Cessione di immobili da demolire. Le novità della Cassazione 2014
di Giuseppe Rebecca e Giulia Lovato
Immobili e proprietà, 18 agosto 2015
La questione della cessione di immobili da demolire (fiscalmente considerata cessione di area piuttosto che cessione di immobile) è finalmente giunta al vaglio della Corte di Cassazione, nel 2014. Con la sentenza n. 4150 del 21 febbraio 2014, la Cassazione si è espressa a favore del contribuente, orientamento confermato anche dalla successiva sentenza n. 15629 del 9 luglio 2014. E’ stata quindi presentata una nuova interrogazione parlamentare, la n. 5-03220 del 15 luglio 2014, la quarta sul tema, che però non ha fornito soddisfacenti risposte.
La Cassazione è di nuovo intervenuta sul tema, questa volta in ambito di imposta di registro, con la recente sentenza n. 24799 del 21 novembre 2014, confermando la possibilità per l’Amministrazione Finanziaria di riqualificare, ai fini dell’imposta di registro, l’atto di cessione di immobile da demolire in cessione di area edificabile, qualora ne sussistano i presupposti ex art. 20 del D.P.R. n. 131/1986 (possibilità che ai fini IVA è invece sempre stata negata dalla stessa Amministrazione Finanziaria).
1. Introduzione
La fattispecie cessione di immobile da demolire è stata trattata ben quattro volte dalla Cassazione nel corso del 2014, seppur a diverso titolo.
Il 21 febbraio 2014, con la sentenza n. 4150, la Cassazione si è pronunciata, per la prima volta, sul tema della riqualificazione della cessione di immobile da demolire in cessione di area edificabile, ai fini delle imposte dirette. La Corte, seppur non motivando esaustivamente la propria posizione, si è espressa contro la tesi dell’Agenzia delle Entrate, la quale ritiene, in caso di cessione di immobile da abbattere, di dover riqualificare l’oggetto della cessione in area edificabile.
La Cassazione è intervenuta una seconda volta, con la sentenza n. 7613/2014, che, seppur rigetti il ricorso del contribuente, che solo da ultimo chiedeva di considerare l’atto come cessione di immobile e non di area, non configura un revirement della Corte. Si tratta semplicemente di una caso diverso rispetto al precedente, in quanto il contribuente, erroneamente, richiedeva alla Corte un’indagine di fatto, di competenza, invero, del giudice di merito. Per tale motivo, il ricorso non ha trovato accoglimento.
Con la sentenza n. 15629/2014, la Cassazione si è di nuovo espressa sul tema della cessione di immobili da abbattere, per la seconda volta contro la tesi dell’Amministrazione Finanziaria, argomentando più compiutamente la propria posizione.
Da ultimo, si segnala la più recente sentenza, la n. 24799 del 21 novembre 2014, in tema di imposta di registro. La Cassazione questa volta, si è espressa a favore della tesi dell’Agenzia, accogliendo il suo ricorso e confermando la correttezza della riqualificazione operata, ai fini dell’imposta di registro.
Nel corso del 2014, è stata altresì presentata una nuova interrogazione parlamentare, n. 5-03220 del 15 luglio 2014, la quarta sul tema, anche questa volta, come si approfondirà successivamente, la risposta è stata per la condivisione della tesi dell’Amministrazione Finanziaria.
2. Il caso
All’origine della prassi dell’Amministrazione Finanziaria di riqualificare, ai fini delle imposte dirette, la cessione di immobile da demolire (non imponibile se posseduto da più di 5 anni) in cessione di terreno edificabile (sempre imponibile), vi è la Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008.
In risposta all’interpello di un contribuente, che si trovava a cedere un immobile ricompreso in un Piano di Recupero, e destinato alla demolizione, l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto di riqualificare tale cessione in cessione di area edificabile.
Di conseguenza il cedente si era visto tassare la plusvalenza, a questo punto riqualificata quale cessione di area edificabile, nonostante il possesso ultraquinquennale dell’immobile.
Nella stessa Risoluzione n. 395/E/2008, l’Agenzia suggeriva al contribuente una soluzione pratica, ovvero rivalutare «ai sensi dell'art.1, comma 91, della legge n.244/2007 (finanziaria 2008)» il terreno ceduto, sebbene l’effettivo oggetto della cessione fosse un fabbricato, e non un’area edificabile.
