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>> Anno 2004

Risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà

di Giuseppe Rebecca e Francesco Vencato
Contabilita' Finanza e Controllo, N. 10/2004

Inquadramento giuridico del contratto di vendita con riserva di proprietà

All’interno della disciplina generale della compravendita troviamo, tra le diverse ti­pologie contrattuali, il modello della ven­dita con patto di riservato dominio. Con questo tipo di contratto il compratore ac­quista la proprietà della cosa con il paga­mento dell’ultima rata di prezzo, pur avendo immediatamente il godimento della cosa e assumendosene i rischi fin dal momento della consegna (art. 1523 cod. civ.).

L’accordo di “riservato dominio” deve es­sere manifestato in via esplicita, poiché la mera rateizzazione del prezzo non vale a impedire la produzione immediata dell’ef­fetto traslativo.[1] Si tratta dunque di una fattispecie contrattuale per cui al vendito­re viene riconosciuta la conservazione del diritto di proprietà quale garanzia per la dilazione del prezzo concessa alla contro­parte.

A tali aspetti si aggiungono le disposizio­ni di cui agli artt. 1525 e 1526 cod. civ. La prima, rubricata “Inadempimento del compratore”, pone un limite al di sotto del quale non può essere prevista la riso­luzione del contratto per inadempimento del soggetto acquirente, nel senso che il mancato pagamento di una rata che non superi l’ottava parte del prezzo non dà luogo alla risoluzione del contratto. L’art. 1526 cod. civ. regola la risoluzione vera e propria, la quale può essere prevista me­diante clausola esplicita o rimessa alla fa­coltà del soggetto venditore: in entrambi i casi deve essere superato il limite di cui all’art. 1525 cod. civ.

Il contratto ha trovato ampia diffusione nella pratica per effetto delle agevolazioni concesse dalla cosiddetta “legge Sabatini”.

In questo articolo tratteremo della risolu­zione del contratto, esaminandone gli aspetti contabili e fiscali; si tratta di un argomento trascurato dalla dottrina e dal­la pratica.

Momento patologico: la risoluzione

Nella disciplina del contralto di vendita con riserva di proprietà, la risoluzione del contratto per inadempimento del sog­getto acquirente è trattata dall’art. 1526 cod. civ.

Questa fattispecie si realizza se il manca­to pagamento di una rata eccede» l’ottava parte del prezzo del bone di cui all’ogget­to del contratto. Deve essere superato perciò tale limite; in caso contrario, il compratore conserva il beneficio del ter­mine relativamente alle rate successive. Qualora si verifichi la risoluzione della compravendita con riservato dominio, si presentano diverse conseguenze, ognuna delle quali caratterizzala da differenti ri­flessi contabili e fiscali. Gli aspetti ri­guardano:

1. la restituzione del bene al venditore;

2. la restituzione delle rate riscosse, la de­terminazione del compenso per l’uso del bene e del risarcimento del danno. Sotto l’aspetto tributario, non può esserefatta tout court la compensazione fra la restituzione delle rate riscosse, l’equo compenso per l’uso del bene e il risarci­mento del danno. L’equo compenso andrà fatturato a parte e sarà assoggettalo a IVA, mentre il risarcimento del danno ne sarà escluso. Nella pratica, peraltro, spes­so accade che la risoluzione trovi conclu­sione con la semplice restituzione del bene, senza alcun ulteriore pagamento o conteggio.

