Più permute immobiliari per muovere il mercato
di Giuseppe Rebecca
Il Sole 24 ORE - 30 luglio 2018
Il patrimonio immobiliare italiano è costituito da oltre 64 milioni di
costruzioni. Un patrimonio immenso, anche se datato e non sempre di
qualità.
Il mercato immobiliare, dal canto suo, continua a mostrare segnali di
ripresa, ancorché limitati. Nel contempo, con più provvedimenti si cerca
di limitare l’utilizzo del suolo, anche tenuto conto della massa di
immobili vuoti, nelle aree industriali e nelle città.
Sarebbe, però, necessario uno strumento normativo che agevolasse la
circolazione degli immobili usati, a beneficio di tutte le parti
coinvolte: gli utilizzatori, i venditori, gli agenti immobiliari e, perché
no, anche il Fisco. Ma questo strumento agevolativo ancora non c’è,
nonostante sia stato sollecitato più volte.
Ci riferiamo essenzialmente alle agevolazioni: per gli immobili usati non
esistono agevolazioni per i trasferimenti. Per esempio, si è pensato di
agevolare il mercato delle autovetture, consentendo l’intestazione delle
auto usate ai concessionari senza particolari oneri di trasferimento, ma
nello stesso tempo non si è pensata la stessa cosa per gli immobili. Si
tratterebbe di un intervento semplice, di grande impatto ed essenzialmente
virtuoso.
Ma vediamo come si potrebbe intervenire. Si tratterebbe di consentire alle imprese immobiliari di intestarsi, senza alcun onere tributario, gli immobili usati ricevuti in permuta da parte di acquirenti del loro nuovo. Oggi molte trattative si arenano proprio per questo problema: chi desidera cambiare casa, chi desidera acquistare un ufficio o un negozio nuovo, molte volte deve vendere il precedente immobile con tempi che talvolta si dilatano. L’impresa che vende il nuovo potrebbe essere interessata a una permuta, magari anche solo parziale, ma l’onere tributario incide troppo, soprattutto in un momento in cui i prezzi sono molto tesi, come oggigiorno. Si dovrebbe, quindi, esentare questi passaggi; pare, invece, che si vada proprio in senso contrario.
Ricordiamo la timida apertura (anche poco costosa, per l’Erario) fatta nei confronti delle vendite fallimentari e delle procedure esecutive. Dal 15 aprile 2016 a tutto il 30 giugno 2017 era stata concessa un’agevolazione per gli immobili aggiudicati all’asta: era possibile poterli vendere senza imposte, se non il pagamento di 600 euro, nel caso di acquirente impresa, che doveva necessariamente rivendere il bene entro cinque anni (prima della proroga, solo due) o privati per la prima casa (da tenere almeno per cinque anni).
L’agevolazione ha avuto scarsissima applicazione pratica, se non altro a causa del troppo breve periodo di vigenza, e quando è scaduta non si è alzata alcuna voce in difesa di un provvedimento così utile. Costerebbe ben poco riproporla ora, anche a livello di sistema.
Sarebbe poi il caso di ripristinare le agevolazioni per gli immobili vincolati. Queste sono state sostanzialmente abolite, essendo ora limitate alla successione e donazione (importi esclusi totalmente oppure al 50%, qualora l’immobile non sia ancora sottoposto a vincolo), alla riduzione a metà della rendita e alla percentuale di deduzione spese di manutenzione al 35% in luogo del 5 per cento. Questo mentre sono state abolite le agevolazioni per i trasferimenti e le locazioni, una volta tassate in base alla sola rendita catastale. Il proprietario di un immobile vincolato si trova nella situazione per cui, a fronte di obblighi di legge per il mantenimento di questi beni, più che doveroso, non può praticamente godere più di alcuna agevolazione da parte dell’Erario. In buona sostanza, oneri non affiancati ad alcun beneficio, con evidenti disparità di trattamento. In conclusione, per agevolare il rilancio degli immobili usati, si dovrebbe consentirne l’intestazione alle imprese (valutando quali) senza pagamento di imposte, pur con qualche limitazione, oltre che ripristinare le agevolazioni per gli immobili vincolati.
Si tratterebbe di un’iniziativa indubbiamente virtuosa; si darebbe sviluppo al settore, che ne ha estremamente di bisogno, si venderebbe il nuovo e si venderebbe anche il vecchio. L’Erario incasserebbe così le imposte sulle due vendite (ancorché quelle sull’usato un po’ più avanti). Nella situazione attuale, invece, su queste operazioni l’Erario non incassa nulla perché queste permute nemmeno più si fanno.
Infine, sono state avanzate proposte molto semplici da parte del Notariato: trasformare il diritto di legittima in un diritto di credito, lasciando salvo l’atto di vendita. Oggi, infatti, se la provenienza è donativa, il bene trova difficilmente un mercato per via dei rischi dell’azione di riduzione. Non valgono, infatti, rinunce preventive.
In definitiva, poche semplici regole, per nulla costose, darebbero al mercato immobiliare un sicuro giovamento.