Riqualificabilità della cessione di fabbricato da demolire in cessione di terreno
di Giuseppe Rebecca
Il Fisco, N. 37 - 11 ottobre 2010
La cessione di un fabbricato inserito in un Piano di recupero da un punto di vista tributario è ora considerata dall’Amministrazione finanziaria cessione di area edificabile. Ciò comporta la conseguenza di far divenire tassabili come reddito diverso operazioni che non lo sarebbero state. Si pensi alla cessione di fabbricato posseduto da oltre cinque anni o pervenuto per successione. L’interpretazione appare forzata, e non supportata da valide ragioni giuridiche.
1. Premessa
La fiscalità immobiliare ha raggiunto un grado di complessità esagerato ed esasperato, nel sistema tributario italiano. Stupisce, invero, osservare come si insista con pervicacia a colpire un settore specifico, quello immobiliare, appunto, quasi che i malanni causati dall’evasione fiscale derivino essenzialmente dagli immobili. Appare certamente fin troppo facile legare l’imposizione a beni che necessariamente sono di pubblica evidenza, nella più parte dei casi, censiti e conosciuti, ma non per questo si può giustificare il sempre maggior ricorso all’imposizione. C’è sicuramente evasione, in questo settore, ma non più che in altri, e non per questo si deve colpevolizzare un intero settore produttivo.
Si è andati in ogni caso anche al di là, colpendo persino i privati.
Ci si riferisce alla ris. n. 395/E del 22 ottobre 2008[1] dell’Agenzia delle Entrate, Direzione Centrale Normativa e Contenzioso, in risposta a un interpello, ed è proprio questo l’argomento che qui tratteremo.
2. L’area edificabile secondo il Fisco
Il legislatore dal 2006 è intervenuto definendo ai fini tributari l’area edificabile e, conseguentemente, l’area non edificabile Il riferimento è al D.L. 4 luglio 2006, n. 223 (art. 36, comma 2) convertito, con modificazioni nella L. 4 agosto 2006, n. 348: “un’area è da considerare fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”.
Si è così risolta gran parte dei contrasti ad allora esistenti. Come ha precisato la stessa norma, i criteri per individuare le aree edificabili hanno valore per l’Iva, l’imposta di registro, le imposte sui redditi, Ilei, l’imposta sulle successioni e donazioni, le imposte ipotecarie e catastali. Ed ecco che, dopo solo due anni di previsioni così chiare e definitive, è intervenuta l’Amministrazione finanziaria, con la risposta all’interpello che si commenterà. Un fabbricato inserito in un piano di recupero equivale, fiscalmente, a un terreno; stessa cosa se chi acquista poi demolisce.
Addio principi, addio certezze.
3. Il caso - ris. n. 395/E del 2008
Il caso evidenziato nella richiesta di interpello è abbastanza semplice e diffuso nel settore immobiliare: un privato cede un fabbricato, inserito o meno in un piano di recupero, a un’impresa che lo demolisce; talvolta per il pagamento non richiede denaro (o comunque non in tote), ma si accontenta di una permuta sul fabbricato da costruire.
In definitiva, il privato finanzia in parte l’impresa che così è invogliata a sottoscrivere l’atto di compravendita.
Poco importa che il fabbricato sia una casa singola o un condominio, che sia o meno inserito in un piano di recupero, che faccia parte di un piano casa o di altra tipologia di intervento urbanistico.
Ipotizziamo un Piano di recupero. Il venditore intende cedere un fabbricato, ad uso di civile abitazione o anche strumentale, posseduto da più di cinque anni e facente parte di un eventuale anche più ampio Piano di recupero, già approvato dal Comune.
Tenuto conto che il costruttore dovrebbe abbattere tale fabbricato, un contribuente si era preoccupato di richiedere se si trattasse comunque di cessione di area, e quindi di operazione speculativa (terreno edificabile), oppure no (cessione di fabbricato posseduto da più di cinque anni), e nel primo caso ha chiesto se i beni potessero comunque essere oggetto di rivalutazione, in base alla normativa di allora, normativa specificamente dettata per le aree fabbricabili e non per i fabbricati.
