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Riforma del catasto, prelievo insostenibile

di Giuseppe Rebecca
Il Sole 24 ORE- 14 luglio 2015

Ci voleva così tanto (15 mesi) per accorgersi che il nuovo catasto edilizio avrebbe comportato un insostenibile aumento nella imposizione degli immobili?

Il riordino del catasto e un atto dovuto, non solo verso la Ue, ma anche per aggiornare gli estimi, fermi al 1988/89, e per variarne l'impostazione di base legata ai vani. Ma probabilmente tutta questa riforma farà la stessa fine della precedente (legge 662/1996), finita nel dimenticatoio.

Oggi la situazione non è equa, essendo a tutti evidente che le valutazione effettuate in base ai dati catastali sono inferiori, pressoché sempre, ai valori di mercato; ma nell'ambito di queste valutazioni ci sono differenze enormi tra città e città, come pure tra zone della stessa città, e anche tra diverse tipologie di immobili.

Non si può però prescindere dalla situazione contingente, e quindi dal gettito che gli immobili oggi assicurano allo Stato e agli enti locali. Si tratta di 42 miliardi di euro, nel 2014, stimabili in ulteriore aumento per il 2015. Solo nel 2011 le imposte complessive sugli immobili erano state dì 32 miliardi; e per valutare l'aumento nella sua imponenza si tenga anche conto del crollo delle imposte sui trasferimenti, passate dai 13 miliardi del 2011 a 9 miliardi nel 2014: 4 miliardi in meno.

In una situazione di questo tipo è praticamente impossibile qualsiasi variazione degli estimi. Questa variazione ben avrebbe potuto essere attuata ante aumento della imposizione, non certamente ora. La trovata della clausola di salvaguardia prevista nella legge 23/2014, come pure la previsione di una riduzione in generale della imposizione, appaiono previsioni del tutto inapplicabili. Ma come si fa a legiferare in questo modo? C'è un problema, perché in effetti un problema c'era, e ne spostiamo la soluzione in avanti, con una bella frase. Poi qualcuno troverà la quadra.

Anche il direttore dell'agenzia delle Entrate, Rossella Orlandi, riteneva fattibile il tutto; «Qualcuno pagherà di meno qualcuno dì più», posto che «l'invarianza di gettito sarà calcolata su base territoriale rimodulando le quote che sono locali». Evidentemente così non era. Ora, la questione è addirittura banale. Dato per scontato che con il nuovo catasto le rendite e i valori aumentano, ne deriva che, per garantire la dichiarata invarianza di gettito, le imposte devono corrispondentemente diminuire. E questo per singola imposta e per singola zona territoriale. Ma tenendo conto che le variazioni dei valori saranno le più diversificate, ne consegue che anche le variazioni delle imposte dovrebbero conseguentemente essere variate nelle stesse proporzioni, all'inverso. E tutto questo per garantire la indicata invarianza.

Tradotto in pratica, ci dovremmo trovare con aliquote Irpef diverse da Comune a Comune, e lo stesso accadrebbe per le imposte di registro e per tutte le altre imposte. Assolutamente improponibile; si creerebbe un bailamme tipo Imu e Tasi.

In conclusione, la dichiarata invarianza non può essere garantita, e la revisione delle rendite e dei valori potrà essere attuata solo in un momento di bassa imposizione totale nel settore, non certamente oggi. Ne conseguirebbe una rivoluzione. Quello che stupisce è che per capire questa semplice verità ci sia voluto così tanto tempo. Ma tant'è.

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