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La revocatoria delle rimesse bancarie nei decreti legislativi – Prime brevi note

di Giuseppe Rebecca
portale unijuris.it, gennaio 2018

 

Gli schemi di due decreti legislativi di attuazione della legge delega 19 ottobre 2017 n. 155, elaborati dalla Commissione istituita con decreto del 5 ottobre 2017, Commissione Presieduta da Roberto Rordorf, sono stati inviati al Ministro della Giustizia il 22 dicembre 2017.

Qui ci occuperemo di un aspetto un po' marginale e anche poco trattato; la revocatoria delle rimesse bancarie. I decreti legislativi toccano infatti anche questo tema.

Ricordiamo come la revocatoria delle rimesse bancarie sia oggi trattata da due articoli, l'art. 67 l.f. e l'art. 70 l.f.. Di fatto però si applica quasi sempre ed esclusivamente il risultato che deriva dall'applicazione dell'art. 70. Provata la conoscenza dello stato di insolvenza, l'art. 67 prevede la revocatoria delle rimesse che hanno ridotto l'esposizione bancaria in maniera consistente e durevole; il successivo art. 70, tra l'altro anche male rimaneggiato nel 2007, prevede che l'importo revocabile sia pari al differenziale tra il massimo scoperto del periodo e il saldo finale, al momento del fallimento. Questa in estrema sintesi è la situazione attuale, ante riforma, trascurando aspetti particolari di limitato impatto.

Già con la precedente riforma del 2005 l'argomento revocatoria era stato comunque da molti praticamente abbandonato, di fatto, anche se a nostro giudizio troppo frettolosamente. Soprattutto nel caso di consecuzione delle procedure, infatti, l'azione revocatoria, pur ridotta ad un periodo di sei mesi, e questo era il fattore più rilevante, poteva avere possibilità applicative interessanti. Ma tant'è, la dottrina e il mondo professionale in generale si erano gradatamente staccati di questa problematica.

Ma veniamo alla presente riforma. Ne trattano gli articoli 171, 175 e 176.

Art. 171 - “Atti a titolo oneroso, pagamenti, garanzie”.

L'articolo ricalca, con qualche limitata variazione, l'art. 67 l.f. L'incipit del comma 2 è lo stesso: “Sono altresì revocati, se il curatore prova che l'altra parte conosceva lo stato d'insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, gli atti a titolo oneroso e quelli costitutivi di un diritto di prelazione per debiti, anche di terzi, contestualmente creati, se compiuti dal debitore dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori”.

La variazione la troviamo nella decorrenza. Nell'art. 67 l.f. il riferimento è “entro sei mesi anteriori alla data di fallimento”. Ora invece si prevede “dopo il deposito della domanda cui è seguita l'apertura della liquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori”.

Si tenga presente che ora liquidazione giudiziale sta per fallimento (l'art. 2, definizione). Ora quindi, si è lasciato inalterato il periodo di 6 mesi; variando però il riferimento alla data di deposito della domanda cui ha fatto seguito l'apertura della procedura, non più quindi la data di dichiarazione di fallimento o, ora, della liquidazione giudiziale.

Sul punto, qualche osservazione. La prima è che per gli atti compiuti successivamente si dovrebbe forse parlare di inefficacia ex art. 44 l.f. (e ora art. 149), piuttosto che di revocatoria. D'accordo che qui il riferimento è al deposito della domanda, e non all'apertura della procedura, contrariamente questo accadeva precedentemente, ma gli effetti dovrebbero forse essere gli stessi.

La seconda osservazione è che manca un riferimento alla fattispecie della liquidazione giudiziale non richiesta direttamente dall'impresa, il che un po' ci sorprende. Il comma 3 parla della esclusione, e alla lettera b) prevede che: “Non sono soggetti all'azione revocatoria.......... le rimesse effettuate su un conto corrente bancario che non hanno ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione del debitore nei confronti della banca”.

Le differenze lessicali rispetto all'art. 67 l.f. appaiono comunque di nessun effetto pratico (“che non hanno” in luogo di “purchè non abbiano” ed “esposizione del debitore” in luogo di “esposizione debitoria del fallito”).

