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La cessione di fabbricati da abbattere

di Giuseppe Rebecca
Il Commercialista Veneto, N. 232 - Luglio / Agosto 2016

1 - Introduzione

La questione della cessione di fabbricati da demolire, dal 2008 fiscalmente considerata cessione di area piuttosto che cessione di immobile, era finalmente giunta al vaglio della Corte di Cassazione, nel 2014. Infatti con la sentenza n. 4150 del 21 febbraio 2014, la Cassazione si è espressa a favore del contribuente, orientamento poi confermato anche dalla successiva sentenza n. 15629 del 9 luglio 2014. E’ stata anche subito presentata una nuova interrogazione parlamentare, la n. 5-03220 del 15 luglio 2014, la quarta sul tema, che però non ha fornito una soddisfacente risposta 1.

La Cassazione era anche intervenuta, in ambito di imposta di registro; con la sentenza n. 24799 del 21 novembre 2014 aveva confermato la possibilità per l’Amministrazione Finanziaria di riqualificare, ai fini dell’imposta di registro, l’atto di cessione di immobile da demolire in cessione di area edificabile, qualora ne sussistano i presupposti ex art. 20 del D.P.R. n. 131/1986 (possibilità che ai fini IVA è invece sempre stata negata dalla stessa Amministrazione Finanziaria). La successiva recente sentenza del 13 giugno 2016 (la n. 12062) ha confermato la tesi. Infine, nell’ambito delle imposte dirette, abbiamo la sentenza di Cassazione n. 16983 del 19 agosto 2015 la quale, senza fare alcun riferimento alle due precedenti sentenze del 2014, contraria, sposa la tesi dell’Amministrazione Finanziaria. Ma il caso era particolare. La questione non pare comunque definita, e la riprova ne è data dal copioso contenzioso in essere.

2 – Il caso

Trattiamo una questione che si verifica frequentemente, nella pratica:

la vendita di un fabbricato da demolire.

Si tratta di un’operazione non sempre facile da inquadrare, sotto l’aspetto tributario, quando il venditore è un privato.

Ai fini delle imposte indirette, abbastanza pacificamente si ritiene trattarsi di cessione di fabbricato, come in realtà è, e quindi non si pongono problemi particolari. Si applicano, dal 1° gennaio 2014, l’imposta di registro nella misura del 2% in caso il trasferimento abbia ad oggetto la prima casa (escluse quelle rientranti nelle categorie catastali A1, A8 e A9), ovvero del 9% in tutti gli altri casi, con imposte ipotecarie e catastali nella misura fissa di € 50,00 ciascuna2.

Ai fini delle imposte dirette, invece, si potrebbe essere in presenza di cessione di terreno, e non di fabbricato, con le conseguenze che esamineremo. È benvero che questo aspetto riguarda esplicitamente il venditore, ma in una compravendita l’assoggettamento ad imposta necessariamente influisce sul prezzo. E proprio la tesi della equiparazione cessione fabbricati da demolire a cessione di terreno, è stata più volte confermata dall’Amministrazione Finanziaria, dal 2008. Si può ritenere che le motivazioni che stanno alla base vanno ricercate soltanto nell’esigenza di assicurare gettito. Si tenga conto che ai fini delle imposte dirette, nel caso di cessione di fabbricato, il possesso ultraquinquennale o la provenienza successoria escludono l’intento speculativo, rendendo così neutra l’operazione, mentre per la cessione di area edificabile c’è sempre l’intento speculativo, al di là del periodo di possesso e della provenienza. Ben si comprende, dunque, la rilevanza dell’inquadramento dell’operazione.

Ciò che preoccupa gli addetti ai lavori non è tanto la Risoluzione n. 395/E del 2008, quella che appunto ha dato origine a tutto, e che qui avremo modo di commentare compiutamente, quanto piuttosto le successive, continue, numerose e reiterate conferme da parte dell’Amministrazione Finanziaria, e non solo. La Cassazione ben due volte, con la sentenza n. 4150 del 21 febbraio 2014, e la n. 15629 del 9 luglio 2014, ha confermato quanto la dottrina fin da subito ha sostenuto: non si può considerare cessione d’area una cessione di fabbricato, solo per questioni che esulano dall’atto stesso. Ma, come vedremo, tutto ciò non è stato sufficiente a far cambiare idea all’Amministrazione Finanziaria. Tra l’altro in parte corroborata da due sentenze, sempre di Cassazione, relativamente però all’imposta di registro (la n. 24799 del 21 novembre 2014 e la n. 12062 del 13 giugno 2016).

