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Escussione del fideiussore e modalità di ammissione allo stato passivo del debitore fallito. Conseguenze alla luce dei recenti interventi giurisprudenziali

di Giorgio Edoardo Agosti e Giuseppe Rebecca
Il Diritto Fallimentare e delle società commerciali, Annata LXXXV, n.3-4 - Maggio/Agosto 2010

L'articolo si propone di indicare le possibili azioni esperibili dal fideiussore escusso nel caso di fallimento del debitore garantito, ante o post dichiarazione di fallimento, al fine del riconoscimento del proprio diritto di credito. Verranno analizzate le implicazioni in ambito fallimentare delle disposizioni previste dagli artt. 1949 e 1950 del c.c., alla luce della disciplina speciale prevista dagli artt. 52, 61 e 62 della legge fallimentare.

1 Premessa

La disciplina relativa alle modalità di insinuazione nello stato passivo del fallimento del credito vantato dal fideiussore del debitore principale fallito è stata oggetto di un intervento abbastanza recente della suprema corte (Cass. 17/01/2008 n. 903[1]).
Fino alla citata pronuncia la giurisprudenza, anche di legittimità, aveva generato non pochi dubbi ai coobbligati in solido in ordine agli adempimenti da porre in essere per vedersi riconosciuto dal fallimento del soggetto garantito il credito di surroga (ex art. 1949 c.c.[2]) ovvero di regresso (ex art. 1950 c.c.[3]) derivante dall'escussione della fideiussione da parte del creditore garantito[4].
Alla luce della suddetta sentenza non è più condizione necessaria, al fine del riconoscimento del diritto di credito, la preventiva insinuazione tempestiva allo stato passivo del fallimento, da parte del coobbligato fideiussore, nella forma dell'ammissione sotto condizione ex art. 55 L.F. (con riserva di produrre in seguito la prova dell'avvenuto pagamento del credito garantito)[5]; viene ora quindi sconfessato l'effetto prenotativo. La condizione sufficiente, affinché il coobbligato possa partecipare al concorso insieme a tutti i creditori, è ora rappresentata dall'avvenuta escussione. Secondo i giudici di legittimità, infatti, è nella stessa legge fallimentare, art. 61 comma 2[6], che si può trovare la conferma alla tesi che vuole sempre possibile una azione di regresso, una volta avvenuto l'integrale pagamento del credito, anche senza la preventiva ammissione al passivo con riserva. "In presenza di una norma che ammette il regresso per i pagamenti dei coobbligati successivi al fallimento, perde forza e coerenza il riferimento alla non concorsualità del credito per escluderne la possibilità di insinuazione al passivo in forma diversa da quella condizionata"[7]. Il pagamento integrale comporta l'automatica esclusione dal concorso, con effetto surrogatorio, dell'originario creditore soddisfatto.
Prima di procedere alla descrizione delle modalità e delle regole di insinuazione allo stato passivo del credito di rivalsa del fideiussore, è opportuno descrivere brevemente quali siano le azioni (più sopra solo accennate) che la normativa vigente concede ai coobbligati in solido (quali sono i fideiussori) al fine del riconoscimento del proprio diritto di credito.

2 Surroga legale e azione di regresso, le differenze.

Nell'ambito dei rapporti tra fideiussore e debitore principale il codice civile indica come possibili due azioni, esperibili dallo stesso fideiussore escusso, per l'effetto della disciplina indicata dagli artt. 1292[8] e 1294[9] del c.c. (i quali stabiliscono la solidarietà tra condebitori[10]). Come esplicitato nell'art. 1949 del c.c. il coobbligato che ha pagato è surrogato di diritto nel rapporto esistente tra creditore principale e debitore (trattasi della fattispecie di surroga legale ex art. 1203 c.c., terzo comma). La seconda disposizione, indicata nell'art. 1950 del c.c., prevede che il fideiussore adempiente ha regresso nei confronti del debitore principale, un regresso che comprende capitale, interessi e spese. Nelle obbligazioni solidali passive, infatti, l'adempimento dell'obbligazione da parte di uno dei coobbligati estingue l'obbligazione dal "lato esterno" (ovvero nei confronti del solo creditore) e, al tempo stesso, costituisce la condizione per l'accoglimento dell'azione di regresso.
Proprio perché le due azioni sono indicate in due disposizioni differenti le stesse devono essere tenute distinte, in concorrenza. Anche in questo caso la Cassazione è intervenuta [11]affermando che le due azioni hanno presupposti diversi: quella di surroga (azione a titolo derivativo) pone il fideiussore nella identica posizione del creditore che sia stato da lui soddisfatto con il pagamento di quanto dovuto dal debitore principale[12]; quella di regresso (azione a titolo originario, legata ad un nuovo diritto che nasce al momento dell'assolvimento del debito) ha contenuto assai più ampio in quanto comprende anche gli interessi su quanto versato nonché le spese sostenute in favore del debitore principale[13]. E' evidente che il diritto di credito che con tale azione si fa valere è diverso da quello che può essere fatto valere dal creditore originario. Si tratta di due azioni non cumulabili.

