La plusvalenza-fantasma per i terreni venduti a prezzo inferiore alla rivalutazione
di Giuseppe Rebecca
Il quotidiano del fisco / Il Sole 24 ore - 17 novembre 2018
Premessa
La bozza di legge di bilancio 2019 riapre i termini per l'affrancamento del valore delle partecipazioni e dei terreni. L'aliquota è sempre all'8% e la scadenza per il pagamento è il 30 giugno 2019.
Si ripropongono così le solite questioni, tra cui anche il caso, molto frequente, di una precedente rivalutazione effettuata a valori superiori a quelli ora di vendita.
L'agenzia delle Entrate (circolare 1 del 15 febbraio 2013), ha fornito una soluzione assai discutibile, una specie di meccanismo di “prezzo-valore” per cui:
· nell'atto di vendita si devono indicare sia il corrispettivo sia il maggior valore di perizia;
· il venditore non perde i benefici della rivalutazione (benefici che, invece, vengono meno se la doppia indicazione non ha luogo) e non realizza alcuna plusvalenza, essendo il primo termine inferiore al secondo;
· le imposte di registro, ipotecaria e catastale, a carico dell'acquirente, sono però liquidate sul maggior valore di perizia.
L’alternativa proposta è quella di redigere una nuova perizia, al ribasso (circolari 20/2016 e 47/E/2011). Ad aliquote invariate (fino al 2014, 4% per i terreni), nel caso di riduzione era allora sufficiente solo una nuova perizia. Non si pagava nulla, ma nello stesso tempo non si aveva diritto ad alcun rimborso. Era stato anche ipotizzato un cambio di linea (si veda «Il Sole 24 Ore» del 9 Aprile 2015), che non ha avuto seguito. Anzi, l'amministrazione finanziaria ha confermato il suo orientamento con la risoluzione 53/2015
Molti contribuenti non si sono a ciò adeguati, e nel caso di vendita a prezzo inferiore a quello della stima non hanno seguito il suggerimento ministeriale, né tantomeno hanno dichiarato la plusvalenza.
Il contenzioso su questo aspetto è già molto diffuso; dal 2016 è intervenuta più volte anche la Cassazione, in modo però non univoco, e questo crea ulteriori disagi (ad oggi 4 ordinanze in un senso, 4 contrarie).
Per la tesi dell'impossibilità di accertamento, qualora il valore dichiarato fosse stato inferiore a quello periziato, abbiamo tre sentenze, tutte del 2016 (nn. 19242/2016, 24310/2016 e 24316/2016), accompagnate però da altre tre pronunce contrarie, sempre dello stesso anno (n. 14492/2016, 14693/2016 e 19465/2016; quest'ultima ordinanza ha anche una particolarità: richiama una ordinanza che pare non essere coerente, la n. 9155/2016).
Nel 2017 abbiamo invece una sola decisione, contraria alla tesi dei contribuenti, l'ordinanza della Cassazione n. 24136 del 13 ottobre 2017, con testo dell'ordinanza esattamente uguale alla n. 19465/2016, seguita però dall'ordinanza 19378 del 20 luglio 2018 che respinge invece la tesi delle Entrate. Ci sono poi molte sentenze di Commissioni tributarie per la gran parte favorevoli ai contribuenti.
Quindi 4 sentenze di Cassazione a favore, 4 contrarie.
Si auspica finalmente una sentenza a Sezioni unite, da parte della Cassazione. E che sia per l'unica soluzione possibile: in caso di vendita a prezzi inferiori a quanto oggetto di affrancamento, nulla è dovuto, ai fini delle imposte dirette, non esistendo alcun plusvalore reale ed avendo già pagato imposte per un importo superiore.