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Vendita di terreno a prezzo ribassato. Effetti fiscali

di Giuseppe Rebecca
Immobili e proprietà, aprile 2016

Ci occupiamo di uno specifico caso, sempre più frequente, nella realtà odierna, anche per effetto del negativo dell’andamento del mercato immobiliare, decisamente depresso: il trattamento fiscale di una vendita di un terreno ad un prezzo inferiore a quello rivalutato in occasione di una precedente affrancamento. In particolar modo analizzeremo criticamente le indicazioni dell’Agenzia delle Entrate.

In casi di questo tipo, la prassi dell’Agenzia delle Entrate (circolare n. 1 del 15 febbraio 2013, 4.1) aveva ammesso una sorta di meccanismo di “prezzo valore”, per cui:

- nell’atto di vendita si indicano sia il corrispettivo, sia il maggior valore di perizia;

- il contribuente non realizza alcuna plusvalenza, essendo il primo termine inferiore al secondo, ma non perde i benefici della rivalutazione (benefici che, invece, vengono meno se la doppia indicazione non ha luogo);

- le imposte di registro, ipotecaria e catastale sono invece liquidate sul maggior valore di perizia.

In alternativa, questo era superabile redigendo una nuova perizia, al ribasso, per adeguare appunto il valore del terreno alle minori quotazioni del mercato immobiliare. Essendo stata mantenuta invariata, almeno fino al 2014, la aliquota 4% per i terreni e per fabbricati da demolire, nel caso di riduzione era sufficiente una nuova perizia, niente più. Non si pagava nulla, ma per contro non si aveva diritto ad alcun rimborso; si doveva in ogni caso compilare il modello specifico nella dichiarazione dei redditi.

Con la variazione dal 4% all’8% dell’aliquota dell’imposta sostitutiva, le cose sono variate.

Un caso pratico

Analizziamo il caso di un’area edificabile periziata in passato in 1.000.000 di euro, il cui valore di vendita oggi è pari a 800.000 euro. La scelta di redigere una eventuale perizia al ribasso non è più a costo zero, come detto: l’imposta sostitutiva dovuta è infatti pari a 64.000 euro (l’8% di 800.000), dalla quale si detrae la precedente imposta di 40.000 euro (il 4% di 1.000.000). Si ha così un costo effettivo di 24.000 euro (64.000-20.000). In definitiva, il costo ZERO si avrebbe solo in presenza di una riduzione di valore esattamente pari alla metà.

La scelta alternativa

Una scelta alternativa potrebbe essere quella di trovare un accordo, tra le parti, venditore e acquirente, e così non redigere la perizia al ribasso e indicare nell’atto di vendita proprio il corrispettivo pattuito, come pure il precedente valore di perizia (1.000.000 euro), così come suggerisce l’Amministrazione Finanziaria. Su quest’ultimo valore verrà calcolata l’imposta di registro (le imposte ipotecaria e catastale non rappresentano, invece, più un problema, essendo fisse, dall’1 gennaio 2014).

L’accordo potrebbe essere nel senso che rimane a carico dell’acquirente l’imposta dovuta sul corrispettivo di vendita, non sul valore stimato, mentre l’eccedenza rispetto appunto al valore stimato è posta a carico del venditore.

Nell’esempio sopra proposto, rimarrebbe a carico del venditore il 9% di imposta di registro sulla differenza di 200.000 euro, ovvero l’importo di 18.000 euro, sensibilmente inferiore a quello che occorrerebbe versare con la nuova perizia, pari a 24.000 euro. Di questo potrebbe poi esserne tenuto conto nella determinazione del prezzo.

Il punto di differenza

Il punto di differenza tra le due ipotesi si ha in generale nel momento in cui il terreno ha perso circa il 24% del valore rispetto alla precedente perizia [1]. Nel caso dell’esempio sopra riportato, l’equivalenza si avrebbe nel momento in cui il nuovo valore si attestasse a 764.706 euro, nel qual caso si dovrebbero versare 21.176 euro sia nell’ipotesi dell’accollo di parte dell’imposta di registro da parte del venditore, sia in quella della perizia al ribasso con scomputo della precedente imposta sostitutiva[2].