3 Escussione della fideiussione ante fallimento del debitore principale

Una volta stabilito quali siano le azioni giurisdizionali, gli strumenti che la normativa mette a disposizione del fideiussore per far valere il proprio diritto di credito, è necessario chiarire come le stesse possano essere utilizzate in ambito fallimentare. I comportamenti indicati negli art. 1949 e 1950 del c.c. sono dettati da norme che hanno un hcarattere generale e devono essere ora applicate in una disciplina di carattere speciale quale è quella fallimentare.
Il momento in cui il fideiussore viene escusso costituisce un elemento di assoluto rilievo nella procedura di ammissione allo stato passivo. Se infatti il fideiussore adempie all'obbligazione solidale interamente in epoca ante fallimento, lo stesso coobbligato potrà partecipare al concorso senza alcuna limitazione di sorta (potrà adire sia l'azione di regresso che quella di surroga). Nello stesso art. 62, secondo comma, della l.f. viene espressamente indicato che il coobbligato che ha pagato prima del fallimento ha diritto di concorrere nel fallimento per la somma pagata. L'ammissione potrà essere esercitata tempestivamente ovvero tardivamente secondo le regole previste rispettivamente dagli artt. 93 o 101 della legge fallimentare. Tutti gli elementi costitutivi del diritto di credito del coobbligato si sono infatti costituiti ante fallimento del debitore principale (pagamento del creditore originario già avvenuto), il credito è già esigibile e pertanto potrà essere fatto valere nella forma dell'azione di regresso ovvero della surroga.[14] L'insinuazione allo stato passivo, secondo quello che si evince dal primo e secondo comma dell'art. 62, sarà una pura e semplice insinuazione esente da qualsiasi condizione.
Diversamente rispetto a quanto previsto dalla disciplina della legge fallimentare in epoca "post fallimento", come vedremo più avanti, nel caso in cui il coobbligato adempia parzialmente al credito vantato dal creditore principale, lo stesso fideiussore potrà comunque trovare ingresso nello stato passivo del debitore per la quota pagata (il creditore originario si insinuerà per il residuo).
Il limite che il fideiussore troverà in questo ambito è legato alla distribuzione delle somme a seguito del piano di riparto predisposto dal curatore. Infatti successivamente all'insinuazione nello stato passivo di entrambi (fideiussore e creditore garantito), il curatore, al momento della redazione del primo piano di riparto, anteporrà comunque il creditore principale non ancora completamente soddisfatto, al fideiussore. L'art. 62 terzo comma della l.f. introduce infatti una regola sostanzialmente diversa da quella prevista dagli artt. 1949 e 1950 del c.c.., i quali non subordinano affatto l'esercizio del regresso alla soddisfazione integrale del creditore garantito.[15]Il coobbligato sarà cioè postergato al creditore fino all'integrale pagamento di questi (le quote di riparto del fideiussore saranno assegnate al creditore originario).[16] Una interpretazione "raffinata" della norma vuole che al coobbligato sia concesso il diritto di regresso, ma tale diritto non è detto che sia effettivamente esercitabile, per la somma pagata, con la collocazione sul ricavato (in definitiva la dottrina, con questa precisazione, vuole spiegare che ci si trova di fronte a due momenti distinti: nella prima fase assistiamo all'insinuazione al passivo da parte del fideiussore che ha pagato anche parzialmente; tale procedura è sempre ammessa per il coobbligato; nella seconda fase abbiamo l'esercizio del diritto, il quale si estrinseca nella collocazione sul ricavato, che arriverà ad essere effettivamente garantito solo al momento dell'integrale soddisfacimento del creditore).
Al fine di chiarire al meglio il procedimento si consideri la seguente situazione:
Curatore del fallimento che ha ottenuto dall'attivo fallimentare la somma di € 100.000,00; per semplicità espositiva si supponga che il ceto creditorio sia formato da soli creditori chirografari. La liquidità generata dalla procedura è in grado di soddisfare una quota pari al 40% del credito vantato dalla massa dei creditori.
In epoca ante fallimento il creditore garantito, che vantava un credito verso il debitore poi fallito di € 4.000,00, ha escusso il fideiussore, che garantiva l'intero credito, per la somma di € 3.000,00. Creditore e fideiussore si sono pertanto insinuati nel fallimento rispettivamente per la somma di € 1.000,00 e € 3.000,00. Secondo le indicazioni previste nell'art. 62 della l.f. in sede di riparto il curatore assegnerà al fideiussore soltanto € 600,00; il creditore garantito, che avrà esercitato il diritto di subingresso nella posizione del coobbligato fideiussore, avrà ricevuto l'intera somma derivante dall'insinuazione, € 1.000,00.
Secondo l'ordinaria procedura al fideiussore sarebbe spettato il 40% del suo credito, ovvero € 1.200,00 (il 40% di € 3.000,00), al creditore garantito invece € 400,00 (40% di € 1.000,00); avvalendosi della previsione di cui al terzo comma dell'art. 62 l.f., il creditore garantito può pretendere che venga allo stesso assegnata anche la quota che spetterebbe al solvens, fino a capienza del suo credito non ancora integralmente soddisfatto (€ 600,00).
Non da ultimo deve però essere evidenziato il fatto che tale "agevolazione" concessa al creditore garantito deve essere espressamente richiesta mediante domanda in sede di assegnazione delle somme (non avviene una sostituzione d'ufficio); diversamente il fideiussore escusso potrà liberamente trattenere le somme.[17] Sulla forma che deve assumere tale domanda parte della dottrina si è espressa in favore della domanda di sostituzione di cui all'art. 511 del c.p.c..
Nel caso in cui il curatore preveda, nel progetto di riparto delle somme disponibili, la distribuzione pro quota a favore sia del fideiussore che del creditore garantito, quest'ultimo può agire a mezzo reclamo da proporre al Giudice Delegato. Questa è la linea dettata dall'art. 110, terzo e quarto comma, della l.f.; è in questa norma che, a parere di chi scrive, troviamo la risposta al tempo e alla forma in cui tale istanza di assegnazione deve essere effettuata. E' pertanto in quella sede, a mezzo reclamo al giudice delegato contro il progetto ex art. 110 l.f. (nel termine di 15 giorni dalla comunicazione di avvenuto deposito del piano di riparto), che l'istanza dovrà essere proposta, nella forma indicata per l'impugnazione dei provvedimenti del giudice delegato aventi carattere decisorio.[18]

