Donazione e cessione d'azienda. Il trattamento fiscale
di Amedeo Albè
Il Commercialista Veneto, N. 221 - Settembre / Ottobre 2014
Imposte dirette
La donazione di azienda da parte di un imprenditore individuale a favore di terzi gode del regime di neutralità fiscale, ai sensi dell’art. 58, comma 1 del TUIR, al ricorrere di determinati requisiti in capo al donatario, di seguito illustrati.
Giova sottolineare fin da subito che, ai fini delle imposte dirette, tale neutralità fiscale rileva indipendentemente dalgrado di parentela tra donante e donatario, ben potendo l’azienda essere donata ad un terzo estraneo (anche Società [1]), conservando il regime fiscale agevolato; a tal proposito, la risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 341/E del 23 novembre 2007 ha specificato che il citato art. 58 “ intende favorire il passaggio generazionale dell’azienda, sia a titolo di donazione […] da parte dell’imprenditore individuale a soggetti terzi persone fisiche, indipendentemente dal grado di parentela o dal rapporto di coniugio che intercorre con il beneficiario del trasferimento dell’azienda o del ramo d’azienda ”.
Affinché valga tale regime di neutralità fiscale in capo al donante, è necessario che i beni aziendali siano assunti dal donatario al costo fiscalmente riconosciuto che gli stessi avevano in capo al donante, ai sensi del comma 1 dell’art. 58 del TUIR. Si realizza così una continuità nei valori fiscali che comporta il trasferimento delle plusvalenze latenti dal donante al donatario; tali plusvalenze saranno tassate in capo al donatario al momento della – eventuale – successiva cessione, totale o parziale, dell’azienda.
È irrilevante il fatto che il donatario prosegua o meno l’attività del donante, ai fini delle imposte dirette: “ Solo la vecchia normativa fiscale, ormai superata, prevedeva la condizione della prosecuzione dell’attività da parte del beneficiario […]” [2] . Di conseguenza, non rileva il fatto che il donatario svolga già attività d’impresa o, viceversa, sia un soggetto non imprenditore che non assuma tale qualifica contestualmente alla donazione; ciò che rileva ai fini della neutralità è esclusivamente la circostanza che il donatario assuma l’azienda al medesimo costo fiscalmente riconosciuto in capo al donante.
Come vedremo, invece, ai fini delle imposte indirette, la prosecuzione dell’attività è condizione necessaria per l’esenzione dall’imposta di donazione.
Riflessioni sulla posizione fiscale del donante
Come visto, in capo al donante imprenditore individuale vige il regime di neutralità fiscale esclusivamente qualora il donatario assuma i beni aziendali al medesimo costo fiscalmente riconosciuto in capo al donante.
Tale regime di neutralità sembrerebbe sussistere anche qualora il donante fosse una Società commerciale (di capitali o di persone). Autorevole dottrina[3], infatti, sostiene che “ La tesi assolutamente prevalente e preferibile è quella che ritiene applicabile la neutralità di cui all’art. 58 TUIRanche alle Società, sulla base della considerazione che la norma avrebbe una portata generale, nonostante sia inserita tra le disposizioni in materia di IRPEF e non di IRES. […] La tesi sopra illustrata è condivisa anche dalla Amministrazione finanziaria (Ris. Agenzia Entrate n. 237/2002) che conclude per la non tassabilità di plusvalenze, derivanti da donazione di azienda, quale sia la qualifica soggettiva dell’imprenditore donante ”.
Riflessioni sulla posizione fiscale del donatario
In capo al donatario possono verificarsi diverse ipotesi, di seguito dettagliate:
1. Donatario imprenditore individuale (divenuto tale assumendo la qualifica contestualmente alla donazione) che assume l’azienda ai medesimi valori fiscali riconosciuti in capo al donante.
In tal caso non è previsto alcun presupposto impositivo in capo al donatario stesso, se non in caso di (eventuale) successiva alienazione dell’azienda ricevuta.
In caso di successiva cessione, qualora il soggetto donatario abbia mantenuto lo status di imprenditore, la plusvalenza realizzata risulterebbe tassabile ai sensi dell’art. 86, comma 2 del TUIR, concorrendo a formare il reddito d’impresa con il criterio di competenza.