L’Agenzia delle Entrate ha risposto all’interpello con la ris. n. 395/E del 22 ottobre 2008: “mentre le plusvalenze derivanti dalla cessione, a titolo oneroso, di fabbricati sono assoggettate alla disciplina di cui alla lett. b), dell’art. 1, citato art. 67 del TUIR, che ne prevede l’imponibilità nella sola ipotesi in cui tale cessione avvenga prima del decorso del quinquennio dall’acquisto ovvero dalla costruzione - fatte salve le ipotesi in cui l’acquisto avvenga per successione o donazione e le cessioni di unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso fra l’acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari - le plusvalenze realizzate dalla vendita, anche parziale, dei terreni (e degli edifici) dopo che su di essi sono state eseguite opere intese a renderli edificabili, invece, vanno ricondotte nell’ambito applicativo della lettera a) del comma 1 dello stesso articolo 67 del TUIR che ne prevede la tassabilità a prescindere dal periodo di possesso dell’immobile. Ulteriore fattispecie impositiva ricorre qualora la plusvalenza sia realizzata a seguito di cessione a titolo oneroso di terreni suscettibili di utilizzazione edificatoria secondo gli strumenti urbanistici vigenti al momento della cessione. Quest’ultima previsione, introdotta nel nostro ordinamento dalla legge 30 dicembre 1991, n. 413, ricollega la tassazione al semplice intervento della destinazione edificatoria in sede di pianificazione urbanistica dei terreni a prescindere dalla esistenza o meno di una attività speculativa”. L’Agenzia ritiene quindi che, per il solo fatto che i fabbricati siano ricompresi in un piano di recupero, l’oggetto della compravendita vari. Non potranno più essere considerati oggetto della compravendita “i fabbricati, oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente, l’area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatorie in corso di definizione”.
Ecco quindi che si trasforma l’oggetto della vendita, da fabbricato a terreno. Ne deriva, ovviamente, che è ammessa la rivalutazione dell’area, ove gli interessati dovessero decidere in tal senso.
Di seguito, analizzeremo questo particolare aspetto, sotto più punti di vista.
4. Un precedente dell’Amministrazione finanziaria
L’Amministrazione finanziaria era già intervenuta su una fattispecie per certi versi simile con la ris. n. 181/E del 24 luglio 2007. [2] Il caso si riferiva a un interpello presentato da un privato relativamente a un conferimento in una società di beni immobili inseriti in un programma integrato di intervento ai sensi di una legge della Regione Campania. L’Amministrazione finanziaria ha negato che il fatto che i beni fossero inseriti in un programma integrato di intervento facesse parificare tali beni alla situazione di un piano di recupero. Secondo l’Agenzia delle Entrate non si era in presenza di un Piano di recupero. Siccome la domanda riguardava anche il trattamento fiscale delle imposte dirette, così ha risposto l’Amministrazione finanziaria: “Per chiarezza si precisa che il trasferimento di cui è causa genera plusvalenza in quanto interessa un’area destinata ad essere edificata ex novo in base alla regolamentazione del Piano integrato di riqualificazione urbanistico ambientale. Se la cessione, invece, avesse avuto ad oggetto dei fabbricati, la plusvalenza non si sarebbe realizzata in quanto l’atto di acquisto da parte del soggetto che intende procedere al conferimento risulta essere avvenuto nel 1975. Non sarebbero rispettate, quindi, le condizioni temporali di cui all’articolo 67, lett. b), TUIR in base al quale sono redditi diversi le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni”. La pronuncia lascia invero un po’ di incertezza, in quanto pare negare, nelle conclusioni, quanto invece precedentemente affermato.
5. Osservazioni
Analizzeremo due fattispecie diverse:
• la semplice vendita di fabbricato da demolire, fabbricato inserito o meno in un piano di recupero;
• la vendita di un fabbricato con pagamento, totale o parziale, in permuta sull’edificio costruendo.
Sono fattispecie abbastanza simili, la cui differenza è data solo dalla modalità di pagamento, denaro oppure beni. In un caso la demolizione è inserita nello stesso piano di recupero, nell’altro caso è solo prevista, e non necessariamente riportata in atto, salvo che non ci sia una permuta, totale o parziale, con il costruito, nel qual caso il riferimento è necessariamente evidenziato.
Partiamo da un’osservazione molto semplice: il salto logico che compie l’Amministrazione finanziaria, salto fatto con eccessiva - esagerata - scioltezza.