3 – La nostra critica

3.1 Premessa

Commentiamo l’interpretazione ministeriale data dalla Risoluzione n. 395/E del 2008. L’Amministrazione Finanziaria, nella sua impostazione, fa un salto logico, che non è, a nostro avviso, legittimata a fare. Se la cessione riguarda fabbricati, la stessa cessione dovrà essere trattata in modo consequenziale, e non sulla base di costruzioni che di giuridico non hanno nulla. Il valore, o meglio la determinazione del valore, non può ovviamente essere elemento caratterizzante l’inquadramento giuridico dell’atto. Nel caso esaminato l’Amministrazione Finanziaria afferma che non si vendono “i fabbricati, oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente, l’area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatorie (sic) in corso di definizione. Al riguardo, è significativa la circostanza che lo schema di convenzione predisposto ha già stabilito le cubature ammesse in relazione alle varie tipologie di edifici realizzabili (residenziali, produttivi e destinati ad uffici e commercio).

Dal predetto schema di convenzione risulta, inoltre, che l’area sarà sottoposta ad interventi di trasformazione urbana che comporteranno modifiche all’aspetto, alla consistenza e alle funzioni insediate, e che per la realizzazione degli edifici residenziali e uffici previsti sarà necessaria la preventiva demolizione degli edifici esistenti. Ad avviso della scrivente, concordemente a quanto ritenuto dalla Direzione Regionale, la fattispecie in esame appare riconducibile alla lettera b), trattandosi di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria”.

Si tratta di una affermazione illogica, non coerente; si vende un fabbricato, non si vende un terreno. In ogni caso l’atto di compravendita è riferito ad un fabbricato, che come tale dovrà essere in regola da un punto di vista urbanistico (altrimenti l’atto sarà nullo), anche in base alle disposizioni. Trattandosi di un fabbricato, ha dei dati castali ben determinati e precisi, ha una scheda catastale sua propria, che tra l’altro dovrà anche essere relativa alla realtà effettiva, dovrà avere il riferimento alla classe energetica dell’edificio. All’atto non è allegato certamente il certificato di destinazione urbanistica, che è relativo solo ai terreni. In presenza di attività commerciali locate a terzi, poi, ben potrebbero anche esserci diritti di prelazione da parte degli affittuari, diritti non esistenti in caso di vendita di terreno edificabile. Ma se anche tutto ciò non bastasse, ai fini delle imposte indirette si avrà l’applicazione delle imposte relative al bene ceduto, fabbricato, non terreno.

È evidente come la tesi delle Entrate generi una serie di dubbi interpretativi di difficile soluzione circa la corretta applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 67, co. 1, lett. a) e b), TUIR. Si finirebbe, infatti, per individuare il regime fiscale delle cessioni di immobili, non in relazione alla tipologia del bene oggetto di trasferimento, ma con riferimento alla natura dell’intervento edilizio che darà realizzato dall’acquirente 3.

La dottrina è pressoché unanime nel bocciare tale interpretazione. Unico intervento a sostegno della tesi ministeriale è quello dei due collaboratori dell’amministrazione stessa 4.  In tale articolo venivano segnalate la sentenza della Commissione Tributaria di Ravenna (n. 228/2002), già analizzata in altra parte del presente intervento, ed altra sentenza, inedita (Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna, Sez. III, n. 161/03/10 del 19 novembre 2010). Secondo tale ultima sentenza, il prezzo dichiarato delle parti risulta essere “tipico delle aree fabbricabili della zona”.  Non si sa se questa fosse l’unica motivazione. Ove così fosse, il ragionamento sarebbe facilmente smontabile: non può essere certamente un prezzo che qualifica un atto, sotto l’aspetto tributario.