La simulazione non tiene conto dei costi professionali della perizia, per cui, di fatto, il punto di indifferenza effettivo è da ricercarsi in un valore leggermente inferiore al 24%.

Ove non si perfezionasse il nuovo affrancamento, con la nuova perizia, e si desiderasse comunque dichiarare un valore inferiore, nell’atto (di conferimento o di cessione), la conseguenza sarebbe il sicuro accertamento, non valendo più l’affrancamento (Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 15/E/2002 e n. 35/E/2004, tesi che peraltro non si condivide).

E questa tesi è stata riconfermata (Risoluzione n. 53 del 27 maggio 2015); l’unica apertura è stata l’ammissione di un possibile lieve scostamento, dovuto ad errori o arrotondamenti (nella fattispecie si trattava di euro 600).

Non affrancando il ridotto valore con una nuova perizia, e desiderando comunque vendere/conferire ad un prezzo inferiore, senza correre rischi, si dovrà, in base a quanto suggerito dalla stessa Amministrazione Finanziaria, dichiarare in atto il valore effettivo, inferiore, ma pagare le imposte indirette sul valore rivalutato, e citarlo quindi in atto. In pratica, l’acquirente/soggetto conferitario è soggetto a una maggior imposta, e non è poca cosa, tenendo conto che l’aliquota è del 9%.

I casi possibili, nella esemplificazione fatta, sono tre, e precisamente:

Imposte dirette

per venditori

Imposta di registro

per l’acquirente 9%

1. Non si fa nessuna nuova perizia, e si indica in atto il valore rivalutato di 1.000.000, oltre al prezzo di 800.000.

0

90.000

2. Si fa una perizia nuova

0

800.000

+ sostitutiva di 24.000

(64.000 - 40.000)

72.000

3. Nessuna perizia, si indica il prezzo di

800.000

Intera plus accertabile e tassabile (il riferimento è il costo originario).

Nessun riferimento al precedente valore rivalutato

72.000

+ imposte su possibile

maggior valore

La giurisprudenza

La tesi dell’Agenzia delle Entrate è chiaramente insostenibile, sotto l’aspetto razionale e sostanziale. In merito era stata ventilata anche l’ipotesi di un cambio di linea interpretativa (vedasi Il Sole 24 Ore del 9 Aprile 2015), ma ciò non ha avuto seguito alcuno. Anzi, l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto di emanare la Risoluzione 53 del 27/05/2015 , come già detto, dove sostanzialmente conferma la sua impostazione.

Al momento hanno dato ragione ai contribuenti che non hanno applicato quanto dettato dalla circolare, e quindi contro l’Agenzia delle Entrate, numerose Commissioni Tributarie. Ne riportiamo l’elenco in ordine cronologico (data di deposito, ove non diversamente indicato).

1) Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo n. 717 del 20 ottobre 2015 – Rel. Pietro De Petris

Nel caso specifico non si era fatto riferimento alla perizia, dalla quale risultava un valore superiore.

2) Commissione Tributaria Regionale, Lombardia n. 4095 del 24 settembre 2015 – Rel. Alessandro Di Nunzio

Nel caso specifico la valutazione di perizia era stata svalutata, per effetto TAV, del 5%.

3) Commissione Tributaria Regionale, Sardegna n. 134 del 27 marzo 2015, Rel. Valeria Pirari

Contra la sentenza n. 119/3/13 della Commissione Provinciale di Sassari. La Commissione ha così motivato: “la dicitura contenuta nell’ultimo comma dell’art. 7, laddove recita la “rideterminazione del valore di acquisto dei terreni edificabili e con destinazione agricola di cui ai commi da 1 a 5 costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale”, non consente l’adozione dell’interpretazione restrittiva offerta dall’Amministrazione finanziaria che vorrebbe far conseguire alla alienazione del bene ad un prezzo inferiore al valore contenuto nella perizia di rivalutazione la perdita del beneficio dell’affrancamento della plusvalenza, dovendosi con essa per converso intendere che, se pure l’immobile viene compravenduto ad un prezzo inferiore, la plusvalenza è comunque calcolata sulla base del valore superiore contenuto nella perizia giurata.