Restituzione del bene al venditore: problematiche IVA

Il primo passaggio dopo la risoluzione del contratto è ovviamente la restituzione del bene al suo proprietario e cioè al soggetto cedente; si applica alla lettera quanto disposto dagli artt. 1523 e seguenti cod. civ.. Dal punto di vista giuridico, nulla quaestio. L'operazione di restituzione pone invece delle problematiche fiscali. Ci si chiede, tra l'altro, se possano esservi differenze ove il bene sia restituito entro un anno dalla consegna, rispetto al caso in cui lo stesso ritorni al venditore dopo un periodo di tempo superiore.
L'art. 26 del DPR. 633/1972, in materia di IVA. prevede, al secondo comma, che, se un'operazione per la quale sia stata emessa fattura successivamente venga meno, in tutto o in parte, in conseguenza anche di risoluzione (oltre ad altre cause ivi elencate), il cedente può emettere una nota dì accredito, con recupero dell'IVA sulla fattura di vendita. Il terzo comma del medesimo articolo integra quanto sopra, stabilendo che «te norme del precedente comma non possono essere applicate dopo il decorso di un anno dalla effettuazione dell'operazione imponibile qualora gli eventi ivi elencati si verifichino in dipendenza di sopravvenuto accordo fra le parti».
Ove si ritenesse applicabile quest'ultimo disposto alla risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà, non vi potrebbe essere nota di accredito, decorso un anno dalla consegna del bene, bensì solo fattura di vendita da parte del cessionario, con l'applicabilità dell'art. 6 del D.Lgs.471 del 18 dicembre 1997 in caso di mancata emissione. In tale ipotesi la restituzione assume le vesti di una vendita (o rivendita) ai fini dell'imposta, con la conseguente diminuzione della base imponibile rispetto all’ammontare di quest’ultima alla data della fatturazione originaria a causa del decorso del tempo e quindi al naturale logorio subito dal bene.[2]Appare chiaro che la risoluzione per ina­dempimento dell’acquirente non è cosa concordata con la controparte, a meno di simulazione, dato l’evidente conflitto di in­teressi. Nel caso, non opera quindi quella li­mitazione temporale prescritta dal terzo comma dell’art. 26 in materia IVA, dal mo­mento che nella vendita con riserva ili pro­prietà la risoluzione per mancato pagamen­to della parte acquirente non si può confi­gurare come una risoluzione consensuale per accordo della parti. Non c’è alcunché di sopravvenuto, poiché la risoluzione dipen­de da una clausola contrattuale; è soprav­venuto solo il mancato pagamento.[3]La risoluzione rappresenta “un’eventuali­tà” tipica del contratto di vendita con pat­to di riservato dominio e quindi, qualora si presentasse, non si renderebbe applica­bile il terzo comma dell’art. 26, essendo invece attribuita sempre al venditore la facoltà di emettere nota di accredito. In conclusione, nota di accredito sempre, indipendentemente dal tempo intercorso fra la cessione del bene e il momento ri­solutivo.

La nota di accredito temi conto del valore corrente del bene in quel momento e non ovviamente del valore che risulta dall’origi­naria fattura di vendita. La registrazione av­verrà in un conto del tipo “Resi su vendite”.

Altri conteggi

Ai fini della determinazione delle somme dovute si dovranno determinare l’equo compenso per l’uso della cosa e il risarci­mento del danno, da cui detrarre le rate riscosse.

Esaminiamo i vari punti, iniziando da que­st’ultimo. L’art. 1526 cod. civ. prevede che «il venditore deve restituire le rate riscos­se ...», aggiungendo nel successivo se­condo comma che «qualora si sia conve­nuto che le rate pagate restino acquisite al venditore a titolo di indennità, il giudi­ce, secondo le circostanze, può ridurre l’indennità convenuta». Ciò significa che l’operazione di restituzione delle rate già pagate dal cessionario si verifica solo qualora le parti non abbiano previsto di mantenere le stesse acquisite dal soggetto cedente a titolo di indennità per il manca­to buon fine del relativo contratto di ven­dita. L’eventuale restituzione delle rate già percepite non rileva ai fini IVA, perché non sì tratta né di cessione, né di presta­zione di servizi.’[4]

Dal punto di vista puramente contabile, ove tale operazione si realizzasse nello stesso anno in cui è avvenuta la cessione del bene e quindi la stipula del contratto di vendita con riserva di proprietà, essa sarebbe registrata in un conto del tipo “Rettifiche di ricavi”.

Oltrepassato l’esercizio in cui c’è stata la cessione, la restituzione di tali rate sarà contabilizzata come “Sopravvenienza pas­siva”.

Di norma, però, le rate incassate sono trattenute.

Per quanto concerne l’uso del bene, il sog­getto cedente è legittimato a chiedere alla controparte una sorta di remunerazione, il cui ammontare sarà proporzionato al­l’intervallo di tempo trascorso dalla cessione del bene sino alla restituzione dello stesso. Per quanto riguarda l’aspetto tri­butario, tale compenso rappresenta una prestazione di servizi ai sensi dell’art. 3 del D.P.R. 633/1972 e genera un ricavo di competenza dell’esercizio in cui la presta­zione di servizi si ritiene ultimata, come disciplinato dall’art. 109 TUIR. L’eventuale indennizzo per il risarcimento del danno subito dal venditore si identifi­ca, nel nostro caso, con il mancato trasfe­rimento “effettivo” del bene, poiché l’ope­razione di cessione con riserva di pro­prietà non è andata a buon fine. Rappre­senta dunque una sopravvenienza attiva ai sensi dell’art. 88 TUIR; la stessa non concorre alla formazione della base im­ponibile IVA, come prevede l’art. 15 del D.P.R. 633/1972.[5]

In definitiva, il conteggio che verrà fatto, o meglio quello che dovrebbe essere fatto in sede di risoluzione di un contratto di vendita con riservato dominio, sarà sem­plicemente quello qui indicato. Non ri­sponde invero alla lettera alle previsioni normative, ma determina esattamente le legittime aspettative delle parti. Si valuterà il bene al momento della resti­tuzione e si raffronterà questo valore con l’importo delle rate ancora da pagare, sen­za interessi. La differenza sarà da corri­spondere da una parte all’altra, secondo il segno algebrico. La soluzione pare sem­plicistica, ma in effetti tiene conto di tut­to. Per quanto riguarda gli interessi, se ne potrà eventualmente tenere conto ove vi fossero dei tassi non di mercato. In materia non ci sono principi contabili nazionali e internazionali che considerino la fattispecie oggetto di analisi: essi trat­tano solo della fattispecie di vendita a ra­te, considerando discriminante per que­st’ultima la presenza o meno di sicurezza nell’adempimento, come se tale aspetto fosse determinabile a priori.

