La nuova disciplina del finanziamento soci nella S.r.l.
di Giuseppe Rebecca ed Enrico Zanetti
Impresa Commerciale Industriale, N. 4/2004
1.Premessa
L’art. 2467 del “nuovo” codice civile introduce una disciplina del tutto innovativa in materia di finanziamenti erogati dai Soci alla società.
Si tratta di una novità di assoluto rilievo, posto che va ad incidere su di una prassi quanto mai diffusa nell’operatività quotidiana delle S.r.l., ossia la copertura del fabbisogno finanziario della S.r.l. mediante apporti dei soci non nella forma di conferimenti (ossia apporti di capitale), bensì nella forma di prestiti (ossia debiti per la società).
2. Disposto normativo
Ai sensi del nuovo art. 2467, comma 1, il rimborso dei finanziamenti a suo tempo fatti a soci a favore della società:
- “è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori”;
- “e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito”.
Il comma 2 dell’art. 2467 individua l’ambito di applicazione della disposizione, stabilendo che in esso si intendono inclusi tutti i finanziamenti {in qualsiasi forma effettuati) dei soci a favore della società che sono stati concessi:
- “in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla società, risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto”;
- oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento”.
La disposizione recata dall’art. 2467, oltre che costituire una peculiarità della disciplina della S.r.l. (non essendo prevista una corrispondente previsione normativa nell’ambito della S.p.a.), rappresenta una novità di assoluto rilievo, posto che va ad incidere proprio su una prassi quanto mai diffusa, ossia quella del finanziamento soci, come strumento di copertura del fabbisogno della società, preferenziale rispetto alla “strada maestra” del conferimento (o del versamento a fondo perduto).
La norma sostanzialmente prospetta quanto segue:
- se la S.r.l. abbisogna dell’apporto di risorse finanziarie fresche per la copertura di fabbisogno finanziario di medio-lungo periodo;
- oppure se la società versa in uno stato di squilibrio nel rapporto tra fonti di finanziamento proprio (patrimonio netto) e fonti di finanziamento di terzi (passività);
- nell’istante in cui uno o più soci procedono a un apporto nei confronti della S.r.l. a titolo di debito (finanziamento), anziché a titolo di capitale (conferimento o versamento a fondo perduto);
- allora quel finanziamento può essere rimborsato al socio solo se tutti gli altri creditori sociali risultano soddisfatti (e comunque deve essere restituito dal socio se il rimborso è avvenuto entro l’anno dalla eventuale data di dichiarazione di fallimento della società).
3. Finalità della norma
La ratio della disposizione è sostanzialmente quella di contrastare la diffusa pratica (attuata in particolar modo in contesti societari caratterizzati da ristrette compagini sociali, circostanza appunto molto ricorrente nell’ambito della S.r.l.) di “sostituire” i versamenti in conto capitale con i versamenti a titolo di finanziamento, il cui vantaggio è rappresentato per i soci, dal fatto che la restituzione di un apporto effettuato a titolo di finanziamento (debito per la società) è insita nel finanziamento stesso, di norma effettuato appunto a scadenza.
Per effetto del disposto dell’art. 2467 del codice civile, in presenza delle condizioni che ne consentono l’applicazione, i finanziamenti dei soci vengono sostanzialmente “avvicinati” agli apporti effettuati a titolo di conferimento o a fondo perduto, nel senso che anche per essi vengono poste delle limitazioni alla restituzione ai soci.[1]
La norma si pone nel filone delle disposizioni volte a contrastare la cosiddetta “sottocapitalizzazione delle imprese”, che costituisce un fenomeno estremamente diffuso nel nostro sistema economico.[2]
Coordinata con il mantenimento della soglia minima del capitale sociale della S.r.l. a 10.000. euro e l’ampliamento delle forme mediante le quali è possibile procedere alla sottoscrizione del relativo capitale sociale, l’art. 2467 del codice civile ci dice sostanzialmente che per il legislatore è senz’altro importante mantenere una facilità di accesso alla forma giuridica della S.r.l. per gli operatori economici che intendono intraprendere attività di impresa, ma al tempo stesso che, al crescere dei volumi dell’impresa (e, segnatamente, al crescere del suo fabbisogno finanziario) resta pur sempre un obbligo per i soci dotare la società di adeguate risorse finanziarie proprie, piuttosto che ricorrere a formule improprie, quale appunto l’apporto di risorse nella forma di capitale di debito.