Pertanto, stante quanto indicato nella Risoluzione n. 395/E/2008, il contribuente intenzionato a vendere un fabbricato da demolire (seppur posseduto da più di 5 anni), per evitare il quasi sicuro accertamento, avrebbe dovuto innanzitutto richiedere una perizia di stima asseverata attestante il valore del terreno (non dell’immobile), e affrancare il plusvalore così valutato pagando l’imposta sostitutiva del allora 4%. Successivamente, avrebbe dovuto indicare nell’atto di cessione dell’immobile (non del terreno), oltre agli estremi dell’immobile, anche il riferimento alla perizia effettuata sul terreno (si ribadisce, non sull’immobile).
Il contribuente, infine, avrebbe dovuto dichiarare, ai fini delle imposte dirette, il reddito diverso.
Tale interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, palesemente illogica ed alquanto contorta, è stata poi estesa dalla cessione di immobile inserito in un piano di recupero, alle cessioni di immobili da abbattere in generale.
Ci si chiede il perché l’Amministrazione Finanziaria abbia sviluppato tale tesi, ripetutamente confermata ( [1]).
La sola risposta che siamo stati in grado di dare, sin dalla pubblicazione della Risoluzione nel 2008 è la seguente: pura esigenza di gettito. Non siamo in grado di riconoscere altre valide motivazioni.
Come noto, infatti, l’art. 67 TUIR, comma 1, lett. b) definisce redditi diversi, sottoposti a tassazione:
· le plusvalenze derivanti da cessione a titolo oneroso di beni immobili acquisiti/costruiti da meno di 5 anni, esclusi quelli ottenuti per successione;
· in ogni caso, le plusvalenze derivanti da cessioni a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione.
Di conseguenza, la riqualificazione di una cessione di immobile da demolire posseduto da più di 5 anni in cessione di terreno edificabile, dà all’Agenzia dell’Entrate la possibilità di sottoporre a tassazione una plusvalenza che, altrimenti, non sarebbe tassabile.
In conclusione, il contribuente che intende cedere un fabbricato per il quale si ravvede una qualche probabilità di demolizione da parte dell’acquirente, nonché eventualmente facente parte di un Piano Urbanistico, rischia seriamente di vedersi riqualificare, dall’Agenzia delle Entrate, tale cessione in cessione di area edificabile, con tutte le conseguenze che ciò comporta.
Non per niente, numerosi sono gli accertamenti sulla materia, nonché il conseguente contenzioso avanti alle Commissioni Tributarie ( [2]).
Al contrario, ai fini IVA, l’Amministrazione Finanziaria ha sempre confermato che la cessione di un immobile, seppur da abbattere, non debba essere riqualificata in cessione di area edificabile. Infatti, ai fini IVA, il regime di tassazione è «strettamente correlato alla natura oggettiva del bene ceduto, vale a dire allo stato di fatto e di diritto dello stesso all’atto della cessione, prescindendo quindi dalla destinazione del bene da parte dell’acquirente» ([3]).
Ai fini dell’imposta di registro, l’aliquota deve essere applicata sulla base dell’intrinseca natura e degli effetti giuridici dell’atto di cessione al momento della registrazione, come previsto dall’art. 20 del D.P.R. n. 131/1986 ([4]). Questa precisazione non ha comunque più rilevanza dal 2014, visto che, in assenza di agevolazioni, l’aliquota da applicare è sempre del 9% per la cessione di un immobile o di un terreno. Fino al 31 dicembre 2013, al contrario, le aliquote differivano nel caso di cessione di fabbricato piuttosto che di terreno: 7% nel primo caso, 8% nel secondo.
Come verrà approfondito nel paragrafo dedicato, la Cassazione ha affrontato anche il tema dell’imposta di registro nell’ambito della cessione di immobile da demolire (sentenza n. 24799/2014).
3. Le sentenze di Cassazione
Analizziamo le quattro sentenze della Cassazione, pronunciate nel 2014, sul tema della riqualificazione della cessione di immobile da abbattere in cessione di area edificabile.
3.1. Cassazione n. 4150 del 21 febbraio 2014
La Corte di Cassazione si è espressa per la prima volta sul tema in esame con la sentenza n. 4150 del 21 febbraio 2014.
Nel caso esaminato dalla Corte, risalente al 2000 (quindi ante Risoluzione n. 395/E/2008, ma a normativa invariata), il contribuente aveva ceduto un capannone ad uso commerciale senza dichiarare la relativa plusvalenza di L. 370.573.000.
Il ricorso del contribuente, inizialmente rigettato dalla CTP di Ravenna, era stato poi invece accolto dalla CTR di Bologna con sentenza n. 105/2006 del 6 novembre 2006, la quale evidenziava che «oggetto della cessione era un capannone ad uso commerciale e non un terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione, come invece richiesto, per tassare la plusvalenza, dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 81 [ora art. 67], comma 1, lett. b.».
