Le nuove rendite catastali e l’impossibile invarianza di gettito
di Giuseppe Rebecca
Il Fisco, n.7 2015
La delega per la riforma fiscale prevede grandi novità per gli immobili: il nuovo catasto. In particolare, valori più elevati, più aderenti alla realta. La clausola di salvaguardia prevede l’invarianza di gettito futuro, ma sarai di impossibile applicazione. Le aliquote, delle imposte dirette e indirette, dovranno in generale essere ridotte della stessa proporzione dell’aumento di valore, ma l’applicazione pratica si prevede complessa, tenuto conto che le variazioni di valore saranno molto diversificate, per area e per tipologia di immobile. In ogni caso sarai importante una verifica, ma ei assai probabile che il tutto si tramuterai in un aumento dell’imposizione fiscale sugli immobili.
1. Premessa
La riforma per la riclassificazione e la rivalutazione del patrimonio immobiliare italiano (oltre 60 milioni di costruzioni) è iniziata, tra numerose difficoltà, e dovrebbe arrivare al completamento nel 2019.[1]
È partita con la legge delega n. 23 dell’11 marzo 2014, legge frutto di innumerevoli spunti, anche datati; ricordiamo il progetto del 1981 elaborato allora per il Ministro Reviglio, progetto non dissimile dall’attuale: superficie in metri quadri, microzone per definire il valore di mercato dell’area, caratteristiche specifiche dell’immobile per il calcolo dell’imponibile individuale. Parrebbe che ora, dopo oltre trent’anni, sia arrivata la volta buona.
Ma non è, e non sarà, un cammino facile. Già il primo decreto legislativo, quello sulle commissioni censuarie e sulla loro composizione, approvato dal Consiglio dei Ministri del 10 novembre 2014, è stato oggetto di lungo dibattito. Questo decreto, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, con forte ritardo, il 13 gennaio 2015, per ragioni che restano imperscrutabili, rappresenta appunto il primo tassello della riforma del catasto. Circa il modo di gestire le deleghe, da parte del Governo, è emblematico cosa è accaduto proprio per le commissioni censuarie. A fronte di una precisa disposizione di legge circa la composizione delle commissioni, con previsione della partecipazione del mondo professionale, la bozza ministeriale di decreto lasciava questo potere nella libera disponibilità dei Prefetti. Solo con l’intervento, faticoso, delle Commissioni Finanze di Camera e Senato è stato appunto possibile modificare il testo.
Per un decreto tutto sommato semplice ci sono voluti circa 8 mesi, con tante difficoltà; non si può quindi essere molto confidenti su cosa ci riserverà il futuro, su problematiche ben più rilevanti.
Ad ogni buon conto, le commissioni censuarie locali sono 106, oltre a quella centrale di Roma con funzioni di supervisione. Queste commissioni hanno un ruolo fondamentale: dovranno, tra l’altro, validare le funzioni statistiche determinate dall’Agenzia, funzioni che sono alla base della revisione del sistema estimativo del catasto dei fabbricati. Si ricorda come tali funzioni statistiche debbano esprimere la relazione tra il valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie dei beni per ciascuna categoria catastale e per ciascun ambito territoriale, anche all’interno di uno stesso Comune.
2. La classificazione degli immobili
Al decreto sulle commissioni censuarie seguiranno specifici decreti sui metodi di calcolo, sulla verifica delle zone e la ridefinizione delle categorie catastali, che attualmente sono 45. La legge delega sul punto prevede l’utilizzo di funzioni statistiche che tengano conto della interrelazione tra il valore di mercato, la localizzazione e le caratteristiche edilizie, differenziate per ambito territoriale e categoria catastale. Ed è già sorto il problema della scarsa rappresentabilità delle zone con poche compravendite; probabilmente saranno quindi estesi gli ambiti territoriali, con conseguente perdita della specifici. È comunque già pronta la bozza del decreto, all’esame dell’ufficio legislativo del Ministero dell’Economia.
Le anticipazioni, per le uni immobiliari, sono che le cinque categorie attuali saranno ridotte a due: O (destinazione abitazione) e S (destinazione speciale). Ci sarebbe anche la categoria I, (attuale F), senza rendita (D.M. n. 28/1998).
