Immobili di interesse storico-artistico: vincolo all’immobile o al proprietario?
di Alessandra Gamba
Il Commercialista Veneto, N. 218 - Marzo / Aprile 2014
1.1. Introduzione. Il trattamento riservato agli immobili di interesse storico-artistico
Da sempre il patrimonio storico ed artistico dell’Italia ha comportato l’emanazione di apposite leggi finalizzate a preservarlo. Le prime disposizioni relative alla conservazione degli immobili di interesse storico-artistico risalgono agli inizi del secolo scorso, e sono contenute nella L. 20 giugno 1909, n. 364. A questa sono poi seguite la L. 1 giugno 1939, n. 1089, il D. Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 ed infine il D. Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, attualmente in vigore.
Parallelamente, il legislatore tributario, al fine di compensare i gravosi obblighi di conservazione e manutenzione, nonché i vincoli di destinazione, di utilizzo e al trasferimento posti a carico dei proprietari di detta tipologia di immobili, ha quasi da sempre previsto un regime fiscale di particolare favore ([1]).
Questo almeno fino al restyling del sistema impositivo diretto di cui al D.L. 2 marzo 2012, n. 16 ([2]), nonché alla riforma delle imposte d’atto sui trasferimenti immobiliari a titolo oneroso ( [3]), in vigore dall’1.01.2014, interventi che hanno comportato l’abrogazione di quasi tutte le disposizioni agevolative previste per gli immobili soggetti a vincolo.
Passiamo, dunque, all’analisi del trattamento fiscale, diretto ed indiretto, riservato a tali immobili, con particolare riguardo alla relativa evoluzione normativa.
1.2. Imposte dirette
1.2.1. Il regime impositivo di favore degli immobili di interesse storico-artistico. La ‘rendita figurativa’
Il previgente sistema impositivo diretto, abrogato dal citato D.L. 2 marzo 2012, n. 16, trovava il proprio fondamento nella disposizione agevolativa di cui all’art. 11, comma 2, della Legge 30 dicembre 1991, n. 413, secondo la quale il reddito derivante dal possesso di immobili di interesse storico-artistico andava determinato in base alla c.d. ‘rendita figurativa’, ovvero mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato.
Per capire la portata e l’importanza dell’agevolazione in questione, va evidenziato che la norma disponeva l’applicabilità di tale criterio “ in ogni caso”, ovvero a prescindere dall’utilizzo dell’immobile; ciò significava che, in caso di locazione, il relativo canone risultava essere, per il percipiente, assolutamente irrilevante ai fini tributari. Il proprietario-locatore veniva, infatti, comunque tassato in base alla ‘rendita figurativa’, a differenza delle “locazioni ordinarie”, per le quali il reddito è sempre stato costituito dal maggiore tra il canone di locazione, ridotto forfetariamente del 15% (5% dal 2013), a titolo di spese, e la rendita catastale rivalutata. Come anticipato, tale agevolazione era stata prevista per compensare i pesanti obblighi gravanti sui proprietari, ovvero, per usare le parole della Corte di Cassazione ( [4]), per “ tener conto del fatto che i proprietari degli immobili appartenenti alla tipologia considerata dalla norma in questione debbono affrontare, nell’interesse pubblico alla conservazione dei beni culturali, costi di manutenzione così rilevanti da rendere non sicuramente determinabile il reddito effettivo”.
Si trattava di una consistente agevolazione – dettata evidentemente dal buon senso – oltre che per l’irrilevanza fiscale del canone in sé, a compensazione degli oneri di conservazione, anche sotto il profilo dell’eventuale morosità del conduttore: rilevando la sola ‘rendita figurativa’, non si poneva, infatti, nemmeno il problema di pagare imposte su eventuali canoni non percepiti, problema tipico delle “locazioni ordinarie”.
Giova ricordare che la locuzione “in ogni caso” aveva, peraltro, dato adito a non poche difficoltà interpretative. Da un lato, infatti, l’Amministrazione Finanziaria ([5]) aveva tentato di limitare l’ambito di applicazione della norma in questione prima ai soli immobili non locati, poi ai soli immobili abitativi posseduti da persone fisiche, anche se locati; infine, aveva riconosciuto essere ampliabile l’agevolazione anche alle imprese, limitatamente agli immobili patrimonio.