Nella nota più sopra citata si afferma che non si vendono “i fabbricati, oramai privi di effettivo valore economico, ma, diversamente, l’area su cui gli stessi insistono, riqualificata in relazione alla potenzialità edificatorie in corso di definizione. Al riguardo, è significativa la circostanza che lo schema di convenzione predisposto ha già stabilito le cubature ammesse in relazione alle varie tipologie di edifici realizzabili (residenziali, produttivi e destinati ad uffici e commercio). Dal predetto schema di convenzione risulta, inoltre, che l’area sarà sottoposta ad interventi di trasformazione urbana che comporteranno modifiche all’aspetto, alla consistenza e alle funzioni insediate, e che per la realizzazione degli edifici residenziali e uffici previsti sarà necessaria la preventiva demolizione degli edifici esistenti. Ad avviso della scrivente, concordemente a quanto ritenuto dalla Direzione Regionale, la fattispecie in esame appare riconducibile alla lettera b), trattandosi di terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria”.
È di tutta evidenza come si tratti di una affermazione illogica e non coerente. Se si vende un fabbricato, non si vende un terreno, e viceversa.
L’atto di compravendita in ogni caso è riferito a un fabbricato, che dovrà essere in regola da un punto di vista urbanistico (altrimenti l’atto sarà nullo), anche in base alle recenti disposizioni; essendo un fabbricato, ha dei dati castali ben precisi e determinati, ha una scheda catastale ben precisa che dovrà anche essere relativa alla realtà. All’atto non si allega certamente il certificato di destinazione urbanistica, relativo solo ai terreni. In presenza di attività commerciali ben potrebbero anche esserci diritti di prelazione da parte degli affittuari. Ai fini delle imposte indirette, poi, si avrà l’applicazione delle imposte relative al bene ceduto (registro 7% + 3% ipotecarie e catastali, oppure 4% + 3% in caso di regime agevolato), imposte quindi relative a cessione di fabbricato, e non di terreno (nel qual caso sarebbero state le seguenti: 8% (o 15%) registro + 3% ipotecarie e catastali).
Da un punto di vista di diritto, la cessione è relativa a cessione di fabbricato, e dovrà averne quindi tutti i requisiti; ai fini delle imposte indirette, tassazione conseguente. Il bene è inequivocabilmente un fabbricato; non può esserne variata la natura per un solo aspetto utilitaristico, da parte dell’Amministrazione finanziaria. È il valore che varia, questo è indubbio, valore determinato in base alla volumetria edificabile e non in base al costruito, ma la cessione riguarda un fabbricato. A ben vedere, in tutti i fabbricati parte del valore è dato dal valore dell’area su cui sono costruiti, è pacifico. Nella fattispecie, invece, il valore è dato solo dall’area.
Certo, è prevista la demolizione del fabbricato, ma una previsione non può essere ritenuta sufficiente per variare la sostanza delle cose, nemmeno in campo tributario. Tra l’altro, la previsione stessa riguarda la controparte, che potrebbe anche non demolire il bene, mentre qui si sta analizzando il caso del venditore. Si vorrebbe qualificare un atto ai fini del trattamento fiscale in capo al venditore in base a decisioni che saranno assunte da un terzo, l’acquirente.
Ove il fabbricato fosse demolito prima della cessione, o comunque ne fosse iniziata la demolizione, come nel caso analizzato dalla Corte Europea, che si analizzerà appresso, allora pacificamente si tratterebbe di vendita di un’area scoperta, e il conseguente trattamento fiscale sarebbe quello relativo a un terreno, sia da un punto di vista urbanistico, sia per le imposte, dirette e indirette.
Ma se la demolizione è solo ipotizzata, o anche solo voluta, appare forzato considerare il bene compravenduto come edificio ai fini di qualche aspetto (urbanistico, di diritto civile e delle imposte indirette), ed invece terreno ai fini delle imposte dirette. E tutto ciò solo per questioni di gettito, che altre ragioni non si ravvisano. La coerenza non c’è più; non parrebbe quindi sostenibile una tesi di questo tipo.
I principi devono essere salvaguardati; l’interpretazione ministeriale appare errata e non convincente. Le norme devono essere applicate per come sono scritte, e non interpretate in modo utilitaristico in base a elementi non previsti dalle norme stesse. Certo che se la norma così prevedesse, nulla quaestio, ma la norma, almeno al momento, così non prevede. Appare, quindi, del tutto insostenibile la tesi dell’Amministrazione finanziaria.