Il valore rivalutato dei terreni edificabili infatti può essere assunto in luogo del costo o del valore di acquisto anche in caso di vendita ad un prezzo inferiore, essendo detta interpretazione consentita sulla base della finalità della norma che non esclude il mantenimento del valore di perizia quale costo fiscalmente riconosciuto e permette perciò la neutralizzazione della plusvalenza (cfr Commissione Tributaria provinciale di Catania n. 635 del 20.06.2014).

Ed è pur vero che, argomentare diversamente, significherebbe imporre al contribuente di versare una maggior imposta nonostante il valore dichiarato nell’atto di compravendita sia addirittura inferiore al valore minimo, giacché in tal caso non emergerebbe alcuna plusvalenza.

E del resto non può farsi a meno di osservare come l’art. 7 L. n. 448 del 2001 citato, pur stabilendo che il valore di perizia costituisce “valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale”, non condizioni in alcun modo l’efficacia della rivalutazione alla vendita dell’area ad un prezzo pari o superiore, assumendo tale specificazione semmai il significato di imporre, al fine della determinazione delle imposte, il valore espresso nella perizia di stima e non quello inferiore contenuto nell’atto di compravendita, e di consentire, ai fini delle imposte, la rettifica.

Ne consegue che non può farsi derivare da tale dicitura la perdita per il contribuente del beneficio riconosciutogli.

Né può suffragare l’interpretazione offerta dall’Ufficio la normativa contenuta nelle circolare via via emesse in materia (vedi R.M. 22/10/2010 n. 111/E, C.M. 24/10/2011 n. 47/E secondo cui è possibile rideterminare il valore del terreno già in precedenza oggetto di analoga disposizione agevolativa; CC.MM. 15/E/2002 e 81/E/2002, secondo cui il contribuente che indichi nell’atto un valore inferiore a quello di perizia si espone ad una rettifica con riferimento alla determinazione della plusvalenza tassabile, giacché si avrebbe la perdita di efficacia dell’affrancamento e tornerebbero applicabili le regole ordinarie di determinazione delle plusvalenze senza tenere conto del valore rideterminato; C.M. 1/E/2013, risp. 4.1, secondo cui il contribuente che intenda avvalersi del valore rideterminato dei terreni deve necessariamente indicarlo nell’atto di cessione anche se i corrispettivo è inferiore) e richiamate dall’appellata, stante l’irrilevanza di quanto previsto negli atti non normativi, come le circolari amministrative appunto, alla stregua del principio ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità (cfr per tutte cass. 4/12/2014, n. 25721)”.

4) Commissione Tributaria Regionale di Brescia n. 1064 del 17 marzo 2015 – Rel. Paolo Oldi

Contra la sentenze del 13 giugno 2015 della Commissione Provinciale di Brescia, la Commissione Regionale ha dato ragione al contribuente, ritenendo che il valore iniziale ai fini della plus fosse comunque il valore periziato.

5) Commissione Tributaria Provinciale di Catania n. 574/13/15 del 20 gennaio 2015 citata da Il Sole 24 ORE del 28 maggio 2015

6) Commissione Tributaria Provinciale di Milano n. 197/2015 del 15 gennaio 2015 – Est. Stefano Dorigo

Massima: “La cessione di un terreno edificabile ad un prezzo inferiore rispetto all’importo tassato con imposta sostitutiva, non legittima l’Erario a rideterminare la plusvalenza secondo le regole ordinarie indicate nell’art. 68 TUIR. Difatti, il versamento dell’imposta sostitutiva determinata ai sensi dell’art. 7, L. 448/2001 risulta applicabile sia a fattispecie in cui il cedente realizzi una plusvalenza, sia, a maggior ragione, a quelle in cui il contribuente realizzi dall’alienazione una minusvalenza rispetto al valore periziato. Inoltre, qualora l’effettività della minusvalenza realizzata risulta sorretta dalla natura pubblica della controparte contrattuale, viene meno qualsivoglia ipotesi di elusione fiscale in relazione al prezzo di cessione dichiarato”.

