Sentenza del Tribunale di Vicenza su pegno e revocatoria
di Giovanni Borsetto e Giuseppe Rebecca
portale unijuris.it, 26 marzo 2018
Nota alla Sentenza del Tribunale di Vicenza n. 729/2018 del 14/03/2018, EST. PESENTI
La sentenza del Tribunale di Vicenza tratta più aspetti.
Circa il pegno, il giudice ha richiesto la data certa, mancante nella fattispecie, per renderlo opponibile al fallimento. La pronunzia è interessante sotto tale profilo per l'attento esame del documento pignoratizio, ch'essa ha ritenuto non cerziorato dal timbro postale in ragione della mera spillatura tra lo scritto negoziale e quello munito di timbratura, documenti peraltro fisicamente distinti. In tal modo il tribunale berico, nell'applicare a contrariis la nota giurisprudenza di legittimità in tema di timbratura postale sul corpo unico del documento, giunge alla condivisibile conclusione di ritenere privo di data certa il documento pignoratizio prodotto dall'istituto di credito. Quanto alla eccepita irrevocabilità del pegno, viene denegata, in linea con la giurisprudenza. "Nella revocatoria fallimentare di debiti liquidi ed esigibili, prevista dall'art. 67, secondo comma, R.D. 16 marzo 1942, n. 267, l'eventus damni è in re ipsa e consiste nel fatto stesso della lesione della par condicio creditorum, ricollegabile, per presunzione legale assoluta, all'atto di disposizione patrimoniale posto in essere dal fallito, con la conseguenza che sul curatore grava soltanto l'onere di provare la conoscenza dello stato di insolvenza da parte dell'accipiens, mentre la circostanza che il pagamento sia stato effettuato per soddisfare un credito assistito da privilegio non esclude la possibile lesione della par condicio, né fa venir meno l'interesse all'azione da parte del curatore, poiché è solo in seguito alla ripartizione dell'attivo che potrà verificarsi se quel pagamento non pregiudichi le ragioni di altri creditori privilegiati, che potrebbero insinuarsi anche successivamente all'esercizio dell'azione revocatoria" (Cass. sez. I, 10 novembre 2006; conf. N. 24046, 26.2.2010 n. 4785; 8.3.2010 n. 5505; 17.12.2010 n. 25571; cfr. anche 16618/16; 18597/2011).
Quanto alla conoscenza dello stato di insolvenza, la stessa è stata desunta dall'andamento stesso dei rapporti bancari, così come risultanti dalla Centrale Rischi, da un protesto e dal fatto che il c/c intrattenuto con quell'istituto di credito fosse di fatto "congelato", oltre che comunque per la semplice lettura dei bilanci da parte di un soggetto competente come la banca.
Quanto alle rimesse revocabili, innanzitutto non sono stati considerati a decurtazione gli insoluti, per mancanza di data certa. E questo è un aspetto molto importante. La sentenza nulla dice circa il modo in cui sono state determinate le rimesse revocabili, sicuramente invece analizzate dalla CTU, che il giudice ha condiviso. Escluso in ogni caso la rivalutazione monetaria.
Merita infine di essere segnalata la statuizione riguardante il tema della legittimazione passiva degli istituti convenuti (ovvero, più propriamente, della titolarità passiva del rapporto controverso). A fronte del coinvolgimento in giudizio del Monte dei Paschi di Siena - quale ente che nel maggio 2008 aveva incorporato l'originaria Banca Antonveneta - congiuntamente con la rediviva Banca Antonveneta medesima, cessionaria del ramo d'azienda bancaria e pertanto soggetto ipoteticamente titolare del rapporto controverso, il Tribunale ha ritenuto che "l'iniziativa del fallimento di convenire in giudizio entrambe è del tutto giustificata, non essendo possibile per un terzo comprendere ex ante se il rapporto per cui è causa fosse ricompreso o meno nella cessione di ramo d'azienda avvenuta tra le due banche". La precisazione del Tribunale assume particolare rilievo, seppure il tema poi abbia riverberato effetti solo ai fini della regolamentazione delle spese, essendo i due istituti alfine definitivamente confluiti in data 28 aprile 2013 - e cioè in corso di lite - in unico soggetto, per definitiva fusione per incorporazione nella capogruppo. È difatti nota la spinosa tematica del coinvolgimento giudiziario di più imprese bancarie laddove esse siano variamente coinvolte in operazioni societarie - fenomeno che da almeno due decenni ha interessato il mercato del credito italiano - la cui complessità rende spesso ardua per i terzi la corretta individuazione del soggetto titolare del rapporto giuridico contestato. Di tali problematiche il Tribunale ben si è reso conto, con statuizione da ritenersi del tutto ragionevole.