Dall’altro lato, la giurisprudenza si era espressa più volte a favore di un’interpretazione estensiva della norma. Tra le diverse pronunce, la Corte Costituzionale ([6]) aveva affermato che “ le disposizioni legislative che accordano agevolazioni e benefici tributari di qualsiasi specie possono essere ritenute lesive del canone di ragionevolezza … nei soli casi della palese arbitrarietà o irrazionalità. (…). Passando all’esame della questione, nessun dubbio può sussistere sulla legittimità della concessione di un beneficio fiscale relativo agli immobili di interesse storico o artistico, apparendo tale scelta tutt’altro che arbitraria o irragionevole, in considerazione del complesso di vincoli ed obblighi gravanti per legge sulla proprietà di siffatti beni quale riflesso della tutela costituzionale loro garantita dall’art. 9, secondo comma, della Costituzione. La norma impugnata, d’altro canto, non è nemmeno illegittima, con riferimento sempre al canone di ragionevolezza, nella parte … in cui prevede che il reddito imponibile sia ‘in ogni caso’ determinato mediante l’applicazione della minore tra le tariffe d’estimo previste per le abitazioni della zona censuaria nella quale è collocato il fabbricato, e perciò anche quando l’immobile di interesse storico o artistico sia locato”. Tale orientamento trovava il proprio fondamento nella incomparabilità della disciplina fiscale degli immobili di interesse storico-artistico con quella degli altri immobili, trattandosi di categorie di beni non omogenee.
Significativa è, inoltre, la sentenza 9 marzo 2011, n. 5518 della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che ha definito il regime di cui all’art. 11, comma 2, della Legge 30 dicembre 1991, n. 413 non come esenzione o riduzione d’imposta, bensì come “sorta di regime tributario sostitutivo” e come “ peculiare modalità di imposizione astrattamente determinata senza alcun rapporto con il valore reale (locativo o fondiario) del bene tassato …”. Quanto all’ambito applicativo di tale regime sostitutivo, secondo la stessa Corte di Cassazione non vi sarebbe stato spazio per limitazioni, che avrebbero altrimenti ridotto il valore della locuzione (“in ogni caso”) utilizzata dal legislatore e avrebbero svalutato “ la qualità, il carattere storico-artistico dell’immobile, che rappresenta, nell’insindacabile scelta legislativa, l’unica ragione giustificatrice dell’applicazione di un regime impositivo speciale”.
Da ultimo, sempre a favore dell’applicabilità dell’agevolazione anche nei casi di locazione, si ricorda la recente sentenza della Corte di Cassazione 7 novembre 2012, n. 19251, secondo cui “ l’inciso ‘in ogni caso’ perderebbe ogni utile significato, qualora la disposizione in questione fosse riferita esclusivamente alla determinazione del reddito degli immobili non locati: non sarebbe contemplato ogni caso, ma soltanto un caso”.
1.2.2. La tassazione degli immobili di interesse storico-artistico post ‘restyling’ ex D.L. n. 16/2012
Con l’abrogazione della suddetta disposizione di favore, ad opera dell’art. 4, comma 5-quater del citato D.L. 2 marzo 2012, n. 16, il sistema impositivo diretto dei redditi derivanti da immobili di interesse storico-artistico, a partire dall’1.01.2012, è profondamente mutato, diventando molto penalizzante per i proprietari, per i quali gli obblighi e i vincoli sono rimasti immutati, a fronte di un aumento esponenziale – soprattutto nel caso di immobile locato – del carico fiscale ([7]).
Il nuovo quadro impositivo prevede trattamenti differenti a seconda che l’immobile sia o meno locato, come analizzato di seguito.
