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Donazione fatta all'estero. Regime fiscale.

di Giuseppe Rebecca
La Settimana Fiscale / Il Sole 24 ore, numero 36 - 28 settembre 2018

1) Introduzione

Si analizza la questione dell’applicazione dell’imposta per donazioni fatte all’estero, da soggetto non residente, a favore di un residente. Si dovrà registrare l’atto? Si dovrà assoggettare l’atto ad imposte sulle donazioni, ricorrendone i presupposti?

Il regime fiscale di una donazione effettuata all’estero non è comunque di facile ed immediata applicazione e le soluzioni indicate non sempre paiono unicoche.

Ricordiamo le norme di riferimento:

- Art. 2, co. 1 e 2, D.lgs 346/90:

“1. L’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorchè esistenti all’estero.

2. Se alla data dell’apertura della successione o a quella della donazione il defunto o il donante non era residene nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti”.

(il grassetto è nostro)

- Art. 55, co. 1-bis, D.lgs. 346/90:

“1-bis: Sono soggetti a registrazione in termine fisso anche gli atti aventi ad oggetto donazioni, dirette o indirette, formati all’estero nei confronto di beneficiari residenti nello Stato […..]”.

Primariamente si deve inquadrare il tutto alla luce del criterio della territorialità.

L’art. 2 del D.Lgs. 346/1990 delimita territorialmente l’applicazione dell’imposta sulla base alla residenza del donante alla data dell’atto di donazione. Qualora il donante sia residente in Italia, l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e i diritti trasferiti ovunque situati, sia che si trovino in Italia sia che si trovano all’estero.

Qualora invece il donante non sia residente, l’imposta sarebbe dovuta solo relativamente ai beni e ai diritti oggetto della donazione esistenti in Italia.

In estrema sintesi, se il donante è non residente e i beni si trovano all’estero, non sussistono profili impositivi in capo al donatario italiano. Questo almeno in prima approssimazione. Occorre però tener presente che l’art. 55 co. 1 del D.lgs 346/1990 stabilisce che gli atti di donazione sono soggetti a registrazione secondo le disposizioni del Testo Unico dell’imposta di registro, concernenti gli atti da registrare in termine fisso.

Tale norma è stata oggetto di una analisi da parte del Notariato, con lo studio n. 194/2009 secondo il quale si possono riscontrare ben quattro profili interpretativi, senza però poi pronunciarsi, almeno così ci sembra, a favore di uno di questi.

Secondo la prima tesi [1]il comma 1 bis amplierebbe il presupposto impositivo: qualora il beneficiario fosse italiano, allora l’imposta sarebbe sempre dovuta.

L’imposta si applicherebbe pertanto a tutte le donazioni, se almeno una persona fosse residente in Italia oppure che i beni fossero in Italia.

Lo studio del Notariato prende le distanze da tale interpretazione in quanto, ove così fosse, l’ambito di applicazione della norma risulterebbe di fatto esteso in modo abnorme.

Secondo altra tesi, il comma 1-bis “sostituisce il criterio della residenza del donante con quella del beneficiario ed abroga implicitamente le parti dell’art. 2 incompatibili. Il criterio oggettivo dell’esistenza dei beni o diritti del territorio dello Stato fissato dall’art. 2 si rivelerebbe quale criterio sussidiario e “potrebbe continuare ad operare, ove manchi la residenza in Italia del beneficiario”.

In sostanza, mentre secondo il primo approccio il criterio del beneficiario si somma agli altri, secondo questo diverso orientamento il criterio del beneficiario si sostituisce a quello della residenza del donante.

Anche questa tesi viene però criticata in quanto la territorialità legata alla residenza del beneficiario non è puntualmente definita dalla norma e contrasta col criterio diffuso in molti Stati che si orientano verso la residenza del donante.

Secondo una terza tesi il comma 1-bis integra la previsione normativa dell’art. 2. Per le donazioni stipulate all’estero è richiesta l’ulteriore condizione, per la tassazione, della residenza del beneficiario in Italia.

Infine, secondo una quarta tesi, il comma 1-bis non amplia l’ambito territoriale di applicazione dell’imposta, limitandosi ad estendere l’obbligo di registrazione degli atti di donazione formati all’estero.

La funzione della norma sarebbe quindi solo antielusiva, impedendo che possano sfuggire all’imposta le donazioni compiute volontariamente all’estero – qualora già non siano soggette a registrazione secondo le norme proprie di questa – qualora il beneficiario sia residente in Italia.

La tassazione opera così solo se il donante risiede in Italia, oppure se i beni siano in Italia.

Come detto, non ci pare che il Notariato si sia pronunciato per una testi piuttosto che per un’altra.