Secondo l’Agenzia delle Entrate, che aveva proposto ricorso in Cassazione, l’art. 67 non farebbe riferimento in via esclusiva alle vendite di terreni “nudi” (ovvero non ancora edificati), bensì anche alle vendite di terreni che, pur essendo già edificati, conservano integra la loro capacità edificatoria in base al piano regolatore generale.
Secondo la Cassazione, al contrario, il terreno in questione, sul quale insisteva il fabbricato oggetto di cessione, non poteva essere considerato terreno edificabile solo in quanto facente parte di un piano regolatore generale, ma deve essere considerato, come a tutti gli effetti è, terreno edificato.
A nulla rileva il fatto che l’immobile «insorga su terreno che abbia una ulteriore potenzialità edificatoria, o che in base a non oggettivamente riscontrate (v. CTR) intenzioni delle parti, il capannone medesimo sia stato destinato alla demolizione.» . Oggetto della cessione è il capannone ad uso commerciale e le relative pertinenze, non il terreno.
Aggiungeva la Corte, ad ulteriore sostegno di quanto affermato, che il capannone commerciale oggetto di cessione risultava censito al catasto dei fabbricati, e non a quello dei terreni.
La decisione, invero, frettolosa e poco motivata, è comunque molto importante, essendo, appunto, la prima che si è occupata della fattispecie in esame..
3.2. Cassazione n. 15629 del 9 luglio 2014
Il caso analizzato dalla Cassazione nella sentenza n. 15629 del 9 luglio 2014, come il caso precedente, anche questo ante Risoluzione n. 395/E/2008, riguarda la cessione di un fabbricato con area di sedime e coltiva di circa 950 mq, con elevata edificabilità residenziale.
La parte venditrice aveva presentato domanda di concessione edilizia per la demolizione e successiva ricostruzione di un edificio prima della vendita; la società acquirente aveva poi richiesto voltura dell’istanza già il giorno successivo all’acquisto.
A favore dell’Agenzia delle Entrate, che riteneva l’area di sedime e coltiva del fabbricato il reale oggetto della cessione, si era espressa la CTR dell’Emilia Romagna con la sentenza n. 109/1/2007 del 5 novembre 2007, impugnata dal contribuente ricorrente.
La sentenza richiama la precedente n. 4150/2014, ampliandone le motivazioni: «dalla “stessa lettera del citato art. 81 (ora 67) e dell’art. 16 (17) comma 1, lett. g bis TUIR.. non possono rientrare… le cessioni aventi ad oggetto non un terreno “suscettibile di utilizzazione edificatoria” ma un terreno sul quale insorge un fabbricato e che, quindi, è da ritenersi già edificato” (così Cass. n. 4150/2014 la quale ha escluso la tassazione separata di una plusvalenza realizzata a seguito di vendita di “capannone ad uso commerciale e relative pertinenze”, censito al catasto fabbricati, ritenendo irrilevante sia l’ulteriore potenzialità edificatoria del terreno su cui esso insisteva, sia l’asserita, ma non dimostrata, intenzione delle parti di demolire il predetto capannone)» .
La Corte, dunque, si è dimostrata coerente con quanto affermato nella prima sentenza: la ratio dell’art. 67 TUIR è volta ad «assoggettare ad imposizione la plusvalenza che […] scaturisce non “in virtù di un’attività produttiva del proprietario o possessore, ma per l’avvenuta destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica” dei terreni» .
Ciò che rileva è, in altri termini, la destinazione edificatoria che sin dall’origine viene assegnata all’area, e non quella attribuita, a seguito di un intervento da parte del cedente o del cessionario, ad un’area già edificata.
Conclude la Corte osservando che oggetto dell’atto è un fabbricato, e, quindi, un «“terreno già edificato” e tale entità sostanziale non può essere mutata (con conseguente incongruenza di ogni diversa riqualificazione), in terreno suscettibile di potenzialità edificatoria, sulla base di presunzioni derivate da elementi soggettivi, interni alla sfera dei contraenti, e, soprattutto, la cui realizzazione (nel caso in specie attraverso la demolizione del fabbricato) è futura (rispetto all’atto oggetto di tassazione), eventuale e rimessa alla potestà di soggetto diverso (l’acquirente) da quello interessato dall’imposizione fiscale”».