1.2.3. La nuova tassazione nel possesso
Iniziando dall’ipotesi di immobile non locato, si evidenzia che a fronte dell’abrogazione del criterio basato sulla ‘rendita figurativa’, per gli immobili vincolati posseduti da persone fisiche non in regime d’impresa, non sono state introdotte nuove e specifiche disposizioni ai fini IRPEF, in considerazione del fatto che dal 2012 l’IMU, cui sono stati assoggettati anche detti immobili, ha assorbito l’IRPEF e le relative addizionali ([8]). A tal proposito, si ricorda che la c.d. “Manovra Monti” (D.L. n. 201/2011), che ha anticipato al 2012, in via sperimentale, l’applicazione dell’IMU, non aveva previsto alcuna agevolazione per gli immobili soggetti a vincolo, come invece era stabilito ai fini ICI. In tal senso, è intervenuto il D.L. n. 16/2012, disponendo la riduzione del 50% della base imponibile, calcolata, comunque, utilizzando la rendita ordinaria.
A prescindere, tuttavia, dalla tipologia di imposta che grava sul bene (IMU piuttosto che IRPEF), la grande modifica normativa consiste nel fatto che, oggi, il reddito derivante dal possesso di immobili vincolati va determinato facendo riferimento alla rendita effettiva dell’immobile, evidentemente maggiore della ‘rendita figurativa’ che è stata utilizzata per vent’anni.
Post restyling ex D.L. n. 16/2012, ugualmente irrilevante è diventata la ‘rendita figurativa’ degli immobili (patrimonio) di interesse storico – artistico posseduti da società e ed enti non commerciali. Per tali soggetti, il reddito medio ordinario prodotto dagli immobili vincolati è costituito dalla rendita catastale effettiva rivalutata, come disposto dall’art. 37, comma 1 del Tuir. Il D.L n. 16/2012 ha, tuttavia, previsto un’agevolazione, consistente nella riduzione al 50% del reddito risultante dall’applicazione della tariffa d’estimo propria dell’immobile stesso. Inoltre, in tal caso, per gli immobili a disposizione non si applica la maggiorazione di un terzo, ordinariamente prevista, di cui all’art. 41 Tuir.
1.2.4. La nuova tassazione delle locazioni
I risvolti maggiormente penalizzanti, dal punto di vista finanziario, per i proprietari di immobili soggetti a vincolo, derivano dalle modifiche apportate all’art. 37, comma 4-bis del Tuir dallo stesso D.L. n. 16/2012 alla disciplina delle locazioni. Dal 2012, infatti, il reddito derivante dalla locazione, a qualsiasi uso (abitativo e non) di fabbricati di interesse storico – artistico, è pari al maggiore tra il canone ridotto forfetariamente del 35% ([9]) e la rendita catastale rivalutata del 5% risultante dall’applicazione della tariffa d’estimo (reddito medio ordinario), ridotta del 50% ([10]). Tale trattamento vale tanto per le persone fisiche e le società semplici, quanto per le società commerciali.
Il cambiamento è significativo: ante 2012, il reddito derivante dalla locazione di immobili vincolati era determinato in base alla ‘rendita figurativa’, indipendentemente, dunque, dal quantum percepito a titolo di canone di locazione. Dal 2012, è necessario confrontare la rendita effettiva dell’immobile, rivalutata ed abbattuta del 50%, con il canone di locazione, ridotto forfetariamente del 35%. In definitiva, rispetto al passato, “ l’agevolazione non si concretizza più nella irrilevanza dei canoni di locazione, bensì soltanto nel riconoscimento di una maggiore riduzione forfettaria del canone rispetto a quella prevista in via ordinaria per gli immobili che non presentano un interesse storico o artistico ” ai sensi dell’art. 10 del D. Lgs. n. 42/2004 ([11]).
Iniziando dall’aspetto relativo alla rendita, si evidenzia che, assumendo ora rilevanza il canone di locazione, può considerarsi indifferente sia l’utilizzo della rendita effettiva al posto di quella figurativa sia la riduzione del 50% di detta rendita effettiva: difficilmente, infatti, il canone di locazione sarà inferiore alla rendita, pertanto il riferimento sarà quasi sempre al canone di locazione stesso, mentre la rendita rivestirà un’importanza marginale.
