Vendite giudiziare poco «agevolate»
di Giuseppe Rebecca
Il Sole 24 ORE - Norme & Tributi- 21 agosto 2016
Il Governo lancia timidi e sporadici segnali per lo sviluppo del depresso mercato immobiliare e così ha messo in campo alcune agevolazioni. Ma, come vedremo, si tratta di poche cose, tra l’altro temporanee, del tutto insufficienti allo scopo e quindi di modesto se non addirittura nullo impatto sul mercato.
Il provvedimento che ha introdotto le agevolazioni è il decreto legge n. 18 del 14 febbraio 2016, convertito con modificazioni nella legge n. 49 dell’8 aprile. Sono state previste agevolazioni, a determinate condizioni, ai fini delle imposte indirette, nei trasferimenti di immobili nelle procedure esecutive e nelle vendite fallimentari. E questo per meno di un anno, scadendo al momento con il 31 dicembre 2016.
La norma consente, dal 15 aprile 2016, di assoggettare ad imposta di registro, ipotecarie e catastali nella complessiva misura di 600 euro i trasferimenti di immobili o diritti reali tramite procedure esecutive, fallimenti compresi, a due tipi di soggetti:
- le imprese, con l’impegno dichiarato di rivendere tali beni entro due anni dall’acquisto ;
- a privati, in caso di acquisto di prima casa non di lusso, da non rivendere entro cinque anni.
L’agevolazione va in ogni caso esplicitamente richiesta.
La sanzione per le imprese, nel caso di mancata rivendita entro il termine dei due anni, è del 30%. Lo stesso per il privato, nel caso di dichiarazione mendace o rivendita del bene entro i cinque anni.
Il decreto legge inizialmente non aveva fatto alcuna distinzione tra soggetti acquirenti, prevedendo unicamente la decadenza in caso di mancata rivendita entro due anni. Dal 16 febbraio anche i privati potevano quindi acquistare beni con le agevolazioni, acquisto ora non più possibile.
L’agevolazione per la prima casa è stata inserita nella legge di conversione.
L’onere quantificato dal decreto legge per quest’agevolazione è stato quantificato in 220 milioni di euro (cifra che potrebbe apparire sovrastimata); la legge di conversione, pur avendo variato in modo significativo la norma, non ha variato la previsione dell’onere.
Tornando alla norma, ritenendo poco frequente l’acquisto da parte di imprese che riescano a rivendere entro i due anni il bene, l’unico stimolo al mercato immobiliare potrebbe venire dall’acquisto di prime case dalle procedure concorsuali. Ma, tenendo conto che il riferimento temporale per ottenere l’agevolazione è la data del trasferimento formale della proprietà (che di norma in questi casi avviene dopo mesi dall’aggiudicazione) e che la scadenza della misura incentivante è attualmente fissata per la fine dell’anno, se ne ricava che non potranno fruirne in molti.
Quanto all’applicazione della norma, l’agenzia delle Entrate ha emanato una circolare, la n. 27/E del 13 giugno, che al punto 3.2 ha confermato quanto già indicato dalle risoluzioni 105/E/2011 e 112/E/2012. Così, il contribuente (impresa o privato) che abbia chiesto di usufruire delle agevolazioni e che non intenda o non possa rispettare le condizioni poste può presentare agli uffici, prima della scadenza del termine, un’istanza di rinuncia. L’unica penalizzazione sarà l’applicazione degli interessi, dal giorno dell’atto, al pagamento delle differenza di imposta. Scaduto invece il termine, ci sarà pur sempre la possibilità di ricorrere al ravvedimento operoso, con sanzioni ridotte.
C’è stata anche un’interrogazione parlamentare, la n 5-8888 del 14 giugno, presentata dalla deputata Renate Gebhard. Era stato chiesto se l’impresa avrebbe potuto demolire, trasformare o dividere, in tutto o in parte, l’immobile prima della rivendita entro i due anni; la risposta del sottosegretario all’Economia, Pier Paolo Baretta, è stata positiva.
Altrettanto positiva è stata la risposta nel caso di agevolazione spettante anche a imprenditori agricoli.
In conclusione, anche questa norma, aldilà della temporaneità, non potrà dare importanti sviluppi al mercato immobiliare. E l’unica strada per vivacizzarlo potrebbe essere quella di consentire l’intestazione alle imprese, nel caso di permuta di un immobile, a tassa fissa, un po’ come avviene da tempo con le auto. Ci guadagnerebbero le imprese, i privati e, alla fine, anche il fisco.