Nella fattispecie, il valore del terreno risultava essere sensibilmente più elevato di quello della costruzione. Ma potrebbe anche non essere, ed allora? Se il prezzo dell’area fosse uguale, o addirittura se fosse inferiore al valore del fabbricato, l’atto sarebbe pur sempre inquadrabile come cessione di fabbricato e non di area? Appare quantomeno labile, il solo riferimento al prezzo.  In senso assolutamente critico si è pronunciato anche il Notariato, con lo Studio n. 24/2012/T pubblicato il 20 dicembre 2012 ove l’autrice, Maria Pia Nasti, così si è espressa: “La tesi ad oggi sostenuta che equipara la cessione di un fabbricato che sarà demolito dall’acquirente a cessione di area solo ai fini delle imposte dirette, mentre ai fini delle imposte indirette si tratterebbe, invece, di una cessione di fabbricato appare alquanto opinabile. Infatti, una cessione realizzata attraverso un unico atto, non può essere considerata cessione di area ai fini delle imposte dirette e invece cessione di fabbricato ai fini delle imposte indirette considerato che ai fini del rogito notarile è richiesta la regolarità edilizia, i dati catastali e non ci sarà un certificato di destinazione urbanistica”. Ovviamente siamo dello stesso avviso.

3.2. Cassazione n. 16983 del 19 agosto 2015

In questo caso la Cassazione, andando contro le due precedenti sentenze, la n. 4150/2014 e la n. 15629/2014, che peraltro stranamente non richiama, riqualifica l’atto di cessione di immobile da abbattere come cessione di aree fabbricabile. Nella fattispecie in ogni caso il terreno era stato classificato come “area fabbricabile” e le parti nell’atto avevano indicato, quale oggetto del contratto, la cessione di un “area di terreno con in parte sovrastanti fabbricati”. Elementi questi che hanno fatto propendere appunto per la tesi della riqualificazione dell’atto. Non ci pare quindi che tale sentenza possa essere considerata come un revirement del massimo collegio.

4 – Altra giurisprudenza

La giurisprudenza su questo particolare caso è ormai molto diffusa. Elenchiamo le varie sentenze, più recenti, dal 2015. Alla fine, ne commentiamo una, quella recente della Commissione Tributaria Regionale del Veneto del 23 giugno 2016

4.1 Sintesi prassi e giurisprudenza

IMPOSTE DIRETTE

Cessione Fabbricato

Cessione Area

Commissione Tributaria Regionale di Bologna, sentenza n. 189 del 26 gennaio 2015

 

Commissione Tributaria Regionale di Bologna, sentenza n. 506 del 6 marzo 2015

 

Commissione Tributaria Regionale di Brescia, sentenza n. 1072 del 17 marzo 2015

 

Commissione Tributaria Regionale di Bologna, sentenza n. 933 del 20 aprile 2015

Commissione Tributaria Provinciale di Savona, sentenza n. 385 del 4 giugno 2015

Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo, sentenza n. 421 del 4 maggio 2015

Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, sentenza n. 547 del 10 giugno 2015

Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo, sentenza n. 455 del 26 maggio 2015

Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo, sentenza n. 561 del 2 luglio 2015

Commissione Tributaria Regionale di Liguria, sentenza n. 91/1/15 (ne Il Sole 24 Ore del 1 giugno 2015)

Commissione Tributaria di secondo grado di Bolzano, sentenza n. 98 del 18 agosto 2015

Commissione Tributaria Regionale di Bergamo, sentenza n. 455/1/2015, (ne Il Sole 24 Ore dell’8 giugno 2015)

Corte di Cassazione, sentenza n. 16983 del 19 agosto 2015

Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo, sentenza n. 540 del 30 giugno 2015

Commissione Tributaria Provinciale di Cagliari, sentenza n. 1006 del 3 novembre 2015

Commissione Tributaria Provinciale di Forlì, sentenza n. 260 del 30 giugno 2015

Commissione Tributaria Regionale di Venezia n. 829 del 23 giugno 2016

Commissione Tributaria Provinciale di Bergamo, sentenza n. 680 del 5 ottobre 2015

 

Commissione Tributaria Provinciale di Varese, sentenza n. 617 del 17 novembre 2015

 

Commissione Tributaria Provinciale di Brescia, sentenza n. 665 del 22 novembre 2015

 

Commissione Tributaria Provinciale di Verona, sentenza n. 517 del 27 novembre 2015

 

Commissione Tributaria Regionale di Napoli, sentenza n. 10713 del 1 dicembre 2015

 

Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia n. 46 dell’1 marzo 2016

 

4.2 Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Veneto n. 829 del 23 giugno 2016, Rel. Daniele Corletto

