Premi di fine d'anno. Questioni di IVA
di Giuseppe Rebecca e Luisa Contro
Il Fisco, N. 36/2007 - 8 Ottobre 2007
La prassi commerciale prevede frequentemente il riconoscimento di premi di fine anno da corrispondere ai propri clienti al raggiungimento di determinati volumi di fatturato. Talvolta la quantificazione è molto semplice (al raggiungimento di un determinato fatturato, sconto di x punti percentuali sul totale), altre volte più articolata (a fasce, o per mix di prodotti o per periodi diversi dall’intero anno).
Nella sostanza, si tratta di sconti sul prezzo di acquisto dei prodotti, ossia di una fattispecie molto semplice e lineare.
Ciò nonostante, dottrina, prassi e giurisprudenza sono intervenute molte volte, con tesi anche discordanti, relativamente al trattamento IVA, ed in particolare se possano o meno essere emesse note di credito con IVA.
Analizzeremo in questo articolo proprio tale aspetto. Ne anticipiamo le conclusioni: i premi di fine d’anno determinati su base contrattuale possono essere oggetto di note di variazione con IVA.
Stupisce osservare come invece la Cassazione si sia recentemente pronunciata in modo differente, su presupposti a nostro avviso errati.
La norma
Il riferimento è all’art. 26, comma 2 del D.P.R. 633/72 “Variazione dell’imponibile o dell’imposta”. Riportiamo le disposizioni di tale articolo che possono interessare tralasciando quanto non inerente alla fattispecie.
- “[…] 2. Se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli artt. 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, […] in conseguenza dell’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’art. 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’art. 25. […]”;
- “3. Le disposizioni del comma precedente non possono essere applicate dopo il decorso di un anno dalla effettuazione dell’operazione imponibile qualora gli eventi ivi indicati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti [...]”;
- “[…] 5. Le variazioni di cui al secondo comma [...] possono essere effettuate dal cedente o prestatore del servizio e dal cessionario o committente anche mediante apposite annotazioni in rettifica rispettivamente sui registri di cui agli artt. 23 e 24 e sul registro di cui all’art. 25.”.
Prassi e giurisprudenza
I più recenti interventi in materia di IVA su sconti e premi di fine d’anno sono i seguenti:
- Agenzia Entrate, RM n. 120/E del 17 settembre 2004;
- Corte di Cassazione, sentenza n. 5006 dell’11 gennaio 2007.
La Risoluzione Ministeriale del 2004 assimila i bonus quantitativi erogati in funzione di un determinato volume di vendite (nella fattispecie, da una casa automobilistica alle sue concessionarie) ad ‘abbuoni o sconti contrattualmente previsti’, in quanto danno origine ad una riduzione dei prezzi originariamente praticati.
A tal proposito, la risoluzione prevede che “ nella differente ipotesi in cui […] l’erogazione di denaro avvenga non a titolo di oblazione spontanea, bensì sulla base di una preventiva pattuizione ed in funzione del raggiungimento di un determinato obiettivo di vendite, si sarà in presenza di una prestazione di servizi rilevante ai fini IVA ” e prosegue dicendo che “ dette somme, più precisamente, configurando incentivi corrisposti in vista dell’incremento del numero delle vendite, si traducono in una corrispondente riduzione dei prezzi originariamente praticati dalla Società all’atto della cessione dei prodotti al concessionario .”
In altri termini, tali premi si configurano come una particolare tipologia di sconti, come in effetti sono.
Dal punto di vista fiscale, il venditore ha la facoltà di emettere una nota d’accredito con IVA a favore della controparte.
Infatti, “ tali bonus sono da assoggettare al medesimo trattamento riservato agli ‘abbuoni o sconti previsti contrattualmente” di cui all’art. 26 co. 2, del DPR n. 633 del 1972.”
In senso conforme si segnalano precedenti risoluzioni dell’Agenzia delle Entrate, quali la RM n. 416531/1986 e la RM n. 560055/1991.
La prima (RM n. 416531/1986), in tema di premi fedeltà, sostiene che in definitiva il cedente “ ristorna, a favore del proprio cessionario, una certa parte del prezzo da questa già pagato, con la conseguente diminuzione dei costi originariamente sostenuti dalla società acquirente e dei corrispettivi della cedente .” Prosegue ritenendo che “ l’erogazione delle somme di denaro in parola costituisca l’attuazione di ciò che nella prassi commerciale va sotto il nome di ‘ristorno differito’ o ‘premio di fedeltà’ o altre denominazioni aventi la finalità, per motivi commerciali, di ridurre il prezzo di vendita da parte del venditore, allo scopo di adeguarlo ai valori correnti sul mercato .”
