Immobili di interesse storico-artistico. Dalle agevolazioni negate al nuovo catasto
di Giuseppe Rebecca
Immobili e proprietà, ottobre 2015
Introduzione
Il legislatore, anche al fine di compensare i gravosi obblighi di conservazione e manutenzione, nonché i vincoli di destinazione, di utilizzo e al trasferimento posti a carico dei proprietari di immobili di interesse storico, aveva da tempo previsto un regime fiscale di particolare favore. Si ricorda che le prime agevolazioni fiscali furono introdotte con la L. 2 agosto 1982, n. 512 (c.d. “Legge Scotti”), dedicata al “Regime fiscale dei beni di rilevante interesse culturale”.
Questo fino al restyling del sistema impositivo diretto di cui al D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito dalla L. 26 aprile 2012, n. 44, nonché alla riforma delle imposte d’atto sui trasferimenti immobiliari a titolo oneroso, ex art. 10 del D.Lgs. n. 23/2011 e art. 26 del D.Lgs. n. 104/2013, in vigore dal 1° gennaio 2014, interventi che hanno comportato l’abrogazione di quasi tutte le disposizioni agevolative previste per gli immobili soggetti a vincolo.
Ora, quindi, gli immobili storici sono trattati, tenuto conto degli obblighi che comportano, peggio di tutti gli altri immobili, di qualsiasi tipologia. Non ne pare chiara la motivazione, se non motivazioni di gettito.
E il nuovo catasto edilizio-urbano non sembra prevedere nulla di positivo.
1. Imposte dirette
1.1 La ‘rendita figurativa’
Il sistema impositivo precedente, abrogato appunto dal citato D.L. 2 marzo 2012, n. 16, trovava il proprio fondamento nella disposizione agevolativa di cui all’art. 11, comma 2, L. 30 dicembre 1991, n. 413, secondo il quale il reddito derivante dal possesso di immobili di interesse storico-artistico andava determinato in base alla c.d. ‘rendita figurativa’, ovvero mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato.
Tale norma disponeva l’applicabilità di tale criterio “in ogni caso”, ovvero a prescindere dall’utilizzo dell’immobile. In caso di locazione, pertanto, il relativo canone risultava essere irrilevante, ai fini tributari, per il percipiente. Il proprietario-locatore veniva, infatti, comunque tassato in base alla “rendita figurativa”, a differenza delle “locazioni ordinarie”, per le quali il reddito è sempre stato costituito dal maggiore tra il canone di locazione, ridotto forfetariamente del 15% (5% dal 2013), a titolo di spese, e la rendita catastale rivalutata. Tale agevolazione era stata prevista per “tener conto del fatto che i proprietari degli immobili appartenenti alla tipologia considerata dalla norma in questione debbono affrontare, nell’interesse pubblico alla conservazione dei beni culturali, costi di manutenzione così rilevanti da rendere non sicuramente determinabile il reddito effettivo [1]”.
Ricordiamo come la locuzione “in ogni caso” avesse dato adito a non poche difficoltà interpretative. Da un lato, infatti, l’Amministrazione Finanziaria [2] aveva tentato di limitare l’ambito di applicazione della norma in questione prima ai soli immobili non locati, poi ai soli immobili abitativi posseduti da persone fisiche, anche se locati; infine, aveva riconosciuto essere ampliabile l’agevolazione anche alle imprese, limitatamente però agli immobili patrimonio, esclusi quindi gli immobili merce e quelli strumentali. In questo senso, da ultimo vedasi anche Corte di Cassazione, sentenza n. 7615/2014.