Quanto al canone, che è, dunque, l’aspetto di maggior interesse, è da sottolineare che il legislatore ha previsto un abbattimento forfetario maggiore, pari al 35% in luogo dell’ordinario 15% (5% dal 2013). Partendo dal presupposto che tale riduzione forfetaria ha il preciso scopo di tener conto delle spese di gestione a carico del proprietario-locatore e di consentire, dunque, la determinazione del reale reddito percepito dal locatore – ai fini della tassazione – la domanda sorge spontanea: un maggiore abbattimento del 30% (35% rispetto all’ordinario 5%), è sufficiente a compensare le spese e gli ingenti oneri a carico dei proprietari di immobili vincolati se confrontati con le spese che deve sostenere un proprietario di un qualsiasi altro immobile? Considerando che per vent’anni il canone di locazione è stato considerato fiscalmente irrilevante, proprio per compensare i gravosi obblighi di conservazione e manutenzione, nonché i vincoli di destinazione, di utilizzo e al trasferimento posti carico dei proprietari di tali immobili, la risposta dovrebbe essere senz’altro negativa. Cosa giustificherebbe, infatti, il passaggio da un’irrilevanza totale ad una rilevanza per il 65% dell’importo, se non esigenze di gettito?
1.3. Imposte indirette
1.3.1. La riforma delle imposte d’atto sui trasferimenti a titolo oneroso
Come osservato in dottrina, “ la minore capacità contributiva derivante dalla sottoposizione a obblighi e vincoli in capo ai proprietari di immobili di interesse storico – artistico comporta (comportava, n.d.a.) un’attenuazione dell’imposizione fiscale anche per gli atti di trasferimento dei beni suddetti” ( [12]).
Il tempo passato è d’obbligo perché, con decorrenza 1.01.2014, il legislatore tributario non ha risparmiato i proprietari di immobili vincolati nemmeno in relazione all’imposta di registro dovuta sui trasferimenti a titolo oneroso.
Ma procediamo con ordine.
Fino al 31.12.2013, l’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al D.P.R. n. 131/1986, disponeva l’applicazione dell’imposta di registro nella misura ridotta del 3% (anziché 7%) ai trasferimenti ([13]) di immobili di interesse storico – artistico, a condizione che l’acquirente non venisse meno agli obblighi di conservazione dell’immobile oggetto di trasferimento. Sullo stesso trasferimento, erano dovute le imposte ipocatastali nella misura complessiva del 3% (2% + 1%) in caso di immobile abitativo, ovvero 4% (3% + 1%) in caso di fabbricato strumentale ( [14]).
La ratio sottostante a tale trattamento agevolato era, appunto, quella di “ venire incontro alle maggiori spese di manutenzione e conservazione che i proprietari sono tenuti ad affrontare per preservare le caratteristiche degli immobili sottoposti al vincolo ” ([15]).
Nonostante non vi siano stati mutamenti negli obblighi a carico dei proprietari o “alleggerimenti” in tal senso, dall’1.01.2014 le imposte d’atto sul trasferimento di immobili di interesse storico – artistico sono notevolmente aumentate. Precisamente, con la riforma della tassazione dei trasferimenti immobiliari a titolo oneroso (art. 10 del D. Lgs. n. 23/2011 e art. 26 del D. L. n. 104/2013), un siffatto trasferimento è oggi soggetto ad un’imposta di registro pari al 9%, con un minimo dovuto pari ad € 1.000. A parziale compensazione dell’aumento di ben sei punti percentuali dell’imposta di registro, le imposte ipocatastali sono dovute, invece che in misura proporzionale, in misura fissa per un importo pari ad € 50 ciascuna.
La differenza è notevole: ipotizzando una cessione di un immobile vincolato del valore di € 400.000, se fino al 31.12.2013 le imposte d’atto complessive sarebbero state pari ad € 24.320 (considerando, registro 3%, ipocatastali 3% complessivo, bollo e tasse ipotecarie € 320), dall’1.01.2014 lo stesso trasferimento sconterebbe imposte per un totale di € 36.100 (considerando, registro 9%, ipocatastali € 100, bollo e tasse ipotecarie pari a zero), corrispondente ad un aumento del 48,44%.