Esempio

Dopo avere inquadrato la fattispecie sotto l’aspetto giuridico, può risultare interes­sante un’esemplificazione numerica. Que­sti i dati:

- bene venduto con patto di riservato do­minio a € 20.000,00 + IVA 20% (€ 4,000,00);

- IVA pagata subito € 4.000,00;

- pagamento in 4 anni a rate semestrali anticipate;

- interessi di dilazione € 1.019,92;

- tasso di interesse relativo alla dilazione del pagamento pari a 2,25% annuo;[6]

- emissione di n. 8 effetti da € 2.627,49 ciascuno;

- per motivi di semplicità, si considerano gli interessi di sconto uguali a quelli di dilazione, ipotizzando anche che la pre­sentazione degli effetti presso un istitu­to di credito avvenga nello stesso gior­no dell’operazione di vendita;

- risoluzione all’inizio del terzo anno dal­la fatturazione dell’operazione (a tale data sono stati pagati n. 3 effetti);

- al momento della risoluzione, valore corrente del bene stimato a € 13.000,00;

- ammortamento annuo del bene pari a 15%.

Piano di ammortamento finanziario[7]

N.

Effetto

Quota interessi

Quota capitale

Debito residuo

0

0,00

0,00

0,00

20.000,00

1

2.627.49

223,75

2,403,74

17.596,26

2

2.627.49

196,86

2.430.63

15.165,63

3

2.627,49

169.66

2.457,83

12.707,80

4

2.627,49

142,17

2.485,32

10,222,48

5

2.627.49 ‘

114,36

2,513,13

7.709.35

6

2.627,49

86,24

2.541,25

5.168,10

7

2.627.49

57,81

2.569,68

2.598,42

8

2,627,49

29,07

2.598.42

0,00

 

21.019,92

1.019,92

   

Tabella

 

Scritture contabili dell’operazione di vendita con riserva di proprietà

Dal lato dell’acquirente

1. Al momento dell’acquisto:

Macchinario

20.000,00

 

IVA a credito

4.000,00

 

Interessi passivi

1.019,92

 

Fornitori

 

25.019,92

2. Pagamento dell’IVA:

Fornitori

4.000,00

 

Banca

 

4.000,00

3. Rilevazione effetti passivi:

Fornitori

21.019,92

 

Effetti passivi

 

21.019,92

4. Risconto a fine anno (e così per ogni anno, ovviamente per importi diversi):

Risconti attivi

599,31

 

Interessi passivi

 

599,31[8]

Dal lato del venditore

1. Al momento della vendita:

Clienti

25.019,92

 

Prodotti finiti c/vendite

 

20.000,00

IVA a debito

 

4.000,00

Interessi attivi

 

1.019,92

2. Incasso IVA:

Banca

4.000,00

 

Clienti

 

4.000,00

3. Emissione degli effetti:

Effetti attivi

21.019,92

 

Clienti

 

21.019,92

4. Sconto degli effetti presso l’istituto di credito:

Banca c/c

20.000,00

 

Interessi passivi

1.019,92

 

Effetti attivi

 

21.019,92

5. Risconto interessi di dilazione (alla fi­ne del 1° anno e cosi per ogni anno per importi diversi):

Interessi attivi

599,31

 

Risconti passivi

 

599,31[9]

6. Risconto interessi passivi relativi all’o­perazione di sconto (così per ogni anno, per importi diversi):

Risconti attivi

599,31

 

Interessi passivi

 

599,31

Scritture contabili della risoluzione del contratto di vendita con riserva di proprietà

Il bene è valutato in € 13.000,00 al momen­to della risoluzione del contratto; restano da pagare n. 5 effetti da € 2.627,49 l’uno, pari complessivamente a € 13.137,45, com­presi gli interessi. Senza interessi il debito residuo, risultante dal piano d’ammorta­mento predisposto per l’operazione di ven­dita rateale con riservato dominio, ammon­ta a € 12.707,80. Residua così una differen­za di € 292,20 a favore del venditore. [10]Queste allora le scritture:

Dal lato del venditore

1. Emissione di una nota di accredito per un importo corrispondente al valore stima­to del bene al momento della restituzione:

Resi su vendite

13.000,00

 

IVA a credito

2.600,00

 

Clienti

 