Dall’altro lato, la giurisprudenza si era espressa più volte a favore di un’interpretazione estensiva della norma. Tra le diverse pronunce, la Corte Costituzionale[3] aveva affermato che “le disposizioni legislative che accordano agevolazioni e benefici tributari di qualsiasi specie possono essere ritenute lesive del canone di ragionevolezza … nei soli casi della palese arbitrarietà o irrazionalità. (…). Passando all’esame della questione, nessun dubbio può sussistere sulla legittimità della concessione di un beneficio fiscale relativo agli immobili di interesse storico o artistico, apparendo tale scelta tutt’altro che arbitraria o irragionevole, in considerazione del complesso di vincoli ed obblighi gravanti per legge sulla proprietà di siffatti beni quale riflesso della tutela costituzionale loro garantita dall’art. 9, secondo comma, della Costituzione. La norma impugnata, d’altro canto, non è nemmeno illegittima, con riferimento sempre al canone di ragionevolezza, nella parte … in cui prevede che il reddito imponibile sia ‘in ogni caso’ determinato mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato, e perciò anche quando l’immobile di interesse storico o artistico sia locato”. Tale orientamento trovava il proprio fondamento nella incomparabilità della disciplina fiscale degli immobili di interesse storico-artistico con quella degli altri immobili, trattandosi di categorie di beni non omogenee.
Significativa è, inoltre, la sentenza 9 marzo 2011, n. 5518 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che ha definito il regime di cui all’art. 11, comma 2, L. 30 dicembre 1991, n. 413 non come esenzione o riduzione d’imposta, bensì come “sorta di regime tributario sostitutivo” e come “peculiare modalità di imposizione astrattamente determinata senza alcun rapporto con il valore reale (locativo o fondiario) del bene tassato …”. Quanto all’ambito applicativo di tale regime sostitutivo, secondo la stessa Corte di Cassazione non vi sarebbe stato spazio per limitazioni, che avrebbero altrimenti ridotto il valore della locuzione (“in ogni caso”) utilizzata dal legislatore e avrebbero svalutato “la qualità, il carattere storico-artistico dell’immobile, che rappresenta, nell’insindacabile scelta legislativa, l’unica ragione giustificatrice dell’applicazione di un regime impositivo speciale”.
Da ultimo, sempre a favore dell’applicabilità dell’agevolazione anche nei casi di locazione, si ricorda la recente sentenza della Corte di Cassazione 7 novembre 2012, n. 19251, secondo cui “l’inciso ‘in ogni caso’ perderebbe ogni utile significato, qualora la disposizione in questione fosse riferita esclusivamente alla determinazione del reddito degli immobili non locati: non sarebbe contemplato ogni caso, ma soltanto un caso”.
1.2 Il ‘restyling’ ex D.L. n. 16/2012
La predetta disposizione è stata abrogata ad opera dell’art. 4, comma 5 quater, del citato D.L. 2 marzo 2012, n. 16. A partire quindi dal 1° gennaio 2012, il sistema impositivo diretto dei redditi derivanti da immobili di interesse storico-artistico è così profondamente mutato, diventando penalizzante per i proprietari, i quali, a fronte di obblighi e i vincoli immutati, si sono trovati un aumento esponenziale - soprattutto nel caso di immobile locato - del carico fiscale.
Sono previsti trattamenti differenti a seconda che l’immobile sia o meno locato, come analizzato di seguito.
1.3 La tassazione del possesso
Nel caso di immobile non locato, a fronte dell’abrogazione del criterio basato sulla ‘rendita figurativa’, per gli immobili vincolati posseduti da persone fisiche non in regime d’impresa, non sono state introdotte nuove e specifiche disposizioni ai fini IRPEF, in considerazione del fatto che dal 2012 l’IMU, cui sono stati assoggettati anche detti immobili, ha assorbito l’IRPEF e le relative addizionali. Si ricorda, tuttavia, che in base alla Legge di Stabilità 2014 (L. n. 147/2013), a partire dal 2013, per gli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso Comune nel quale si trova l’abitazione principale, assoggettati ad IMU, il relativo reddito è tassato ai fini IRPEF e relative addizionali nella misura del 50% della rendita catastale. Viene, così, penalizzato il possesso di una seconda casa, a disposizione, sita nello stesso territorio comunale ove si trova l’abitazione principale.