4 Escussione della fideiussione post fallimento del debitore principale e principio di cristallizzazione dello stato passivo

Le problematiche maggiori si hanno nel caso di escussione post fallimento (caso trattato nella giurisprudenza citata) in quanto in materia fallimentare vige il principio stabilito dall'art. 52 della l.f. che prevede la cristallizzazione delle posizioni creditorie alla data di fallimento[19]. La giurisprudenza e la dottrina prevalente [20]in precedenza avevano considerato questo tipo di diritto di credito come un diritto sorto dopo il fallimento e pertanto era da considerarsi estraneo al concorso. L'unica possibilità per poter partecipare al concorso dei creditori era legata al fatto che il diritto fosse compreso nel novero dei crediti condizionali di cui all'art. 55, terzo comma, della l.f.. Secondo quest'ultima interpretazione però, ove fosse stata omessa, in precedenza all'adempimento integrale da parte del fideiussore, una domanda di ammissione con riserva del credito, il credito di rivalsa non avrebbe potuto essere ammesso allo stato passivo del fallimento (in quanto, come riportato più sopra, si sarebbe presentato come un credito qualsiasi sorto dopo la dichiarazione).
In virtù della recente Sentenza più sopra citata si arriva ad affermare che il credito di rivalsa, spettante al fideiussore che ha integralmente pagato il creditore garantito, rappresenta l'unico credito da riconoscere nello stato passivo del fallimento; una volta avvenuto il pagamento in toto da parte del coobbligato assistiamo ad una estromissione automatica dalla massa concorsuale del creditore garantito (nel caso lo stesso abbia in precedenza proceduto ad insinuarsi al passivo) ovvero ad un blocco nella successiva istanza di ammissione.
Non viene in questo modo leso il principio stabilito dalla L.F. della cristallizzazione di tutte le posizioni creditorie dalla data del fallimento. Il diritto di credito, pur nascendo dopo il fallimento, come abbiamo visto a mezzo escussione, ha natura concorsuale in quanto l'origine dello stesso è un atto giuridico (garanzia rilasciata) anteriore all'apertura della procedura fallimentare: "il fatto genetico della situazione giuridica da cui deriva l'obbligazione si è verificato in epoca anteriore alla dichiarazione di fallimento" [21]. Secondo questo orientamento o il credito è concorsuale, e allora è sempre possibile la sua insinuazione (tempestiva o tardiva che sia), o non lo è ed in tal caso non si potrebbe mai ammettere al passivo.[22]
Il richiamo disposto dall'art. 63 della l.f. potrebbe già essere sufficiente a giustificare l'attribuzione di un diritto di regresso anche al fideiussore.
Una volta stabilito che il rapporto obbligatorio tra fallito e garante è preesistente alla data del fallimento, la regola che vuole la cristallizzazione della massa passiva non viene derogata; non si assiste ad alcuna novazione. Il principio di immutabilità dello stato passivo non si riferisce ai soggetti, ma al quantum (le modifiche nella soggettività dei creditori non hanno rilevanza).[23]
Come già affermato da Cass. 19097/2007 "tale successione nella titolarità del credito... non porta un... pregiudizio ai creditori concorrenti perchè il pagamento del creditore principale non viene effettuato con denaro della massa, ma dal fideiussore, si che nel concorso nulla viene a modificarsi per quanto concerne i rapporti tra i creditori[24]. In sintesi, anteriormente al pagamento trova riconoscimento nel concorso il solo diritto del creditore, posteriormente al pagamento integrale solo quello del fideiussore.
Se così non fosse, e pertanto il diritto di credito avanzato dal fideiussore fosse da considerarsi un nuovo credito da aggiungere alla massa passiva, aderendo alla contrapposta tesi giurisprudenziale, ne sarebbe comunque preclusa la stessa ammissione con riserva ai sensi dell'art. 55 della L.F., che si riferisce a crediti già sorti ed attuali al momento della dichiarazione di fallimento, anche se la relativa efficacia e' subordinata al verificarsi di una condizione (Cass. 21430/2007).
Altro aspetto peculiare del diritto di ammissione allo stato passivo è legato al fatto che la soddisfazione del creditore principale debba essere completa; la norma (art. 61, secondo comma) prevede infatti che se il creditore non riceve integralmente il dovuto, il regresso non è ammesso (disposizione che vale anche per l'azione di surroga/ sostituzione)[25]. Non è possibile una collocazione parziale sul ricavato da parte del fideiussore (anche nel caso si tratti ad es. di una fideiussione parziale, e quindi con estinzione dell'obbligo del fideiussore senza contestuale estinzione del credito del soggetto garantito). La legge prevede infatti che l'adempimento debba essere eseguito per intero ex parte creditoris e non debitoris.
Dall'analisi della normativa si evince che il fideiussore diventa titolare di un diritto al momento in cui il contratto obbligatorio si perfeziona, ma quest'ultimo diritto sarà azionabile (la norma parla di esercizio dell'azione) solamente con il pagamento integrale[26].
Secondo l'orientamento della suprema corte, pertanto, il creditore principale potrebbe continuare a mantenere la sua insinuazione totale nonostante abbia ricevuto, post dichiarazione di fallimento, pagamenti parziali (sono tali quei pagamenti che, pur esaurendo la responsabilità del coobbligato adempiente, non hanno estinto la pretesa creditoria del soggetto garantito; ad es. fideiussione per importo fisso o pro quota). Il fine di tale disposizione è presto spiegato: 1) si vuole evitare che per uno stesso credito si creino duplicazioni nello stato passivo, diminuendo la massa ripartibile fra gli altri creditori; 2) si vuole assicurare il completo soddisfacimento del creditore garantito evitando la falcidia fallimentare.
Dalla lettura dell'art. 61 L.F. si comprende come attraverso questa norma speciale venga stabilito che, in ambito fallimentare, non è valida la regola generale espressa dall'art. 1205 del c.c., la quale ammette la surroga parziale del condebitore in proporzione alla quota versata.
Più precisamente possiamo affermare che nella procedura concorsuale si assiste ad una riproduzione della disciplina della solidarietà passiva che vieta al coobbligato escusso di esercitare il regresso parziale (art. 1299, 1 comma, del c.c.)[27]
Si ritiene opportuno, ai fini esaustivi, segnalare anche il caso, per lo più di scuola, del creditore garantito il quale non risulta insinuato nel passivo del fallimento. In quest'ultima ipotesi il credito di regresso del solvens per pagamenti parziali effettuati nel corso della procedura sarà collocabile incondizionatamente sul ricavato (l'art. 61 L.F. infatti, con l'espressione esercizio del regresso intende la collocabilità, sul ricavato dalla liquidazione fallimentare, della pretesa del coobbligato solvente; non essendoci l'insinuazione del creditore la fase successiva di collocazione/riparto interesserà solo l'insinuato fideiussore).[28]