4. Aspetti di criticità
Dopo esserci brevemente soffermati sulla finalità della nuova disposizione normativa introdotta dalla riforma del diritto societario con riferimento alle S.r.l., pare opportuno richiamare l’attenzione su quelli che sembrano essere i principali aspetti di criticità della norma:
- in primo luogo, se nel novero dei finanziamenti dei soci “in qualsiasi forma effettuati”, cui si rende applicabile il disposto dell’art. 2467, rientrano solo i finanziamenti diretti o anche quelli indiretti;
- in secondo luogo, quando devono considerarsi sussistenti le condizioni per l’applicabilità dell’art. 2467;
- in terzo luogo, se la postergazione del rimborso al socio rispetto alla soddisfazione di tutti gli altri creditori è da intendersi su un piano “temporale” o “di capacità patrimoniale”;
- infine, quali effetti la norma è destinata a produrre sui finanziamenti soci “pregressi”, ossia su quelli effettuati prima del 1° gennaio 2004, ma che permangono nella S.r.l. a tale data.
4.1. Finanziamenti diretti e indiretti
L’art. 2467 del codice civile parla di finanziamenti dei soci “in qualsiasi forma effettuati”.
Sotto questo profilo non si pongono dubbi in merito all’indistinta applicabilità della disposizione sia ai finanziamenti a titolo oneroso che ai finanziamenti a titolo gratuito.
Più complessa appare, invece, la questione riguardante la potenziale (nel senso che devono comunque sussistere i presupposti di squilibrio finanziario) applicabilità della norma, oltre che chiaramente ai finanziamenti direttamente erogati dal socio alla S.r.l., anche ai finanziamenti “indiretti” del socio, ossia in buona sostanza:
- ai finanziamenti erogati da terzi, ma garantiti dal socio,
- oppure ai finanziamenti erogati da terzi senza garanzie da parte del socio, ma comunque in contesti che, in ultima analisi, riconducano il soggetto terzo erogante alla figura del socio (ad esempio, finanziamento erogato alla S.r.l. da altra società controllata da un socio della S.r.l.).
A questo proposito, vale la pena sottolineare che, nell’ambito della normativa fiscale, le disposizioni finalizzate appunto a contrastare le pratiche di sottocapitalizzazione delle imprese (cosiddette “thin capitalization”) prevedono espressamente l’applicabilità delle relative norme di contrasto in presenza di finanziamenti dei soci sia erogati, che garantiti, che erogati da “parti correlate” dei soci.
Nell’ambito della norma civilistica questo espresso richiamo non viene ripreso, ma del resto si potrebbe obiettare che l’inciso “in qualsiasi forma effettuati” sia di per sé più che sufficiente a ricomprendere nell’ambito oggettivo di applicazione dell’art. 2467 del codice civile anche i finanziamenti che il socio effettua in favore della società in modo “indiretto”, ossia mediante la prestazione di garanzie o mediante l’intervento di sue parti correlate.
A nostro avviso, questa interpretazione estensiva della norma appare condivisibile, anche perché una diversa lettura della disposizione avrebbe come effetto un più che facile aggiramento della medesima (come, nell’ambito della riforma del sistema fiscale, è stato correttamente evidenziato nel momento in cui sembrava che le disposizioni di thin capitalization ivi previste dovessero risultare applicabili solo in presenza di finanziamenti erogati dai soci e non anche di finanziamenti garantiti).[3]
Vale poi la pena di sottolineare che, fatta eccezione per il particolare caso del rimborso avvenuto entro un anno dalla data di dichiarazione di fallimento della S.r.l. (per cui scatta l’obbligo di restituzione da parte del socio di quanto ricevuto a rimborso), la disposizione recata dall’art, 2467 del codice civile attiene principalmente all’insorgenza di profili di responsabilità da parte degli amministratori,[4] che provvedono al rimborso del socio di un finanziamento per il quale si rende applicabile l’art. 2467 del codice civile senza rispettare le condizioni da esso poste (preliminare soddisfazione di tutti gli altri creditori sociali).