7) Commissione Tributaria Provinciale di Milano n. 194/2015 del 15 gennaio 2015 – Est. Stefano Dorigo

Massima: “L’art. 7 della L. 448/2001, che attribuisce al contribuente la facoltà di corrispondere una imposta sostitutiva previa sottoposizione del terreno ad una perizia di stima asseverata, risulta applicabile sia in ipotesi in cui il cedente realizzi una plusvalenza, sia, a maggior ragione, a quelle in cui il contribuente realizzi dalla alienazione una minusvalenza rispetto al valore periziato (fattispecie relativa all’ipotesi in cui l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto potersi applicare alla cessione la tassazione separata di cui all’art. 17, comma 1 D.P.R. 917/1986 per il solo fatto che il prezzo effettivo di vendita era stato differente – seppur per difetto – rispetto al valore indicato in perizia e pertanto tale scostamento avrebbe fatto rivivere le regole ordinarie di determinazione delle plusvalenze)”.

8) Commissione Tributaria Provinciale di Catania n. 102 dell’8 gennaio 2015 – Rel. Domenica Motta

Nel caso specifico il prezzo di vendita era leggermente inferiore al valore di perizia (150.000 in luogo di 153.174,24).

9) Commissione Tributaria Provinciale di Catania n. 5668 del 27 giugno 2014 – Rel. Vincenzo Pallonetto

Nel caso specifico la differenza tra valore periziato e valore iscritto in atto era limitato: 1.050.000 contro 1.067.926,98.

In ogni caso si era in presenza di una lottizzazione effettuata pochi giorni prima della vendita, per cui nemmeno aveva effetto, la rivalutazione.

10) Commissione Tributaria Regionale, Puglia n. 1111 del 15 maggio 2014 – Rel. Roberto Lancieri

La Commissione ha confermato la sentenza della Commissione Provinciale di Bari. Così è stato motivato: “Il comma 6 dell’art. 7 L. n. 448 del 2001 recita testualmente che “La rideterminazione del valore di acquisto dei terreni edificabili di cui ai commi da 1 a 5 costituisce valore normale minimo di riferimento ai fini delle imposte sui redditi, dell’imposta di registro e dell’imposta ipotecaria e catastale”, onde è evidente che esso nulla dice, e tanto meno pone un obbligo che, per godere dell’agevolazione dell’imposta sostitutiva al 4% calcolata sul valore di perizia, la cessione debba avvenire necessariamente a tale valore.

Va rilevato, in proposito, che la tesi dell’Ufficio si appalesa oltre che giuridicamente infondata, anche illogica e pervicacemente punitiva.

Essa, infatti, parte da un presupposto del tutto arbitrario qual è la rinuncia di fatto da parte del contribuente al godimento dell’agevolazione dell’imposta sostitutiva di cui all’art. 7 L. n. 448 del 2001, implicitamente denunciata – secondo la tesi dall’Ufficio – dalla cessione del suolo ad un prezzo inferiore a quello di perizia.

E che trattasi di presupposto arbitrario appare evidente per il fatto che la cessione del suolo non avviene sempre a breve distanza dalla valutazione peritale, essendo possibile eseguire la stessa solo con la decorrenza e nei tempi temporali stabiliti dalla legge. Ragion per cui la perizia può avvenire anche molto prima della cessione e nelle more non può escludersi che possano verificarsi condizioni che impediscano la cessione del suolo ad un prezzo pari al valore di perizia.