Le categorie ordinarie saranno valutate in base al reddito, alla posizione e alle caratteristiche edilizie. Le zone di riferimento potranno essere quelle OMI, o una loro aggregazione o anche il riferimento a più comuni, ampliamento imposto anche dalla riduzione delle compravendite. E in assenza di valori statistici del modello, è prevista l’adozione di stime e analisi specifiche. Le categorie speciali o non hanno mercato, oppure hanno un mercato del tutto particolare e ristretto. In questo caso si farà riferimento alle normali tecniche estimatorie, con riferimento al costo di ricostruzione, deprezzamento per la vetustà oppure con applicazione del criterio reddituale. È di tutta evidenza che le problematiche particolari saranno rilevanti. Basti pensare alla quantificazione degli oneri di rilascio, all’utilizzo dei prontuari, all’enti del deprezzamento, la determinazione del saggio di fruttuosità.
3. La precedente delega
La L. n. 662 del 23 dicembre 1996 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) aveva previsto, all’art. 3, commi 154 e 155, la revisione del catasto con la revisione delle zone, delle tariffe, qualificazione, classificazione e classamento delle unità immobiliari, con la determinazione di nuove categorie catastali per le UIU (Unità Immobiliari Urbane).
Il successivo D.P.R. n. 138/1998, Regolamento per la revisione delle zone censuarie e delle tariffe d’estimo in esecuzione alla L. n. 662/1996, aveva poi previsto varie indicazioni, tra cui la determinazione delle nuove categorie catastali delle unità immobiliari ordinarie, da R a Z. È passato molto tempo, e non se ne è più fatto nulla.
4. La legge delega per la riforma tributaria
La L. 11 marzo 2014, n. 23 (C. 282 Causi, C. 950 Zanetti, C. 1122 Capezzone e C. 1339 Migliore) riprende il contenuto del disegno di legge d’iniziativa del Governo della scorsa legislatura A.C. 5291 (Delega al Governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita), come approvato in prima lettura dalla Camera dei deputati il 12 ottobre 2012, che non ha concluso il proprio iter al Senato; la delega è da attuare entro dodici mesi (26 marzo 2015), salvo proroghe a questo punto molto probabili per non dire sicure.
Nella Gazzetta Ufficiale del 28 novembre 2014 è stato pubblicato il primo Decreto Legislativo, il n. 175/2014, relativo alle semplificazioni fiscali e alla dichiarazione dei redditi precompilata. Attraverso la riforma del catasto dei fabbricati (art. 2) si intende correggere le sperequazioni delle attuali rendite, accentuate a seguito dell’introduzione di un nuovo moltiplicatore per il calcolo dell’imposta municipale sperimentale (Imu). Tra i principi e criteri per la determinazione del valore catastale la delega indica, in particolare, la definizione degli ambiti territoriali del mercato, nonché la determinazione del valore patrimoniale utilizzando il metro quadrato come unita di consistenza in luogo del numero di vani. E assicurato il coinvolgimento dei Comuni nel processo di revisione delle rendite, anche al fine di assoggettare a tassazione gli immobili ancora non censiti.
La riforma deve avvenire a invarianza di gettito, tenendo conto delle condizioni socio-economiche e dell’ampiezza e composizione del nucleo familiare, così come riflesse nell’ISEE, da rilevare anche attraverso le informazioni fornite dal contribuente, per il quale sono previste particolari misure di tutela anticipata in relazione all’attribuzione delle nuove rendite, anche nella forma dell’autotutela amministrativa. È previsto un meccanismo di monitoraggio da parte del Parlamento del processo di revisione delle rendite.
5. La questione dell’impossibile invarianza di gettito
Trattiamo un aspetto non ancora completamente analizzato e cioè delle possibili conseguenze che deriveranno dalla revisione dei valori ai fini delle imposte, dirette e indirette. Il problema era ben presente al legislatore, e non poteva essere altrimenti; si è pertanto provveduto con una delega specifica. Solo che, come vedremo, si tratta di parole del tutto inapplicabili, sotto l’aspetto pratico operativo.
