, ovvero quella di concedere ad un terzo la possibilità di sottoscrivere il contratto definitivo. Sembrerebbe un’interpretazione un po’ forzata, volta in qualche modo a sopperire ad un evidente vuoto normativo, ma il rischio che l’Ufficio possa percorrere questa strada è concreto, ragion per cui sarebbe quanto mai opportuno un intervento chiarificatore dell’Agenzia delle Entrate sul punto.[6]



[1] Cfr, in questo senso, A. Taglioni, La cessione di un contratto preliminare immobiliare ad un prezzo superiore a quello pattuito, in Boll. Trib. N. 14 del 2007, pagg. 1178-1181.

[2] Cfr, ad esempio, L’Esperto Risponde de Il Sole 24 Ore del 17 settembre 2007.

[3] Così il Consiglio Nazionale del Notariato nello Studio n. 597 bis – 1997.

[4] Cfr, sul tema, il già citato, R. Artina-V. Artina, Contratto preliminare – Riserva di nomina e note di variazione ai fini IVA, in “il fisco” n. 44/2009, fascicolo 1, pag. 7239.

[5] Michele Arcangelo Casino, Contratto per persona da nominare e in tassabilità dell’obbligo dell’elenco, Notariato, n. 4/2018 p. 468.

[6] Maurizio Zanni, Giuseppe Rebecca e Barbara Zancan (Studio Rebecca e Associati) “Trattamento fiscale della cessione del preliminare di compravendita ne Il Fisco n. …./…..”

Stampa