Ciò detto, nell’ottica di un procedimento contenzioso volto all’accertamento dell’eventuale sussistenza di profili di responsabilità degli amministratori verso la società o verso i creditori sociali, la questione dell’applicabilità o meno del disposto dell’art. 2467 del codice civile a un determinato finanziamento (e conseguente rimborso) “indiretto” del socio dovrebbe potersi ritenere risolta in senso favorevole, [5] ferme restando le maggiori difficoltà che si possono incontrare in ordine alla prova dell’effettiva natura di finanziamento indiretto del socio di quello che, prima facie, può apparire come mero finanziamento da parte di soggetto terzo.
4.2. Presupposti per l’applicabilità della norma
Una volta individuato l’ambito oggettivo dell’art. 2467 del codice civile (che, nella lettura da noi proposta, deve essere inteso in un senso assai ampio), bisogna comunque tenere presente che tale norma si applica solo se i finanziamenti in questione risultano essere stati effettuati:
- in un momento in cui in capo alla S.r.l. vi è una situazione di squilibrio finanziario tra capitale di debito e capitale proprio;
- in un momento in cui sarebbe risultato “ragionevole” un conferimento.
La norma non pone alcun criterio oggettivo ai fini dell’individuazione della sussistenza o meno dei presupposti che comportano l’applicazione delle limitazioni al rimborso sui finanziamenti che (potenzialmente appunto) vi rientrano.
La scelta del legislatore appare comunque corretta, perché parametri fissi, o comunque meno elastici, avrebbero potuto comportare gravi distorsioni rispetto alla reale finalità della norma, costringendo magari a non considerare situazioni che invece avrebbero molte ragioni di esservi ricondotte e a comprendere situazioni che in realtà avrebbero potuto essere tralasciate.
Una volta di più si richiama l’attenzione sul fatto che questa norma si propone essenzialmente di determinare i seguenti effetti:
- un obbligo assoluto di restituzione del finanziamento rimborsato, nei casi di rimborso avvenuto entro un anno dalla data di dichiarazione di fallimento;
- l’insorgenza di responsabilità in capo agli amministratori (e ai soci che hanno deciso o autorizzato il rimborso) in tutti gli altri casi.
Di fatto, dunque, la norma è stata concepita per operare in contesti quali quelli di una procedura fallimentare che agisce in revocatoria o comunque quelli di un’azione di responsabilità promossa (da altri soci, dai terzi o, anche qui, dal curatore fallimentare) contro amministratori e soci.
Chiarito questo, è evidente che la scelta da parte del legislatore di parametri suscettibili di libero apprezzamento risulti la più consona in funzione del contesto in cui ne è implicitamente concepita l’operatività.
Particolarmente interessanti sono dunque le considerazioni in ordine ai profili di prova utilizzabili da parte di chi vuol dimostrare:
- la sussistenza degli estremi per l’applicazione dell’art. 2467 del codice civile (ossia: in primo luogo l’avvenuto rimborso di un finanziamento riconducibile al novero dei finanziamenti soci, diretti o indiretti; in secondo luogo la sussistenza, alla data in cui il finanziamento era stato effettuato, delle condizioni di squilibrio finanziario previste dal comma 2 dell’art. 2467 del codice civile; in terzo luogo il mancato rispetto dell’obbligo di postergazione del rimborso rispetto al soddisfacimento degli altri creditori);
- o, all’opposto, l’insussistenza degli estremi per l’applicazione dell’art. 2467 del codice civile (a tale fine basta dimostrare che uno dei tre fattori di cui al punto precedente non corrisponde a verità).
