Iva, Imu e tasse: il rebus impossibile di Letta
di Giuseppe Rebecca
portale Lettera43.it, 19 giugno 2013
Le scuole sono finite da poco, e il presidente del Consiglio Enrico Letta fa già i compiti delle vacanze. Cerca di applicarsi, si da un gran daffare, coinvolge un mucchio di saggi, ma non riesce a risolvere le sue equazioni: 4 sono i miliardi di euro dell'Imu che si pensa di tagliare; 4 sono quelli dell'Iva incassati in meno nel semestre se non si aumenta l'aliquota dal 21% al 22%; 8 miliardi è la ricercata copertura: 8-4-4 è uguale a zero, come ha confermato Fabrizio Saccomanni, ministro dell'Economia. E qui non casca l'asino, ma forse il governo.
Si cerca di quadrare l'equazione, e quindi si ricercano nuove entrate. Ma è impossibile, oggigiorno.
SENZA RISORSE E IL PIL CALA. Non serve fantasticare: di aumento delle tasse non si può parlare (queste le prime ipotesi: tassa sulle sigarette elettroniche, imposta di registro, condoni camuffati o qualcosa d'altro).
Se non ci sono risorse e se il Prodotto interno lordo cala pare del tutto inutile voler tassare un po' meno le case, farne addirittura un dogma, per poi traslare il relativo importo su qualcosa d'altro. È il principio dei vasi comunicanti.
Così non si risolvono i problemi dell'Italia. Solo una riduzione vera ed effettiva delle spese può consentire vantaggi, ma che non si parli di riduzione delle spese per la sanità e la scuola, che già sono quasi al collasso.
TAGLIARE SUI VERI SPRECHI. Ci sono le spese militari, le missioni all'estero, le mostruose spese di funzionamento degli organi dello Stato (Camera, Senato, presidenza della Repubblica, Corte Costituzionale, Corte dei conti, presidenza del Consiglio, Regioni), il contributo che l'Italia versa all'Unione europea per salvare gli Stati con problemi, tra cui appunto anche il nostro Paese.
Per inciso si pensi che nel Bilancio di previsione 2013 di Palazzo Chigi è stimata un spesa di 3,18 miliardi di euro, a fronte di 2,43 del bilancio di previsione del 2012 (fonte: Il Mondo del 15 giugno).
Sono questi quindi gli effetti della spending review?
vDISASTRO NEI CONTI PUBBLICI. A questo è da aggiungere la drammatica situazione dell'Inps, con le pensioni che a breve non possono essere più erogate (si pensi che il bilancio 2012 si è chiuso con un buco di 10 miliardi di euro, che i vitalizi a oggi maturati pare che nemmeno ci siano più nelle casse dell'Istituto, e che gli introiti, con la crisi, sono necessariamente destinati a calare).
Le finanze pubbliche sono disastrate e non c'è un euro. Le ricorrenti aste di collocamento del debito pubblico vanno ancora bene e lo spread, nonostante tutto, è ora relativamente basso, ma la gravità della situazione è del tutto evidente: l'economia reale è in forte sofferenza, e ci sono milioni di disoccupati, con gravi problemi finanziari, destinati a diventare anche sociali.
TASSE SEMPRE PIÙ ALTE. Al momento le entrate per imposte che pagano i cittadini e le imprese continuano ad aumentare (ad aprile +3,9%, 1,1 miliardi in più, 29,2 miliardi di euro in tutto rispetto ai 28,1 miliardi dello stesso mese del 2012, e tra queste imposte ricordiamo anche la più odiosa delle tasse, quella sulla disperazione, il gioco con le slot machine) mentre il debito pubblico ha raggiunto il suo massimo, e solo temporaneo, record: 2.041 miliardi di euro.
Una situazione così è destinata a crollare, a franare rovinosamente, e con essa l'economia e tutto sistema politico attuale.
Ma possibile che facendo finta si possa andare avanti lo stesso? Le equazioni, anche le più semplici, vanno risolte.
C'è qualcosa di perverso, in tutto questo.