Ai fini delle imposte indirette ha rilevanza il momento del trasferimento, non potendosi fare un processo alle intenzioni. Ci si è chiesto: [3] “Cosa succederebbe nell’Iva se la scelta dell’aliquota da parte del cedente non dipendesse dalla natura del bene ceduto, ma dall’uso che vuol farne l’acquirente?”. Sarebbe esattamente la stessa cosa.
Ai fini delle imposte dirette, qualificare sotto l’aspetto tributario l’atto in funzione degli atti che porrà in essere l’acquirente pare poco razionale. E nemmeno si potrà parlare di elusione, in quanto l’atto di cessione è esattamente l’oggetto della compravendita (fabbricato) e nemmeno potrebbe essere diverso.
6. Rivalutazione
La citata ris. n. 395/E del 2008 ha fatto anche un’altra importante precisazione. Ha infatti ammesso il contribuente alla rivalutazione specifica per i terreni (edificabili e non) in base alla norma vigente. In definitiva, ha ammesso che potesse essere oggetto di rivalutazione un fabbricato, in quanto inserito in un Piano di recupero già approvato dal Comune, fabbricato che, come si è visto, è considerato terreno, ai fini delle imposte dirette. Conseguentemente, secondo l’Amministrazione finanziaria, la rivalutazione, che riguarda appunto le imposte dirette, era ammessa.
Si ricorda che, ai sensi dell’art. 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito con modificazioni dalla L. 4 agosto 2006, n. 248, “un’area è da considerarsi fabbricabile se utilizzabile a scopo edificatorio in base allo strumento urbanistico generale adottato dal comune, indipendentemente dall’approvazione della Regione e dall’adozione di strumenti attuativi del medesimo”. “Atteso che per i sopra esposti motivi, deve ritenersi che la cessione abbia ad oggetto un’area edificabile, può tornare eventualmente applicabile la disposizione che prevede la rivalutazione del valore dei terreni tramite l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 4% sul valore periziato, a condizione che la redazione ed il giuramento della perizia, nonché il versamento della prima o dell’unica rata, siano effettuati entro la predetta data del 31 ottobre 2008” (dalla citata ris. n. 395/E del 2008).
Siamo in presenza, come già evidenziato, di un salto logico, ma queste sono state le precise indicazioni ministeriali.
Lo stesso suggerimento di ricorrere, eventualmente, alla rivalutazione per le aree, se e in quanto la normativa del momento lo dovesse consentire, lascia perplessi. Si fa una perizia, e si deve fingere che si tratti di un’area, non di un fabbricato. Il valore sarà quello dell’area. E se poi chi acquista non dovesse demolire?
Si pensi poi ai casi in cui l’iter amministrativo non sia ancora concluso, come accadrebbe ove l’immobile non fosse ancora, ad esempio, compreso in un piano di recupero. Se ne ipotizza l’inserimento, ma il bene è ancora una costruzione, appunto da abbattere. In questo caso, sempre letteralmente, nemmeno si potrebbe effettuare la rivalutazione, salvo non si facesse un ulteriore salto logico: dire che si tratta di area, ma solo futura. La questione appare un po’ ingarbugliata, ma a stretto rigore l’applicazione della tesi ministeriale dovrebbe consentire ciò, o meglio non se ne ravvisano contrarietà; la logica è già stata superata.
7. Interrogazione alla Camera dei deputati
La questione che ci occupa è stata oggetto anche di una interrogazione presso la Camera dei Deputati del 7 ottobre 2009, n. 5-01881; [4] il Governo, nella sua risposta, ha in sostanza confermato l’interpretazione ministeriale. Gli Onorevoli Milo e Zeller, con l’interrogazione parlamentare in parola, hanno chiesto di conoscere se, alla luce delle disposizioni normative contenute nell’art. 67 del Tuir, la cessione di fabbricati, posseduti da oltre 5 anni e inseriti in un Piano di Recupero già approvato dal Comune, possa dar luogo a plusvalenza tassabile in quanto, al momento della compravendita, i beni ceduti conservano natura e caratteristiche di fabbricati. Nella risposta, il sottosegretario all’economia Daniele Molgora ha confermato l’interpretazione fornita nella ris. n. 395/E del 2008. Ha poi però così specificato, quasi a voler negare l’estensione dell’applicazione del principio: “la soluzione interpretativa fornita dall’Agenzia fa riferimento ad una ipotesi specifica e circoscritta e non può essere assunta a principio di carattere generale applicabile a diverse ipotesi di contratti di compravendita, aventi ad oggetto fabbricati ricadenti in un piano di recupero”.