1.3.2. Imposte di successione e donazione
Per ragioni di completezza espositiva, si riporta in sintesi anche il trattamento fiscale riservato ai trasferimenti di immobili di interesse storico – artistico mortis causa o per donazione, evidenziando, comunque, che non vi sono modifiche normative di recente introduzione, fatta eccezione per l’aumento dell’imposta di registro da € 168 a € 200.
Le predette imposte sono dovute in misura differente a seconda che l’immobile sia già o meno vincolato all’atto del trasferimento.
Ai fini successori, l’art. 13 del D. Lgs. n. 346/1990 riconosce un’esclusione dalla base imponibile per i beni già sottoposti a vincolo all’apertura della successione. Se nell’attivo ereditario sono compresi immobili non ancora sottoposti a vincolo, pur avendo le caratteristiche di un immobile storico – artistico, l’imposta dovuta dall’erede o legatario è ridotta del 50%, ex art. 25 del D. Lgs. n. 346/1990.
Quanto agli atti di donazione, per gli immobili già sottoposti a vincolo al momento del trasferimento, si applica l’imposta di registro nella misura fissa di € 200 (€ 168 fino al 31.12.2013), ex art. 59, comma 1, D. Lgs. n. 346/1990); per quelli non ancora assoggettati al vincolo, pur sussistendone i requisiti, l’imposta è ridotta del 50%, come nel caso di successione.
1.4. Conclusioni
Nonostante gli obblighi conservativi e di manutenzione, nonché i vincoli di destinazione, di utilizzo e al trasferimento siano rimasti immutati, il sistema impositivo che ruota attorno agli immobili di interesse storico – artistico, inizialmente creato ad hoc per tentare di compensare i pesanti oneri e vincoli di cui detti immobili sono gravati, è profondamente mutato negli ultimi due anni, diventando fortemente penalizzante per i loro proprietari.
L’abrogazione del criterio della ‘rendita figurativa’ e la rilevanza dell’eventuale canone di locazione hanno comportato un aumento esponenziale del carico impositivo, a fronte di nessun alleggerimento in termini di minori obblighi / vincoli. Per i proprietari, ciò si concretizza in un “dare in più”, senza nulla ricevere in cambio.
Ove poi il proprietario dovesse optare per liberarsi dell’immobile, diventato fiscalmente troppo costoso, la maggiore onerosità dei trasferimenti immobiliari dal 2014, con applicazione dell’imposta di registro al 9% anziché al 3%, di certo non incentiverebbe il potenziale acquirente.
Ad essere vincolato, oltre all’immobile, è, così, anche il proprietario, al quale non resta che tenersi l’immobile stesso, rispettare gli obblighi, invariati, di cui è sempre stato gravato, e pagare maggiori imposte, convincendosi che è giusto così.
Tabella di sintesi. Tassazione immobili vincolati. Evoluzione normativa
IMPOSTE DIRETTE |
Sistema impositivo ante D.L. 16/2012 |
Sistema impositivo post D.L. 16/2012 |
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POSSESSO |
- Tassazione sulla base della ‘rendita figurativa’ |
POSSESSO |
Tassazione sulla base della rendita effettiva - Persone fisiche: non introdotte specifiche disposizioni poiché l’IMU sostituisce Irpef e addizionali (salvo deroga ex L. Stabilità 2014); - Società: tassazione sulla base della rendita catastale effettiva rivalutata, ridotta del 50%. Non si applica la maggiorazione di 1/3 se immobile a disposizione. |
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LOCAZIONE |
Irrilevanza del canone di locazione - Tassazione sulla base della ‘rendita figurativa’ |
LOCAZIONE |
Rilevanza del canone di locazione - Tassazione sulla base del maggiore importo tra la rendita catastale effettiva rivalutata, ridotta del 50%, e il canone di locazione ridotto del 35% |
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IMPOSTE INDIRETTE |
Sistema impositivo ante “riforma 2014” |
Sistema impositivo post “riforma 2014” |
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Imposte d’atto sul trasferimento: - Imposta di registro: 3% - Ipocatastali: 3% (abitativo) o 4% (strumentale) Imposta di successione: - per immobili già sottoposti a vincolo: esclusione dalla base imponibile; - per immobili non ancora sottoposti a vincolo: riduzione dell’imposta al 50%. Imposta di donazione: - per immobili già sottoposti a vincolo, imposta di registro fissa (€ 168); - per immobili non ancora sottoposti a vincolo, riduzione dell’imposta al 50%. |
Imposte d’atto sul trasferimento: - Imposta di registro: 9% (min € 1.000) - Ipocatastali: € 50 + 50 Imposta di successione: - per immobili già sottoposti a vincolo: esclusione dalla base imponibile; - per immobili non ancora sottoposti a vincolo: riduzione dell’imposta al 50%. Imposta di donazione: - per immobili già sottoposti a vincolo, imposta di registro fissa (€ 200); - per immobili non ancora sottoposti a vincolo, riduzione dell’imposta al 50%. |
[1] Si ricorda che le prime agevolazioni fiscali furono introdotte con la L. 2 agosto 1982, n.512 (c.d. “Legge Scotti”), dedicata al “Regime fiscale dei beni di rilevante interesse culturale”.