Inoltre, proprio perché trattasi di un valore desunto da una stima, non può pretendersi che esso sia perfettamente identico a quello di mercato né può pretendersi che nell’atto di vendita si debba indicare un valore necessariamente uguale a quello di perizia o superiore pur avendo incassato un prezzo inferiore.

Ed ancora, non va trascurato che la finalità della norma agevolativa in questione (che non a caso è contenuta in una legge finanziaria) è stata e continua ad essere quella di fare “cassa” per ragioni di bilancio dello Stato. Onde la sua logica è quella di invogliare il contribuente a pagare anticipatamente l’imposta rispetto al momento della cessione del suolo affrancando la relativa plusvalenza nel momento in cui la stessa viene a realizzarsi. Appare del tutto ovvio, dunque, che nel limite del valore di perizia, qualunque prezzo riscosso dal cedente deve ritenersi aver già scontato la relativa imposta mentre, nel caso di maggior prezzo di vendita rispetto al suddetto valore è logico che verrebbe a realizzarsi una ulteriore plusvalenza che andrebbe assoggettata alla imposta prevista per la tassazione separata.

Non a caso, infatti, il comma 6 dell’art. 7 della L. n. 448 del 2001 definisce “valore normale minimo di riferimento” quello stabilito con perizia, volendo individuare in esso il valore base dal quale partire per il caso in cui, ai fini delle imposte dirette (che tassano le plusvalenze realizzate), si realizzasse un’ulteriore plusvalenza in virtù di un prezzo più alto di cessione e, ai fini delle imposte indirette (che tassano un valore di mercato) il prezzo di cessione sia inferiore a quello minimo da tassare indicato in perizia.

L’assunto dell’Ufficio si mostra altresì fortemente punitivo poiché stabilisce una sanzione impropria in quanto tassa una plusvalenza calcolata su un costo storico d’acquisto (sebbene rivalutato) non più rilevante fiscalmente, perché sostituito per legge dal valore peritale, atteso che l’unica condizione posta dalla legge è il pagamento dell’imposta sostitutiva che il contribuente ha già soddisfatto.

Rileva, a tal proposito, il principio di legalità stabilito dall’art. 1 della L. 24 novembre 1981, n. 689 per cui “Nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrate in vigore prima della commissione della violazione”.

11) Commissione Tributaria Regionale, Lombardia n. 1902/8/2014 del 10 aprile 2014 – Rel. Giuseppe Maffei

La Commissione ha confermato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano; il caso si riferisce ad una differenza di valore non molto elevata, da 850.000 a 812.400, motivata da un errore di superficie, successivamente corretto.

12) Commissione Tributaria Regionale, Lombardia n. 449 del 28 gennaio 2014 – Rel. Carla Romana Raineri

Contra la sentenza della C.T.P. di Milano n. 264/43/12, la Commissione ha così motivato: “la normativa di riferimento, nel suo complesso, deve essere interpretata, per il suo carattere antielusivo, ma anche di favore per il contribuente, nel senso che: ove il contribuente deroghi al valore minimo di riferimento, rispetto al quale ha versato l’imposta sostitutiva prevista dalla legge, dichiarando un valore inferiore a quello minimo, egli non deve versare (sulla base della sua dichiarazione) alcuna maggiore imposta, posto che, essendo il valore dichiarato addirittura inferiore al valore minimo, non potrà emergere alcuna plusvalenza.

Né l’indicazione di un valore diverso in atto di compravendita, che nella specie è del solo 5% del valore indicato in perizia, può essere interpretato quale rinuncia implicita ai benefici fiscali, ovvero quale decadenza dal regime della tassazione separata ad opera degli Uffici tributari.

La perizia asseverata mantiene la sua validità a condizione che nell’atto di vendita sia dichiarato (come in effetti è avvenuto) che il valore minimo di riferimento, ai sensi e per gli effetti dell’art. 7 L. n. 448 del 2001, sia comunque costituito dal valore di perizia, ancorché il corrispettivo sia inferiore.