4.3. Natura della “postergazione” del rimborso
Per quanto attiene alia postergazione del rimborso dei finanziamenti soggetti alla disciplina dell’art. 2467 del codice civile, rispetto al soddisfacimento degli altri creditori sociali, può porsi il dubbio se tale postergazione assuma natura temporale o di capacità patrimoniale della società, ossia se:
- il rimborso deve comunque essere subordinato al preventivo pagamento di tutti gli altri debiti sociali;
- il rimborso sia subordinato al fatto che, in ogni caso, la dotazione patrimoniale della società resta sufficiente a garantire il soddisfacimento degli altri creditori.
La prima ipotesi, francamente, non ci sembra percorribile.
Non pare infatti ragionevole ritenere che il rimborso del socio possa avvenire solo dopo la concreta soddisfazione di tutti gli altri creditori, posto che una simile interpretazione porterebbe a rendere rimborsabile il finanziamento solo una volta che la S.r.l. non ha più alcun debito verso terzi (una forma di tutela dei terzi che diverrebbe addirittura più stringente di quella prevista per gli apporti fatti dai soci a titolo di capitale).
La postergazione di cui all’art. 2467 del codice civile, sembrerebbe piuttosto dover essere letta nel senso di “capacità patrimoniale della S.r.l.”.
In altre parole, sembra corretto ritenere che il rimborso al socio di un finanziamento, per il quale si rendono applicabili le previsioni dell’art. 2467 del codice civile (in quanto finanziamento soci, o comunque ad essi riconducibile, ed in quanto effettuato in un momento in cui sussistevano le condizioni di squilibrio finanziario), sia comunque effettuabile senza l’insorgenza degli effetti della norma citata se chi vi procede (essenzialmente gli amministratori) è in grado di dimostrare che il patrimonio della società e gli altri finanziamenti soci per cui non si procede al rimborso sono “capienti” rispetto alla sommatoria dei debiti della società verso gli altri creditori sociali.
Sul punto ci si chiede se la predetta “capienza” patrimoniale della società rispetto ai debiti verso gli altri creditori:
- sussista solo se il patrimonio netto contabile (più gli altri finanziamenti non rimborsati) risulta superiore alla sommatoria dei debiti verso gli altri creditori sociali;
- oppure se sia possibile procedere a una valutazione della consistenza patrimoniale effettiva della S.r.l., considerando dunque gli elementi dell’attivo sulla base del loro valore reale, anziché sulla base del loro valore contabile.
Fermo restando che si tratta di questione meritevole di approfondimento, per questioni prudenziali sembra corretto prediligere la strada della “capienza contabile”.
4.4. Finanziamenti soci “pregressi”
Vale infine la pena richiamare l’attenzione sul fatto che nessuna specifica norma di natura transitoria risulta prevista in relazione all’entrata in vigore del nuovo ari 2467 del codice civile.
Questo sembrerebbe significare che le nuove disposizioni trovano tout court applicazione anche con riferimento ai finanziamenti soci effettuati prima del 1° gennaio 2004 e non ancora rimborsati a tale data.[6]
Posto tuttavia che le limitazioni al rimborso di cui all’art. 2467 si applicano nel solo caso in cui alla data di effettuazione del finanziamento sussistevano i presupposti di cui al comma 2 del citato articolo (ossia i più volte richiamati “squilibrio finanziario” oppure “maggiore ragionevolezza di un conferimento”), è dunque necessario tornare indietro nel tempo, al momento dell’effettuazione del finanziamento, per verificare se in relazione al caso specifico l’applicazione dell’art. 2467 da potenziale diviene reale.
5. Direzione e coordinamento
Un breve cenno, a corollario della presente analisi, merita il nuovo comparto normativo introdotto dalla riforma con riferimento alle cosiddette “società soggette ad attività di coordinamento e controllo”.
Le norme recate dal nuovo Capo IX del Titolo V del Libro V del codice civile (articoli da 2497 a 2497-sexies del codice civile) costituiscono una presa di coscienza da parte del Legislatore delle dinamiche proprie dei cosiddetti “gruppi di imprese” ed un tentativo di dare a questo fenomeno una rilevanza giuridica unitaria.