 

2) La Direzione Regionale della Lombardia e le Commissioni Tributarie

La Direzione Regionale della Lombardia, nell’ambito di una consulenza giuridica su un quesito posto dall’Ordine dei Dottori Commercialisti di Milano, in novembre 2015 (n. 904-3/2015), ha dichiarato che non deve essere registrata in Italia la donazione effettuata all’estero di beni esteri se il donante non è residente in Italia, ancorchè il beneficiario sia un residente.

Così ha affermato la Direzione Regionale della Lombardia: “I criteri di territorialità dell’imposta sulle successioni e donazioni sono dettate dall’articolo 2 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (TUS), il quale:

- al comma 1 stabilisce che “L’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorchè esistenti all’estero”;

- al comma 2 prevede che “Se alla data dell’apertura della successione o della donazione il defunto o il donante non era residente nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti”.

“Rilevano, dunque, ai fini dell’imposta di registro e, conseguentemente, ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle donazioni, solo gli atti formati all’estero che hanno ad oggetto beni immobili o aziende esistenti sul territorio dello Stato”.

“Conseguentemente, ai fini dell’imposta sulle donazioni rilevano e devono essere assoggettati a registrazione in termine fisso anche gli atti formati all’estero aventi ad oggetto beni diversi da immobili e aziende esistenti nel territorio dello Stato, sempreché il donante sia residente nello Stato (articolo 2, comma 1, del TUS) ovvero, nel caso in cui il donante sia non residente, quando i beni siano “esistenti” nel territorio dello Stato (articolo 2, commi 2 e 3, del TUS). In tali ipotesi, come precisato dalla circolare n. 207 del 16 novembre 2000, dall’obbligo di registrazione dei suddetti atti discende l’assoggettamento del valore dei beni donati all’imposta sulle donazioni”.

Alla luce di quanto sopra, “l’atto di donazione formato all’estero, con il quale un soggetto residente all’estero disponga una donazione di beni e diritti anch’essi situati all’estero, non rileva ai fini dell’applicazione dell’imposta sulle donazioni e non è soggetto a registrazione in termine fisso in Italia”.

In senso contrario si è pronunciata l’Agenzia delle Entrate in una risposta ad interpello del 26 agosto 2014.

Una conferma della interpretazione della Direzione Regionale della Lombardia l’ha data la Commissione Tributaria Regionale delle Marche del 20 settembre 2016 (sentenza 594/3/2016). Nel caso specifico, un soggetto estero, residente a San Marino, aveva stipulato un atto di donazione a San Marino, in favore di un familiare in Italia, trasferendogli beni in parte situati fuori dal territorio italiano. Questi beni non sono stati soggetti all’imposta di donazione, anche se trasferiti ad un soggetto residente in Italia.

In senso sostenzialmente conforme, ancorchè si trattasse di una donazione indiretta, abbiamo anche la Commissione Tributaria Regionale della Liguria, n. 575 del 21 marzo 2016.

 

Tabella riassuntiva. Atti di donazione – aspetti vari:

Soggetto donante

Soggetto donatario

Beni

Atto *

Imposte sulle donazioni

Residente

Residente

Italia o estero

Necessario

Dovute

Residente

Non residente

Italia

Necessario

Dovute

Residente

Non residente

Estero

Necessario**

Dovute**

Non residente

Residente

Italia

Necessario

Dovute

Non residente

Residente

Estero

Non richiesto

Non dovute

Non residente

Non residente

Estero 

Italia 

Non richiesto

Necessario**

Non dovute

Dovute**

 * anche se fatto all'estero

** ERRATA CORRIGE: modifiche apportate a settembre 2020 e maggio 2021

 

3) Donazione/successione e procedura di voluntary disclosure

Il Notariato ha anche approfondito la tematica dell’emersione di attività estera pervenuta per effetto di successione e o donazione (Studio 250/215/T approvato dal CNN il 18/19 novembre 2015).

In effetti quello delle attività estere pervenute per atto gratuito era un aspetto non trattato dalle norme sulla voluntary disclosure. Le soluzioni prospettate in questo studio, differenti in base ai diversi riferimenti temporali, soluzioni che condividiamo, sono state le seguenti:

1) Ante il decorso di 2 anni del pagamento dell’imposta principale di successione

In questo caso si tratta di infedele dichiarazione e c’è la possibilità di presentare istanza di regolarizzazione e una dichiarazione integrativa.

In caso di omissione, l’Amministrazione “sarà legittimata a notificare un avviso di rettifica liquidando il tributo successorio ai sensi dell’art. 27, comma 2 D.lgs. 346/1990 con applicazione di una sanzione in misura compresa fra il 100% e il 200% dell’imposta non pagata (art. 51, comma 1, D.lgs. 346/1990). Sanzione che verrebbe ridotta della metà del minimo ai sensi dell’art. 7, comma 4 del D.lgs. 472/1997”.