5 La forma delle domande di insinuazione al passivo del fallimento.

Dalla lettura del testo normativo (art. 61, secondo comma l.f.) nel quale si afferma che al fideiussore escusso spetta il diritto di regresso (nell'art. si parla di regresso tra coobbligati falliti, ma è stato ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità analogicamente applicabile anche al fideiussore in bonis), diritto che si estrinseca nell'insinuazione del proprio credito nel passivo del fallimento del debitore principale, si arriva alla conclusione che le azioni di surroga o regresso, che rappresentano il mezzo attraverso il quale far valere il diritto in via giurisdizionale, sono, in questo ambito fallimentare, entrambe strade percorribili[29].
E' stato però precisato più sopra che civilisticamente le azioni di surroga ex artt. 1203 e 1949 del c.c. e di regresso ex artt. 1299 e 1950 del c.c sono due azioni distinte riconosciute al fideiussore, entrambe contraddistinte dalla stessa finalità (quella del ripristino del depauperamento patrimoniale subito dal solvens), ma dai diversi contenuti. In considerazione di quest'ultima indicazione è di rilevante importanza la scelta dello strumento di tutela del proprio diritto di credito da parte del fideiussore.
In questo ambito concorsuale se l'azione di surroga non trova limitazioni di sorta nell'ammissione alle procedure fallimentari in quanto, come precisato, determina la mera sostituzione soggettiva del fideiussore al creditore garantito (si ha un subingresso di un soggetto nella posizione giuridica di altro soggetto, con tutti i diritti e le azioni che attengono a quel determinato rapporto; non è una vicenda novativa ma successoria), l'azione di regresso, che, come visto, è più ampia nei contenuti[30], sembrerebbe menomata dal principio di cristallizzazione: incontrerebbe il limite del riconoscimento del solo credito in linea capitale; diversamente, con il riconoscimento degli interessi e delle spese, il principio inderogabile dell'art. 52 l.f.. non sarebbe rispettato.
Il diritto di cui si fa portatore il solvens in surroga non è un diritto che può essere fatto valere nei confronti della massa concorsuale semplicemente perchè nell'art. 61 secondo comma si parla di coobbligati in solido, ma perchè trattasi di un diritto preesistente al fallimento (si veda quanto precisato nella nota 24). L'effetto di sostituzione, generato dal pagamento, è già stabilito, per il fideiussore, in via generale dall'art. 1203, 3 comma, del c.c..
La disposizione prevista nell'art. 61 l.f. è stata dettata allo scopo di regolare la sola azione di regresso del coobbligato escusso. Una norma, quella del secondo comma, introdotta solo al fine di adattare quell'esercizio di un diritto nuovo al sistema fallimentare.
Anche se il diritto di poter esercitare il regresso viene garantito al fideiussore, in base al disposto di cui sopra, il contenuto economico dello stesso ne esce però fortemente limitato.
Nelle motivazioni alla sentenza 903/2008 i giudici di leggittimità arrivano ad affermare che il credito di regresso non può far ottenere più di quanto poteva chiedere il creditore e lo stesso fideiussore per crediti acquistati in proprio anteriormente alla dichiarazione di fallimento[31].
Il quantum delle due azioni, ovvero il contenuto delle istanze, tende ad essere uguale (è l'azione di regresso che deve adattarsi al sistema fallimentare): il regresso potrebbe solo comprendere, in aggiunta al credito vantato dal creditore originario, anche le spese sostenute dal fideiussore ante dichiarazione di fallimento; queste ultime potrebbero però essere addebitate nel solo caso in cui lo stesso coobbligato abbia proceduto alla denunzia prevista dal secondo comma dell'art. 1950 del c.c.
Quello che si evince in definitiva dalle sentenze della giurisprudenza di legittimità del 2007 e del 2008 (Cass. Civ. n. 903/2008 e n. 21430/2007), condivise dalla dottrina più autorevole, è che il fideiussore che ha pagato integralmente dopo il fallimento ha sempre la possibilità di insinuarsi al passivo del fallimento: il diritto di credito del coobbligato fideiussore escusso troverà sempre spazio nel concorso. La modalità di insinuazione, tardiva o tempestiva, sarà legata semplicemente allo stato in cui la procedura concorsuale si trova: se la domanda perviene in cancelleria nei trenta giorni antecedenti l'udienza di verifica dello stato passivo, si potrà insinuare tempestivamente, diversamente, in modalità tardiva secondo quanto previsto dall'art. 101 della l.f.