Ove, invece, il donatario perda la status di imprenditore in seguito alla cessione dell’azienda, la plusvalenza che ne deriva costituirebbe “reddito diverso” ai sensi dell’art. 67, comma 1, lett. h-bis) del TUIR, determinata con le modalità di cui all’ art. 71, comma 2 del TUIR.
2. Donatario non già imprenditore individuale (e che non ha assunto tale qualifica contestualmente alla donazione) che dona a sua volta l’azienda ricevuta.
In tal caso il donatario non riveste fin dall’origine lo status di imprenditore e la successiva donazione darà luogo ad un “reddito diverso”, come visto in precedenza.
Si potrebbe, tuttavia, giungere a diverse conclusioni “ […] sostenendo una applicazione analogica dello stesso art. 58, comma 1, TUIR (norma che si applica nei soli casi di reddito di impresa) anche alle ipotesi di donazioni effettuate da non imprenditori. Soluzione che, in termini teorici, potrebbe affermarsi sulla base della idea della neutralità, in ogni occasione, della circolazione della azienda […] ”[4].
3. Donatario imprenditore individuale esercente già attività d’impresa
In tal caso l’azienda ricevuta dal donatario costituisce una liberalità che confluisce nell’ambito della propria contabilità d’impresa; il valore netto fiscalmente riconosciuto dell’azienda ricevuta a titolo gratuito costituisce per il donatario una sopravvenienza attiva imponibile, ai sensi dell’art. 88, comma 3, lett. b) del TUIR.
Quanto sopra trova una deroga nella possibilità che il donante decida espressamente di effettuare l’operazione nella sfera privata del donatario (trovandosi così a gestire separatamente due attività aziendali), mantenendosi in questo caso la neutralità fiscale anche in capo a quest’ultimo.
4. Donatario Società commerciale (di capitali o di persone)
In tal caso si determinerebbe in capo al donatario una situazione analoga a quella vista al precedente punto 3., con conseguente emersione di una sopravvenienza attiva ai sensi dell’art. 88, comma 3, lett. b) del TUIR.
A differenza del caso precedente, tuttavia, sorgerà sempre in capo al donatario una sopravvenienza attiva, in quanto, mancando la sfera extraimprenditoriale, ogni atto sarà valutato come relativo all’impresa.
Imposte indirette
Per quanto riguarda l’imposizione indiretta, la donazione d’azienda è:
a) operazione esclusa dal campo di applicazione dell’IVA per mancanza del presupposto oggettivo, non essendo né cessione di beni né prestazione di servizi;
b) soggetta all’imposta sulle donazioni (salvo l’esenzione di cui si parlerà successivamente), di cui al D.Lgs. n. 346/1990, modificato dal Dl 3 ottobre 2006, n. 262.
c) soggetta ad imposta ipotecaria e catastale, ai sensi del D.Lgs. 347/1990, qualora nel complesso aziendale oggetto di donazione risultino compresi beni o diritti reali immobiliari. Tuttavia, se l’operazione è esente dall’imposta di donazione, lo è anche per le imposte ipotecaria e catastale.
d) soggetta ad imposta di registro in misura fissa pari a 200 euro[5], quando la donazione stessa è effettuata a favore dei familiari e sussistono le condizioni per l’esenzione dall’imposta sulle donazioni, ai sensi dell’art. 25 del DPR 131/1986.
Come anticipato, il legislatore ha previsto una forma di esenzione dall’imposta in donazione.
L’art. 3, comma 4-ter, del D.Lgs. 346/1990 stabilisce che “ I trasferimenti […] a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, non sono soggetti all'imposta […]. Il beneficio si applica a condizione che gli aventi causaproseguano l'esercizio dell'attività d'impresa per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento, rendendo, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all'atto di donazione, apposita dichiarazione in tal senso […]”.
Se, dunque, la donazione d’azienda è realizzata a favore dei discendenti o del coniuge del donante, questa è esente dall’imposta sulle donazioni, a condizione che l’attività d’impresa venga proseguita dal donatario per almeno cinque anni. Il donatario deve, altresì, rendere, contestualmente all’atto di donazione, una dichiarazione con cui si obbliga a proseguire l’attività d’impresa per il suddetto periodo di almeno cinque anni. Tale prosecuzione deve essere effettiva e non è quindi sufficiente dichiararlo espressamente nell’atto di donazione.
