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La revocatoria delle rimesse bancarie nello schema di decreto legislativo di riforma. Si persiste.

di Giuseppe Rebecca 
portale IL CASO.it, 7 novembre 2018 

1. Introduzione

La bozza del testo di decreto delegato da emanare in attuazione della cd. riforma Rordorf delle procedure concorsuali, in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n.155, è stata attualmente presentata al Governo. Rispetto al testo uscito dalla Commissione ministeriale, numerose sono le modifiche. Tra le più rilevanti, quella sulla competenza dei Tribunali, che non viene più modificata, sull’imprenditore agricolo, che continua a non essere soggetto a liquidazione, e la liquidazione coatta amministrativa.

Per quanto concerne l’argomento revocatoria delle rimesse bancarie, non è stata apportata variazione alcuna, rispetto al testo originario della riforma.

Sono cambiati solo i numeri di riferimento degli articoli, ma i testi sono esattamente gli stessi.

I precedenti tre articoli che riguardavano la revocatoria (171, 175 e 176) sono ora divenuti i seguenti: 166, 170 e 171. Invariato, come detto, tutto il resto.

Ed allora spiace osservare come si sia persa una buona occasione per mettere finalmente mano a disposizioni confuse, contorte, talvolta superflue e comunque fonte di discussioni per lo più anche inutili. Ma c’è ancora qualche speranza.

Ci permettiamo suggerire un’ipotesi di intervento da attuare per rendere applicabile senza particolari dubbi la revocatoria delle rimesse bancarie. Questa la nostra semplice proposta, che trova adeguata motivazione successivamente.

- Art. 166 “atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie” c.3 lettera b): abolirlo del tutto. E’ questo l’articolo che crea inutile confusione;

- Art. 170 “limiti temporali delle azioni revocatorie e d’inefficacia esercitabili solo dal curatore” aggiungere il testo attuale dell’art. 69 bis L.F. che riguarda la consecuzione delle procedure;

- Art. 171 “effetti delle revocazione” c 3: da confermare. E da aggiungere: Il saldo finale del conto deve essere determinato escludendo l’eventuale addebito degli interessi e delle competenze trimestrali, se riferite a trimestre non ancora concluso.

Ma veniamo ora ad un commento, sulle nuove disposizioni.

 

2. La revocatoria delle rimesse bancarie

Della revocatoria delle rimesse bancarie ne trattano i nuovi articoli 166, 170 e 171.

Li esaminiamo singolarmente.

2.1 Art. 166 - “Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie”.

L’articolo essenzialmente ricalca, con limitate variazioni, l’art. 67 l.f.

L’incipit del comma 2 è lo stesso:

Sono altresì revocati, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato d’insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti dal debitore dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori ”.

Come di vede, qui è cambiata la decorrenza della revocatoria. Nell’art. 67 l.f. il riferimento temporale è “entro sei mesi anteriori alla data di fallimento”. Ora invece “dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori”.

Si ricorda che la liquidazione giudiziale sta ora per fallimento (l’art. 2, definizione). Si è quindi lasciato inalterato il periodo di 6 mesi, variando però il riferimento. Non più alla data di dichiarazione di fallimento o, ora, della liquidazione giudiziale, ma alla data di deposito della domanda cui ha fatto seguito l’apertura della procedura.

La variazione presenta però due criticità, che non risultano ancora evidenziate dalla dottrina.

La prima è che per gli atti compiuti successivamente al deposito della domanda si dovrebbe più correttamente parlare di inefficacia ex art. 44 l.f. (e ora art. 145), piuttosto che di revocatoria. E’ benvero che ora il riferimento è al deposito della domanda, e non più all’apertura della procedura, contrariamente a quanto accadeva precedentemente, ma gli effetti dovrebbero essere esattamente gli stessi.

La seconda osservazione è che manca un riferimento alla fattispecie della liquidazione giudiziale non richiesta direttamente dall’impresa, il che ci stupisce.

Altra questione

Il comma 3 parla della esclusione, e alla lettera b) prevede che:

Non sono soggetti all’azione revocatoria…..le rimesse effettuate su un conto corrente bancario che non hanno ridotto in maniera consistente e durevole l’esposizione del debitore nei confronti della banca ”.

Ci sono delle differenze lessicali rispetto all’art. 67 l.f. che però appaiono di nessun effetto pratico (“che non hanno” in luogo di “purchè non abbiano” ed “esposizione del debitore” in luogo di “esposizione debitoria del fallito”).

