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Concordato preventivo: sospensione e scioglimento di contratti di leasing pendenti

di Giuseppe Sperotti e Amedeo Albè
Il Fallimentarista, 4 dicembre 2013

1. Premessa

Come noto, il nuovo art. 169-b/s l. fall. detta una disciplina dei contratti in corso di esecuzione nel concordato preventivo prima assente. Ora il debitore ha la possibilità di chiedere al Tribunale oppure, dopo il decreto di ammissione ex art. 163 l. fall., al Giudice Delegato, la sospensione per massimo sessanta giorni (prorogabili una sola volta) dei contratti pendenti alla data di presentazione del ricorso, o lo scioglimento degli stessi. "Si tratta di una norma di grande importanza, perché consente all'imprenditore in crisi di liberarsi, con l'accesso al concordato preventivo, di vincoli contrattuali che presumibilmente non appaiono più utili per la prosecuzione dell'attività d'impresa o, a maggior ragione, nell'eventuale fase di liquidazione dell'azienda".[1]

La controparte (il Contraente) ha diritto ad un indennizzo equivalente al risarcimento del danno, da pagarsi come credito anteriore al concordato (e quindi in chirografo).

2. Ipotesi

Il presente contributo si pone come obiettivo quello di fornire delle esemplificazioni pratiche in relazione ad un contratto di leasing pendente alla data di presentazione della domanda di concordato ed alla quantificazione dell'indennizzo spettante, nel caso di sospensione e/o scioglimento del contratto.

Verranno, così, prese in considerazione diverse ipotesi, al fine di quantificare il risarcimento dovuto per il danno subito dal Contraente, nei seguenti casi:

• richiesta di sospensione del contratto con contestuale utilizzo del bene da parte dell'impresa;

• richiesta di sospensione del contratto senza che il bene sia nel frattempo utilizzato dall'impresa.

Tali ipotesi verranno in seguito integrate con la previsione che l'impresa, al termine del richiesto periodo di sospensione, intenda proseguire, o viceversa sciogliersi definitivamente dal contratto:

• richiesta di sospensione del contratto e successiva continuazione al termine del periodo richiesto;

• richiesta di sospensione del contratto e successivo scioglimento al termine del periodo richiesto.

Prima di proseguire con l'analisi, appare opportuno sottolineare come la compatibilità tra la struttura della domanda di concordato ex art. 161, comma 6, l. fall. ("concordato preventivo in bianco" o "concordato prenotativo") con la richiesta di sospensione/scioglimento dei contratti pendenti ex art. 169-bis l. fall. sia controversa.

Senza entrare nel merito della questione, si segnala che nella maggior parte dei decreti emessi in materia [2] emerge che la sospensione del contratto può essere ammessa anche nel concordato "in bianco", mentre lo scioglimento sarebbe precluso; la richiesta di scioglimento parrebbe valere solo per domande di ammissione alla procedura di concordato preventivo tradizionale (ossia non "in bianco"). Non mancano, peraltro, decreti contrari al riguardo[3]. Ai fini della nostra analisi, è indifferente che la richiesta di sospensione del contratto di leasing sia avanzata con la domanda di ammissione "in bianco" o completa; quanto alla richiesta di scioglimento, abbiamo ipotizzato che sia successiva alla richiesta di sospensione (nulla toglie che tale richiesta di scioglimento possa essere direttamente inserita nel piano che completa la domanda di concordato).

1) Richiesta di sospensione del contratto con contestuale utilizzo del bene da parte dell'impresa (con continuazione al termine del periodo di sospensione richiesto)

A stretto rigore normativo, la sospensione del contratto di leasing dovrebbe comportare la sospensione delle prestazioni da entrambe le parti: la Concedente non richiede il pagamento delle rate di canone (senza potersi avvalere della eventuale clausola risolutiva espressa per inadempimento) e l'Utilizzatrice non utilizza il bene concesso in leasing.

Aderendo a tale interpretazione, la sospensione richiesta dall'impresa Utilizzatrice (che continua ad utilizzare il bene) dovrebbe essere negata, poiché vi sarebbe asimmetria nel comportamento delle due parti, a danno della Concedente.

In tal caso, di conseguenza, non sarebbe dovuto alcun indennizzo alla Concedente, in quanto il contratto proseguirebbe come stabilito (e la Concedente conserverebbe la facoltà di provocare la risoluzione del contratto per l'ipotesi di inadempimento dell'Utilizzatrice).