La c.d. “Manovra Monti” (D.L. n. 201/2011), che ha anticipato al 2012 l’applicazione dell’IMU, inizialmente non aveva previsto alcuna agevolazione per gli immobili soggetti a vincolo, come invece era stabilito ai fini ICI. Il D.L. n. 16/2012 ha poi disposto, in questo caso, la riduzione del 50% della base imponibile, calcolata, comunque, sempre utilizzando la rendita ordinaria, essendo del tutto abbandonata la rendita figurativa.
Stesso identico trattamento si ha per gli immobili (patrimonio) di interesse storico - artistico posseduti da società ed enti non commerciali per i quali, tuttavia, è prevista una riduzione pari al 50% della base imponibile. Inoltre, in tal caso, per gli immobili a disposizione non si applica la maggiorazione di un terzo, ordinariamente prevista, di cui all’art. 41 T.U.I.R.
1.4 La tassazione della locazione
Dal 2012 il reddito derivante dalla locazione, a qualsiasi uso (abitativo e non) di fabbricati di interesse storico - artistico, è pari al maggiore tra il canone ridotto forfetariamente del 35%[4] e la rendita catastale rivalutata del 5% risultante dall’applicazione della tariffa d’estimo (reddito medio ordinario), ridotta del 50%[5]. Tale trattamento vale sia per le persone fisiche e le società semplici, che per le imprese e le società commerciali (modifiche apportate all’art. 37, comma 4 bis, Tuir dallo stesso D.L. n. 16/2012).
Il cambiamento è indiscutibilmente significativo: ante 2012, il reddito derivante dalla locazione di immobili vincolati era determinato in base alla ‘rendita figurativa’, indipendentemente, dunque, dal quantum percepito a titolo di canone di locazione. Dal 2012, è necessario confrontare la rendita effettiva dell’immobile, rivalutata ed abbattuta del 50%, con il canone di locazione, ridotto forfetariamente del 35%. In definitiva, rispetto al passato, “l’agevolazione non si concretizza più nella irrilevanza dei canoni di locazione, bensì soltanto nel riconoscimento di una maggiore riduzione forfettaria del canone rispetto a quella prevista in via ordinaria per gli immobili che non presentano un interesse storico o artistico” ai sensi dell’art. 10 del D.Lgs. n. 42/2004[6].
Assumendo ora rilevanza il canone di locazione, può considerarsi del tutto indifferente sia la questione dell’utilizzo della rendita effettiva al posto di quella figurativa, sia la concessa riduzione del 50% di detta rendita effettiva. Molto difficilmente, infatti, il canone di locazione sarà inferiore alla rendita, e per questo il riferimento sarà quasi sempre al canone di locazione stesso, mentre la rendita rivestirà un’importanza del tutto marginale.
Quanto al canone, che è, dunque, l’aspetto di maggior interesse, il legislatore ha previsto un abbattimento forfetario maggiore, pari al 35% in luogo dell’ordinario 15% (5% dal 2013). Un maggiore abbattimento del 30% (35% rispetto all’ordinario 5%), sarà sufficiente a compensare le spese e gli ingenti oneri a carico dei proprietari di immobili vincolati se confrontati con le spese che deve sostenere un proprietario di un qualsiasi altro immobile? Considerando che per vent’anni il canone di locazione è stato considerato fiscalmente irrilevante, proprio per compensare i gravosi obblighi di conservazione e manutenzione, nonché i vincoli di destinazione, di utilizzo e al trasferimento posti carico dei proprietari di tali immobili, la risposta dovrebbe essere senz’altro negativa. Cosa giustificherebbe, infatti, il passaggio da un’irrilevanza totale ad una rilevanza per il 65% dell’importo, se non esigenze di gettito?