Il mancato rispetto della predetta condizione determina la decadenza dall’agevolazione, comportando l’obbligo di corrispondere l’imposta in misura ordinaria, la sanzione amministrativa ex art. 13 del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471 e gli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta avrebbe dovuto essere pagata.
Da quanto visto, si ricava che la donazione di azienda ad un estraneo risulterà non imponibile per le imposte dirette, ma particolarmente onerosa per le indirette.
Viceversa, la donazione di azienda a favore dei discendenti o del coniuge (che proseguono effettivamente l’attività per almeno 5 anni) è fiscalmente neutrale sia per le imposte dirette che per quelle indirette.
CESSIONE DI AZIENDA
Imposte dirette
La cessione d’azienda a titolo oneroso da parte di un soggetto (sia esso imprenditore individuale o Società) nei confronti di terzi (siano essi persone fisiche o Società) è un’operazione in grado di generare sempre, in capo al cedente, una plusvalenza imponibile (salvo novità che potrebbero essere introdotte a seguito dell’approvazione della Legge sulla delega fiscale 2014, di cui si parlerà più avanti).
Tale plusvalenza è pari alla differenza tra il prezzo di vendita pattuito e il costo fiscalmente riconosciuto dell’azienda in capo al cedente, inteso come il valore netto risultante dalla somma algebrica del costo fiscalmente riconosciuto dei singoli elementi attivi e passivi trasferiti al cessionario nell’atto di cessione.
La plusvalenza realizzata mediante cessione d’azienda rientra tra i componenti positivi di reddito di cui all’art. 86, comma 2 del TUIR [6].
In via ordinaria, detta plusvalenza concorre a formare il reddito nel periodo di competenza per l’intero ammontare realizzato, con conseguente assoggettamento all’aliquota IRES o IRPEF a seconda del soggetto cedente; tuttavia, ai sensi del comma 4 dell’art. 86 del TUIR, se l’azienda è posseduta da almeno tre anni (indipendentemente dalla data di acquisto dei singoli beni[7]), il cedente può scegliere di rateizzare la plusvalenza in quote costanti in un periodo massimo di cinque esercizi.
L’imprenditore individuale – oltre alla tassazione integrale nell’esercizio di competenza e alla possibilità di rateazione – può anche optare per la tassazione separata ex art. 17, comma 1, lett. g) del TUIR (opzione preclusa per le Società commerciali, stante il richiamo previsto dal comma 2 dell’art. 17 del TUIR). Tale disposizione prevede la tassazione separata per le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di aziende possedute da più di 5 anni, determinata ai sensi dell’art. 21, comma 1, secondo periodo del TUIR.
Dibattuta in giurisprudenza la questione relativa alla realizzazione o meno della plusvalenza relativa alla cessione di azienda tra familiari.
L’orientamento prevalente, sostenuto dalla Corte di Cassazione, afferma che la cessione d’azienda, seppur avvenuta tra familiari, non sarebbe in alcun modo riconducibile ad un atto gratuito e realizzerebbe sempre una plusvalenza imponibile; lasentenza n. 6935 del 20 marzo 2013, l’ultima pronuncia della Suprema Corte in tal senso, ribadisce [8] che “[…] il rapporto di parentela è ininfluente nell’ambito di un contratto a causa onerosa”.
Orientamenti minoritari, invece, presumono la gratuità della cessione d’azienda tra familiari [9].
Ferma restando , dunque, l’imponibilità della plusvalenza derivante da cessione d’azienda in capo al cedente, è opportuno svolgere alcune considerazioni sul regime di tassazione della plusvalenza medesima.
Riflessioni fiscali in capo al cedente – imprenditore individuale
Il primo periodo dell’art. 58 del TUIR stabilisce che “Per le plusvalenze derivanti da cessione delle aziende, le disposizioni del comma 4 dell' articolo 86 non si applicano quando è richiesta la tassazione separata a norma del comma 2 dell' articolo 17 […] ”.