15.600,00

2. Il venditore farà fronte al totale degli effetti rimasti insoluti (n. 5 effetti da € 2.627,49 l’uno):

Clienti

12.707,80[11]

 

Interessi passivi

429,65[12]

 

Effetti passivi

 

13.137,45

3. Il cliente deve pagare l’IVA:

Clienti

2.600,00

 

Banca

 

2.600,00

4. A fine anno risconto interessi passivi:

Risconti attivi

86,88

 

Interessi passivi

 

86,88[13]

5. A fine anno risconto interessi di scon­to:

Risconti attivi

86,88

 

Interessi passivi

 

86,88

6. Rilevazione della sopravvenienza atti­va del venditore sorta per differenza tra il valore stimato del bene e il debito residuo del compratore (con questa scrittura la voce “clienti” si chiude):

Clienti

292,20

 

Sopravvenienza attiva

 

292,20

Dal lato dell’acquirente

1. Il macchinario viene ammortizzato a quote annue costanti pari al 15%; due so­no gli esercizi nei quali il soggetto acqui­rente ha fruito del bene strumentale:

- per il primo esercizio

Ammortamento

1.500,00

 

F.do amm.to macchinari

 

1.500,00

- per il secondo esercizio

Ammortamento

3.000,00

 

F.do amm.to macchinari

 

3.000,00

2. Ricezione nota di accredito del venditore:

Fornitori

15.600,00

 

Macchinari

 

13.000,00

IVA a debito

 

2.600,00

 

3. Incasso dell’IVA risultante dalla nota di accredito:

Banca

2.600,00

 

Fornitori

 

2.600,00

4. Al momento risolutivo il bene è iscritto in bilancio a un valore netto di € 15.500,00 (20.000,00 all’attivo e un fondo al passivo di 4.500,00). A tale da­ta il bene viene valutato € 13.000,00. Si rileva innanzi tutto la minusvalenza:

Minusvalenza

2.500,00

 

F.do amm.to macchinari

4.500,00

 

Macchinari

 

7.000,00

5. Alla data della risoluzione sono stati pagati n. 3 effetti da € 2.627,49, pari a € 7.882,47; il debito residuo ammonta a € 13.137,45. Chiusura del conto “Effetti pas­sivi” in contropartita al conto “Fornitori” per tale importo, scorporando gli interes­si passivi relativi:

Effetti passivi

13.137,45

 

Fornitori

 

12.707,80

Risconti attivi

 

429,65

6. Rilevazione della sopravvenienza pas­siva sorta dalla restituzione del bene:

Sopravvenienza passiva

292,20

 

Fornitori

 

292,20



[1] C. Camardi, ‘Vendita e contratti traslativi, 1999, pag. 55 e seg.

[2] P. Bonazza, Bollettino tributario n. 14/1993, pag. 1123 e segg.

[3] Sia consentito rinviare a G. Rebecca, “La vendita con riserva di proprietà - Aspetti tributari”, in Consulenza, n. 26/1997, pag. 2421 e segg.

[4] P. Merlo, “L’IVA nell’ipotesi della vendita con riserva di proprietà”, in Il Fisco n. 37/1998, pag. 12059 e segg.

[5] L’esclusione del risarcimento danni dal computo della base imponibile IVA è stata più volte affermata anche dalla stessa Amministrazione finanziaria, secondo la quale tale corrispettivo, così come le penalità e gli interessi monitori per ritardato pagamento costituiscono una semplice corresponsione di denaro e non rappresentano il corrispettivo per una prestazione di servizi o di una cessione di beni. A tale proposito sì veda: ris. min. n. 527985 del 1° marzo 1973, ris. min. ri. 505285 dell’I 1 febbraio 1974 e successive.

[6] “Il tasso è riferito alla legge agevolativa che va sotto il nome di “legge Sabatini”; il tasso agevolato del 2,25% è del settembre 2003. Si veda il prospetto allegato.

[7] Predisposizione di un piano di ammortamento secondo il modello applicato nel leasing di beni strumentali; nell’applicazione di quest’ultimo al contratto di vendita con riservato dominio, non sembrano esservi problemi di natura finanziaria, dal mo­mento che entrambe le operazioni sono accomunate dalla rateizzazione del prezzo di acquisto.

[8] Risultante da 1.019,92 - (223,75 + 196,86) = 599,31.

[9] Si veda la nota precedente

[10] Tale differenza non può configurarsi come cessione di beni o prestazione di servizi, ma ha natura risarcitoria; quindi non è assoggettata a IVA, come prevede l’art. 15 del D.P.R. 633/1972.

[11] 12.707,80 euro è il debito residuo in conto capitale dopo il pagamento della terza rata.

[12] Sommatoria degli interessi escluse le prime tre rate pagate dal soggetto acquirente.

[13] Risultante dalla somma di € 57,81 + € 29,07.

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