Con una lettura meno "restrittiva" della norma, tuttavia, la sospensione dei contratti produrrebbe l'effetto di "rinviare" semplicemente il pagamento delle rate che ricadono nel periodo di sospensione, e al termine della sospensione l'Utilizzatore proseguirebbe nei pagamenti secondo l'originario piano di ammortamento, trovandosi nella condizione di saldare "in ritardo giustificato" in un'unica soluzione sia le rate scadute (nel periodo di sospensione) che quella con scadenza ordinaria post-sospensione.

Esempio:

• presentazione della domanda "in bianco" di concordato preventivo: 15 maggio 2013;

• richiesta di sospensione di 2 rate mensili (maggio e giugno);

• pagamento in un'unica soluzione a luglio di 3 rate (maggio, giugno e luglio).

La soluzione sopra prospettata è sostenuta anche da autorevole dottrina,[4] secondo cui "al termine del periodo di "sospensione" il contratto dovrà essere regolarmente eseguito da entrambe le parti sia - pare - con riferimento alle obbligazioni che si sarebbero dovute adempiere nell'arco del tempo in cui il rapporto è stato sospeso, sia con riferimento alle obbligazioni in scadenza in epoca successiva" (sottolineatura nostra).

Si evidenzia che in questo caso il pagamento delle rate sospese in un'unica soluzione posticipata non costituirebbe una mera facoltà concessa all'impresa Utilizzatrice, bensì un obbligo, trattandosi di rinvio del pagamento. Con riferimento al risarcimento del danno dovuto alla Concedente, si può ragionevolmente stimare che l'indennizzo vada parametrato al ritardato incasso di rate per il periodo di sospensione richiesto, e quindi al mancato realizzo di interessi attivi o al sostenimento di maggiori interessi passivi da parte della Concedente per quel periodo. In tal modo, l'indennizzo può essere quantificato calcolando gli interessi sul ritardato pagamento delle rate scadute nel periodo di sospensione con un tasso comunque non superiore a quello di mora stabilito contrattualmente.

2) Richiesta di sospensione del contratto senza che il bene sia nel frattempo utilizzato dalla Società (con continuazione al termine del periodo richiesto)

Nel caso in cui l'impresa Utilizzatrice scelga di non utilizzare il bene concesso in leasing durante il periodo richiesto di sospensione, si ritiene che vi sia il "congelamento" del contratto stesso ed il conseguente prolungamento della durata contrattuale residua di un periodo pari alla richiesta di sospensione.

Esempio:

• presentazione della domanda "in bianco" di concordato preventivo: 15 maggio 2013;

• richiesta di sospensione di 2 rate mensili (maggio e giugno), senza che il bene venga utilizzato dalla Società;

• la scadenza contrattuale viene prorogata di 2 mesi;

• pagamento della rata di maggio alla scadenza prevista per il mese di luglio,

• pagamento della rata di giugno alla scadenza di agosto, e così via. La scadenza delle singole rate viene così spostata di due mesi.

A titolo di indennizzo, si ritiene che si debbano calcolare gli interessi sul debito residuo del contratto di leasing alla data di richiesta della sospensione (nel nostro esempio riportato alla nota n. 7, il 15 maggio 2013) rapportati al periodo richiesto di sospensione. In pratica, per i contratti di leasing, gli interessi maturerebbero sull'intero capitale e non sulle rate sospese, con importi assai più consistenti per le parti.

Con riferimento alla determinazione del tasso di interesse, si ritiene che questo sia pari al tasso di interesse nominale contrattuale, e non a quello di mora, stante la mancata presenza di un "ritardo" nel pagamento, proprio per via della sospensione degli effetti dei contratti stessi, e del sostanziale prolungamento della loro durata.