Se ne deduce, in primo luogo, che è pacifica l’imponibilità della plusvalenza derivante dalla cessione d’azienda da parte di un imprenditore individuale. La norma va oltre tale assunto, disponendo l’alternatività tra la rateazione della plusvalenza e la scelta della tassazione separata. Si possono distinguere due casi:
1. L’azienda ceduta era l’unica posseduta dall’imprenditore individuale
Secondo la prevalente dottrina e la prassi dell’amministrazione finanziaria[10], larateazione della plusvalenza non può essere applicata nel caso in cui oggetto di cessione sia l’unica azienda dell’imprenditore individuale, in quanto verrebbe a mancare in capo al cedente la qualifica di imprenditore nonché la titolarità di quel reddito di impresa nell’ambito del quale dovrebbero essere allocate le quote di plusvalenza rinviate ai successivi periodi di imposta.
Da ciò deriverebbe che l’imprenditore individuale che cede l’unica azienda posseduta può scegliere solamente tra due alternative: tassazione integrale nel periodo di competenza o tassazione separata ai sensi del comma 2 dell’art. 17 del TUIR.
2. L’azienda ceduta era una delle aziende possedute dall’imprenditore individuale
A differenza del caso analizzato in precedenza, l’imprenditore individuale che aliena una delle aziende possedute, può scegliere anche l’opzione della rateazione della plusvalenza. In accordo con il dettato dell’art. 58 del TUIR, tuttavia, la rateazione è preclusa qualora l’imprenditore abbia già optato per la tassazione separata.
Resta, evidentemente, sempre valida la scelta della tassazione ordinaria nell’esercizio di realizzo.
Riflessioni fiscali in capo al cedente – Società di capitali e/o di persone
Nel caso in cui l’azienda sia alienata da una Società commerciale, l’eventuale plusvalenza viene tassata come differenza tra il prezzo di vendita pattuito e il costo fiscalmente riconosciuto dell’azienda in capo al cedente, ai sensi dell’art. 86, comma 2 del TUIR ( tassazione ordinaria).
È possibile optare per la rateazione della plusvalenza, al sussistere delle condizioni precedentemente illustrate.
Come anticipato, è preclusa per le Società commerciali la possibilità di optare per la tassazione separata.
Come visto, la possibilità di optare per la tassazione separata è prevista qualora l’azienda ceduta sia stata posseduta dall’imprenditore individuale per almeno cinque anni.
L’Agenzia delle Entrate è recentemente intervenuta sul punto, nella risposta datata 23 ottobre 2013 all’interpello di un contribuente, confermando che è soggetta a tassazione separata la plusvalenza realizzata con la cessione di un’azienda ricevuta per donazione, quando il periodo di possesso del donatario, sommato con quello del donante, è maggiore di cinque anni. Secondo l’Agenzia, infatti, “ La donazione […] non costituisce operazione idonea a generare materia imponibile né accadimenti suscettibili di essere considerati interruttivi della continuità aziendale e, quindi, anche del conteggio del periodo di possesso dell’azienda da parte del nuovo titolare dell’azienda” .
Tuttavia, la Legge sulla delega fiscale 2014 stabilisce l’introduzione di sistemi impositivi dei plusvalori emersi in caso di cessione a titolo oneroso delle aziende, allineati a quelli dei conferimenti in Società, ai sensi dell’art. 176 TUIR. Dovrebbe così prevedersi, anche nell’ipotesi di cessione, la neutralità delle plusvalenze in capo al cedente in caso di mantenimento, da parte del cessionario, dei costi fiscalmente riconosciuti che i beni avevano nell’impresa ceduta.
Imposte indirette
Significative novità in tema di imposizione indiretta degli atti di trasferimento immobiliare sono state introdotte dal D.Lgs. n. 23/2011 e dal Dl n. 104/2013.
Tali novità, evidentemente, interessano la disciplina in commento qualora nell’azienda ceduta facciano parte anche beni/diritti reali immobiliari.
Ai fini delle imposte indirette, la cessione di azienda a titolo oneroso è:
a) operazione esclusa dal campo di applicazione dell’IVA, ex art. 2, comma 3, lett. b) del DPR 633/72;
b) soggetta ad imposta di registro, la cui disciplina, come accennato, ha subito rilevanti modifiche dal 1° gennaio 2014.