Anche il fatto che il creditore principale si sia già insinuato nella procedura, non comporta un cambiamento nell'azione da intraprendere per il riconoscimento del diritto di credito. Se si aderisce infatti alla teoria dettata dalla Cass. n. 903/2008, sia che il creditore principale abbia già proceduto all'insinuazione nello stato passivo, sia che tale adempimento non sia stato ancora posto in essere, l'azione che il fideiussore dovrà compiere sarà sempre la stessa: azione di surroga (nella sentenza citata si afferma infatti il contenuto sostanzialmente surrogatorio dell'azione di regresso)[32]. Anche parte della dottrina concorda con tale interpretazione: il diritto di regresso si identifica in un potere di valersi verso il debitore degli effetti surrogatori conseguenti al pagamento [33]. Un diritto, quest'ultimo, che risulterebbe assorbito nell'azione esercitata in surroga delle ragioni del creditore garantito, per cui il garante agirebbe come se fosse lo stesso creditore soddisfatto.
Nell'ipotesi in cui il creditore sia già insinuato, nel decreto legislativo che ha novellato la legge fallimentare troviamo, in aggiunta, una notevole semplificazione nella procedura formale di insinuazione del credito. Il nuovo art. 115 della l.f., ultimo comma, stabilisce che in caso di surrogazione la ripartizione delle somme disponibili da parte del curatore può avvenire direttamente senza la necessità di una insinuazione ex art. 101 della l.f.; è sufficiente una tempestiva comunicazione dell'avvenuta sostituzione surrogatoria[34].
Quest'ultima procedura non è in contrasto con quanto affermato nell'art. 52 della l.f. (nel quale si stabilisce che ogni credito deve essere accertato secondo quanto previsto dal Capo V della l.f.), visto che trattasi di un credito che è già stato accertato dal curatore.
In conclusione, riprendendo l'esempio numerico esposto nel paragrafo 3, il fideiussore che avrà adempiuto per intero al credito vantato dal creditore garantito nei confronti del fallito potrà sostituirsi nell'insinuazione originaria mediante un'azione surrogatoria nei diritti di credito vantati fino a quel tempo dallo stesso creditore (si insinuerà per € 4.000, senza poter richiedere tramite rivalsa gli interessi nel frattempo maturati sul capitale, in considerazione del principio di cristallizzazione dello stato passivo); la forma dell'intervento sarà quella di una semplice comunicazione corredata dai documenti attestanti sia i versamenti effettuati a saldo sia l'obbligazione solidale contratta.
Ad avviso di chi scrive, ed in considerazione di quanto esposto nella presente relazione, l'azione che dovrà essere esercitata post fallimento per l'insinuazione allo stato passivo è preferibile che assuma il carattere dell'azione surrogatoria in quanto la stessa consente al solvens di avvalersi dei diritti e privilegi che spettavano al creditore originario soddisfatto. Mediante l'azione di regresso, invece, il fideiussore potrebbe godere delle sole garanzie direttamente disciplinate nell'obbligazione interna stipulata tra fideiussore – creditore garantito (non gli è consentito fare proprie le garanzie eventualmente possedute dal creditore principale). Essendo limitata nei contenuti, proprio per non derogare all'art. 52 della l.f., l'azione di regresso perde ogni appeal, ogni interesse. Nell'identità del presupposto delle due azioni, il rimborso di ciò che è stato pagato, è preferibile che venga utilizzato lo strumento che consenta di mantenere gli stessi diritti (è chiaro in questo caso che il riferimento è ai privilegi, se dovuti) in capo al creditore garantito.
Una eccezione alla tesi qui esposta la possiamo però trovare nell'art. 63 della l.f. il quale recita che il fideiussore che ha un diritto di pegno o ipoteca sui beni del fallito a garanzia della sua azione di regresso, concorre nel fallimento per la somma per la quale ha ipoteca o pegno. In questo caso l'azione di regresso, azione ben distinta da quella diretta del creditore garantito, è assistita da una garanzia reale; la rivalsa mediante surroga, in questo caso, non produrrebbe la collocazione in prelazione ipotecaria o pignoratizia.
Ai fini esplicativi si veda il seguente esempio:
– Fideiussore, da qui in poi A
– Creditore Garantito, B
– Fallito, C
– Azione surrogatoria di A nei diritti di B
A Paga integralmente B per la somma di € 4.000,00. Quest'ultimo (indipendentemente dal fatto che sia già insinuato o meno nel passivo del fallimento di C), a fronte di una prestazione di servizio artigianale, godeva del privilegio di cui all'art. 2751 bis comma 5 del c.c.. (la stipula dell'obbligazione fideiussoria è stata contestuale alla fornitura).
Secondo l'indicazione fornita più sopra A, avvalendosi dell'azione surrogatoria, sostituendosi nei diritti di B, potrebbe pertanto godere dello stesso privilegio di cui era portatore il creditore garantito B (privilegio artigiano); se A si fosse avvalso dell'azione di regresso avrebbe potuto insinuare nel passivo di C il credito di € 4.000, ma non avrebbe potuto godere del privilegio artigiano (l'azione di regresso in senso stretto ha un carattere autonomo e, a meno che l'obbligazione fideiussoria non fosse assistita da garanzie proprie che non assistevano il credito originario, il blocco previsto dall'art. 52 l.f. alle spese ed agli interessi rende la stessa non appetibile).