8. La Corte europea
L’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria sembra trovare un qualche parziale avallo in una recente sentenza della Corte di Giustizia UE. [5]
La questione riguardava l’Iva in Olanda: cessione di un terreno con relativo fabbricato destinato alla demolizione, con avvio dei lavori da parte dello stesso venditore. Ai fini Iva è da considerare cessione di area non edificata, e, nella fattispecie, soggetta a Iva, in luogo della esenzione, applicabile invece nel caso di cessione di immobile. Nella fattispecie, però, è stata data molta rilevanza alla demolizione già iniziata dal venditore. Secondo la proprietà (impresa), si trattava di cessione di area soggetta a Iva; secondo il Fisco olandese, invece, cessione di fabbricato, esente Iva. Come si è detto, quindi, soccombente è risultato il Fisco olandese e, quindi, è stata data ragione all’impresa. Qui gli interessi delle parti erano contrapposti, rispetto alla situazione italiana, ma la Corte europea si è pronunciata per la tesi della cessione di area.
La cessione di un terreno su cui sorge un fabbricato la cui demolizione è già iniziata prima di tale cessione, e la demolizione stessa di tale fabbricato formano, per la Corte Europea, un’operazione unica avente ad oggetto, nel suo complesso, non la cessione del fabbricato esistente, ma quella di un terreno non edificato. L’operazione quindi non può ricadere nell’esenzione prevista dalla citata norma della sesta direttiva, indipendentemente dallo stato di avanzamento dei lavori di demolizione del vecchio fabbricato al momento della cessione del terreno. Infine, relativamente alla questione se tale terreno rientri nella nozione di terreno edificabile ai fini dell’Iva, la Corte rileva che l’art. 4, n. 3), lettera b), della direttiva demanda agli Stati membri di definire la predetta nozione, sia ai fini dell’assoggettamento all’imposta ai sensi di tale disposizione, sia ai fini dell’eventuale esenzione. Il Fisco olandese propendeva per la tesi della cessione di fabbricato, la Corte Europea per la tesi di cessione di area; si noti peraltro come la demolizione fosse già stata iniziata, al momento della cessione, da parte del venditore stesso, e quindi come la fattispecie fosse in parte diversa da quella qui analizzata.
9. Le osservazioni della dottrina
Pochi invero sono stati gli interventi dottrinari[6] su questa risoluzione, e da tempo si assiste a un generale disinteresse, quasi che l’argomento non fosse importante. Certo non può essere inteso, questo silenzio, come assuefazione, come silente accettazione, essendo ingiustificata la presa di posizione dell’Amministrazione finanziaria. In particolare, [7] è stata evidenziata anche la problematica di ordine pratico, relativa alla determinazione della plusvalenza. Si farà infatti riferimento al costo, costruzione compresa, o solo al terreno, come letteralmente parrebbe? Si ritiene preferibile il riferimento al costo complessivo, se non altro per equità. L’eccesso di sostanzialità dell’Agenzia delle Entrate [8] desta perplessità.
Una critica può essere proposta anche con riferimento a precedenti affermazioni della stessa Amministrazione finanziaria che, per quanto concerne l’acquisto, con la circ. n. 1/E del 19 gennaio 2007, paragrafo 7.4,[9] ha stabilito che nel caso di acquisto di fabbricato da demolire, ma in quel momento atto all’uso, si tratta pur sempre di acquisto di fabbricato, e non di area [10]. Al contrario, in presenza di un rudere, da un punto di vista fiscale si considera acquisto di un’area; è evidente la contraddizione, nel primo caso, rispetto alla tesi ora sostenuta.
10. La giurisprudenza
Scarsa è la giurisprudenza sul tema.
