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Il debito pubblico italiano, grande macigno dimenticato

di Giuseppe Rebecca
portale Lettera43.it, 22 marzo 2018

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Gennaio 2018: nuovo aumento del debito pubblico italiano, salito a 2.280 miliardi di euro. Per la verità nel luglio del 2017 avevamo già raggiunto il picco assoluto di 2.301 miliardi. Si danno anche delle giustificazioni tecniche, che però lasciano il tempo che trovano. Bankitalia spiega che l’importo così elevato è dovuto all’aumento da 29,3 a 54,5 miliardi di euro dalle disponibilità liquide del Tesoro.

ENTRATE CALATE A DISTANZA DI UN ANNO. Sta di fatto che il debito aumenta, e questo è indubbio. Se poi si guardano i vari dati mensili, ognuno ha una sua possibile giustificazione. Ma il risultato resta. Tra l’altro in gennaio le entrate totali sono calate, rispetto allo stesso mese del 2017, di 1,6 miliardi (33,7 miliardi contro 35,3).

MINISTRO DEL TESORO SEMPRE FIDUCIOSO. In ogni caso Pier Carlo Padoan è sempre fiducioso; è una sua costante, ancor più evidente da quando è entrato in politica. Il ministro dell’Economia nel novembre 2017 parlando alla Cnbc prevedeva «un calo deciso del debito in un prossimo futuro» grazie alla più alta crescita del Pil nominale.

Al Festival “Economia come” di Roma il 18 novembre 2017 disse: «Nei prossimi due anni andremo sotto il 130% del Pil, poi da quel momento decelereremo rapidamente sotto il 120%. Penso che in questo periodo ci sarà una decisa discesa a condizione che l’inflazione non faccia brutti scherzi e se il Pil continuerà appunto a crescere intorno all’1,5%».

LETTERA DI RICHIAMO DELL'UNIONE EUROPEA. In definitiva, la confidata decrescita del debito pubblico è più che altro decremento del rapporto con il Pil; se questo cresce, il gioco è fatto. Il debito pubblico dell’Italia preoccupa tutta l’Eurozona. Così l’Unione europea mandava una lettera di richiamo il 23 novembre 2017 a Padoan. Il giudizio tuttavia è rinviato alla primavera 2018.

Il bilancio italiano potrebbe non rispettare il patto di stabilità. L’Unione ha tirato dunque le orecchie all’Italia, voleva essere rassicurata sulla prevista riduzione del deficit. I progressi sono stati quindi giudicati insufficienti.

RIFORME, BRUXELLES VUOLE RASSICURAZIONI. Il servizio del debito pubblico e le pensioni assorbono metà della spesa statale, e proprio per questo l’Ue ha chiesto che l’Italia non faccia passi indietro sulle riforme strutturali. Il Tesoro ha rassicurato in questo senso. Si tenga conto che nel 2017 la spesa si è assestata a 879 miliardi di euro che sono il 6% in più rispetto al 2016 e, raffrontando il dato al 2008, l’aumento è del 17,4%.

Ricordiamo vecchie affermazioni dello stesso ministro: «Abbassare il debito sovrano è una priorità del governo. Lo spread ci ricorda sgarbatamente che bisogna ridurre il debito pubblico». (Presentazione dei risultati dell’Agenzia del demanio, febbraio 2017).

PROMESSE SU STABILIZZAZIONE E CALO. Precedentemente: «Il debito pubblico italiano si è stabilizzato, ha smesso di crescere e non potrà stare fermo per molto tempo, scenderà rapidamente» (24 maggio 2016, all’Ecofin a Bruxelles). E ancora: «Il debito pubblico italiano scenderà nei prossimi anni anche nel caso in cui il Pil dovesse diminuire» (Question time alla Camera di fine gennaio 2016). «Il debito comincerà a scendere a partire dall’anno prossimo» (Intervista a Bloomberg del 6 settembre 2015).

IL DATO INVECE CONTINUA A SALIRE. Infine: «Stiamo procedendo sulla strada giusta, forse staccheremo gli altri e questo sarebbe un vantaggio per Europa nel suo complesso» (intervista alla tivù Class Cnbc). Peccato che la riduzione sia sempre futura e il debito pubblico continui invece ad aumentare. Alleghiamo una interessante tabella riepilogativa, integrata con vari dati.