Stupisce peraltro osservare come ancora poche voci si siano alzate contro quello che si preannuncia come il cataclisma fiscale prossimo venturo. La delega per la riforma fiscale, oltre ad una generale previsione di riduzione dell’imposizione fiscale (art. 16), così intanto si rassicurano tutti, prevede una cosa molto importante, come si è già detto: l’invarianza di gettito complessivo relativamente agli immobili.
La riforma catastale, modificando radicalmente i criteri di determinazione dei valori catastali imponibili, e portando i valori fiscali più vicini ai reali, rispetto a quelli attuali, rischia di innescare un processo di lievitazione dell’imposizione tributaria sugli immobili, tale da dare il colpo di grazia al settore, già così fortemente colpito da una parossistica frenesia degli introiti facili e immediati.
Circa l’aumento dei valori si sono lette le stime più diverse;[2] ma aldilà dell’aumento dei valori, sicuro, ancorché diversificato non dovrebbe invece aumentare il gettito complessivo, come prevede la legge.
Ci sono però parecchi aspetti problematici ancora irrisolti, e a nostro avviso nemmeno risolvibili. La invarianza prevista dalla legge delega fiscale non è, infatti, invarianza del prelievo a carico del contribuente, né invarianza di una specifica imposta, ma semplice invarianza teorica di gettito totale per lo Stato. La legge delega non stabilisce nemmeno il principio dell’invarianza del gettito a livello locale, in quanto manca una specifica norma in tal senso.
Infatti, l’art. 2 della legge delega (L. n. 23 dell’11 marzo 2014) al comma 3, lettera b) attribuisce al Governo la delega di emanare, tramite decreto legislativo, norme dirette a: “... l) garantire l’invarianza del gettito delle singole imposte il cui presupposto e la cui base imponibile sono influenzati dalle stime di valori patrimoniali e rendite, a tal fine prevedendo, contestualmente all’efficacia impositiva dai nuovi valori, la modifica delle relative aliquote impositive, delle eventuali deduzioni, detrazioni o franchigie, finalizzate ad evitare un aggravio del carico fiscale, con particolare riferimento alle imposte sui trasferimenti e all’imposta municipale propria (IMU), prevedendo anche la tutela dell’unico immobile non di lusso e tenendo conto, nel caso delle detrazioni relative all’IMU, delle condizioni socio-economiche e dell’ampiezza e della composizione del nucleo familiare, come rappresentate nell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE), anche alla luce dell’evoluzione cui sarà soggetto il sistema tributario locale fino alla piena attuazione della revisione prevista dal presente articolo’’.
Nella successiva lettera m) e anche previsto un meccanismo di monitoraggio, con relazioni dapprima semestrali, con possibilità di intervenire anche con correttivi.
Si ricorda che, come già visto, lo stesso art. 16 della legge delega prevede, in generale, il dichiarato obiettivo di riduzione dell’imposizione fiscale!
6. Cosa dobbiamo attenderci?
Non possiamo attenderci niente di positivo, per i contribuenti, né a riforma completata né nel frattempo.
Queste le recenti affermazioni dell’attuale direttore delle Agenzie delle Entrate, Rossella Orlandi, ‘‘qualcuno pagherà di meno qualcuno di più” dato che ‘‘l’invarianza di gettito sarà calcolata su base territoriale rimodulando le quote che sono locali’’. Si tenga anche conto che negli ultimi due anni il gettito derivante dalla tassazione sugli immobili ha subito una brusca impennata, passando da circa 12 miliardi di euro a più di 30 miliardi di euro, e se le nuove rendite catastali non saranno accompagnate da un conseguente correlato abbassamento delle aliquote, i contribuenti potrebbero trovarsi a pagare di più. Infatti le imposte sugli immobili sono calcolate in base alle rendite catastali, quindi se aumenta la rendita aumenta in maniera conseguente anche la tassazione. Inoltre con l’aumento delle rendite catastali aumenta anche il reddito Isee, un parametro fondamentale per l’accesso delle famiglie ai servizi come l’asilo nido e le mense scolastiche e per il pagamento delle tasse universitarie. A segnalare questo rischio di rincaro della tassazione sono intervenuti anche Rosario Trafiletti ed Elio Lannutti, presidenti rispettivamente di Federconsumatori e Adusbef (Associazione difesa utenti servizi bancari e finanziari), che scrivono in una nota congiunta: ‘‘Non siamo contrari per principio alla rivalutazione delle rendite catastali purché tale operazione sia improntata alla massima equità e correttezza’’.