2. Imposte indirette
2.1 I trasferimenti a titolo oneroso
Con decorrenza 1° gennaio 2014, il legislatore tributario è intervenuto anche in relazione all’imposta di registro dovuta sui trasferimenti a titolo oneroso.
Fino al 31 dicembre 2013, l’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al d.P.R. n. 131/1986, disponeva l’applicazione dell’imposta di registro nella misura ridotta del 3% (anziché 7%) ai trasferimenti[7] di immobili di interesse storico - artistico, a condizione che l’acquirente non venisse meno agli obblighi di conservazione dell’immobile oggetto di trasferimento. Sullo stesso trasferimento, erano dovute le imposte ipocatastali nella misura complessiva del 3% (2% + 1%) in caso di immobile abitativo, ovvero 4% (3% + 1%) in caso di fabbricato strumentale [8].
La ratio sottostante a tale trattamento agevolato era, appunto, quella di “venire incontro alle maggiori spese di manutenzione e conservazione che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili sottoposti al vincolo” [9].
Con la riforma della tassazione dei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso (art. 10 del D.Lgs. n. 23/2011 e art. 26 del D.L. n. 104/2013), lo stesso trasferimento è oggi soggetto ad un’imposta di registro pari al 9%, con un minimo dovuto pari ad € 1.000. A parziale compensazione dell’aumento di ben sei punti percentuali dell’imposta di registro, le imposte ipocatastali sono dovute, invece che in misura proporzionale, in misura fissa per un importo pari ad € 50 ciascuna.
La differenza è comunque notevole: ipotizzando una cessione di un immobile vincolato del valore di € 400.000, se fino al 31 dicembre 2013 le imposte d’atto complessive sarebbero state pari ad € 24.320 (considerando, registro 3%, ipocatastali 3% complessivamente, bollo e tasse ipotecarie € 320), dal 1° gennaio 2014 lo stesso trasferimento sconterebbe imposte per un totale di € 36.100 (considerando, registro 9%, ipocatastali € 100, bollo e tasse ipotecarie pari a zero), corrispondente ad un aumento del 48,44%.
2.2 Imposte di successione e donazione
Per i trasferimenti di immobili di interesse storico - artistico mortis causa o per donazione, al contrario della cessione, non vi sono modifiche normative di recente introduzione, fatta eccezione per l’aumento dell’imposta di registro da € 168 a € 200.
Le predette imposte sono dovute in misura differente a seconda che l’immobile sia già o meno vincolato all’atto del trasferimento.
Ai fini successori, l’art. 13 del D.Lgs. n. 346/1990 riconosce un’esclusione dalla base imponibile per i beni già sottoposti a vincolo all’apertura della successione. Se nell’attivo ereditario sono compresi immobili non ancora sottoposti a vincolo, pur avendo le caratteristiche di un immobile storico - artistico, l’imposta dovuta dall’erede o legatario è ridotta del 50%, ex art. 25 del D.Lgs. n. 346/1990.
Quanto agli atti di donazione, per gli immobili già sottoposti a vincolo al momento del trasferimento, si applica l’imposta di registro nella misura fissa di € 200 (€ 168 fino al 31 dicembre 2013), ex art. 59, comma 1, D.Lgs. n. 346/1990); per quelli non ancora assoggettati al vincolo, pur sussistendone i requisiti, l’imposta è ridotta del 50%, come nel caso di successione.
2.3 Il nuovo catasto edilizio-urbano
La legge delega per la riforma fiscale (L. n. 23 dell’11 marzo 2014) tra le altre cose prevede anche la riforma del catasto, ed in particolare l’art. 2, comma 1, lett. m)[10] tratta degli immobili di interesse storico-artistico.
Ricordiamo che il nuovo catasto prevede il riferimento base alla superficie, piuttosto che ai vani, accompagnato da una analisi più puntuale del patrimonio immobiliare in generale.