Non è, dunque, ammissibile operare una riqualificazione dell’atto di cessione sulla base di elementi e scelte personali dell’acquirente, come la decisione di demolire o meno l’immobile dopo l’acquisto; si tratta, infatti, di elementi futuri, incerti, ed estranei alla sfera tributaria del venditore, in capo al quale non dovrebbero, pertanto, determinare conseguenze.
3.3. Cassazione n. 7613 del 2 aprile 2014
Per completezza, riportiamo anche una sentenza, la n. 7613 del 2 aprile 2014, che, ad una lettura superficiale, potrebbe apparire in contrasto con le due sentenze analizzate ai precedenti paragrafi. La Corte, infatti, non accoglie il ricorso del contribuente che si è visto accertare da parte dell’Agenzia delle Entrate, la plusvalenza derivante dalla cessione di un immobile da demolire. Ma, in realtà, non si può parlare di un revirement della Cassazione, poiché si tratta di un caso diverso.
Il contribuente non aveva, infatti, eccepito nulla in merito alla motivazione inadeguata della CTR impugnata, né ad eventuali violazioni dei canoni legali di interpretazione contrattuale (queste le uniche ipotesi per cui sarebbe stato possibile censurare la sentenza in sede di legittimità).
La Cassazione ha ritenuto inammissibile il ricorso del contribuente, in quanto non congruente con il deciso. La parte ricorrente, infatti, «postula un accertamento di fatto, inerente all’oggetto del contratto di compravendita dal quale è scaturita la pretesa impositiva». Il che si tradurrebbe in un’indagine di fatto, che spetta, invero, al giudice di merito.
La Cassazione ha dovuto, dunque, dichiarare inammissibile il ricorso del contribuente.
Come già anticipato, si tratta, è evidente, di un caso diverso rispetto a quanto visto con la sentenza n. 4150/2014, e non di un revirement della Cassazione.
3.4. L’imposta di registro. Cassazione n. 24799 del 21 novembre 2014.
Si analizza la recente sentenza di Cassazione, n. 24799 del 21 novembre 2014, in tema di imposta di registro.
La Corte ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna n.80 del 24 novembre 2008, e ha confermato la possibilità per l’Amministrazione Finanziaria di riqualificare, ai fini dell’imposta di registro, un atto di cessione di immobile da demolire in cessione di area edificabile, qualora ne sussistano i presupposti ex art. 20 del D.P.R. n. 131/1986 (Testo Unico sull’imposta di registro) ([5]).
Il caso riguardava la cessione (ante Risoluzione n. 395/2008) di un fabbricato obsolescente, poi demolito dall’acquirente, il quale aveva presentato, pochi giorni dopo l’acquisto, istanza concessione edilizia; nulla aveva, invero, richiesto il venditore.
La Commissione Tributaria Provinciale di Rimini e la Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, nelle sentenze impugnate dall’Amministrazione Finanziaria, si erano pronunciate a favore del ricorrente avverso l’avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate.
La Corte, analizzato il caso, ha affermato che «l'atto deve essere tassato in ragione degli effetti giuridici che lo stesso oggettivamente produce». La CTR dell’Emilia Romagna, dunque, avrebbe dovuto, sempre secondo la Corte, considerare che «la immediata richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile al posto di quello “vecchio” poi demolito avesse oggettivamente dato luogo a una vendita di terreno edificabile» .
Pertanto, è stata rinviata nuovamente la decisione alla CTR, che dovrà verificare «se gli effetti oggettivi della compravendita, a cagione delle istantanee richieste di concessione edilizia e demolizione del vecchio stabile, fossero o meno stati quelli di una vendita di terreno edificabile, dovendosi in ipotesi positiva riqualificare l'atto ai sensi del D.P.R. n. 131 cit., art. 20» .
Anche in questo caso, la Cassazione non si è dilungata in spiegazioni.
Ciò che si può desumere dalla lettura della sentenza è che qualora sia possibile individuare una correlazione tra l’atto di compravendita e l’istanza di concessione edilizia per la demolizione del fabbricato, ancorché richiesta dallo stesso acquirente dopo la cessione, allora si dovrà procedere alla riqualificazione della cessione di immobile in cessione di area, ex art. 20 del D.P.R. n. 131/1986.
La Corte non ha preso in considerazione il fatto che l’atto richiesto dall’acquirente successivamente alla cessione (ovvero la concessione edilizia) è un atto di tipo amministrativo, che nulla ha a che fare, pertanto, con l’applicazione del Testo Unico sull’imposta di registro.