[2] Convertito dalla L. 26 aprile 2012, n. 44.
[3] Art. 10 del D. Lgs. n. 23/2011 e art. 26 del D. Lgs. n. 104/2013.
[4] Corte Cass., SS.UU., sentenza 9 marzo 2011, n. 5518.
[5] Cfr. circolari n. 7/1106 del 1993, n. 154/E del 1995, n. 9/E del 2005.
[6] Corte Cost., sentenza 28 novembre 2003, n. 346.
[7] In dottrina è stato osservato che tali modifiche rappresentano un “cambio di prospettiva che porta non solo a una disciplina più severa e spesso penalizzante, ma cambia la stessa natura del regime di favore” (cfr. R. Lunelli, Attualità e prospettive nel trattamento tributario dei beni storici tutelati, il fisco, n. 5/2013, pag. 1-654).
[8] Si ricorda, tuttavia, che in base alla Legge di Stabilità 2014 (L. n. 147/2013), a partire dal 2013, per gli immobili ad uso abitativo non locati situati nello stesso Comune nel quale si trova l’abitazione principale, assoggettati ad IMU, il relativo reddito è tassato ai fini IRPEF e relative addizionali nella misura del 50% della rendita catastale.
[9] Rimane la maggiore riduzione di un ulteriore 30% in caso di locazione con contratto agevolato / a canone concordato. Si tratta, comunque, di un’agevolazione spettante a tutti i contratti agevolati, a prescindere dal tipo di immobile locato (vincolato o meno).
[10] Così come precisato dalla Risoluzione n. 114/E del 31.12.2012.
[11] M. Zanni, “Il nuovo regime fiscale degli immobili di interesse storico o artistico”, il fisco, n. 27/2012, pag. 1-4245.
[12] Cfr. F. Solfaroli Camillocci, “Che cosa può fare il Fisco per la cultura: le agevolazioni fiscali dalla L. n. 512 del 1982 ad oggi”, il fisco, n. 27/2013, pag. 1-4125.
[13] Chiaramente fuori dal campo di applicazione dell’IVA, altrimenti l’imposta di registro è dovuta in misura fissa (€ 200 dall’1.01.2014), così come le imposte ipocatastali.
[14] Sul disallineamento tra il dato normativo, che farebbe propendere per l’applicazione delle imposte ipocatastali in misura fissa, e l’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate, secondo la quale le stesse imposte sono dovute proporzionalmente, si segnala E. Zanetti, “ Trasferimenti di immobili storici agevolati anche per le ipo-catastali”, in Eutekne del 10 marzo 2012. Tuttavia, con la riforma delle imposte d’atto sui trasferimenti a titolo oneroso, in vigore dall’1.01.2014, tale problema si può considerare superato, in considerazione del fatto che per compensare l’aumento dell’aliquota dell’imposta di registro, le ipocatastali sono sempre dovute in misura fissa.
[15] Cass., sentenza 21 luglio 2010, n. 17062, citata da R Lunelli, “ Attualità e prospettive nel trattamento tributario dei beni storici tutelati”, il fisco, n. 5/2013, pag. 1-654.