Per i castelli, il piano dell’Agenzia delle Entrate è quello di procedere a stima diretta, decidendo se utilizzare la perizia di un esperto (la stima diretta, per l’appunto) o una funzione statistica per gli altri immobili vincolati in base al Codice dei beni culturali, con un abbattimento di valore ad hoc che tenga conto delle cautele previste dalla delega per questo tipo di immobili.
Per le altre tipologie di beni, pare di capire che sarà fatto sempre un confronto con gli immobili non vincolati.
Le associazioni che rappresentano i proprietari di questo tipo di abitazioni sono tutte molto preoccupate, anche perché, dopo la pressoché totale eliminazione di tutte le agevolazioni, ora si preannuncia un aumento del valore catastale poco consono ad un patrimonio da difendere e mantenere.
Tenuto anche conto delle caratteristiche in generale di questi beni, cioè la dimensione, si teme cosa potrà prevedere l’applicazione pratica delle norme, nonostante vi sia una specifica “clausola di salvaguardia” relativa all’invarianza di gettito (purtroppo inattuabile, secondo noi).
3. Conclusioni
Il sistema impositivo relativo agli immobili di interesse storico - artistico, inizialmente creato ad hoc per tentare di compensare i pesanti oneri e vincoli di cui detti immobili sono gravati, è profondamente mutato negli ultimi due anni, diventando fortemente penalizzante per i loro proprietari. E ciò nonostante gli obblighi conservativi e di manutenzione, nonché i vincoli di destinazione, di utilizzo e al trasferimento siano rimasti immutati.
L’abrogazione del criterio della “rendita figurativa”, dal 2012, in ogni caso, e la rilevanza invece dell’eventuale canone di locazione hanno comportato un aumento esponenziale del carico impositivo, a fronte di nessun alleggerimento in termini di minori obblighi / vincoli. Per i proprietari, ciò si concretizza in un “dare in più”, senza nulla ricevere in cambio.
Ove poi il proprietario dovesse optare per liberarsi dell’immobile, diventato fiscalmente troppo costoso, la maggiore onerosità dei trasferimenti immobiliari dal 2014, con applicazione dell’imposta di registro al 9% anziché al 3%, di certo non incentiverebbe il potenziale acquirente.
Ad essere vincolato, oltre all’immobile, si trova così anche il proprietario, al quale non resta che tenersi l’immobile stesso, rispettare gli obblighi, invariati, di cui è sempre stato gravato, e pagare maggiori imposte.
Magari confidando in un revirement del legislatore. Certo che trattare sostanzialmente allo stesso modo immobili vincolati e non pare né equo né corretto.
Quanto al nuovo catasto edilizio-urbano, basato in generale sulla superficie, piuttosto che sui vani, tutti sono molto preoccupati, per via del prevedibile aumento di valore, non accompagnato da una adeguata e conseguente riduzione delle imposte. La cosiddetta “clausole di salvaguardia”, infatti, è ritenuta a livello generale, per tutte le imposte e per tutti gli immobili. Già sarà di impossibile applicazione per gli immobili normali; per quelli storici, inapplicabilità assoluta, ne siamo certi.