Il debito pubblico e il PIL in Italia

Dati in miliardi di Euro

Anno

PIL

Debito Pubblico

Saldo interessi

Rapporto debito pubblico/PIL % *

Delta debito pubblico

Governi

1975

42

56,64

Moro

1976

52

56,21

10

Moro/Andreotti

1977

62

55,22

10

Andreotti

1978

79

59,45

17

Andreotti

1979

95

58,25

16

Andreotti/Cossiga

1980

203

114

8

56,08

19

Cossiga I – II - Forlani

1981

244

141

10

58,46

27

Forlani – Spadolini I

1982

288

169

17

63,14

28

Spadolini II – Fanfani VI

1983

335

203

24

69,40

34

Fanfani VI – Craxi I

1984

383

247

30

74,90

44

Craxi I

1985

430

300

34

80,90

53

Craxi I

1986

475

357

38

85,12

57

Craxi I – Craxi II

1987

520

417

38

89,11

60

Craxi II – Fanfani VI – Goria

1988

577

481

45

90,83

64

Goria – De Mita

1989

634

553

55

93,31

72

De Mita – Andreotti VI

1990

701

668

67

95,22

115

Andreotti VI

1991

766

755

83

98,59

87

Andreotti VI –VII

1992

806

850

94

105,49

95

Andreotti VII – Amato I

1993

830

960

101

115,66

110

Amato I – Ciampi

1994

878

1.069

93

121,84

109

Ciampi – Berlusconi I

1995

947

1.151

102

121,56

116,91

82

Dini

1996

1.004

1.214

108

116,34

63

Dini – Prodi I

1997

1.049

1.238

92

113,76

24

Prodi I

1998

1.091

1.254

82

110,81

16

Prodi I – D’alema

1999

1.127

1.282

71

109,66

28

D’alema

2000

1.191

1.300

72

105,11

18

D’alema – Amato II

2001

1.249

1.358

75

104,73

58

Amato II – Berlusconi II

2002

1.295

1.369

68

101,92

11

Berlusconi II

2003

1.335

1.393

65

100,49

24

Berlusconi II

2004

1.400

1.445

63

100,09

52

Berlusconi II – Berlusconi III

2005

1.423

1.513

67

101,94

68

Berlusconi III

2006

1.475

1.582

68

102,56

69

Berlusconi III – Prodi II

2007

1.554

1.599

78

99,79

17

Prodi II

2008

1.575

1.663

80

102,40

64

Prodi II – Berlusconi VI

2009

1.520

1.769

112,54

106

Berlusconi VI

2010

1.552

1.851

115,41

82

Berlusconi VI

2011

1.578

1.907

116,52

56

Berlusconi VI – Monti

2012

1.566

1.989

123,36

82

Monti

2013

1.605

2.070

129,03

81

Monti - Letta

2014

1.622

2.137

131,78

67

Letta – Renzi

2015

1.645

2.173

132,05

36

Renzi

2016

1.672

2.218

132,62

45

Renzi - Gentiloni

2017

2.256

131,5

38

Gentiloni

(a luglio il picco, 2.301)

2018

GEN

2.280

24

Gentiloni



* I dati del rapporto Debito pubblico/PIL non corrispondo esattamente ai dati riportati nella tabella. Probabilmente sono tratti da altre fonti (Il Corriere della Sera, 10/7/2017).

Ci si chiede se il Quantitative easing (Qe) attuato dalla Banca centrale europa (l’acquisto dei titoli pubblici e delle obbligazioni) sia stato o meno uno “scudo protettivo” per l’Italia. L’8 marzo 2018 il presidente Bce Mario Draghi ha annunciato che il programma di acquisto di titoli di Stato - avviato tre anni prima dalla Bce - dovrebbe terminare con ogni probabilità verso la fine del 2018.

NIENTE SCUDO PROTETTIVO ALL'ITALIA. Questo annuncio non ha però indotto una reazione significativa nei mercati. Si tenga conto che spesso è stato sostenuto che l’acquisto di titoli di Stato e obbligazioni da parte della Bce ha costituito una forte protezione per il mercato dei titoli del debito italiano. Ma, come è stato evidenziato, Francoforte non ha mai garantito “uno scudo protettivo” all’Italia.

Ma, come è stato evidenziato (Visto da Bruxelles, David, 12 marzo 2018) «Francoforte non ha mai garantito “uno scudo protettivo” all’Italia. In base al Pspp, Infatti non è la Bce ad acquistare il debito degli Stati; a farlo sono le rispettive banche centrali nazionali dei Paesi dell’Eurozona. È solo la Bundesbank, per intenderci, a comprare i Bund tedeschi, e solo la Banca d’Italia a fare incetta di Btp. Ciò implica che tutti i profitti sui Btp, così come tutte le potenziali perdite, saranno da imputare soltanto alla Banca d’Italia. La Banca d’Italia però fa parte del settore pubblico italiano. Quando Palazzo Koch acquista Btp, dunque, è come se una controllata di una grossa società comprasse il debito della società madre. Il debito complessivo di tutta l’entità non cambia».

MUTA LA COMPOSIZIONE DEL DEBITO. E ancora: «A mutare è soltanto la composizione del debito: ci saranno meno Btp disponibili per il pubblico dei risparmiatori e più depositi presso Palazzo Koch (o squilibri nel sistema Target 2), il che costituisce in effetti una forma di debito pubblico a breve. Di conseguenza l’effetto principale del programma Pspp della Bce è stato quello di ridurre la maturità del debito pubblico nazionale dei Paesi dell’Eurozona».

RISCHI SPECULATIVI DA SVENTARE. In sintesi: «Il programma di acquisti da parte della Bce avrebbe dovuto rendere il debito pubblico meno soggetto al rischio di attacchi speculativi, ma se un tale attacco dovesse comunque realizzarsi, allora ecco che le perdite inflitte ai detentori di bond sarebbero peggiori. Ciò implica che l’acquisto di titoli da parte della Banca d’Italia non ha necessariamente causato una riduzione del premio per il rischio del debito. Questo ragionamento può spiegare perché l’annuncio della fine del Quantitative easing non abbia comportato un innalzamento di tale premio».

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