2) Ante i 5 anni da termine per la dichiarazione

In caso di omessa dichiarazione di successione, ben può essere presentata istanza di regolarizzazione. L’Amministrazione potrà procedere all’accertamento di ufficio ai sensi dell’art. 27, comma 4 citato, ma la sanzione per l’omessa dichiarazione è stabilita in misura compresa fra il 120% e il 240% dell’imposta non versata (art. 50, D.lgs. n. 346/1990), saldo riduzione alla metà del minimo.

3) Decorsi i 5 anni

In questo caso si rendono dovute le imposte, ma senza alcuna sanzione. “In tal senso l’art. 27, comma 6, del D.lgs 346/1990, per il quale l’imposta è dovuta “anche se la dichiarazione è presentata oltre il termine di decadenza”.

E’ poi previsto, dal successivo art. 48, comma 2, che gli impiegati dello Stato “non possono compiere atti relativi a trasferimenti per causa di morte, se non è stata fornita la prova della presentazione, anche dopo il termine di cinque anni di cui all’art. 27, comma 4, della dichiarazione di successione o dell’intervenuto accertamento d’ufficio”.

Precedentemente se ne era occupata anche l’Agenzia delle Entrate con circolare n. 30/E dell’11 agosto 2015, ancorchè limitatamente alle donazioni indirette.

 

4) E’ necessario fare riferimento ad eventuali convenzioni contro la doppia imposizione?

Le imposte sulle donazioni pagate all’estero si possono detrarre, in certi casi, in Italia. Questa la norma di riferimento:

- Art. 55, co. 1-bis, D.lgs 346/90: “[….] Dall’imposta sulle donazioni determinate a norma del presente titolo si detraggono le imposte pagate all’estero in dipendenza della stessa donazione ed in relazione ai beni ivi esistenti, salva l’applicazione delle convenzioni contro le doppie imposizioni”.

Il meccanismo della detrazione è previsto in Italia a livello di legislazione interna ed è applicato, in mancanza di apposita convenzione internazionale contro le doppie imposizioni in materia di imposte sulle successioni, esclusivamente nel caso in cui il beneficiario venga tassato in Italia sulla base del principio dell’imposizione globale (ovvero, quando il donante è residente in Italia si applica l’imposta su tutti i beni oggetto di donazione, a prescindere da dove essi siano situati).

In altri termini, laddove manchi un’apposita convenzione internazionale, il legislatore italiano ha istituito uno specifico meccanismo di credito d’imposta per evitare che i beni situati all’estero, di proprietà del donante residente in Italia, siano assoggettati ad una doppia imposizione, ovvero:

- in Italia, in base al principio dell’imposizione globale;

- all’estero, in base al principio della lex rei sita (l’imposta è applicata anche dallo Stato estero sui beni donati esistenti nello stesso Stato estero).

Le convenzioni contro le doppie imposizioni in materia di imposte sulle successioni, attualmente in vigore, sono state concluse con i seguenti Stati: Danimarca, Regno Unito, Grecia, Israele, Stati Uniti d’America, Svezia, Francia.

Però solo la Convenzione firmata con la Francia si estende anche all’imposta di donazione.

 

Tabella riassuntiva. Imposta sulle donazioni (in generale) (luglio 2018)

Grado di parentela

Franchigia

Aliquota imposta sulle donazioni (oltre franchigia)

Imposte ipotecarie e catastali singoli immobili

Coniuge e parenti in linea retta (genitore/figlio; nonno/nipote)

€ 1.000.000

4%

2% + 1%

Fratelli e sorelle

€ 100.000

6%

2% + 1%

Altri parenti fino al IV° grado (zio/nipote; cugini) e affini in linea retta e collaterale fino al III° grado

-------

6%

2% + 1%

Altri soggetti

--------

8%

2% + 1%

Soggetto portatore di handicap

€ 1.500.000

Aliquote di cui sopra

2% + 1%

 

5) Conclusione

In definitiva, il regime fiscale delle donazioni qualora ci siano soggetti o beni all’estero non è ben definito.

Si può affermare che, nel caso di non residente che dona a un residente, le imposte colpiscono l’atto solo in presenza di beni in Italia. In tutti gli altri casi non ci sarà tassazione.

In ogni caso dottrina e giurisprudenza si sono occupate solo marginalmente di queste problematiche e le soluzioni che anche qui abbiamo avanzato non paiono sempre così sicure.



[1] “V. Fridman-S.Ghinassi-V. Mastrogiacomo-A. Pischetal Prime note a commento della nuova imposta sulle successioni e donazioni, Studio 168-2006/T del CNN”.

 

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