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Con il “nuovo catasto” siamo di fronte a un ossimoro

di Giuseppe Rebecca
EUTEKNE.INFO - Il quotidiano del Commercialista, 23 ottobre 2015

Riforma del catasto e invarianza di gettito: bislacco ossimo­ro propostoci da un legislatore sempre più confuso, per non dire incapace. Il riordino del catasto è un atto dovuto, non solo verso la Ue, ma anche per aggiornare gli estimi, fermi al 1988/89, e per variarne l’impostazione di base legata ai vani. Oggi la situazione non appare equa: le valutazioni effettuate in base ai dati catastali sono inferiori, pressoché sempre, ai valori di mercato; ma nell’ambito di queste valutazioni ci sono differenze enormi, tra città e città, come pure tra zone della stessa città e anche tra diverse tipologie di immobili.

La delega per la riforma fiscale (L. 23/2014), oltre a una pre­ventiva generale previsione di riduzione dell’imposizione fiscale (art. 16), così intanto si rassicurano tutti, prevedeva anche una cosa molto importante: l’invarianza di gettito complessivo relativamente agli immobili. L’invarianza prevista dalla legge delega fiscale non era inva­rianza del prelievo a carico del contribuente, né di una speci­fica imposta, ma semplice invarianza teorica di gettito totale. La legge delega non stabiliva nemmeno il principio dell’invarianza del gettito a livello locale, anche se l’interpretazione successiva è stata in questo senso. Dato per scontato che con il nuovo catasto le rendite e i valo­ri sarebbero aumentati, ne derivava che, per garantire la di­chiarata invarianza di gettito, le imposte dovevano corri­spondentemente diminuire. E questo per singola imposta e per singola zona territoriale. Ma tenuto conto che le variazioni dei valori sarebbero state le più diversificate, anche le variazioni delle aliquote delle imposte sarebbero dovute conseguentemente essere variate nelle stesse proporzioni, all’inverso. E tutto per garantire la indicata invarianza.

Per restare sulla pratica, ci saremmo dovuti trovare con ali­quote IRPEF diverse da Comune a Comune, e lo stesso sa­rebbe accaduto per le imposte di registro, per l’IVA e per tutte le altre imposte. Assolutamente improponibile. Ne deriva che la dichiarata invarianza non poteva essere ga­rantita. L’eventuale revisione delle rendite e dei valori può essere attuata solo in un momento di bassa imposizione tota­le nel settore, non certamente oggi, con gli immobili veri bancomat del fisco, come anche gradito dall’Ue. Questa realtà non l’avevano evidentemente considerata i promotori della legge delega - L. 11 marzo 2014 n. 23 (C.282 Causi, C.950 Zanetti, C.1122, Capezzone e C.1339 Migliore) - né il Parlamento né tantomeno l’Amministrazione finanziaria, che nel frattempo aveva comunque lavorato sodo.

Il Governo se ne è accorto solo all’ultimo momento, giusto qualche giorno prima della scadenza della legge delega, vi­sto anche le segnalazioni da più parti pervenute e ha sospeso il tutto, abbandonando il progetto. Peccato che nel frattempo molte risorse siano state impiegate in un progetto inutile, ed evidentemente poco ponderato. E quanta promozione ne era stata fatta!

“Troppo alto il rischio di far aumentare le tasse” hanno spie­gato da Palazzo Chigi. Bella scoperta. Fra i decreti di attua­zione della delega fiscale approvati dal Consiglio dei Mini­stri non c’è stato quindi quello sugli immobili. Nel 2015 sono in ogni caso sensibilmente aumentate le ren­dite catastali complessive degli immobili, su cui hanno in­fluito:

- l’aumento delle rendite catastali accertate, ad agosto 2015: 81 milioni di euro;

- l’operazione “case fantasma” che ha dato risultati interes­santi, 825 milioni di rendite catastali in più, relative a 1,2 mi­lioni di unità immobiliari;

- la collaborazione con Comuni, anche se non ancora a regime, che in 10 anni ha dato un aumento di circa 365 milioni di euro di rendite.

Sono questi i dati forniti il 7 ottobre 2015 alla Commissione parlamentare sull’Anagrafe tributaria dalla direttrice delle Entrate, Rossella Orlandi, che a margine di tale audizione ha definito la mancata riforma del catasto “un’occasione per­sa”.

Ma la riforma del catasto, come abbiamo visto, è ed era inattuabile, se applicata in un periodo di forte pressione tributaria sugli immobili, quale quello attuale. Probabilmente Orlandi si sarà voluta riferire al lavoro già compiuto, come la stessa riconosce, così che la riforma potrà essere attuata anche in seguito, ma non certamente all’applicazione pratica. Tutto perché la legge delega era sbagliata, dove prevedeva l’ inattuabile invarianza di gettito, per tributo e, come si è detto, anche per singole zone, come poi è stato inteso. E an­che uno dei promotori, l’onorevole Marco Causi, non potendo giustificare meglio, ha cercato di motivare il rinvio con la problematica della introduzione di nuove imposte. Anche questa riforma del catasto ha fatto la stessa fine delle precedenti, della legge 662/1996 e successive, e non poteva che essere così, date le premesse... Dovremo tenerci le ren­dite attuali chissà per quanto ancora.

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