6 Conclusioni

Diverse sono le strade percorribili dal fideiussore escusso al fine del riconoscimento del proprio diritto di credito nello stato passivo del fallimento. Il momento in cui il coobbligato adempie all'obbligazione costituisce l'elemento discriminante della scelta tra l'azione di regresso e l'azione di surroga. L'escussione in epoca ante fallimento porta a preferire l'azione di regresso quale strumento di ammissione nello stato passivo del fallimento del debitore garantito. Il contenuto è infatti più ampio nell'azione di regresso, comprendendo anche gli interessi e le spese e consente, almeno sulla carta, la possibilità di un ristoro economico più capiente. Diversamente, nel caso di adempimento all'obbligazione fideiussoria post fallimento, l'azione da privilegiare è quella di surroga che, come abbiamo più sopra segnalato, permette allo stesso coobbligato il mantenimento dei diritti (privilegi) già sorti in capo al creditore garantito. La limitazione sul quantum della rivalsa del fideiussore, prevista dal principio della cristallizzazione dello stato passivo, rende il coobbligato alla stregua del creditore soddisfatto; il diritto di regresso, secondo l'interpretazione data da parte della giurisprudenza di legittimità all'art. 52 l.f., viene così svuotato di tutte quelle prerogative (capitale, spese e interessi) previste dall'art. 1950 del c.c.

 

fideiussore1

 