3) Richiesta di sospensione del contratto e successivo scioglimento al termine del periodo richiesto

Esaminiamo ora la richiesta di scioglimento del contratto di leasing avvenuta in seguito alla richiesta di sospensione da parte dell'impresa. Come vedremo, la richiesta di scioglimento del contratto di leasing avvenuta dopo il periodo di sospensione equivale allo scioglimento immediato del contratto, come se non ci fosse stato alcun periodo di sospensione.[5] Per questo motivo, pare superfluo distinguere le due ipotesi (avanzate in caso di continuazione del contratto) di utilizzo (pagamento delle rate in un'unica soluzione) e mancato utilizzo del bene (allungamento della durata residua del contratto del periodo richiesto di sospensione), in quanto lo scioglimento dovrebbe avere comunque effetto retroattivo alla data di presentazione della domanda, senza che rilevi né il futuro pagamento delle rate, né la durata contrattuale residua.[6]

Come già analizzato in precedenza, la sospensione del rapporto "implica che lo stesso entri in fase di quiescenza per sessanta giorni (o, in caso di proroga, 120 giorni) [...]. In tale periodo di tempo, la mancata esecuzione del contratto da parte del debitore e del terzo contraente non potrà, in alcun modo, essere ricondotta ad un inadempimento [...]".[7]

Nel periodo richiesto di sospensione, di conseguenza, il contratto è appunto "sospeso", quiescente, e quindi improduttivo di effetti.

In altre parole, lo scioglimento del contratto di leasing avvenuto in seguito alla sospensione è equiparabile ad uno scioglimento immediato, proprio in considerazione del fatto che durante il periodo di sospensione i contratti non esplicano i propri effetti. Conseguentemente, in tale periodo di sospensione, non matura né la quota capitale né la quota interessi compresa nelle rate contrattuali.

Si ritiene, in definitiva, che, in questo caso, il credito vantato dalla Società di leasing sia pari alla quota di debito residuo alla data di presentazione della domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo, non aumentato degli interessi contrattuali maturati nel periodo richiesto di sospensione, salva la concessione di un indennizzo equivalente al risarcimento del danno per mancato adempimento ai sensi dell'art. 169-b/s l. fall.. Al fine di quantificare tale risarcimento del danno, si ritiene che trovino applicazione le norme contrattuali in materia di attualizzazione delle rate residue nei casi di scioglimento o riscatto anticipato, solitamente assai penalizzanti per la Società Utilizzatrice. In pratica, si può fare riferimento al totale delle rate non scadute alla data della domanda di concordato preventivo, attualizzate come da contratto, che mantengono una quota di interessi futuri assimilabile ad un risarcimento per il mancato guadagno. Questo credito va sommato, naturalmente, alle rate scadute ante domanda, sulle quali non maturano interessi.

In tal caso, vi sarebbe un unico importo comprensivo del debito residuo e del risarcimento del danno; il risarcimento del danno, in altri termini, è a nostro parere implicito nelle clausole contrattuali in caso di scioglimento o risoluzione anticipata del contratto.

4) Scioglimento non preceduto da sospensione

Esaminiamo ora il caso dello scioglimento non preceduto da sospensione.

Come già detto, lo scioglimento del contratto non può essere chiesto nell'ambito del concordato "in bianco", ma solo contestualmente (o successivamente) al deposito della domanda completa ex art. 161, commi 2 e3, l. fall.

Se lo scioglimento è richiesto fin da subito, potrebbe avere effetto immediato dalla data di presentazione della domanda, seppure venga autorizzato con decreto successivo. Per gli effetti si rimanda quindi al punto precedente (scioglimento che segue la sospensione).

Se viceversa lo scioglimento viene chiesto in un momento successivo, o se, chiesto da subito, prenda efficacia dal decreto che lo autorizza, gli effetti decorreranno della data in cui viene attuato (con l'autorizzazione). Ci sarà quindi una situazione più complessa, con un debito per rate scadute ante domanda (in chirografo, ma compensabili se il valore del bene è capiente), un debito per rate scadute successivamente alla domanda (in prededuzione con gli interessi) ed un debito residuo per rate a scadere (post scioglimento) attualizzate.

Anche in questo caso, comunque, si ritiene che la componente risarcimento sia già inglobata nella modalità di calcolo dell'attualizzazione prevista dal contratto.