Come è dunque possibile ritenere corretto applicare l’art. 20 D.P.R. 131/1986 ad un atto che non è soggetto a tale normativa e, soprattutto, ricollegare negozialmente atti soggetti ad imposta di registro con atti, invece, non soggetti?
La cosa non ci convince.
Inoltre, è opportuno considerare che il principio applicato dalla stessa Amministrazione Finanziaria ai fini IVA, ovvero che il regime di tassazione IVA è correlato alla natura oggettiva del bene ceduto all’atto della cessione ([6]), opera anche in ambito di registro.
Infatti, come si deduce dalla lettura dell’art. 1 del D.P.R. 131/1986 ([7]), il presupposto impositivo per l’applicazione dell’imposta di registro coincide con la formazione dell’atto giuridico. E’ per mezzo dell’atto stesso (o meglio, dell’oggetto dell’atto) che si manifesta la capacità contributiva dei soggetti che lo pongono in essere.
Rileva, in altre parole, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, l’oggetto dell’atto giuridico nel preciso momento in cui si verificano gli effetti traslativi dell’operazione; non è possibile applicare l’imposta di registro in base a come l’oggetto ceduto sarà in un momento successivo alla cessione stessa.
La sentenza, in conclusione, non pare condivisibile.
4. Le interrogazioni alla Camera
La problematica relativa alla cessione di immobili da demolire è stata trattata dai deputati con ben 4 interrogazioni parlamentari, il che è decisamente inusuale.
Nell’ordine, queste sono le interrogazioni:
- n. 5-01881 del 7 ottobre 2009;
- n. 5-04214 del febbraio 2011;
- n. 5-04701 del 4 maggio 2011;
- n. 5-03220 del 15 luglio 2014.
Il testo dell’ultima interrogazione di Giulio Cesare Sottanelli, cui risponde, in data 31 luglio 2014, il Sottosegretario Enrico Zanetti, espone in modo molto chiaro la problematica.
Ci si aspettava una altrettanto esaustiva risposta, ma, purtroppo, così non è stato.
Nella risposta, infatti, viene confermato che ai fini delle imposte indirette il trattamento fiscale da applicare è quello specifico per il bene trasferito (immobile), mentre ai fini delle imposte dirette si conferma l’impostazione “cessione di area”([8]).
Inoltre, viene sottolineato che la riqualificazione è correttamente attuata quando basata su elementi certi e non presuntivi, come ad esempio il prezzo di cessione, la richiesta di concessioni edilizie per la demolizione e la ricostruzione dell’edificio o anche l’attività imprenditoriale svolta dall’acquirente.
Ciò che lascia perplessi è l’ostinazione con cui viene portata avanti tale tesi non solo dall’Amministrazione Finanziaria, ma anche dal Ministero stesso. A nulla sono, quindi, valse le due sentenze n. 4150/2014 e n. 15629/2014.
Si ritiene di riportare una precisazione, alquanto significativa, nella risposta: «Tenuto conto delle argomentazioni sviluppate dall’Agenzia, questo Ministero si riserva di seguire i futuri sviluppi giurisprudenziali, monitorandone attentamente l’andamento» .
Ciò che sembra trasparire dalla frase è che la gestione delle questioni fiscali è lasciata in mano esclusivamente all’Amministrazione Finanziaria, senza alcuna autorità dunque in capo al Ministero. La cosa non ci rassicura per niente.
5. Le nostre obiezioni
Numerosa è la dottrina ([9]) che, al pari nostro ([10]), non condivide la tesi dell’Amministrazione Finanziaria in base alla quale sia corretto riqualificare la cessione di un immobile da demolire in cessione di un’area.
E’ infatti insensato ritenere che le scelte personali dell’acquirente, che potrebbe (forse) decidere di demolire il fabbricato acquistato, possano avere riflessi sulla sfera tributaria del cedente.
Appare parimenti illogico che tale riqualificazione valga solo in parte, in base alla convenienza dell’Amministrazione Finanziaria. Mentre, infatti, ai fini delle imposte dirette, secondo quanto affermato dalla stessa Agenzia delle Entrate nella Risoluzione n. 395/E/2008, la cessione di un fabbricato da demolire deve essere riqualificata in cessione di area, e come tale tassata, ai fini IVA ([11]) tale riqualificazione non deve aver luogo; l’imposta dovrà essere applicata sulla base della natura oggettiva del bene ceduto (l’immobile, non l’area).
Ma può un atto di cessione, che è unico, avere una doppia valenza tributaria? Può esso avere come oggetto un fabbricato, da un punto di vista di diritto, sempre un fabbricato ai fini delle imposte dirette, ma un’area edificabile ai fini delle imposte indirette? Ne dubitiamo fortemente.
