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>> Anno 2011

Riporto a misura di capacità contributiva

di Giuseppe Rebecca e Maurizio Zanni
Il Sole 24 ORE- Norme e Tributi, N. 145 - 30 Maggio 2011

L’istituto del riporto delle perdite (previsto dagli articoli 8 e 84 del Tuir) rappresenta, nell’ambito del re­gime dei redditi d’impresa, uno strumento perequativo finaliz­zato a porre rimedio alle distor­sioni del sistema impositivo de­rivanti dalla convenzionale sud­divisione della vita dell’impresa in autonomi periodi d’imposta.

In particolare, la possibilità di compensare la perdita fiscale di un esercizio con i redditi d’im­presa degli esercizi successivi trova giustificazione alla luce dello stesso principio costituzio­nale di capacità contributiva, in quanto consente, sia pure entro certi limiti, di ancorare il prelie­vo fiscale al concetto di «reddi­to effettivo», evitando di sotto­porre ad imposizione quellapar-te di reddito che, andando sem­plicemente a reintegrare il capi­tale intaccato dalle perdite, non rappresenta un reale incremen­to di ricchezza.

La riportabilità in avanti delle perdite d’impresa (loss carry-forward) è tuttavia soggetta ad una limitazione temporale piut­tosto stringente; è infatti circo­scritta al quinto periodo d’impo­sta successivo a quello di conse­guimento della perdita, salvo che per le perdite generate nei primi tre periodi d imposta dal­la data di costituzione dell’im­presa, le quali sono riportabili senza limiti di tempo qualora si riferiscano ad una nuova inizia­tiva produttiva.

Secondo la corrente di pensie­ro maggioritaria, il vincolo tem­porale quinquennale risponde­rebbe all’esigenza di conferire semplicità e certezza al rappor­to tributario fra l’amministrazio­ne finanziaria e il contribuente. Tale esigenza, - insieme a quella di non mettere in discus­sione un gettito fiscale già ac­quisito a titolo definitivo, sem­brerebbe essere poi alla base anche della scelta del nostro le­gislatore tributario di non pre­vedere la possibilità di riporto all’indietro delle perdite (loss carry-back): possibilità con­templata, invece, sia pure nel ri­spetto di stringenti limitazioni temporali, in alcuni Paesi Ue come, ad esempio, Francia, Germania e Gran Bretagna.

Il meccanismo del riporto all’indietro consente all’impre­sa che consegua una perdita fi­scale in un determinato perio­do d’imposta di computare quest’ultima in diminuzione di eventuali redditi d’impresa di­chiarati in periodi precedenti, dando così luogo alla riliquida­zione e quindi alla restituzione (sotto forma di credito d’impo­sta) delle imposte a suo tempo pagate su tali redditi.

Ora, è del tutto evidente co­me il vincolo temporale quin­quennale al riporto in avanti del­le perdite fiscali e l’impossibili­tà di riporto all’indietro delle perdite medesime rappresenti­no, nell’ambito del nostro siste­ma tributario, due circostanze non coerenti con il principio di capacità contributiva, nella mi­sura in cui consentono di attua­re un prelievo fiscale su un red­dito d’impresa, in tutto ; in par­te, non esistente perché assorbi­to dalle perdite dei periodi d’im­posta precedendo successivi. Si ricorda, a tal proposito, co­me la necessità di prevedere an­che in Italia il meccanismo di ri­porto all’indietro delle perdite fiscali, quanto meno con riferi­mento a quelle realizzate nei pe­riodi d’imposta maggiormente interessati dalla crisi economi­co-finanziaria (perdite degli esercizi 2008 e 2009), fosse sta­ta ben sottolineata dal Presiden­te del Cndcec (Consiglio nazio­nale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili), Clau­dio Siciliotti, durante la prima conferenza annuale dei dottori commercialisti tenutasi a Roma nel novembre 2008.

Un appello rimasto però ina­scoltato. La manovra correttiva della scorsa estate (DI 78/10), in­fatti, è intervenuta sulle perdite fiscali, ma soltanto per prevede­re controlli mirati nei confronti di quelle imprese che si dichiari­no, ai fini delle imposte sui red­diti, in perdita per più annualità. Una revisione del regime fi­scale di utilizzo delle perdite è invece quanto mai opportuna. In particolare occorre rendere tale regime menò penalizzan­te per le imprese, agendo su due fronti:

a) allentando, se non proprio sopprimendo, almeno nei perio­di di grave crisi economica, il vincolo quinquennale; soluzio­ne, questa, a cui dovrebbe ac­compagnarsi,, d’altro canto, la previsione della facoltà per l’am­ministrazione finanziaria di ve­rificare l’effettiva esistenza e consistenza delle perdite fiscali anche oltre gli ordinari termini decadenziali previsti per l’accer­tamento delle imposte sui reddi­ti, onde impedire al contribuen­te di compensare perdite dichia­rate in periodi non più suscetti­bili di rettifica;

b) introducendo il meccani­smo del loss carry-back, già pre­sente, come detto, in alcuni ordi­namenti tributari esteri.

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