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Terreno: vendita a prezzo ribassato - Effetti fiscali

di Giuseppe Rebecca
Portale Ateneoweb.com - 4 ottobre 2017

Ci occupiamo di uno specifico caso, sempre più frequente, nella realtà odierna, anche per effetto del negativo dell'andamento del mercato immobiliare: il trattamento fiscale di una vendita di un terreno o di un fabbricato plusvalente ad un prezzo inferiore a quello rivalutato in occasione di un precedente affrancamento.

L'Agenzia delle Entrate (circolare n. 1 del 15 febbraio 2013, 4.1) aveva ammesso una sorta di meccanismo di "prezzo valore" molto particolare, per cui:

  • nell'atto di vendita si indicano sia il corrispettivo, sia il maggior valore di perizia;
  • il contribuente non realizza alcuna plusvalenza, essendo il primo termine inferiore al secondo, ma non perde i benefici della rivalutazione (benefici che, invece, vengono meno se la doppia indicazione non ha luogo);
  • le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono invece liquidate sul maggior valore di perizia.

La tesi dell'Agenzia delle Entrate è chiaramente insostenibile, sotto l'aspetto razionale e sostanziale. In merito era stata ventilata anche l'ipotesi di un cambio di linea interpretativa (vedasi Il Sole 24 Ore del 9 Aprile 2015), ma ciò non ha ancora avuto seguito alcuno. Anzi, l'Amministrazione Finanziaria ha ritenuto di confermare il suo orientamento con la Risoluzione 53 del 27/05/2015.

Sul punto è già intervenuta la Cassazione, ma non in modo univoco.
Per la tesi dell'impossibilità di accertamento, qualora il valore dichiarato fosse stato inferiore a quello periziato, abbiamo tre sentenze del 2016 (n. 19242 del 28 settembre, 24310 e 24316 del 29 novembre), accompagnate però da altre tre sentenze contrarie, sempre del 2016 (n. 14492 e 14693 del 15 luglio, 19465 del 30 settembre).

Riportiamo, dalla sentenza 24310 del 29 novembre 2016, una parte del provvedimento: "non appare dunque sussistente alcun vincolo ai fini della determinazione del corrispettivo nella successiva vendita dell'immobile, non potendo in particolare ritenersi che il valore del cespite come rideterminato L. n. 448 del 2001, ex art. 7, costituisca valore legale inderogabile e condizione ostativa alla facoltà per il contribuente di alienare il bene ad un prezzo inferiore, dovendo pertanto escludersi la decadenza dal beneficio e la facoltà per l'Agenzia di accertare la plusvalenza secondo gli ordinari criteri ex artt. 67 e 68 T.U.I.R., con riferimento cioè al costo di acquisto del terreno. Il ricorso va dunque respinto e l'Agenzia delle Entrate va condannata alla refusione delle spese del presente giudizio".

Allo stato attuale, tenuto conto del rilevante contenzioso in essere, con numerose sentenze di Commissioni Tributarie, anche Regionali (la più recente CT Regionale del Lazio sez. 5 n. 3119/2017) ci attendiamo ulteriori sentenze della Cassazione, che auspichiamo che siano risolutive.

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