L’Ufficio non ha, peraltro, dimostrato che il contribuente avesse nella specie pattuito/incassato un prezzo superiore a quello dichiarato, né ha mai dedotto che il valore del terreno fosse superiore rispetto a quello dichiarato in perizia.

L’Ufficio ha fondato il proprio accertamento sulla circolare n. 15/E del 2002.

Ma è noto come le Circolari costituiscono indirizzi interni degli Uffici, non vincolanti in sede di contenzioso”.

13) Commissione Tributaria Provinciale di Treviso n. 5 del 10 gennaio 2013 – Rel. Pierantonio Fadel

Nella fattispecie il prezzo di vendita è stato inferiore a quello di stima (Euro 769.520 contro 930.000).

Il caso riguardava anche il tentativo, fallito, di considerare ai fini delle imposte dirette il valore definito ai fini dell’imposta di registro.

14) Commissione Tributaria Regionale, Lombardia n. 141/45/12 del 10 dicembre 2012 – Rel. Luigi Guida

La Commissione ha confermato la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Varese: “La valutazione di un immobile di tipo industriale o di un terreno con insistente un cantiere per la realizzazione come nel caso di specie, è un processo complesso che coinvolge gli aspetti più disparati non solo contabili, fiscali e legali, ma anche ambientali e di mercato.

Inoltre poiché il valore attribuito al cespite dalla perizia tiene conto delle condizioni urbanistiche, geologiche, ecc. esistenti al momento della valutazione, deve ammettersi che il contribuente, in un momento successivo, possa non avvalersi del valore rideterminato ove siano sopravvenuti fatti che lo rendano non più attuale”.

15) Commissione Tributaria Regionale, Lombardia n. 169/44/11 dell’11 novembre 2011 – Rel. Laura Gatti

16) Commissione Tributaria Regionale, Piemonte n. 11 del 10 febbraio 2011 – Rel. Alfonso Palmieri

La sentenza ha confermato la sentenza del C.T.P. di Cuneo n. 111/08 del 28/10/2008. Nella fattispecie si discuteva di una riduzione del valore di Euro 157,00.

17) Commissione Tributaria Provinciale di Alessandria n. 11 del 12 febbraio 2009

Conclusioni

Nel caso di terreno affrancato da vendere ad un prezzo inferiore a quello rivalutato, c’è incertezza sul comportamento da seguire.

Se ci si comporta normalmente,l’applicazione della tesi dall’Amministrazione Finanziaria (se il prezzo è inferiore alla stima, applicazione dell’imposta di registro piena per avere l’effetto della esclusione da imposte dirette) pare arzigogolata e comunque insostenibile, sia giuridicamente, sia sotto l’ottica della razionalità.

Già molte Commissioni Tributarie hanno dato ragione ai contribuenti, che sostengono la tesi contraria; alcune motivazioni sono state anche qui riportate.

La logica vorrebbe che, se si è rivalutato un bene, ma fosse venduto a un prezzo inferiore, ciò non dovrebbe comportare alcuna problematica ai fini delle imposte dirette. Altro che accertamento!

Al momento questa tesi è però contrastata dall’Amministrazione Finanziaria, ma si confida che alla fine ci sarà una apertura, in questo senso. Pena un ulteriore ingolfamento del contenzioso, e davvero non se ne avverte l’esigenza.



[1] Vedasi anche nostro articolo, con Emanuele Re, pubblicato ne Il Sole 24 ORE del 21 dicembre 2015.

[2] Formula

9/100 (1.000.000 – x )=8/100x – 40.000

(9*1.000.000)/100 – 9/100x = 8/100x – (40.000*100)/100

9.000.000/100 + 4.000.000/100= 17/100x

x = 13.000.000/100*100/17= 764.705,88

valore di equivalenza = 764.706

- venditore paga il 9% su 235.294 (1.000.000– 764.706)= 21.176

- rivalutazione: 764.706*8%=61.176– 40.000 (già pagato)= 21.176

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