Il caso riguardava la cessione di un fabbricato unifamiliare con area scoperta per il quale la proprietà aveva richiesto, ante cessione, il rilascio di una autorizzazione a costruire, previa demolizione. L’acquirente a sua volta aveva ottenuto tale autorizzazione, sempre ante acquisto dell’immobile. La Commissione ha ritenuto “che il concreto inquadramento di una fattispecie ai fini della determinazione del corrispondente regime fiscale vada fatta in ogni caso alla luce di una valutazione sostanziale che, ispirandosi al principio di verità, orti ad individuare la effettiva funzione economica e giuridica che un comportamento od un negozio venga ad assumere, nel quadro dei correnti rapporti economici e sociali”. Nel caso specifico le istanze edilizie proposte riguardavano “la demolizione di un fabbricato uni familiare e la nuova costruzione di due fabbricati collegati da un portico” aventi sedime, giacitura, altezza, cubatura, destinazione d’uso del tutto differenti e superiori rispetto a quelli dell’esistente fabbricato con un considerevole aumento di volumetria”. Così conclude la Commissione: Il prezzo di cessione pattuito risulta considerevolmente più elevato rispetto a quello corrente per immobili di analoga collocazione, tenendo conto che l’edificio era da qualificarsi come inabitabile, e comunque abbisognevole di significativi interventi per poter essere utilizzato”.

Peraltro, contrariamente a queste decisioni della Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza con sentenza 878/07/14 del 29 dicembre 2014, la Commissione Regionale ha riqualificato la cessione dell’immobile da abbattere in cessione di area edificabile. Invero nella fattispecie, come evidenziato dalla stessa Commissione, c’era una evidente e molto rilevante differenza di valore tra il bene ceduto e quanto realizzato.  “Sulla base degli enunciati elementi di fatto risulta evidente come l’oggetto e la causa effettivi del contratto fossero rappresentati dal trasferimento delle capacità edificatoria che il bene nel suo complesso era in grado di esprimere. Va dunque ritenuto che l’oggetto della compravendita non fosse da ravvisarsi nel fabbricato, privo di effettivo valore economico o comunque dotato di un valore ben inferiore a quello realizzato con la vendita, quanto piuttosto, con tutta evidenza, nell’area su cui lo stesso insisteva e nell’ulteriore scoperto circostante,economicamente pregevole per le sue attuali ed effettive potenzialità di sfruttamento edificatorio.

Non si tratta nel caso di indagare eventuali intenzioni soggettive delle parti o più ancora eventuali progetti edificatori concepiti dalla sola parte acquirente, posto che l’ulteriore potenzialità edificatoria costituisce, sulla base delle circostanze, un dato fattuale, già oggettivamente valutabile ed economicamente valorizzabile, e non un elemento futuro ed incerto, rimesso alle intenzioni degli acquirenti”.

5 – Suggerimenti pratici operativi

Stiamo assistendo, invero un po’ inermi, a una presa di posizione dell’Amministrazione Finanziaria che non convince. La tesi ad oggi sostenuta, ovvero l’equiparazione tra la cessione di un fabbricato che sarà demolito dall’acquirente e cessione di area, valida peraltro ai soli fini delle imposte dirette, poiché ai fini delle imposte indirette non si discute, non pare condivisibile. Il fatto stesso che l’Amministrazione Finanziaria cambi impostazione, a seconda degli interessi specifici, mina alla radice questa impostazione. Non si può considerare un atto di cessione, che necessariamente è un atto unico, cessione di area ai fini delle imposte dirette ed invece cessione di fabbricato ai fini delle imposte indirette (R.M. 395/E/2008), e ancora, ai fini della contabilizzazione, cessione di fabbricato se il fabbricato è atto all’uso, ancorché appunto da demolire, o di area se si tratti, invece, di un rudere (Circolare 1/E/2007, paragrafo 7.4). Sarebbe pura schizofrenia fiscale.

Si tenga anche conto che l’atto notarile è redatto nello schema per le costruzioni, per le quali è richiesta la regolarità edilizia, saranno indicati i dati catastali, non ci sarà un certificato di destinazione urbanistica, specifica per i terreni, e l’aliquota dell’imposta di registro è quella per i fabbricati, nel caso di cessione da privato. Cosa fare, a questo punto? Le alternative non sono molte, in attesa di un sempre possibile e auspicabile intervento chiarificatore. Le opzioni sono:

- non trattare l’atto, ai fini delle imposte dirette, come operazione speculativa (in questo caso l’accertamento potrebbe essere sicuro, salvo cambiamento di rotta ante accertamento);