3. Considerazioni su scioglimento del contratto e risarcimento del danno

In mancanza di una specifica disposizione normativa, allo scioglimento del contratto di leasing traslativo durante la procedura di concordato preventivo potrebbe trovare applicazione l'art. 1526 c.c. (conformemente, come già accennato, all'orientamento giurisprudenziale prevalente che ritiene applicabile tale norma nell'ipotesi di scioglimento di un contratto prima della dichiarazione di fallimento dell'Utilizzatore). In base all'art. 1526 c.c.:

• il bene concesso in leasing all'Utilizzatore viene da questi restituito al Concedente;

• i canoni già versati dall'Utilizzatore sono ripetibili (il Concedente è obbligato, in altri termini, a restituire all'Utilizzatore le rate già riscosse);

• il Concedente ha diritto a ricevere dall'Utilizzatore un equo compenso e il risarcimento del danno;

• l'equo compenso va a rifondere non solo il godimento del bene concesso in leasing, ma anche il deprezzamento per la non commerciabilità di esso come nuovo e per il logoramento dipendente dall'uso (l'equo compenso richiede un'espressa domanda_giudiziale da parte del Concedente, con la conseguenza che nell'ipotesi in cui l'Utilizzatore dovesse agire per la sola restituzione delle rate riscosse, il Giudice non potrebbe determinare l'equo compenso a favore del Concedente, e quindi compensare anche solo parzialmente i rispettivi crediti da restituzione e da equo compenso, in difetto di una specifica domanda sul punto);

• quanto al risarcimento del danno, il contratto di vendita può stabilire che le rate versate dall'Utilizzatore restino acquisite al Concedente a titolo, appunto, di "indennità", fermo restando il potere del giudice di ridurre l'indennità convenuta (art. 1526, comma 2, c.c.; ma v. anche l'art. 1384 c.c.);

• la restituzione dei canoni all'Utilizzatore ed il credito per l'equo compenso spettante al Concedente possono compensarsi, anche parzialmente.

Oltre 70 anni di giurisprudenza, però, non hanno definito in modo chiaro come determinare il c.d. equo compenso. Ecco perché, nella pratica, si può comunque calcolare la differenza tra il valore di mercato del bene ed il debito residuo del contratto, applicando sostanzialmente al concordato preventivo quanto è previsto in sede fallimentare per i contratti di leasing pendenti alla data di fallimento (art. 72-quater l. fall.). La differenza è che in caso di fallimento il debito residuo per le rate non scadute alla data della procedura viene calcolato dal curatore in base al capitale da piano di ammortamento, senza interessi, mentre nel concordato il debito residuo viene calcolato contrattualmente e mantiene una quota di interessi attualizzati.[8] Trasferendo tale meccanismo alla procedura di concordato, ne deriva che:

• se il valore di mercato del bene è maggiore del debito residuo (comprese le rate scadute ante procedura), la Società di leasing deve versare all'impresa in concordato la differenza;

• se il valore di mercato del bene è minore del debito residuo, alla Società di leasing è concessa la facoltà di richiedere il credito pari alla differenza.

Nel primo caso la Società di leasing compensa pienamente il proprio credito complessivo, comprensivo del risarcimento del danno. Si evidenzia come il credito pari alle rate scadute ante procedura, normalmente avente natura chirografaria, viene interamente compensato con il valore di mercato del bene (trasformandosi in una sorta di credito privilegiato speciale).

Esempio:

Valore di mercato del bene concesso in leasing: € 100.000;

Debito residuo (calcolato come la somma delle rate scadute ante domanda ed il valore attualizzato delle rate a scadere, che comprende, come visto, anche il risarcimento del danno): € 80.000.

In tal caso la Società di leasing compensa pienamente il proprio credito di € 80.000 (alla stregua di un credito privilegiato speciale), mentre dovrà versare all'impresa i restanti € 20.000 (100.000 - 80.000).

È opportuna una riflessione: si noti come il parametro di riferimento rispetto al credito vantato dalla Società di leasing sia il valore di mercato del bene, e non la somma percepita all'atto di vendita. In altre parole ciò che rileva è la quotazione del bene sul mercato, non l'importo percepito dalla vendita, con la conseguenza che la Società di leasing dovrebbe versare l'eventuale differenza positiva sulla base del valore di mercato del bene (e non sulla base di quanto incassato dalla vendita).

Così facendo, tuttavia, i due soggetti avranno interesse a valutare in modo diverso il medesimo bene: da una parte la Società di leasing non avrebbe alcun interesse a valutare (né a vendere) il bene ad un valore superiore al proprio credito (non trovandosi così nella condizione di versare la differenza); la Società in concordato, di contro, avrebbe tutto l'interesse ad effettuare la più alta valutazione possibile del bene, così da poter ricevere la differenza tra il valore ed il proprio debito nei confronti della Società di leasing. Per ovviare a tali possibili problemi, si ritiene necessaria la valutazione da parte di un perito nominato dal Tribunale o, al limite, che i conteggi siano resi definitivi solo in seguito alla vendita del bene stesso.