Una sentenza della Commissione tributaria regionale di Bologna[11], emessa peraltro prima della risoluzione qui considerata, sostanzialmente conferma la tesi successivamente espressa dall’Amministrazione finanziaria. La Commissione emiliana ha condiviso la tesi dell’ufficio per la quale la cessione di un vecchio fabbricato effettuata nei confronti di una società di leasing, la quale lo aveva acquistato nell’interesse di un soggetto intenzionato a demolirlo per procedere alla realizzazione di un nuovo immobile a uso direzionale, in effetti si sostanzia, ove l’insieme degli elementi indiziari raccolti dall’Ufficio fiscale induca a ritenere “fondatamente presumibile (l’ipotesi) che il contribuente abbia contrattato non la cessione di un fabbricato, ma quella di un’area edificabile” in un tentativo di elusione dell’art. 81, comma 1, lettera b), del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.
L’Amministrazione finanziaria aveva, ritenuto che il reale oggetto del contratto di compravendita fosse da individuare nel terreno suscettibile di utilizzazione edificatoria a seguito della demolizione del fabbricato preesistente, e non già in quest’ultimo come dichiarato in atto, ed aveva accertato la plusvalenza. I giudici non hanno ritenuto simulato il contratto di compravendita, ma hanno riqualificato l’oggetto del negozio giuridico, in realtà non si trattava di una cessione di una unità immobiliare, bensì della alienazione di una area edificabile. Gli elementi considerati sono stati così individuati:
• nel prezzo di vendita concordato in atto, di gran lunga superiore al valore peritale dell’immobile;
• nel comportamento della società acquirente che dopo solo quattro mesi dall’acquisto ha demolito il fabbricato acquistato per poi riedificare sfruttando, quindi, la potenzialità edificatoria dell’area.
In senso diametralmente opposto si è pronunciata la Commissione tributaria provinciale di Milano[12].
Questa la massima: “L’intervento di riqualificazione urbanistica in dipendenza di convenzione stipulata fra privato e Comune non rientra nella nozione di lottizzazione prevista dall’art. 67 (ex 81) del Tuir ostando alla tassazione dell’eventuale plusvalenza conseguita non solo il dato urbanistico ma anche il decorso del quinquennio (cespiti pervenuti per successione apertasi oltre il periodo fissato dalla norma)”. Nella fattispecie non si trattava di terreno lottizzato, in quanto nessuna richiesta era stata presentata al Comune per la lottizzazione, ma in effetti si trattava solo di cessione di immobili facenti parte di una zona soggetta a Piano Regolatore, convenzionato con il Comune. Il collegio ha ribadito che l’operazione posta in essere si inseriva in un programma di intervento mirato a “riqualificare il tessuto urbanistico edilizio, ambientale”, volto a valorizzare i fabbricati già esistenti e, quindi, non si era in presenza di un’area destinata a essere edificata ex novo. E visto che i fabbricati risalivano a successione aperta nel 1996, per gli stessi non sussisteva plusvalenza. In definitiva, quindi in presenza di riqualificazione di un’area già costruita, nessun riferimento ad aree, ma a fabbricati.
11. La Direzione regionale Emilia Romagna
La Direzione regionale Emilia Romagna[13] ha confermato in toto l’orientamento della ris. 22 ottobre 2008, n. 395/E. Con la risposta a interpello del 31 maggio 2010 (prot. 909-28406/2010)[14] ha infatti affermato che l’atto di cessione di fabbricato da demolire, sotto l’aspetto tributario, va riqualificato in cessione di area.
Secondo la Direzione regionale dell’Emilia Romagna, individuando nel compendio immobiliare un’area edificabile in virtù del fatto che le costruzioni avrebbero perduto qualunque valore in seguito al piano concordato con il Comune, conclude per l’imponibilità della plusvalenza, con possibilità di applicare l’imposta sostitutiva del 4% sul valore di perizia per sterilizzare la maggiore Irpef a tassazione separata altrimenti dovuta per la cessione.
12. Permuta e Iva
È pacifico che in presenza di una permuta (fabbricato o area contro costruenda unità immobiliare) l’Iva si renderà dovuta al momento della permuta stessa, risultando pagato il prezzo in quel momento.