6. Conclusioni
Dopo un iniziale ottimismo, vista la sentenza n. 4150/2014 che finalmente contestava quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate in tema di cessione di immobili da demolire, la riconferma con la sentenza n. 15629/2014 lasciava ben sperare in un adeguamento, in tal senso, da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Ma evidentemente la Cassazione non ha influenzato in alcun modo l’Amministrazione Finanziaria, che prosegue imperterrita nella sua strada della riqualificazione delle cessioni di immobili da abbattere in cessioni di aree edificabili.
Eppure il tutto appare molto semplice: se l’atto di cessione ha ad oggetto un fabbricato, tale deve essere anche ai fini delle imposte dirette, a prescindere dalla volontà dell’acquirente di demolirlo o meno o dalla richiesta o meno, da parte del venditore, della concessione edilizia per la demolizione e ricostruzione dell’immobile.
E’ quello che la dottrina ha da sempre sostenuto: la cessione di un immobile, seppure da demolire secondo le intenzioni delle parti, non può essere legittimamente riqualificata in cessione di area edificabile, ma deve restare, ai fini dell’imposizione sia diretta che indiretta, cessione di immobile.
Noi continuiamo a sperare in un revirement dell’Amministrazione Finanziaria, seppur con sempre meno fiducia.
C’è anche da augurarsi che intervenga nuovamente la Corte di Cassazione, con pronunce che si esprimano in accordo con le due precedenti sentenze del 2014, e che il Ministero, finalmente, le faccia proprie, come preannunciato nella risposta all’interrogazione parlamentare di luglio 2014.
Sintesi prassi e giurisprudenza
IMPOSTE DIRETTE |
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Cessione Fabbricato |
Cessione Area |
Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna, sentenza n. 39 del 25 maggio 2006 |
Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna, sentenza n. 228 del 18 luglio 2002 |
Commissione Tributaria Regionale di Bologna, sentenza n. 105 del 27 novembre 2006 |
Risoluzione n. 181/E del 24 luglio 2007 |
Circolare n. 1/E del 19 gennaio 2007 – per evidente contrasto |
Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna n. 109/2007, del 5 novembre 2007 |
Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza n. 377/3/2008 del 22 dicembre 2008 |
Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, sentenza n. 10/14/08 del 17 marzo 2008 |
Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sentenza n. 123 del 4 maggio 2009 |
Commissione Tributaria Regionale di Bologna, sentenza n. 7 del 22 maggio 2008 |
Direzione Regionale delle Marche, risposta a interpello del 28 settembre 2010, prot. n. 23635 – ancorché di incerta valenza |
Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008 |
Commissione Tributaria Provinciale di Rimini, sentenza n. 342/02/10 del 20 dicembre 2010 |
Commissione Tributaria Regionale di Bologna, sentenza n. 7 del 2 febbraio 2009 |
Commissione Tributaria Provinciale di Rimini, sentenza n. 15/02/2011 del 18 gennaio 2011 |
Risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-01881 del 7 ottobre 2009 |
Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, sent. n. 47/04/2011 del 11 marzo 2011 |
Direzione Regionale Emilia Romagna, risposta a interpello del 31 maggio 2010 n. 909-28406/2010 |
Commissione Tributaria Regionale di Milano, sentenza n. 26/14/11 del 23 marzo 2011 |
Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna, sentenza n. 161/03/10 del 19 novembre 2010 |
Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, sentenza n. 85/02/2011 del 7 giugno 2011 |
Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, sentenza n. 194/04/2011 dell’11 dicembre 2010 |
Commissione Tributaria Provinciale di Varese n. 114/6/11 del 5 ottobre 2011 |
Commissione Tributaria Regionale di Bologna, sentenza n. 15 del 7 febbraio 2011 |
Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, sent. n. 126/02/2011 del 6 ottobre 2011 |
Risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-04214 del 16 febbraio 2011 |
