Italia, questa strada porta al caos
di Giuseppe Rebecca
portale Lettera43.it, 20 gennaio 2014
Chi ci governa è in uno stato di confusione costante e assoluta. La colpa non è però tutta loro; contribuiscono in modo significativo le varie amministrazioni pubbliche, e l’Agenzia delle Entrate in particolare. Ma il governo dovrebbe almeno sovraintendere, e invece pare che abbia dato libero sfogo a tutti, nell’ambito pubblico, pur di potersi dedicare ad altro, che non sapremo peraltro bene identificare. E si tenga conto che la politica costa in Italia oltre 23 miliardi l’anno (stima Uil), di cui 6 vengono spesi per i soli organi istituzionali. Il nuovo anno, il 2014, ci riserva nuove imposte sulla casa. Basta Imu, avanti Tasi e Iuc. Siamo persino arrivati, tutti, a rimpiangere l’Imu originaria, il che non pareva assolutamente possibile. Siamo in recessione, lo vediamo tutti, e la situazione è aggravata da questa grande confusione, da questo caos generale; non ci si raccapezza più.
DALLA MINI IMU ALLA TASI. La Tasi è ancora una creatura senza corpo, per non parlare della mini Imu, il cui versamento, complicato, scade il 24 gennaio. Si tratta di importi modesti, ma di difficile determinazione. Mentre noi siamo afflitti da queste cose, sempre dalle stesse cose, da molti mesi, gli altri Stati migliorano la situazione; da noi tutto peggiora, salvo solo lo spread. Il Pil della Spagna è tornato a crescere, e sono scesi disoccupazione ed anche spread. Ricordiamo che secondo Adam Smith una struttura tributaria efficace è quella caratterizzata dalla certezza della imposizione fiscale; Thomas Moore ha sostenuto che le imposte devono essere certe e non arbitrarie, non eccessivamente esose, e riscosse con modalità e tempistiche consone alle esigenze dei contribuenti stessi. Quanto siamo lontani da questa previsione. Ma il peggio è arrivato con la storia dei 150 euro che si volevano togliere agli insegnanti. Il ministero dell’Economia, ritirata l’idea, almeno per il momento, ha giustificato il tutto come un semplice problema di comunicazione. Intanto il tasso di disoccupazione è aumentato al 12,7%, con un picco del 41,6% per i giovani.
IL DRAMMA MONTI. Ma che futuro potremmo attenderci, se non un fallimento sicuro? Qualche dato. Il governo Monti, quel governo che doveva risanare l’Italia, nato da una pensata del presidente Giorgio Napolitano, ne ha invece segnato la morte definitiva; il debito pubblico in quel periodo è aumentato di ben 148,6 miliardi (novembre 2011: 1.892,7 miliardi, aprile 2013: 2.041,3 miliardi). A cosa sono serviti i sacrifici di tutti? Un aumento di questa misura non era mai avvenuto. Il debito pubblico a novembre 2013 ha raggiunto un nuovo record, al di là della tanto strombazzata spending review: 2.104 miliardi di euro, 18,7 miliardi in più in un solo mese.
La Banca d’Italia cerca però di tranquillizzarci: a dicembre ci sarà una forte riduzione. Speriamo, anche se non ne sappiamo la ragione. Nel contempo, le entrate tributarie calano: nei primi 11 mesi del 2013, calo del 7,3%; meno 30 miliardi di euro, è stato comunicato il 16 gennaio 2014 dal ministero dell’Economia e delle Finanze. La motivazione adottata è stata lo spostamento della autoliquidazione, che a confronto omogeneo ci sarebbe invece un aumento, l’1,2% in più. Aumento che invece ci pare strano, stante l’andamento dell’economia e i milioni di disoccupati. L’Inps chiuderà l’esercizio 2013 con una perdita finanziaria di oltre 11 miliardi, dopo i 9,7 di perdita del 2012. Il monte pensioni sta evaporando. Il Pil 2013 è meno 1,8%; i consumi delle famiglie italiane sono crollati, sempre nel 2013; meno 5.600 euro l’anno per famiglia (Centro Studi Confindustria, gennaio 2014). Il ministro della Pubblica istruzione Maria Chiara Carrozza fa un referendum per chiedere a insegnanti e alunni come vorrebbero la scuola. Iniziativa nuova, mai attuata, dice. Ma aveva fatto così anche Mario Monti, per migliorare la pubblica amministrazione. Per poi buttare tutto. Ma non servono referendum; serve solo un po’ di logica aggiunta a onestà e voglia di fare. Evidentemente sono caratteristiche non facili da trovare, nei nostri politici. Il ministro Fabrizio Saccomanni è un ottimista; eccolo allora a fare previsioni di crescita. È stato paragonato a Luigi Facta, ultimo presidente del Consiglio prima della marcia su Roma, con il suo «nutro fiducia». Saccomanni nutre fiducia sulla diminuzione delle imposte e sulla ripresa. Chissà dove vive. La realtà è tutt’altra.
OCCORRE SVALUTARE L'EURO. Più spesa pubblica, più debiti, più tasse. È un circolo vizioso di impossibile uscita. Per l’Italia, al di là di una annunciata riduzione delle spese e del malaffare, non resta che la svalutazione dell’euro, come ha proposto Paolo Savona. La Bce dovrebbe intervenire, ma in effetti attualmente non ne ha il potere. Infatti nei trattati è stato imposto alla Bce di occuparsi solo di inflazione e di prezzi, e null’altro. Ecco perché l’appello di Savona, a che la Bce si possa occupare anche dell’euro, rappresenta un obiettivo strategico. Nel mondo, le banche centrali hanno ovviamente il potere di intervenire sul valore della moneta da loro emessa, adeguandola all’andamento dell’economia. L’Europa invece sta vivendo nel paradosso: l’economia della maggior parte dei Paesi del Vecchio continente è in crisi, mentre l’euro è la moneta mondiale più forte. Nel corso del 2013 l’euro si è rivalutato del 4,2% sul dollaro Usa, del 22% sullo Yen giapponese, del 3% sulla sterlina inglese, del 13% sul rublo.
IN BALIA DELLE BANCHE CENTRALI. È evidente che qualcosa non va, e stupisce come non si prendano provvedimenti. Tutto il resto del mondo ne approfitta, e l’Italia, assieme a qualche altro paese europeo, piange. Teniamo conto, per esempio, che il Giappone è l’unico Paese messo peggio dell’Italia, eppure va meglio, e questo proprio in funzione della svalutazione dello yen. La Boj, la banca centrale giapponese, è libera di agire sulla moneta, e lo ha fatto. In definitiva, la politica monetaria europea e italiana è lasciata in mano alle banche centrali dei vari Paesi del mondo, che appunto svalutano la loro moneta, a tutto loro vantaggio. Il governo italiano, anche se si tratta di un governo debole e fiacco, dall’incerto orizzonte temporale, dovrebbe mettere in campo una azione di forza e spingere per far sì che alla Bce venga dato questo potere. La presidenza europea, dal primo luglio 2014, potrebbe essere l’occasione giusta per una svolta, abbandonando le bagatelle che ormai hanno annoiato tutti (riforma elettorale, nozze gay, Imu non Imu) e affrontando i veri problemi economici in difesa dell’intera nazione e del bene comune.Chi sarà capace di farlo?