In definitiva, la previsione dell'art. 171 è sostanzialmente uguale a quella dell'articolo 67 l.f., con la gran differenza della decorrenza, dalla presentazione della richiesta di ammissione alla liquidazione giudiziale, e non più dalla data di dichiarazione di fallimento, così recependo previsioni fatte da ordinamenti stranieri. Di fatto, è un allargamento del periodo di osservazione, il che appare corretto e logico.

 

Art. 175 “limiti temporali delle azioni revocatorie e d'inefficacia esercitabili solo dal curatore”

“Le azioni revocatorie e di inefficacia disciplinate nella presente sezione non possono essere promosse dal curatore decorsi tre anni dall'apertura della liquidazione giudiziale e comunque si prescrivono decorsi cinque anni dal compimento dell'atto”. I limiti temporali sono praticamente coincidenti con quelli precedenti.

Ora si è specificato che lo stesso termine vale anche per l'inefficacia. La decorrenza ora è dall'apertura della liquidazione giudiziale, quanto prima era dalla dichiarazione di fallimento. Manca la previsione, fatta invece nell'art. 69 bis, del caso di consecuzione di procedure. Ma ciò non dovrebbe comportare problematiche particolari, anche tenuto conto della sostanziale convergenza, sul punto, raggiunta dalla giurisprudenza ante integrazione dell'articolo.

 

Art. 176 “Effetti della revocazione” - comma 3

“Qualora la revoca abbia ad oggetto atti estintivi di posizioni passive derivanti da rapporti di conto corrente bancario o comunque rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituire una somma pari alla differenza tra l'ammontare massimo raggiunto dalle sue pretese, nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato d'insolvenza, e l'ammontare residuo delle stesse, alla data in cui si è aperto il concorso. Resta salvo il diritto del convenuto d'insinuare al passivo un credito d'importo corrispondente a quanto restituito”.

Al comma 3 si prevede appunto la quantificazione dell'importo oggetto di revocatoria; il comma è esattamente identico a quello dell'art. 70 l.f., sempre comma 3. Quindi, nessuna differenza per quanto riguarda il quantum, con raffronto tra la massima esposizione raggiunta nel periodo per il quale è provata la conoscenza dello stato di insolvenza e debito residuo.

 

Conclusione

Per quanto concerne la revocatoria delle rimesse bancarie, poco cambia, con questi decreti.

I presupposti oggettivi e soggettivi sono gli stessi. Cambia invero la decorrenza del periodo, nel caso di procedura richiesta dall'impresa. In definitiva, la struttura della revocatoria delle rimesse bancarie rimane del tutto inalterata, con le due previsioni oggi esistenti (articoli 67 e 70). Si è persa, così, una occasione di semplificazione, eliminando il riferimento dell'art. 67, o meglio, la qualificazione delle rimesse di cui a quell'articolo, a nostro personale avviso del tutto inutile.

Chi ha avuto modo di approcciarsi a queste problematiche si sarà sicuramente reso conto che praticamente non accade mai che quanto risulta dall'applicazione dell'art. 70 (il differenziale) sia superiore a quanto risulta applicando le indicazioni dell'art. 67 l.f..

Questo potrebbe accadere solo nel caso di un rientro programmato, effettuato con molte rimesse continue di limitato ammontare, caso molto raro. Era ed è sufficiente quanto previsto dall'articolo 176, evitando così inutili conteggi da parte di tutti; da parte del curatore, che nella citazione deve indicare le rimesse astrattamente revocabili (art. 67 l.f.), della controparte, che ovviamente eccepisce, del giudice, che deve formulare il quesito in base alla richiesta delle parti, del ctu, che deve fare dei conteggi precisi, anche magari basati su più opzioni, per poi nessuno guardarli più, essendoci la limitazione di cui all'art. 70.

Una norma chiara, e risolutiva, e sicuramente sufficiente, sarebbe solo quella di cui all'art. 176 (ex 70 l.f.). Ma evidentemente non si sono considerati questi aspetti pratici, aspetti che gli esperti del settore riscontrano. A questo punto vedremo quando entreranno in vigore questi decreti legislativi che già a prima vista sono pieni di incongruenze. Meriterebbero di essere oggetto, come già suggerito, di un periodo di stand-by, nel quale gli operatori potrebbero avanzare le loro osservazioni. Farli entrare in vigore così come sono pare infatti un azzardo.

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