Commissione Tributaria Provinciale di Rimini, sentenza n. 289/02/2011 del 12 ottobre 2011 |
Risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-04701 del 4 maggio 2011 |
Commissione Tributaria Provinciale di Modena, sentenza n. 78 del 29 febbraio 2012 |
Direzione Regionale Emilia Romagna, risposta a interpello del 1 dicembre 2011 n. 909-59654/2011 |
Consiglio di Stato, sentenza n. 2723 del 10 maggio 2012 |
Commissione Tributaria Regionale di Roma, sentenza n. 37 del 17 febbraio 2012 |
IMPOSTE DIRETTE |
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Cessione Fabbricato |
Cessione Area |
Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, sentenza n. 86 del 26 marzo 2013 |
Commissione Tributaria Provinciale di Brindisi n. 136/3/13 del 13 marzo 2013 |
Commissione Tributaria Provinciale di Cremona, sentenza n. 45 del 3 maggio 2013 |
Commissione Tributaria I grado di Bolzano, sentenza n. 87 del 17 giugno 2013 |
Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, sentenza n. 125 del 9 maggio 2013 |
Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia n. 117 del 25 ottobre 2013 |
Commissione Tributaria Provinciale di Milano, sentenza n. 271 del 7 ottobre 2013 |
Commissione Tributaria Provinciale di Ravenna, sentenza n. 227 del 9 dicembre 2013 |
Corte di Cassazione, sentenza n. 4150 del 21 febbraio 2014 |
Commissione Tributaria Regionale di Milano n. 161 del 15 gennaio 2014 |
Corte di Cassazione, sentenza n. 15629 del 9 luglio 2014 |
Corte di Cassazione, sentenza n. 7613 del 2 aprile 2014 |
Commissione Tributaria Provinciale di Cremona n. 169/01/14 del 23 luglio 2014 |
Commissione Tributaria Provinciale di Cremona n. 92 dell’11 aprile 2014 |
Commissione Tributaria Regionale di Bari, sentenza n. 2161/22/14 del 3 novembre 2014 |
Risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03220 del 15 luglio 2014 |
Commissione Tributaria Regionale di Lecce, sentenza n. 2161 del 3 novembre 2014 |
Commissione Tributaria Regionale di Brescia n. 5171 del 6 ottobre 2014 |
Commissione Tributaria Regionale di Bologna, sentenza n. 189 del 26 gennaio 2015 |
Commissione Tributaria Provinciale di Prato, sentenza n. 329/03/2014 |
IMPOSTE INDIRETTE |
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Cessione Fabbricato |
Cessione Area |
Circolare n. 6 del 26 gennaio 2001 |
Corte di Cassazione, sentenza n. 8089 del 1991 |
Circolare n. 11/E del 31 gennaio 2002 |
Commissione Tributaria Centrale, Sez. 2, sentenza n. 3034 del 1996 |
Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna n. 80, del 24 novembre 2008 |
Commissione Tributaria Centrale, Sez. 12, sentenza n. 6240 del 1997 |
Risoluzione n. 72/E del 23 marzo 2009 |
Corte di Giustizia Europea, sentenza del 19 novembre 2009, causa C-461/08 |
Commissione Tributaria Provinciale di Reggio Emilia, sentenza n. 191 del 6 dicembre 2010 |
Commissione Tributaria Provinciale di Bologna, sentenza n. 12 del 24 settembre 2010 |
Telefisco, del 26 gennaio 2011 |
Corte di Giustizia Europea, sentenza del 17 gennaio 2013, causa C-543/11 |
Circolare n. 28/E del 21 giugno 2011 |
Corte di Cassazione, sentenza n. 24799 del 21 novembre 2014 |
Corte di Giustizia Europea, sentenza del 12 luglio 2012, causa C-326/11 |
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Commissione Tributaria Provinciale Bergamo n. 163 del 24 febbraio 2014 |
Sintesi Dottrina
Cessione di terreno |
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Alessandro Albano e Pasquale Stellacci, Il Fisco n. 17 del 2011, p. 2675 |
“Profili interpretativi in materia di cessione di fabbricati da demolire che insistono su area fabbricabile” |
Cessione di immobili |
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A. Busani, Il Sole 24 Ore, 08/11/2008 p. 31 |
“Trasformazione fiscale da fabbricato a terreno” |
L. Gaiani, Il Sole 24 Ore, 23/10/2008 p. 34 |
“L’area fabbricabile si estende” |
C. Corradin, Il Fisco n. 41/2008 p. 7421 |
“Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008: il reddito derivante dalla cessione di fabbricato ricadente in Piani di Recupero” |
E. Zanetti, Il Fisco n. 46/2008 p. 8223 |