Ma ci saranno problemi anche prima della definitiva applicazione delle nuove rendite. Il Presidente della Commissione Finanze del Senato, Mauro Marino, ha infatti così letteralmente affermato:
‘‘Non bisogna aspettare che il percorso di cinque anni per il nuovo catasto sia portato a termine: le sperequazioni maggiori possono essere ridotte drasticamente con un algoritmo che valga per il periodo transitorio e che entrerai in vigore a breve’’.
Questo algoritmo dovrebbe essere un automatismo, o meglio uno strumento che, partendo dalla base vecchia, arrivi ad una nuova valorizzazione. Nutriamo al momento molti dubbi, con gli algoritmi si possono fare molte cose, e non necessariamente tutte buone.
7. Il gettito
Con i nuovi e sicuri maggiori valori degli immobili, ne deriverà, conseguentemente, anche l’aumento del gettito fiscale, a parità di aliquote attuali. Anche questo è pacifico, è un semplice calcolo aritmetico. Ma c’è la clausola dell’invarianza, della parità di gettito.
Come ha riferito il Presidente di Assoedilizia Achille Colombo Clerici in una conferenza stampa del 24 febbraio 2014: ‘‘Il fatto che le basi imponibili son più basse (oggi, n.d.A.) non significa che il gettito delle imposte sia inferiore a quanto il fisco si attende’’.
Il legislatore sa, come ha sempre saputo, di intervenire su basi imponibili basse e conseguentemente, come d’altronde ha fatto finora, modula le aliquote in modo tale da ottenere il gettito voluto; cioè le tiene più elevate. C’è semmai da dire che nel sistema catastale attuale possono presentarsi situazioni di squilibrio di valori, a seconda delle epoche dell’accatastamento, delle revisioni intervenute, del diverso funzionamento degli uffici erariali e dei comuni. Ma per ovviare a queste sperequazioni non c’è bisogno di cambiare i criteri di determinazione dei valori imponibili.
Basta fare le revisioni generali con il metodo con cui son state già fatte e si stanno facendo quelle per microzone.
Sovvertendo il sistema si rischia di mandare all’aria tutta l’economia del settore immobiliare. Chissà come e quando sarà gestita, l’invarianza. Noi siamo assolutamente scettici. Certo è che, ove le aliquote, tutte, sia per le imposte dirette che per quelle indirette, non subissero la stessa riduzione proporzionale corrispondente al relativo aumento di valore degli immobili, ne conseguirebbe una situazione del tutto insostenibile, da parte dei contribuenti. Ma già qui c’è qualcosa che non va, sotto l’aspetto logico.
I valori degli immobili si prevedono in aumento, come già detto, ma l’aumento sarà molto diversificato, sul territorio, sia per area, che per zona che per tipologia di immobili.
Sarà dato maggior peso al posizionamento dell’area (citta o periferia), alle zone (più o meno degradate), agli interventi di recupero e all’età dell’immobile.
Le aliquote, invece, si presume siano le stesse, come oggi, su tutto il territorio nazionale. Ma per garantirsi l’equivalenza rispetto ad oggi, vorrà dire che per il futuro avremo aliquote per ogni Comune, o meglio aliquote per ogni immobile, oppure una sola aliquota media, che possa tenere conto di tutte le variazioni? E questo sia per le imposte dirette che per le imposte indirette. Chiaramente non potrà essere così!
Ma ci domandiamo, che senso ha tutto ciò?
Si vuole aumentare il gettito, facendo finta di nulla. Si anticipa una rassicurazione; la riforma fiscale ha l’obiettivo di ridurre le imposte, si dà poi la bonaria rassicurazione che il gettito totale sugli immobili non aumenterà, e si abbandonano i contribuenti al loro triste segnato destino. Se poi i proprietari dovessero protestare, si vedrà, piano piano, cosa fare. La politica dei piccoli passi, appunto.
A noi pare difficile, per non dire impossibile, l’applicazione pratica della clausola di salvaguardia.