Evidentemente, nel caso in cui il valore effettivo del bene risulti inferiore al credito complessivo della Società di leasing, questa vanterà un credito chirografario per la differenza. Esempio:

• Valore di mercato del bene concesso in leasing: € 50.000;

• Debito residuo (calcolato come sopra): € 80.000.

In tal caso la Società di leasing può compensare "solamente" € 50.000, vantando di conseguenza un credito chirografario pari ad € 30.000 (80.000 - 50.000).

TIPOLOGIA

EFFETTI

DANNO

TASSO DI INTERESSE

Sospensione con utilizzo del bene

Pagamento delle rate sospese al termine della sospensione

Interessi per il periodo di sospensione sulle rate sospese

non superiore all'interesse di mora

Sospensione senza utilizzo del bene

Prolungamento del contratto per un periodo pari alla sospensione

interessi sul debito residuo (sull'intero capitale)

tasso contrattuale

Scioglimento preceduto da sospensione

scioglimento immediato

oltre il debito residuo si rende dovuto il danno: riconoscimento con la modalità di attualizzazione contrattuale

nessun interesse dovuto nel periodo trascorso

Scioglimento chiesto nell'istanza

scioglimento immediato

oltre il debito residuo si rende dovuto il danno riconosciuto con la modalità di attualizzazione contrattuale

nessun interesse dovuto nel periodo trascorso

Scioglimento chiesto dopo l'ammissione

il contratto prosegue nella procedura, fino allo scioglimento successivo

danno riconosciuto con la modalità attualizzazione contrattuale

rate scadute in prededuzione con ulteriori interessi contrattuali


[1] A.Guiotto, Disciplina più ampia per i contratti pendenti nel concordato preventivo, Eutekne, 29 giugno 2012.

[2] A titolo esemplificativo, si citano i seguenti decreti: Tribunale di La Spezia del 25.10.2012; Tribunale di Pistoia del 30.10.2012; Tribunale di Verona del 31.10.2012; Tribunale di Modena del 30.11.2012; Tribunale di Ravenna del 24.12.2012; Tribunale di Monza

del 16.01.2013; Corte Appello di Brescia, 19.06.2013.

[3] A titolo esemplificativo, si citano i seguenti decreti: Tribunale di La Spezia del 24.10.2012 (se lo scioglimento risulta conveniente); Tribunale di Salerno del 25.10.2012; Tribunale di Monza del 16.01.2013 (se adeguatamente motivato).

[4] Cfr. Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, sub. art. 169-bis, Padova, 2013, 1138.

[5] Periodo di sospensione, tuttavia, necessario in caso di "pre-concordato" in quanto, come visto, secondo l'orientamento prevalente della giurisprudenza di merito, non sembrerebbe possibile presentare subito una richiesta di scioglimento del contratto con la domanda di ammissione alla procedura di concordato preventivo "in bianco", ex art. 161, comma 6, l. fall..

[6] Tuttavia, qualora lo scioglimento, nonostante l'effetto retroattivo, sia stato preceduto da un periodo di sospensione con contestuale utilizzo del bene concesso in leasing, la Concedente potrebbe chiedere il risarcimento del danno spettante per il periodo richiesto di sospensione. Come vedremo, però, il metodo che si ritiene applicabile per il calcolo dell'indennizzo in caso di scioglimento parrebbe già alquanto vantaggioso per la Società di leasing, tale da rendere superflua qualunque altra richiesta di risarcimento danno.

[7] Cfr. Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, sub. art. 169-bis, Padova, 2013, 1138.

[8] Si evidenzia, per completezza, che l'art. 72-quater L. FALL. (che, come visto, nella pratica si ritiene applicabile anche alla procedura di concordato preventivo) fa riferimento al "credito residuo in linea capitale"; ciò potrebbe significare che il valore con cui confrontare il valore di mercato del bene comprenda, oltre al debito residuo attualizzato, anche le rate scadute (e non pagate) alla data di presentazione della domanda di concordato. Tali rate scadute dovrebbero, tuttavia, essere limitate alla sola quota capitale, con esclusione della quota interessi, proprio a causa del riferimento dell'art. 72-quater L. FALL. alla sola quota capitale del credito residuo (e non, genericamente, alla rata).

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