In definitiva, la previsione dell’art. 166 è sostanzialmente uguale a quella dell’articolo 67 l.f., con l’unica grande differenza della decorrenza, dalla presentazione della richiesta di ammissione alla liquidazione giudiziale, e non più dalla data di dichiarazione di fallimento, così anche recependo previsioni fatte in ordinamenti stranieri. Di fatto, si tratta di un allargamento del periodo di osservazione, il che appare corretto e logico. Manca invece, e non ne sappiamo la ragione, un sicuro riferimento nel caso in cui il fallimento, ora liquidazione giudiziale, non forse richiesto dall’impresa.

2.2. Art. 170 - “Limiti temporali delle azioni revocatorie e d’inefficacia esercitabili solo dal curatore”

Le azioni revocatorie e di inefficacia disciplinate nella presente sezione non possono essere promosse dal curatore decorsi tre anni dall’apertura della liquidazione giudiziale e comunque si prescrivono decorsi cinque anni dal compimento dell’atto ”.

I limiti temporali sono praticamente coincidenti con quelli precedenti, ma ora si è specificato che lo stesso termine vale anche per l’inefficacia.

Cambia pertanto la decorrenza, ora dall’apertura della liquidazione giudiziale, quando prima era dalla dichiarazione di fallimento.

Ma c’è una mancanza a nostro avviso importante.

Manca la previsione, fatta invece nell’art. 69 bis L.F., del caso di consecuzione della procedure. Ciò non dovrebbe poter comportare problematiche particolari, tenuto conto della sostanziale convergenza raggiunta sul punto dalla giurisprudenza ante integrazione dell’articolo 69 bis l.f., ma un esplicito richiamo non ci starebbe male.

Nel caso di consecuzione di procedure si debbono fare i riferimenti temporali alla prima.

2.3. Art. 171 - “Effetti della revocazione” - Comma 3

Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario o comunque rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d’insolvenza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Resta salvo il diritto del convenuto d’insinuare al passivo un credito d’importo corrispondente a quanto restituito ”.

Questo comma esattamente identico a quello di cui all’art. 70 l.f., sempre comma 3 tratta della quantificazione dell’importo oggetto di revocatoria. Nessuna differenza quindi per quanto riguarda il quantum, come raffronto tra la massima esposizione raggiunta nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato di insolvenza e debito residuo al momento dell’apertura della procedura.

 

3. Il saldo finale

La riforma, anche nel testo precedente, non tratta di una questione pratica importante anche se da nessuno trattata la determinazione del saldo del conto corrente al momento della dichiarazione di fallimento.

Si è visto che l’importo revocabile è dato dalla differenza tra la maggiore esposizione del periodo e l’ammontare residuo della posizione al momento del fallimento. Ma quale sarà il saldo al momento della dichiarazione di fallimento cui fare riferimento?

La risposta immediata pare semplice: si considera il saldo che risulta dall’Estratto Conto alla data del fallimento.

Più correttamente andrebbe invece considerato il saldo che sarà oggetto di ammissione allo stato passivo. Quello sarà, in prima approssimazione, il saldo da considerare, salvo peraltro, quanto si dirà appresso. Qualora degli importi dovessero essere esclusi dal saldo, ai fini dell’ammissione al passivo dell’istituto di credito, quello stesso saldo andrà considerato ai fini della revocatoria. Non è infatti razionalmente sostenibile l’ipotesi di poter considerare due saldi diversi, quello dell’estratto conto e quello dell’ammissione; unico dovrà essere tale importo, salvo però la verifica dell’addebito delle competenze. Ove poi l’azione revocatoria fosse iniziata prima della definitiva ammissione al passivo della banca, si potrà sempre variare il saldo finale oggetto di citazione.

Non risulta però che questo sia l’atteggiamento seguito, sembrando più semplicistico, per tutti, il riferimento all’estratto conto.

Ma c’è un ulteriore aspetto, da considerare, e ci riferiamo agli addebiti di interessi e di competenze; vanno semplicemente ad incrementare il saldo finale?

La norma parla di “ammontare residuo delle pretese alla data in cui si è aperto il concorso”, dato finora inteso come saldo al momento del fallimento, ed allora se la banca ha addebitato interessi e competenze, si considererà il saldo che ne risulta.

Non concordiamo; la banca, addebitando le competenze, è come se si fosse pagata, ai fini della revocatoria.

Se si addebitano le competenze, può essere logico che si riduca il rientro? Così facendo la banca sarebbe trattata come un qualsiasi fornitore, i cui pagamenti nei normali termini d’uso non sono revocabili. Ed allora, volendo equiparare le due situazioni, si potrebbe arrivare a queste considerazioni: se gli interessi sono stati addebitati normalmente, nei normali termini d’uso, alle consuete scadenze trimestrali, nulla quaestio. Qualora invece fossero stati oggetto di un addebito non consueto, ad esempio alla chiusura del conto o comunque in via anticipata, ecco allora che probabilmente l’addebito non dovrebbe essere considerato.