Evidentemente non basta il disastro della Tasi, con migliaia di delibere e di regolamenti, in un guazzabuglio sempre più inestricabile? Con una imposta che doveva ridurre l’imposizione, rispetto all’Imu, e che invece, soprattutto per i più deboli, l’ha aumentata?
Gli gli interventi voluti Monti hanno portato al collasso il mercato immobiliare.[3] Per raccogliere subito qualche risorsa si e di fatto applicato una patrimoniale monstre sul patrimonio immobiliare; e tutto ciò per nulla. Era molto semplice una patrimoniale una tantum. Ora siamo tutti più poveri, e con scarse e sempre più incerte possibilità di crescita.
Ricordiamo che il valore del patrimonio immobiliare di proprietà dei privati cittadini e stato indicato in 5.559 miliardi di euro, mentre quello di proprietà delle società a 565 miliardi di euro. Al primo posto troviamo la Lombardia con un valore di 794,80 e il Lazio con 724,9 miliardi di euro. A seguire troviamo la Toscana con 504 miliardi di euro, Campania 491,4, Emilia Romagna 458,9, Veneto 440,3 e Piemonte con un valore che ammonta a 394,4 miliardi di euro, seguita da Lombardia con 109,6.
Dai dati relativi ai valori 2013 dell’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle Entrate in collaborazione con la Direzione Catasto, la rendita catastale complessiva attribuita al patrimonio immobiliare del nostro Paese ammonta a quasi 37 miliardi di euro: 16,6 miliardi provenienti dalle abitazioni, 10,8 da immobili con destinazione speciale appartenenti alla categoria D, 6 miliardi provenienti dai negozi, locali di deposito, garage e posti auto appartenenti alla categoria C, 1,5 da uffici che rientrano nella categoria A/ 10, da 1,3 da immobili ad utilizzo collettivo rientrati nella categoria B e 0,7 miliardi di euro da immobili a destinazione particolare che appartengono alla categoria E (nel sito mycase.it del 14 novembre 2014).
Temiamo che il nuovo catasto darà il colpo di grazia al settore, già fiaccato e ci chiediamo se sia possibile bloccare lo stillicidio di norme fiscali derivanti solo da esigenze immediate di cassa.
[1] Sull'argomento si veda S. Baruzzi, Nuove commissioni censuarie per attuare la revisione del catasto: pari tutela per Fisco e contribuente?, in questa Rivista, pag. 642.
[2] Il Sole 24 Ore (23 giugno 2014) aveva ipotizzato, con il nuovo catasto, un aumento dei valori fino a 10 volte più alto. Il 4 agosto, secondo lo stesso quotidiano, l’aumento medio era stimato in un ridotto 68%.
[3] Con l'introduzione dell’Imu, imposta che ha in gran parte le caratteristiche dell'imposta patrimoniale, come peraltro l’Ici, si e verificato un fenomeno forse ancora non del tutto compreso.
La problematica e stata evidenziata dal Prof. Francesco Forte (relazione del 20 febbraio 2014). Questi i dati indicati in tale studio.
L'Ici ha dato un gettito di 9 miliardi; l'Imu di 24; per il 2014 si prevede poi un aumento, con la Tasi, Imu mascherata (base imponibile uguale all’Imu), che va ad aggiungersi all’“IMU ordinaria”, rimasta in vigore come componente della Iuc.
Per effetto dell'impatto dei tributi sul valore degli immobili, l'aumento delle imposte ha causato una riduzione di valore degli immobili stessi di oltre 350 miliardi di Euro. Una vera patrimoniale occulta, ma sprecata. Una grande perdita di valore che non ha avvantaggiato nessuno. Un vero spreco. Tanto valeva mettere una vera e propria patrimoniale, bassa, e non saremmo qui a cercare coperture sempre più striminzite e rabberciate, spostandole anche nel tempo. E gli immobili non avrebbero perso di valore, o comunque non così tanto.
Nel concreto, ad un tasso del 4% di rendimento, la maggiorazione di carico fiscale causata dall’IMU porta appunto ad una perdita di valore del patrimonio immobiliare di circa 350 miliardi di Euro.
Ciò in base alla teoria dell'ammortamento delle imposte. Per chi fosse interessato al dettagliato calcolo, si rimanda all'elaborato sopra citato, rintracciabile in Internet.