- trattare l’atto come cessione di area, ai fini delle imposte dirette, presentando la dichiarazione e contestualmente istanza di rimborso, cui far seguire il ricorso avanti la Commissione Tributaria Provinciale competente avverso il sicuro silenzio/rifiuto da parte dell’Agenzia delle Entrate, richiamando le due sentenze della Cassazione, la n. 4150 del 2014 e la n. 15629;

- adeguarsi all’interpretazione ministeriale e, in presenza di norme che consentano l’affrancamento delle plusvalenze sui terreni, più volte rinnovate, rivalutare il fabbricato da demolire, tenendo presente che la perizia dovrà peraltro riferirsi all’area, non al fabbricato. E anche questo è un aspetto quantomeno originale. In ogni caso la sentenza della Cassazione n. 4150 del 21 febbraio 2014, la prima della Cassazione dopo la Risoluzione Ministeriale del 2008, ci ha fatto riguardo la n. 15629 dal 9 luglio 2014, lasciano ben sperare. Una cessione di un immobile che sarà abbattuto (ma potrebbe anche non esserlo) è sempre cessione di un fabbricato, non di terreno, con le conseguenze che ne derivano. Speriamo che non sia necessario continuare ad adire il contenzioso, su questo punto, per far valere questa semplice tesi: la natura del bene ceduto non può essere variata solo per questione di gettito.

6 – Conclusioni

Dopo un iniziale ottimismo, vista la sentenza n.4150/2014 che finalmente contestava quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate in tema di cessione di immobili da demolire, la riconferma con la sentenza n. 15629/2014 lasciava ben sperare in un adeguamento, in tal senso, da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Ma evidentemente la Cassazione non ha influenzato in alcun modo l’Amministrazione Finanziaria, che prosegue imperterrita nella sua strada della riqualificazione delle cessioni di immobili da abbattere in cessione di aree edificabili. In questo senso, vedasi la risposta di all’interpello del 15 luglio 2014. Eppure il tutto appare molto semplice: se l’atto di cessione ha oggetto un fabbricato, tale deve essere anche ai fini delle imposte dirette, a prescindere dalla volontà dell’acquirente di demolirlo o meno o dalla richiesta o meno, da parte del venditore, della concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell’immobile.

E’ quello che la dottrina ha da sempre sostenuto: la cessione di un immobile, seppure da demolire secondo le intenzioni delle parti, non può essere legittimamente riqualificata in cessione di area edificabile, ma deve restare, ai fini dell’imposizione sia diretta che indiretta, cessione di immobile. Noi continuiamo a sperare in un revirement dell’Amministrazione Finanziaria, seppur con sempre meno fiducia. C’è anche da augurarsi che intervenga nuovamente la Corte di Cassazione, con pronunce che si esprimano in accordo con le due precedenti sentenze del 2014, e che il Ministero, finalmente, le faccia proprie, come preannunciato nella risposta all’interrogazione parlamentare di luglio 2014. Ma invero, del tutto inopinatamente, la Cassazione è successivamente intervenuta con la sentenza n. 16983 del 19 agosto 2015, ma il caso era proprio riferito ad un’area di terreno con sovrastante fabbricato da demolire. E questo elemento ha fatto propendere per la tesi poi espressa, peraltro senza mai richiamare le due precedenti sentenze.

Abbiamo poi altre sentenze, ma sono relative all’imposta di registro, e questa è altra cosa.

 

1 Ne avevamo già trattato nell’articolo “Cessione di immobili da demolire: la Cassazione fa nuova chiarezza” ne ICV n. 222 di novembre/dicembre 2014.

2 Fino al 31 dicembre 2013, l’imposta di registro era dovuta nella misura del 7% e le imposte ipotecarie e catastali nella misura complessiva del 3%, salvo l’applicazione dell’1% in presenza di un piano di intervento (cosiddetto PUA).

3 Cfr. A. Busani, Trasformazione fiscale da fabbricato a terreno , ne Il Sole 24 Ore, 08/11/2008, dove di legge: “ quando la legge fiscale dispone la tassazione della plusvalenza nel caso di cessione di “terreno suscettibile di destinazione edificatoria”, il presupposto della norma non può che essere la natura del bene venduto, ma non certo l’intenzione dell’acquirente”

4 () A. Albano - P. Stellacci, Profili interpretativi in materia di cessione di fabbricati da demolire che insistono su area fabbricabile, ne Il Fisco n. 17 del 2011, p. 2675.

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