L’impresa dovrà quindi fatturare all’atto, con Iva, e gli acquirenti (privati) la devono pagare. Non c’è alternativa, se non considerare parte di quell’importo come caparra, e fatturare solo la differenza. In questo caso sarà necessario che le parti concordino le modalità di pagamento di quest’Iva, importo che comunque la società costruttrice versa subito (o ridurrà il suo credito). Certamente non si è in presenza di un ricavo, per l’impresa, non essendo ancora venuto a esistenza il bene, ma semplicemente un debito per il pagamento anticipato.
Qualora poi il contratto fosse stipulato con condizione sospensiva (cessione condizionata alla costruzione del nuovo immobile), è solo al momento dell’avveramento della condizione, e quindi alla costruzione, che si avrà l’applicabilità dell’Iva.
13. Piani urbanistici
Si ricorda che in presenza di un piano urbanistico (piano particolareggiato) di edilizia residenziale comunque denominata, l’atto gode di aliquote ridotte per le imposte indirette. Infatti, dal 1° gennaio 2008 si hanno: l’imposta di registro 1%, imposte ipotecarie e catastali 4% (3% + 1%). I lavori devono essere completati entro cinque anni a cura dell’acquirente, direttamente.
In assenza di chiarimenti, Ance ritiene, come peraltro Assortirne, che il trasferimento agevolato possa riguardare, oltre che le aree, anche le “costruzioni”, come i fabbricati per i quali il piano preveda la demolizione o la ricostruzione, ovvero il restauro o la bonifica edilizia.
14. Conclusioni
La vendita di un fabbricato da demolire o compreso in un piano di recupero è attualmente sotto osservazione da parte dell’Amministrazione finanziaria. Ma l’interpretazione data non convince. A nostro avviso, prima o poi dovrà essere variato l’atteggiamento. Per chi deve effettuare in questo periodo delle compravendite, nell’attesa di un revirement (a nostro avviso possibile), pare prudente seguire il suggerimento dell’Amministrazione finanziaria e rivalutare l’area (o meglio l’immobile), se opzione ritenuta conveniente. Poco importa che si tratti di costruzione e non di area, e ciò, fors’anche in assenza di preventiva approvazione del piano di recupero o dello stesso piano casa. Certo che la norma, al momento, scade il 2 novembre 2010 con immobili in possesso al 31 dicembre 2009. I tempi sono stretti.
[1] In "il fìsco" n. 41/2008, fascicolo n. 1, pag. 7402; cfr. C. Cor-radin, I: reddito derivante dalla cessione di fabbricati ricadenti in Piani di recupero, in "il fìsco" n. 41/2008, fascicolo n. 2, pag. 7421; E. Zanetti, Le nuove incertezze "regalate" dal"Agenzia delle Entrate sulla nozione di area edificabile, in "il fisco n. 46/2008, fascicolo n. 1, pag. 8223.
[2] In banca dati ''fisconline”.
[3] G. Gavelli-G. Tosoni, II piano qualifica l'immobile, in "Il Sole-24 Ore" del 25 agosto 2010.
[4] In banca dati "fisconline".
[5] Sent. 19 novembre 2009, C-461/08, in banca dati "fisconline"
[6] A. Busani, Trasformazione fiscale da fabbricato a terreno, in "Il Sole-24 Ore" dell'8 novembre 2008, pag. 31, L. Gaia-ni, L'area fabbricabile si estende, in "Il Sole-24 Ore" del 23 ottobre 2008, pag. 34, C. Corradin, Il reddito derivante dalla cessione di fabbricati ricadenti in Piani di Recupero, cit, E. Zanetti, Le nuove incertezze "regalate", dall'Agenzia delle Entrate sulla nozione di area edificabile, cit
[7] C. Corradin, Il reddito derivante dalla cessione di fabbricati ricadenti in Piani di Recupero, cit, pag. 7421.
[8] E. Zanetti, Le nuove incertezze "regalate", dall'Agenzia delle Entrate sulla nozione di area edificabile, cit, pag. 8223.
[9] in banca dati "fisconline"
[10] P. Meneghetti-G.P. Ranocchi, Piani di recupero edificabili, in "Il Sole-24 Ore" del 18 gennaio 2010.
[11] Comm. trib. reg. Bologna, Sez. Vili, sent. n. 7 del 22 maggio 2008, in banca dati "fisconline"
[12] Sent. n. 377/3/2008 del 22 dicembre 2008, in banca dati "fisconline"
[13] Cfr. G. Gavelli-G. Tosoni, cit.
[14] in banca dati "fisconline"