fideiussore2

NOTE

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[1] Cass. 17/01/2008, n. 903, in il fall. n.8/2008, pag. 920 e segg. con nota di Antonio Fici.
[2] Art. 1949 C.C.: "Il fideiussore che ha pagato il debito è surrogato nei diritti che il creditore aveva contro il debitore".
[3] Art. 1950 C.C.: "Il fideiussore che ha pagato ha regresso contro il debitore principale, benché questi non fosse consapevole della prestata fideiussione. Il regresso comprende il capitale, gli interessi e le spese che il fideiussore ha fatte dopo che ha denunziato al debitore principale le istanze proposte contro di lui. Il fideiussore inoltre ha diritto agli interessi legali sulle somme pagate dal giorno del pagamento. Se il debito principale produceva interessi in misura superiore al saggio legale, il fideiussore ha diritto a questi, fino al rimborso del capitale. Se il debitore è incapace, il regresso del fideiussore è ammesso solo nei limiti di ciò che sia stato rivolto a suo vantaggio".
[4] Si veda Cass. 5/07/1988, n. 4419, in il fall. 1988, pag. 1093; cass. 12/17/1990, n. 7222, in il fall. 1990 pag. 1327; Cass. 21/07/2004 n. 132508.
[5] Si cambia l'orientamento già indicato in precedenti sentenze della stessa Suprema Corte n. 4419/1988 e n. 7222/1990, nelle quali si sosteneva che il fideiussore doveva essere preventivamente ammesso con riserva ex art. 55 della legge fallimentare; diversamente non sarebbe stato possibile il rispetto del principio della cristallizzazione dello stato passivo stabilito dall'art. 52 della legge fallimentare.
[6] Il regresso tra i coobbligati falliti può essere esercitato solo dopo che il creditore sia stato soddisfatto per l'intero credito.
[7] Cass. 903/2008 cit.
[8] Art. 1292 C.C.: "L'obbligazione è in solido quando più debitori sono obbligati tutti per la medesima prestazione, in modo che ciascuno può essere costretto all'adempimento per la totalità e l'adempimento da parte di uno libera gli altri; oppure quando tra più creditori ciascuno ha diritto di chiedere l'adempimento dell'intera obbligazione e l'adempimento conseguito da uno di essi libera il debitore verso tutti i creditori".
[9] Art. 1294 C.C.: "I condebitori sono tenuti in solido, se dalla legge o dal titolo non risulta diversamente".
[10] La fideiussione rappresenta una obbligazione solidale accessoria con caratteristiche peculiari: dal lato esterno può essere previsto un beneficium excussionis e dal lato interno il fideiussore ha diritto di ripetere dal debitore tutto quanto ha pagato per costui. In www.ilcaso.it di Paolo Giovanni De Marchi "il ruolo dei fideiussori e dei coobbligati"
[11] Cass. 12/10/2007, n. 21430, in Il fall. 6/2008, pag. 648
[12] La surroga comporta il mero ingresso di un soggetto nella posizione giuridica di un altro soggetto, Cass. 30/03/1981 n. 1818, con la conseguenza che lo stesso, agendo in surroga esercita un diritto altrui ed è passibile delle medesime eccezioni che avrebbero potuto essere opposte al creditore originario. Anche Cass. 2/07/1998, n. 6469 ha affermato che il subingresso di un soggetto ad un altro nella titolarità di un credito concorsuale già ammesso al passivo in seno ad una procedura concorsuale non dispensa il nuovo creditore dall'onere di presentare domanda ex art. 101 della l.f., a prescindere dalla causa di subingresso: cessione del credito ovvero surrogazione ex lege in favore del terzo che abbia eseguito il pagamento.
[13] Il garante ha diritto di farsi rimborsare dal debitore il capitale versato, gli interessi legali sulle somme pagate dal giorno del pagamento e le spese sostenute a partire dal giorno in cui ha denunciato al debitore le istanze proposte contro di lui dal creditore (art. 1950 c.c., secondo comma)
[14] L'applicazione dell'art. 62, 1 comma, anche al coobbligato fideiussore è unanimamente condivisa dalla giurisprudenza e dalla dottrina.
La scelta tra la proposizione dell'azione di regresso o dell'azione di surroga è affidata all'insindacabile discrezione del fideiussore (A. Ravazzoni, v. Fideiussione, in Novissimo Digesto Italiano, Torino 1961, p.290 ss.).
[15] Anche in questo caso l'art. 62 della l.f. costituisce una norma speciale
[16] Trib. di Milano 9/05/2008 n.5974 in www.fallimentitribunalemilano.net .
Secondo Sido Bonfatti (in (Il coobbligato del fallito nel fallimento", Giuffrè Editore 1989) se è vero che l'art. 62 mette in discussione il diritto del coobbligato a percepire la quota di riparto, è altrettanto vero che tale norma non incide sul diritto alla collocazione incondizionata del credito di regresso.
[17] La somma che dovesse eccedere la quota residua di spettanza al creditore garantito (a seguito del suo intervento per l'assegnazione) dovrà essere consegnata al solvens.
[18] Il reclamo dovrà essere effettuato ai sensi dell'art. 36 della l.f.
[19] Il principio della cristallizzazione dello stato passivo esprime l'esigenza che non siano fatte valere, nel concorso fallimentare, pretese aggiuntive rispetto a quelle facenti parte del patrimonio del fallito alla data della sentenza di fallimento.
[20] In questo senso D. Rubino, Delle Obbligazioni, in Commentario del codice civile.
[21] Cass. 17/01/2008 n. 903, in il fall. 8/2008, pag. 924
[22] In dottrina Ferrara esclude che il credito del coobbligato possa considerarsi credito successivo alla procedura concorsuale, anche se il pagamento sia avvenuto dopo il fallimento; si veda Ferrara, Il fallimento, Milano 1974, p. 327 ss., il quale evidenzia che tale credito è congenito all'obbligazione solidale anche se i presupposti si verificano in un momento successivo.

[23] Anche M. Fabiani sostiene che a conforto della tesi espressa da cassazione 903/2008 "viene addotto che una deroga al principio della cristallizzazione lo si trova nell'art. 70 della legge fallimentare a tenore del quale il credito di chi ha subito l'azione revocatoria può essere ammesso al passivo perchè il fatto genetico è anteriore al fallimento, ancorchè il credito da restituzione sorga solo dopo la sentenza di revoca". In Giur.Civ. 2008 pag. 1126
[24] In il fall. n. 5/2008, pag. 543 e segg.
[25] La norma (art.61 l.f.), pur citando testualmente solo il caso di più coobbligati falliti, è stata ritenuta analogicamente applicabile anche al caso di regresso di coobbligato solidale in bonis.
Nell'art. 63 della stessa legge fallimentare è possibile desumere come alla posizione del coobbligato solidale sia equiparata quella del fideiussore.
[26] Anche in questo caso di pagamento parziale post fallimento è opportuno però segnalare ciò che la Cassazione ha più volte affermato, ovvero che "l'estinzione dell'obbligazione opera come condizione non dell'azione cognitiva di regresso, ma dell'azione esecutiva contro l'altro coobbligato (Cassazione 11 marzo 1998, n. 2680, Giust.Civ. Mass., 1998)
[27] A parere di chi scrive tale precisazione conferma la tesi che vuole che le due azioni, surroga e regresso, siano due azioni distinte.
Si ritiene, in aggiunta, che la disposizione che preveda, per il creditore garantito, l'esclusività della sua partecipazione ai riparti per l'intero importo, sia riconducibile alle differenze tra il procedimento esecutivo individuale e quello concorsuale. Nel primo è talora consentito il contemporaneo regresso parziale del solvens (artt. 1949, 1950 e 1205 del c.c.). Nel caso del coobbligato solidale ex art. 1299 del c.c. il regresso sarebbe parziale, ma legittimato ad eccepire l'inammissibilità della sua collocazione sul ricavato è il solo creditore garantito (in "il coobbligato del fallito nel fallimento" di Sido Bonfatti). In sede fallimentare invece legittimati a negare la collocazione nel riparto, in presenza di una insinuazione per l'intero importo del creditore garantito, sono il curatore e la massa dei creditori.