Tabella di sintesi. Tassazione immobili vincolati. Evoluzione normativa
IMPOSTE
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POSSESSO |
Sistema impositivo ante D.L. n. 16/2012 |
Sistema impositivo post D.L. n. 16/2012 |
- Tassazione sulla base della ‘rendita figurativa’ (rendita ridotta) |
Tassazione sulla base della rendita effettiva
- Persone fisiche: non introdotte specifiche disposizioni poiché l’IMU sostituisce Irpef e addizionali (salvo deroga ex L. Stabilità 2014) IMU al 50%; - Imprese e Società: tassazione sulla base della rendita catastale effettiva rivalutata, ridotta del 50%. Non si applica la maggiorazione di 1/3 se immobile a disposizione. |
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LOCAZIONE |
Persone Fisiche Irrilevanza del canone di locazione - Tassazione sulla base della ‘rendita figurativa’ Imprese , stesso trattamento solo per immobili patrimonio |
Rilevanza del canone di locazione
- Tassazione sulla base del maggiore importo tra la rendita catastale effettiva rivalutata, ridotta del 50%, e il canone di locazione ridotto del 35% (in luogo del 5%) |
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IMPOSTE
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Sistema impositivo ante “riforma 2014” |
Sistema impositivo post “riforma 2014” |
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Imposte d’atto sul trasferimento : - Imposta di registro: 3% - Ipocatastali: 3% (abitativo) o 4% (strumentale) Imposta di successione : - per immobili già sottoposti a vincolo: esclusione dalla base imponibile; - per immobili non ancora sottoposti a vincolo: riduzione dell’imposta al 50%. Imposta di donazione : - per immobili già sottoposti a vincolo, imposta di registro fissa (€ 168); - per immobili non ancora sottoposti a vincolo, riduzione dell’imposta al 50%. |
Imposte d’atto sul trasferimento : - Imposta di registro: 9% (min € 1.000) - Ipocatastali: € 50 + 50 Imposta di successione : - per immobili già sottoposti a vincolo: esclusione dalla base imponibile; - per immobili non ancora sottoposti a vincolo: riduzione dell’imposta al 50%. Imposta di donazione : - per immobili già sottoposti a vincolo, imposta di registro fissa (€ 200); - per immobili non ancora sottoposti a vincolo, riduzione dell’imposta al 50%. |
[1] Cass., SS.UU., Sentenza 9 marzo 2011, n. 5518
[2] Cfr. circolari n. 7/1106 del 1993, n. 154/E del 1995, n. 9/E del 2005.
[3] Corte cost., sentenza 28 novembre 2003, n. 346.
[4] Rimane la maggiore riduzione di un ulteriore 30% in caso di locazione con contratto agevolato/a canone concordato. Si tratta, comunque, di un’agevolazione spettante a tutti i contratti agevolati, a prescindere dal tipo di immobile locato (vincolato o meno).
[5] Così come precisato dalla Risoluzione n. 114/E del 31 dicembre 2012.
[6] M. Zanni, “Il nuovo regime fiscale degli immobili di interesse storico o artistico”, in Il Fisco, n. 27/2012, 1-4245.
[7] Chiaramente fuori dal campo di applicazione dell’IVA, altrimenti l’imposta di registro era ed è dovuta in misura fissa (€ 200 dal 1° gennaio 2014), così come le imposte ipocatastali.
[8] Sul disallineamento tra il dato normativo, che farebbe propendere per l’applicazione delle imposte ipocatastali in misura fissa, e l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, secondo la quale le stesse imposte sono dovute proporzionalmente, si segnala E. Zanetti, “ Trasferimenti di immobili storici agevolati anche per le ipo-catastali”, in Eutekne del 10 marzo 2012. Tuttavia, con la riforma delle imposte d’atto sui trasferimenti a titolo oneroso, in vigore dal 1° gennaio 2014, tale problema si può considerare superato, in considerazione del fatto che per compensare l’aumento dell’aliquota dell’imposta di registro, le ipocatastali sono sempre dovute in misura fissa.
[9] Cass., sentenza 21 luglio 2010, n. 17062, citata da R. Lunelli, “ Attualità e prospettive nel trattamento tributario dei beni storici tutelati”, in Il Fisco, n. 5/2013, 1-654.
[10] m) prevedere, per le unità immobiliari riconosciute di interesse storico o artistico, come individuate ai sensi dell’art. 10 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, adeguate riduzioni del valore patrimoniale medio ordinario di cui alla lett. h) e della rendita media ordinaria di cui alla lett. i) del presente comma, che tengano conto dei particolari e più gravosi oneri si manutenzione e conservazione nonché del complesso dei vincoli legislativi alla destinazione, all’utilizzo, alla circolazione giuridica e al restauro.