Revocatoria, interessante sentenza del Tribunale di Torino
di Giuseppe Rebecca
portale unijuris.it, marzo 2014
Analizziamo la recente sentenza del Tribunale di Torino del 21 febbraio 2014 pronunciata dalla Dottoressa Paola Rigonat.
È la più recente sentenza in materia, ed è indiscutibilmente interessante, da considerare quale ulteriore tentativo di conciliare le varie norme.
Vediamo i vari punti analizzati dalla sentenza.
Conoscenza dello stato di insolvenza
La conoscenza dello stato di insolvenza è stata desunta dai seguenti elementi:
bilanci : “tali documenti contabili evidenziano la notevole esposizione debitoria della società nei confronti del sistema bancario, dell’erario, degli istituti previdenziali e dei fornitori e lo squilibrio tra i ricavi di esercizio, i costi di produzione e gli oneri finanziari”;
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Centrale Rischi “i funzionari dell’istituto di credito ad aprile-maggio …. avevano contestato alla società i dati le risultanze della Centrale Rischi”;
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andamento del conto “il conto corrente …. aveva un andamento poco confortante (il saldo negativo, pari a 11.000 Euro circa a gennaio del 2008, raggiungeva i 166.000 Euro nel giugno dello stesso anno, superando di molto l’apertura di credito accordata, pari a 10.000 Euro ….) e a partire dal novembre 2007 numerose fatture anticipate dalla banca tornavano insolute”;
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comunicazione della società “comunicazione da parte della …. stessa …….. dell’impossibilità di ripianare l’esposizione debitoria maturata nei confronti dell’istituto di credito per carenza di liquidità e la richiesta, da parte dei funzionari della banca di sostituire le fatture anticipate e tornate insolute con altre emesse nei confronti di clienti il cui pagamento fosse certo”;
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il blocco del c/c ;
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sollecitazioni da parte dei funzionari dell’istituto di credito, i quali avevano espresso “la propria preoccupazione per l’indebitamento della società, risultante dal bilancio al 31/12/2007 sollecitando la società affinché questa ripianasse le passività maturate”.
Si tratta di elementi che, considerati unitariamente, non danno indicazioni utili ai fini della conoscenza dello stato di insolvenza, ma se considerati nel loro insieme costituiscono indubbiamente prova di tale conoscenza.
Le rimesse revocabili
La sentenza tratta ovviamente degli articoli 67 e 70 l.f. e dei due requisiti richiesti dall’art. 67 l.f., la consistenza e la durevolezza. Ricordiamo che sono revocabili solo le rimesse che hanno consentito di ridurre in modo consistente e durevole l’esposizione.
Per quanto concerne la consistenza, queste le precisazioni della sentenza “in assenza di precisazioni legislative in merito ai criteri in base ai quali verificare la consistenza, appare ragionevole ritenere che il giudizio sulla stessa non debba essere assoluto ma relativo e che debba dunque tenere conto dell’andamento fisiologico del conto corrente: è necessario valutare ogni singola rimessa e verificare se la stessa abbia un’incidenza percentuale superiore alla media, sul saldo, calcolati l’importo medio delle rimesse ed il saldo medio del conto corrente post-rimessa (vedasi Tribunale Milano 25.5.2009)”.
La sentenza citata è quella emessa dal Dr Craveia, la seconda sentenza nota in merito da parte del Tribunale di Milano. È una sentenza però non condivisibile, per motivazioni di ordine logico applicativo. Infatti:
- quanto al requisito della consistenza, può portare a risultati poco logici, escludendo da revocatoria anche rimesse che hanno pacificamente ridotto in modo consistente e durevole il debito. Ciò in gran parte deriva dall’aver considerato il saldo post rimessa, e non ante rimessa; la rimessa viene così ad avere una doppia, e a nostro avviso ingiustificata, valenza;
- quanto al requisito della durevolezza, richiede una prolungata assenza di utilizzi della rimessa, ben difficile da riscontrare nella pratica.
Sussistono inoltre dubbi sulla “tenuta” del procedimento in casi particolari, quali c/c alternativamente a debito ed a credito.
Il fallimento in questione ha però corretto il macroscopico errore concettuale di tale metodologia, calcolando la media ante rimessa, non post. Secondo la sentenza si tratta di una interpretazione “in un’ottica di favor nei confronti dell’istituto di credito, posto che l’incidenza sul saldo post rimessa sarebbe ben maggiore”.
In realtà tale applicazione potrebbe dare anche dei risultati diversi, ma comunque, come già detto, era concettualmente errata l’interpretazione del Tribunale di Milano e quindi comunque insostenibile. Ma che questa interpretazione sia a favore del sistema bancario non ci convince: è una interpretazione tra le tante.
Nel complesso, comunque, si tratta di una ipotesi perseguibile, tra tutte quelle già avanzate, visto che è stato corretto l’errore di base della sentenza presa quale riferimento.
In ogni caso non ci si spiega come mai, nel caso concreto, l’ultima rimessa sia stata esclusa, visto che era stata effettuata lo stesso giorno di un’altra, ed essendo comunque consistente (cioè con incidenza sul saldo superiore all’incidenza media).
La incidenza media è stata calcolata nel 25,64% del saldo medio ante rimessa.
Per quanto concerne la durevolezza, questi i conteggi effettuati dal fallimento:
“a) per ogni rimessa significativa individuata in base ai sopra descritti criteri ha determinato una soglia numerica applicando al saldo ante rimessa una riduzione percentuale pari all’incidenza media percentuale delle rimesse (saldo ante rimessa x 0,7536 pari al 75,36%)”. Tale percentuale del 75,36% dovrebbe essere il completamento a 100, visto che la consistenza è stata determinata nel 25,64% del saldo del conto. Ma si è errato di 1%. La percentuale sarebbe del 74,36%, e non del 75,36%;
“b) ha individuato dopo quanti giorni dalla rimessa in questione il saldo superava nuovamente detta soglia” ossia, a titolo di esempio, dopo quanti giorni un saldo a debito di Euro 100.000, ridotto per effetto di una rimessa consistente (> 25.640) al di sotto della soglia di Euro 74.360, peggiorava e oltrepassava tale soglia;
“c) ha calcolato la durata media di tale intervallo (pari, in concreto, a 14,67 giorni);
d) ha individuato come durevoli le rimesse che hanno superato tale durata media”, nel senso indicato al punto b).
L’articolo 70 l.f. dava un risultato superiore, e quindi è stato considerato l’importo derivante dall’applicazione dell’art. 67 l.f..
Il nostro parere
Si è già detto che la sentenza può essere considerata un ulteriore tentativo di soluzione di una problematica certamente di non facile soluzione. In assenza di disposizioni chiare, ed essendo a nostro avviso confliggenti gli articoli 67 e 70 l.f., questa sentenza ha cercato di tenerli assieme, e di trovare una possibile soluzione.
Siamo sicuri che ancora lungo sarà il cammino delle interpretazioni, circa la determinazione delle rimesse revocabili.