Sul punto si ricorda che l’atto di cessione di azienda non è disciplinato da una norma specifica, ma viene considerato come un atto che riunisce la cessione di molteplici beni; proprio per tale motivo, le modalità di tassazione dell’atto di cessione di azienda sono definite dall’art. 23 del DPR 131/86, che riguarda gli atti “relativi a beni soggetti ad aliquote diverse”. Pertanto, la cessione di azienda non è altro che un atto con il quale vengono ceduti molteplici beni, ognuno dei quali deve essere, quindi, tassato con l’aliquota che il TUR prevede per la sua cessione.
Così, nel caso in cui l’azienda ceduta comprenda immobili, ai corrispettivi previsti per la componente immobiliare si applicavano fino al 31 dicembre 2013 le aliquote pari al 7%, 8%, 15%, ecc.. Dal 1° gennaio 2014, tali aliquote sono state abolite e sostituite con l’unica aliquota del 9%, con un minimo di € 1.000.
La base imponibile cui applicare tale aliquota non muta e, dunque, continuerà ad essere data dal valore di mercato dei beni immobili, al netto delle passività, ex art. 43, comma 1, lett. a) del TUR.
c) soggetta ad imposta ipotecaria e catastale (al sussistere di beni/diritti reali immobiliari).
Si evidenzia che l’applicazione della nuova aliquota dell’imposta di registro ha comportato alcune conseguenze per le imposte ipo-catastali.
L’art. 10, comma 3 del D.Lgs. n. 23/2011 dispone che, dal 1° gennaio 2014, gli atti assoggettati all’imposta di registro del 9% scontano le imposte ipo-catastali nella misura fissa di 50 euro ciascuna. Ne deriva che, in caso di cessione d’azienda con componente immobiliare, le imposte ipo-catastali non si applicano più, rispettivamente, nella misura proporzionale del 2% e dell’1%, bensì nella nuova misura fissa di 100 euro totali.
Con riferimento alla componente immobiliare dell’azienda, evidente è il risparmio fiscale per le cessioni effettuate dal 2014. Si ipotizzi un valore di € 100.000 per un capannone industriale facente parte dell’azienda ceduta. In questo caso il risparmio sarà di € 900 e sarà tanto maggiore all’aumentare del valore dell’immobile:
Fino al 31.12.2013 |
A partire dal 01.01.2014 |
|
IVA |
Esclusa |
Esclusa |
Imposta di registro |
7.000 (7%*100.000) |
9.000 (9%*100.000) |
Ipotecarie |
2.000 (2%*100.000) |
50 |
Catastali |
1.000 (1%*100.000) |
50 |
TOTALE |
10.000 |
9.100 |
[1] Cfr. Ris. A.E. n. 237/E del 18 luglio 2002.
[2] Fondazione italiana del Notariato, F. Raponi e T. Tassani Soluzioni fiscali per la circolazione gratuita dell’azienda, I Quaderni della Fondazione italiana del Notariato, e-library, http://elibrary.fondazionenotariato.it/articolo.asp?art=29/2907&mn=1&qry=circolazione%20gratuita%20azienda&pg=1&lbr=, nota 27.
[3] Fondazione italiana del Notariato, Soluzioni fiscali per la circolazione gratuita dell’azienda, cit..
[4] Fondazione italiana del Notariato, cit..
[5] Il Dl n. 104/2013 ha, infatti, aumentato l’imposta di registro ad € 200 con decorrenza dal 1° gennaio 2014, rispetto al previgente ammontare di € 168.
[6] Specularmente, il comma 1 dell’art. 101 del TUIR dispone che “ le minusvalenze dei beni relativi all’impresa (…) sono deducibili se sono realizzate ai sensi dell’articolo 86, commi 1, lettere a), b) e 2 ”.
[7] C.M. n. 320/1997, par. 1.2.2.
[8] Cfr. Cass. n. 12899 del 1 giugno 2007, n. 3589 del 13 febbraio 2009 e n. 9516 del 22 aprile 2009.
[9] Cfr. C.T.R. Lazio, sentenza n. 24 del 2 febbraio 2011 e n. 211 del 23 marzo 2011.
[10] Cfr. Circolare Ministeriale n. 320/1997 e Leo M., Le imposte sui redditi nel Testo Unico, Giuffrè, Milano, 2007, p. 438.
Stevanato D., Plusvalenze e minusvalenze nel diritto tributario, Digesto delle discipline privatistiche - Sezione Commerciale, UTET, Torino, 1995, p. 95.