“Risoluzione n. 395/E del 22 ottobre 2008: le nuove incertezze “regalate” dall’Agenzia delle Entrate sulla nozione di area edificabile” |
P. Meneghetti, G.P. Ranocchi, Il Sole 24 Ore, 18/01/2010 |
“Piani di recupero edificabili” |
G. Rebecca, Il Sole 24 Ore, 14 marzo 2011 |
“Immobili da demolire con prelievo bifronte” |
G. Rebecca, Il Fisco n. 37/2010 p. 5959, n. 13/2011 p. 1999, n. 33/2011 p. 5327, n. 3/2014 p. 227 |
“Riqualificabilità della cessione di fabbricato da demolire in cessione di terreni”, “Cessione di fabbricati da demolire” e “Il fabbricato da demolire e le imposte”, “Cessione di immobili da demolire: cessione di area edificabile o di fabbricati?” |
Giorgio Gavelli e Matteo Targhini e R L, Dialoghi Tributari n. 6 del 2012 |
“«Riqualificazione» da fabbricato a terreno edificabile e accertamento di plusvalenza «speculativa»” |
Il Notariato, Studio n. 24/2012/T del 20 dicembre 2012 |
“Questioni operative in tema di qualificazione dei terreni” |
Giorgio Gavelli e Matteo Targhini e R L, Dialoghi Tributari n. 3 del 2013 |
“Conferme giurisprudenziali che i fabbricati demoliti dall’acquirente restano tali ai fini tributari” |
Giuseppe Rebecca, Giulia Lovato, Il Fisco n. 3/2014 |
“Cessione di immobili da demolire” |
Giuseppe Rebecca, Giulia Lovato, Fiscal Focus del 12 marzo 2014 |
“Cessione di immobili da demolire: finalmente una notizia buona” |
([1]) Direzione Regionale Emilia Romagna, risposta a interpello del 31 maggio 2010 n. 909-28406/2010; Direzione Regionale Marche, risposta a interpello del 28 settembre 2010 prot n. 23635; Direzione Regionale Emilia Romagna, risposta a interpello del 1 dicembre 2011 n. 909-59654/2011. Si veda, inoltre, la risposta all’interrogazione parlamentare n. 5-03220 del 15 luglio 2014, di cui al paragrafo dedicato nel presente articolo.
([2]) Alcune decisioni a sostegno della tesi dell’Agenzia: CTR di Roma, sentenza n. 37 del 17 febbraio 2012; CT di I grado di Bolzano, sentenza n. 87 del 17 giugno 2013; CTP di Prato, sentenza n. 329/03/2014. Alcune decisioni in opposizione alla tesi dell’Agenzia: CTP di Modena, sentenza n. 78 del 29 febbraio 2012; CTP di Reggio Emilia, sentenza n. 86 del 26 marzo 2013; CTP di Cremona, sentenza n. 45 del 3 maggio 2013; CTP di Ancona, sentenza n. 125 del 9 maggio 2013; CTP di Milano, sentenza n. 271 del 7 ottobre 2013; CTR di Bari n. 2161/22/14 del 3 novembre 2014.
([4]) D.P.R. n. 131/1986, art. 20: “l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente.”
([5]) Art. 20, D.P.R. n. 131/1986: “L'imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente.”
([7]) Art. 1, D.P.R. n. 131/1986: “L'imposta di registro si applica, nella misura indicata nella tariffa allegata al presente testo unico, agli atti soggetti a registrazione e a quelli volontariamente presentati per la registrazione.”
([8]) Questa risposta, invero, è già stata in parte smentita, come visto al precedente paragrafo, dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 24799/2014, nella quale viene sostanzialmente ritenuta corretta la riqualificazione da immobile ad area edificabile operata dall’Amministrazione Finanziaria ai fini dell’imposta di registro.
([9]) Si vedano, tra gli altri: G. Gavelli, M. Targhini e R L, “«Riqualificazione» da fabbricato a terreno edificabile e accertamento di plusvalenza «speculativa»” in Dialoghi Tributari n. 6/2012; Il Notariato, Studio n. 24/2012/T del 20.12.2012; G. Gavelli, M. Targhini e R L, “Conferme giurisprudenziali che i fabbricati demoliti dall’acquirente restano tali ai fini tributari” in Dialoghi Tributari n. 3/2013.
([10]) G. Rebecca, “Riqualificabilità della cessione di fabbricato da demolire in cessione di terreni”, Il Fisco n. 37/2010; G. Rebecca, “Cessione di fabbricati da demolire”, Il Fisco n. 13/2011; G. Rebecca, “Il fabbricato da demolire e le imposte”, Il Fisco n. 33/2011; G. Rebecca e G. Lovato, “Cessione di immobili da demolire: cessione di area edificabile o di fabbricati?”, Il Fisco n. 3/2014 ; G. Rebecca e G. Lovato, “Cessione di immobili da demolire: finalmente una notizia buona”, Fiscal Focus del 12.3.2014.