[28] Se il creditore non si insinua il coobbligato potrebbe far valere le ragioni dell'adempimento parziale sia mediante l'esercizio del regresso in senso stretto sia mediante la surroga.
[29] Nell'art. 61 si parla in realtà solo di regresso e non anche di surroga. E' però evidente che trattasi non di una omissione ovvero di una dimenticanza del legislatore; non è infatti necessario indicare come possibile per il fideiussore anche l'azione di surroga. Nel caso in cui la si azioni, come abbiamo più sopra precisato, non costituendo la stessa un nuovo diritto, ma semplicemente una sostituzione del solvens nei diritti del precedente titolare, non assistiamo ad una novazione nei diritti di credito.
[30] Secondo G.F. Campobasso ("Regresso (azione di)", in Enc. Giur. Treccani, Vol. XXVI, 1991, Roma, p.1) l'azione di regresso si sostanzia in "una azione riconosciuta a colui che abbia adempiuto ad una obbligazione di riversare in tutto o in parte su altri le conseguenze dell'adempimento"
Nella surroga ricorrerebbe una vera e propria successione a titolo particolare nel credito, al pari di qualsiasi altra ipotesi di surroga legale. La Cassazione a Sezioni Unite (sentenza del 15/01/1993, n.499) ha chiarito che la surroga comporta, proprio per la caratteristica della successione del diritto, anche una sostituzione nei diritti acquisiti dal creditore successivamente alla stipula della fideiussione (ad esempio pegno od ipoteche). Invece, il regresso è espressamente previsto dal legislatore come azione autonoma che si giustifica nell'ambito del regime generale della solidarietà, e ciò vale a spiegare perchè il recupero non investe solo le quote, ma anche gli interessi sulle somme pagate e perchè l'insolvenza di uno dei condebitori è sopportata da tutti gli altri, compreso quello che ha adempiuto.
[31] In un'altra sentenza, la n. 19097/2007, in il fall. n.5/2008 pag. 543, la corte osserva che il subentro a mezzo surroga del fideiussore nel credito verso il fallito genera una situazione analoga a quella che si determina allorchè abbia luogo una cessione del proprio credito ad opera di creditore che sia stato ammesso allo stato passivo.
Il pagamento compiuto dal fideiussore viene utilizzato dalla legge quale presupposto del mutamento soggettivo del rapporto obbligatorio, fermi restando la causa iniziale e il contenuto originario dell'obbligazione. Il credito fatto valere dal fideiussore, quindi, sia in via di surrogazione ex art. 1949 c.c. o in via di regresso ex art. 1950 è (in toto nella prima ipotesi, prevalentemente nella seconda) quello che faceva capo al creditore e la sua natura non può che restare concorsuale. Non lo è, invece, quella parte di obbligazione accessoria che consegue al diritto di regresso per la quale, come per la surrogazione, non sussiste alcun ingresso per l'ammissione al passivo. Ciò non sposta minimamente i termini relativi alla concorsualità del diritto di regresso e della compatibilità della relativa azione con la procedura fallimentare.
Un conto è infatti il profilo dell'esercitabilità e della insinuabilità del diritto di regresso al passivo fallimentare, altro conto è il profilo del quantum insinuabile a tale titolo al passivo fallimentare.
[32] "E' indifferente che il creditore risulti insinuato, o meno, al passivo fallimentare. Il fideiussore può infatti surrogarsi, nella prima ipotesi nella posizione creditoria già insinuata nel fallimento e, nella seconda, nel diritto di insinuazione spettante al creditore." in il fall. n.8/2008, pag. 928
[33] Si veda M. Fragali, Fideiussione- mandato di credito, in AA.VV., commentario del c.c., a cura di A. Scialoja- G. Branca, 1968, pagg. 350 ss., che aggiunge come la perdurante distinzione tra regresso e surrogazione negli art. 1949 e1950 del c.c. sia meramente definitoria e non vincoli la dottrina.
[34] Parlando di semplice comunicazione la stessa norma ammette che venga effettuata anche a mezzo fax o mail certificata, ma che il tutto sia poi accompagnato dalla documentazione probatoria dell'avvenuta cessione.

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