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Revocatoria delle rimesse bancarie: la consistenza - particolarità

di Giuseppe Rebecca
Il Fallimentarista, 19 settembre 2012

La "nuova" revocatoria delle rimesse bancarie si basa su due articoli della Legge Fallimentare, l'art. 67 e l'art. 70.

Quest'ultimo articolo, sicuramente dal 1° gennaio 2008, ma forse - almeno secondo chi scrive - anche da prima (dal 17 marzo 2005), limita la revocatoria al cosiddetto rientro.

A sua volta l'art. 67 esenta da revocatoria determinate rimesse, colpendone altre per esclusione. Le rimesse revocabili sono quelle che hanno ridotto l'esposizione debitoria in maniera consistente e durevole.

Abbiamo già più volte sollevato la questione della indeterminatezza del legislatore, che in questo ambito utilizza endiadi, allitterazioni, aggettivazioni; nulla di oggettivo, nulla di definitivo.

L'art. 70 è sicuramente limitativo, rispetto agli importi che possono derivare dall'art. 67, essendo del tutto logico che il rientro in assoluto sia sempre inferiore, o al massimo uguale, all'ammontare delle rimesse. Questo è nella natura delle cose. Ma c'è un aspetto particolare da analizzare, e riguarda l'esclusione di determinate rimesse, quelle non consistenti.

Tutto sta nei criteri di applicazione di questa previsione; ove si applicasse come unico riferimento per la consistenza una percentuale del rientro, più grosso sarà il rientro, minori saranno le conseguenti rimesse revocabili a parità di percentuale. È ovvio che così saremmo nella illogicità più assoluta.

Determinare una percentuale fissa rapportata al caso specifico, equivale a non fissare una percentuale, ma determinare una cifra fissa.

La consistenza va intesa come valore relativo che dipende dall'entità massima della esposizione debitoria nel periodo, dall'entità dell'esposizione debitoria nel momento in cui le rimesse sono effettuate, dall'entità media dei versamenti in entrata e dall'entità delle uscite.

Così si è espresso il Tribunale di Siracusa (sentenza n. 3192 del 20 aprile 2011): "L'ipotesi che propone una percentuale sconta la difficoltà di determinare sia l'entità della percentuale, sia l'importo cui applicare la percentuale. Si ritiene, ai contrario, che la qualificazione della consistenza non debba essere approcciata esclusivamente con criteri relativi, ma che in prima battuta possa essere applicato un criterio assoluto, secondo cui la consistenza delle rimesse può essere fissata di per sé, a prescindere dai valori del passivo, dalle rimesse precedenti, dal carattere anomalo; non si ravvisa infatti una necessaria correlazione tra la consistenza e l'esposizione del conto. In questa ipotesi, la media fra l'entità complessiva delle rimesse e il loro numero in un periodo di tempo precedente potrà essere utilizzato quale criterio sussidiario, per determinare eventuali parametri di consistenza inferiori rispetto a quelli assoluti che, quindi, verrebbero a costituire il limite sopra il quale le rimesse sono sempre consistenti".

La tesi della percentuale è comunque praticabile, ma solo se rapportata a criteri diversi, ad esempio, al saldo ante operazione, e magari anche con un importo fisso come limite inferiore, nel senso che gli importi superiori saranno sempre revocabili. Invero la norma fa riferimento a riduzione di debito per effetto di più rimesse, non di singole rimesse; in questo caso, quindi, nessun rilievo avrebbe il singolo movimento, dovendosi necessariamente fare riferimento alla sommatoria delle rimesse, o meglio ancora agli effetti di queste rimesse.

Le aggettivazioni sono riferite al debito, e non alle singole operazioni, e quindi si dovrebbe aver riguardo solo ed esclusivamente al risultato.

E' anche questo uno dei motivi per i quali ha perso di valenza, come noi riteniamo, il riferimento dell'affidamento. Non si revoca un importo derivante da una operazione, importo che quindi potrebbe anche trovare riferimento al fido, ma la risultanza di più operazioni.

Le rimesse ritenute revocabili potrebbero essere considerate al lordo di eventuali

somme poi addebitate, o al netto. Noi siamo decisamente per la tesi del lordo; se è consistente il rientro, allora l'intera rimessa è revocabile, al di là di un suo parziale utilizzo. Se invece l'utilizzo fosse totale, o pressoché totale, ecco allora che l'intera rimessa non costituirebbe rientro consistente.

Si ricorda come la dottrina abbia già evidenziato 8 diverse possibili applicazioni, al fine di determinare la consistenza, e precisamente:

- importo assoluto;

- importo rapportato al saldo debitore (iniziale, finale, massimo, prima di ogni rimessa);

- importo rapportato ai versamenti del periodo;

- importo rapportato a tutte le operazioni del periodo;

- importo rapportato al rientro;

- importo rapportato al debito medio e alle operazioni medie;

- importo percentuale su raffronto tra saldo medio e operazioni medie;

- importo rapportato al debito e superiore a una determinata cifra fissa.

In conclusione, si ritiene che la consistenza vada valutata caso per caso, ma con riferimento ad una cifra fissa, cifra che tenga conto dei movimenti e dei saldi. Solo così si potranno determinare le rimesse consistenti, e quindi revocabili. Poi si dovrà passare al concetto di durevolezza, ma questo aspetto sarà trattato in seguito.

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