Sostiene Renzi
di Giuseppe Rebecca
portale Lettera43.it, 27 febbraio 2014
Qual è il problema dell’Italia? Troppe tasse sul lavoro? Matteo Renzi le abbatterà almeno del 10%, come ha detto al Senato nel discorso per la fiducia del 24 febbraio. Come farà, anche tenuto conto che si tratta di oltre 30 miliardi di euro (altri importi che sono stati fatti non paiono coerenti con la realtà)? La riduzione indicata è stata subito meglio specificata, e ridotta a 8-10 miliardi di euro, nel complesso. Comunque, dove trovare le risorse? Non è stato detto, ma sono stati fatti dei riferimenti al fatto che ciò deriverà non solo dalla riduzione delle spese. Quali spese se ne è ben guardato dall’identificarle, per non scontentare nessuno, almeno al momento.
POSSIBILE INTERVENTO SUI BOT. Qualche piccolo aumento delle tasse sui Bot non ci stupirebbe poi tanto, come peraltro aveva incautamente anticipato Graziano Delrio. Ma subito dopo Renzi ha rettificato, i Bot restano tassati come oggi, sarà rimodulata (leggi aumentata) la tassazione dei prodotti finanziari. Tra l’altro, non si comprende come si possa giustificare, in Italia, la disparità di trattamento attuale: il reddito dei titoli dello Stato italiani ed esteri, inizialmente esenti, ora sconta l’imposta del 12,50%. Le cedole degli altri titoli scontano invece una aliquote del 20%. La disparità di trattamento è più che evidente.
LA ZAVORRA DEL DEBITO PUBBLICO. Debito pubblico troppo alto? Si ridurrà anche il debito pubblico. Come? Anche qui non è detto. E si pensi che il solo ammontare annuo degli interessi sul debito pubblico può essere stimato sull’ordine dei 60-70 miliardi. Anche se non dovessero aumentare le spese correnti, il che non è praticamente mai avvenuto in questi ultimi anni, il debito pubblico è comunque destinato a crescere, non a diminuire. Ma facciamo finta che il problema non ci sia, e viviamo alla grande, come hanno fatto tutti i governi degli anni più recenti.
LE MANCANZE DI MONTI E LETTA. Siamo ora abituati a governi che fanno finta, che trascurano i problemi. Abbiamo avuto Mario Monti che, obbedendo all’Europa, ci ha definitivamente rovinato, Enrico Letta, che ha fatto finta, che è andato avanti alla grande, e che per accontentare Silvio Berlusconi ha tolto l’Imu sulla prima casa sostituendola con imposte, variamente denominate, ancora più elevate. E ora abbiamo Renzi, dalla chiacchiera fluente e accattivante, un vero affabulatore. Cosa potrà fare? Nulla, purtroppo, al di là delle parole. Nel 2014 vorrebbe pagare i debiti dello Stato, delle Regioni e degli Enti locali; si tratta di circa 70 miliardi, anche se le cifre non sono così sicure (ma che contabilità abbiamo, in Italia? I responsabili dei vari uffici sanno cosa gestiscono? Il dubbio è più che legittimo).
Meno spese e più entrate? Un'utopia
Con la riduzione del cuneo fiscale, che in parole semplici è la riduzione dell’Irpef, le necessità arriverebbero quasi a 100 miliardi (in realtà addirittura 120, secondo Italia Oggi). Per non parlare degli investimenti per le scuole, 2 miliardi di euro. Quante belle parole. Saranno ridotte le spese? Non crediamo sia possibile, da parte del governo, purtroppo. Ci sarà forse uno sviluppo tale da giustificare maggiori entrate? Non lo crediamo proprio possibile, quantomeno in misura sensibile. La ripresa ciclica, già prevista ancora dal 2006 (vedasi intervento dell’allora governatore della Banca d’Italia Mario Draghi) non potrà in ogni caso essere sufficiente.
LA CDP PERSEGUE L'UTILE. Si è parlato invero di circa 60 miliardi provenienti dalla Cassa Depositi e Prestiti, in 15 giorni. Si ricorda che la Cassa gestisce tra l’altro il risparmio postale degli italiani (oltre 225 miliardi di euro, una cifra enorme, a fronte dei soli 60 miliardi circa della raccolta bancaria). Non conosciamo in particolare la gestione della Cassa Depositi e Prestiti, che è una Spa a capitale prevalentemente pubblico, ma un prelievo di tale entità ne inficerebbe la redditività (nel 2012 l’utile è stato di 2,9 miliardi di euro) e potrebbe metterne in discussione anche la struttura stessa, tenuto conto che il patrimonio netto è di 17 miliardi (nel 2012). Nonostante i finanziamenti della Cdp siano definiti «servizi di interesse economico generale» lo scopo perseguito dalla Spa non è più la finalità pubblica, quanto piuttosto l’utile. Anche questo sembra di difficile attuazione. SERVE UNA PATRIMONIALE. E quindi, o sarà proposta una patrimoniale di tale entità, alleati di governo permettendo, o si tratta solo di belle parole. Cosa possiamo quindi attenderci? Con l’economia stagnante, con i redditi e i risparmi degli italiani in calo, con i consumi in picchiata, persino quelli alimentari, con le banche che hanno necessità di risorse fresche per almeno 7 miliardi di euro, caleranno anche le entrate tributarie, per forza, anche se non dovesse calare la pressione tributaria. Magari, e tutti lo auspichiamo, potranno essere utilizzati, se non del tutto almeno in parte, i fondi europei, tenuto conto che l’Italia deve ancora utilizzare 12 miliardi del vecchio platfond, e 29,6 miliardi fra il 2014 e il 2020. Tenuto conto che l’Europa ci costa 5 miliardi l’anno, è da augurarsi che almeno si recuperi qualcosa, e nel frattempo si riducano anche le numerose violazioni alle norme comunitarie, violazioni che comportano anche sanzioni.
LA STRADA (IMPERVIA) DEL RIENTRO DEI CAPITALI. La voluntary discosure (rientro capitali dall’estero) con un gettito stimato di 8 miliardi di euro, si sta rivelando uno strumento non appetibile, con tutti quei vincoli e quelle incertezze sopratutto penali che lo caratterizzano. Si ha motivo di ritenere che quanto stimato molto difficilmente potrà essere realizzato. Hanno poco da suggerire anche gli stessi esperti della Banca d’Italia, non molto pratici, almeno a casa loro, di spending review, e dall’evidente impaccio nella gestione delle casse pubbliche. Non resta che pensare ad altro, se ci si riesce, e continuare a pagare per una politica che in ogni caso non risponde più alle esigenze dei cittadini e che non ci rappresenta.