La seconda (RM n. 560055/1991), sempre in materia di concessionari e “ sconti pattuiti contrattualmente all’inizio di ogni campagna di vendita condizionati al raggiungimento di determinati risultati”, conferma la facoltà di emettere note d’accredito con IVA ai sensi del più volte citato art. 26 co. 2, DPR 633/1972.
L’equiparazione dei premi agli sconti è affermata anche dall’Associazione Italiana Dottori Commercialisti, che al punto a) della norma di comportamento n. 163 del marzo 2006 ribadisce che gli incentivi corrisposti in vista dell’incremento del volume degli acquisti costituiscono una riduzione dei prezzi originariamente praticati, riprendendo pressoché testualmente il contenuto delle citate RM.
La sentenza della Cassazione n. 5006 dell’11 gennaio 2007 (dep. il 5 marzo 2007), invece, introduce una distinzione, peraltro non molto chiara, tra premi e sconti, affermando che:
- “ lo sconto è una componente che incide direttamente sul prezzo della merce compravenduta o del servizio scambiato riducendone l’ammontare dovuto per le singole operazioni compiute;
- il premio di fine anno è un contributo autonomo riconosciuto indistintamente a fine esercizio al cliente al raggiungimento di un determinato fatturato o comunque per incentivarlo a futuri acquisti ”.
Tale premio è poi assimilato alle liberalità, facendo così una commistione che contribuisce a rendere più confuso il dettato della sentenza.
La Corte prosegue affermando che, laddove non emerga, dalle fatture o dagli accordi, anche verbali, la natura di sconto, si è in presenza di “ una corresponsione in funzione liberale senza alcun collegamento causale con singole e determinate cessioni imponibili”; in altri termini, si ha una semplice cessione di denaro, esclusa dall’applicazione di IVA (art. 2 co. 3, DPR 633/72).
Ciò è del tutto pacifico nel caso di erogazioni liberali, mentre non lo è, come abbiamo visto, in presenza di un contratto specifico che preveda determinati sconti al raggiungimento di certe quantità.
In caso di erroneo assoggettamento ad IVA (ossia trattando il premio come se fosse uno sconto), la relativa IVA non sarebbe detraibile.
Ciò premesso, il dettato della citata sentenza non appare condivisibile: di fatto, il premio corrisponde giuridicamente ed economicamente ad uno ‘sconto quantità’, anche se nella prassi commerciale è comunemente denominato ‘premio’. Non si è mai quindi in presenza di liberalità, quanto dell’applicazione di una clausola contrattuale ben precisa.
A ciò si aggiunga che:
- non appare corretto assimilare i premi a liberalità, ossia a cessioni ‘gratuite’ di denaro;
- anche ammettendo la distinzione operata tra sconti e premi, la sua applicazione a casi concreti, valutando i rapporti clienti-fornitori nel loro complesso, non è affatto chiara.
In altri termini, la sentenza appare confusa nel contenuto, e non adottabile nella pratica. Inoltre, è in contrasto comunque con i precedenti orientamenti della medesima Corte.
A tal proposito, la sentenza non è in linea con un pronunciamento anteriore (Cassazione, n. 3428 del 12 gennaio 1996), in base al quale in caso di variazione derivante da uno sconto per raggiunto volume d’affari non è necessario indicare i dati di tutte le fatture interessate, qualora nella nota di credito siano indicati il contratto che prevede lo sconto, la percentuale di sconto praticata, l’importo del volume di affari sul quale lo sconto è applicato, l’entità complessiva dello sconto ed il beneficiario dello stesso. Non sono richiesti, quindi, riferimenti a singole transazioni: “ non essendo ricavabile da alcuna disposizione di legge, neppure per implicito, che la nota di accredito dello sconto, praticato al cliente al momento in cui questo realizzi un certo volume di affari, debba contenere anche l’indicazione specifica delle singole fatture alle quali lo stesso si riferisce ”; la Corte prosegue affermando che la nota d’accredito in questione costituisce “ documento assimilabile alla fattura, svolgendo, anche se in senso inverso a questa, analoga funzione riguardo al meccanismo applicativo del tributo ”.
Conclusioni
Per tutto quanto detto, si ritiene valido quanto disposto dalla RM n. 120/2004, ossia l’inquadramento dei premi di fine d’anno all’interno degli ‘abbuoni o sconti contrattualmente previsti’.
Appare peraltro pacifico che, qualora non esistesse alcun contratto che prevedesse questo premio, in assenza quindi di accordi, il premio risulterebbe semplice “cessione di denaro” e conseguente irrilevante ai fini IVA.
Di norma, però, si è sempre in presenza di un contratto, quindi con facoltà di emissione di nota di credito con IVA.