Letteralmente l’art. 70 l.f. (ora art. 171 comma 3) non pone particolari specificazioni, riferendosi semplicemente al saldo al momento del fallimento, ma a nostro avviso questo saldo dovrebbe essere ricalcolato, proprio per eliminare gli effetti di possibili addebiti effettuati dalla banca per varie competenze o interessi.

Non sarebbe infatti razionale far dipendere una riduzione degli importi revocabili da un addebito di interessi. E ciò creerebbe anche disparità di trattamento, tra banche che hanno addebitato gli interessi e altre che non lo hanno fatto.

Dovrebbe quindi essere considerato il saldo che è stato oggetto o sarà oggetto di ammissione allo stato passivo. Quello sarà il saldo, salvo la questione degli addebiti di interessi e competenze.

E qualora il conto fosse stato movimentato da addebiti di interessi e competenze, si potranno considerare solo se avvenuti nella scadenza consueta.

Ove si trattasse di addebiti anticipati, essendo nella fattispecie validamente applicabile a nostro avviso anche il requisito dei normali termini d’uso, il saldo da considerare sarà quello ante addebito. Il che equivale a considerare revocabile il pagamento, con la differenza però che sarebbe considerato in moneta piena, non concorsuale.

Si tratta di una problematica che non ci risulta ancora trattata, né dalla dottrina né dalla giurisprudenza.

 

4. Conclusione e suggerimenti

Relativamente alla questione della revocatoria delle rimesse bancarie, in effetti poco cambia, con la riforma.

I presupposti oggettivi e soggettivi sono gli stessi, e non poteva che essere così. Cambia invero la decorrenza del periodo, nel caso di procedura richiesta dall’impresa.

In definitiva, la struttura della revocatoria delle rimesse bancarie rimane del tutto inalterata, con le due previsioni oggi esistenti (articoli 67 l.f. e 70 l.f.). Si è persa, così, una occasione di semplificazione, eliminando il riferimento dell’art. 67 L.F., o meglio, la qualificazione delle rimesse di cui a quell’articolo (si revocano le rimesse consistenti e durevoli), a nostro personale avviso del tutto inutile e addirittura fuorviante.

Chiunque si sia occupato di queste problematiche si sarà sicuramente reso conto che praticamente non accade mai che quanto risulta dall’applicazione dell’art. 70 l.f. (il differenziale) sia superiore a quanto risulta applicando le indicazioni dell’art. 67 l.f..

Questo invero potrebbe accadere solo nel caso di un rientro programmato, effettuato con molte rimesse continue di limitato ammontare, caso molto raro, di scuola.

E così è allora sufficiente quanto previsto dall’articolo 171, evitando così inutili conteggi da parte di tutti; da parte del curatore, che nella citazione deve indicare le rimesse astrattamente revocabili (art. 67 l.f., ora art. 166), della controparte, che ovviamente eccepisce, del giudice, che deve formulare il quesito in base alla richiesta delle parti, del ctu, che deve fare dei conteggi precisi, anche magari basati su più opzioni, per poi nessuno guardarli più, essendoci la limitazione di cui all’art. 70 l.f., unico articolo di fatto applicabile.

Una norma chiara, e risolutiva, e a nostro personale avviso sicuramente sufficiente, sarebbe solo quella di cui all’art. 171 (ex 70 l.f.), magari con una specificazione circa il modo in cui calcolare il saldo finale. Si revoca il rientro, e basta, come qualche sentenza ante riforma aveva anche acclarato. Non serve fare conteggi per singole rimesse; lavoro del tutto inutile e inconferente. Ma evidentemente non si sono considerati questi aspetti pratici, aspetti che gli esperti del settore riscontrano.

Ed ecco che nella premessa di questo articolo abbiamo proposto la nostra soluzione, che qui riportiamo:

- Art. 166 “atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie” c.3 lettera b): abolirlo del tutto. E’ questo l’articolo che crea inutile confusione;

- Art. 170 “limiti temporali delle azioni revocatorie e d’inefficacia esercitabili solo dal curatore” aggiungere il testo attuale dell’art. 69 bis L.F. che riguarda la consecuzione delle procedure;

- Art. 171 “effetti delle revocazione” c 3: da confermare. E da aggiungere: Il saldo finale del conto deve essere determinato escludendo l’eventuale addebito degli interessi e delle competenze trimestrali, se riferite a trimestre non ancora concluso.

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