Il principale strumento cui si è fatto ricorso è quello della creazione di una “responsabilità di gruppo”, intesa come responsabilità della società che esercita l’attività di direzione e coordinamento verso i soci e i creditori sociali delle società soggette a tale attività.
L’art. 2497 del codice civile stabilisce infatti che:
- “le società o gli enti che, esercitando attività di direzione e coordinamento di società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste per il pregiudizio arrecato alla redditività e al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata all’integrità del patrimonio della società”;[7]
- dei danno “risponde in solido chi abbia comunque preso parte al fatto lesivo e, nei limiti del vantaggio conseguito, chi ne abbia consapevolmente tratto beneficio”;
- il socio ed il creditore sociale della “coordinata” “possono agire contro la società o l’ente che esercita l’attività di direzione e coordinamento” (ma solo se prima non sono stati soddisfatti dalla società “coordinata”);
- “nel caso di fallimento, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l’azione spettante ai creditori di questa è esercitata dal curatore o dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario”.
Parallelamente all’introduzione del nuovo istituto della “responsabilità di gruppo”, la nuova disciplina stabilisce inoltre:
- alcune ipotesi, al verificarsi delle quali, il socio della società “coordinata” ha diritto di recedere;
- l’applicabilità delle disposizioni previste dall’art. 2467, in materia di finanziamento dei soci di S.r.l. alla società, ai finanziamenti effettuati a favore della società “coordinata” da parte di chi esercita su di essa l’attività di direzione e coordinamento.
In questa sede, è opportuno sottolineare il disposto dell’art. 2497-quinquies, ai sensi del quale la disciplina dell’art. 2467 trova appunto applicazione anche nei confronti dei finanziamenti effettuati a favore della società da parte di chi esercita nei suoi confronti l’attività di direzione e coordinamento.
Merita in particolare di essere sottolineato il fatto che la previsione dell’art. 2497-quinquies rende applicabile la disciplina in materia di finanziamenti soci (che costituisce una peculiarità della S.r.l.) anche alle S.p.a., qualora esse siano soggette ad attività di direzione e coordinamento e ricevano un finanziamento da parte del soggetto che tale attività esercita nei suoi confronti.
6. Riepilogo delle conclusioni
Nella tabella che segue si riepilogano le considerazioni sin qui svolte in materia di finanziamenti dei soci in favore di società a responsabilità limitata.
Disposto del nuovo art. 2467 |
II rimborso dei finanziamenti a suo tempo fatti a soci a favore della società: - è postergato rispetto alla soddisfazione degli altri creditori, - e, se avvenuto nell’anno precedente la dichiarazione di fallimento della società, deve essere restituito. |
Finalità della norma |
Contrastare la diffusa pratica di “sostituire” i versamenti in conto capitale con versamenti a titolo di finanziamento (cosiddetta “sottocapitalizzazione della S.r.l.”) |
Ambito di applicazione della norma |
SÌ applica a tutti i finanziamenti (“in qualsiasi forma effettuati”) dei soci a favore della S.r.l. che sono stati concessi: - in un momento in cui, anche in considerazione del tipo di attività esercitata dalla S.r.l., risulta un eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto; - oppure in una situazione finanziaria della società nella quale sarebbe stato ragionevole un conferimento. Si ritiene che, in presenza dei predetti presupposti di squilibrio finanziario, la norma possa applicarsi a tutti i finanziamenti dei soci, sia a titolo oneroso che a titolo gratuito, ivi compresi quelli concessi in forma indiretta. |
Postergazione del rimborso |
Sembra corretto ritenere che la postergazione del rimborso del finanziamento dei soci rispetto alla soddisfazione degli altri creditori sociali vada intesa nel senso che il rimborso è possibile ogni qual volta le fonti di finanziamento della società, rappresentate dalle fonti di finanziamento proprie e dai finanziamenti soci che non vengono rimborsati, risultano capienti rispetto all’ammontare dei debiti della società verso gli altri creditori sociali. |
Mancato rispetto del disposto normativo |
L’effettuazione di un rimborso in violazione di quanto previsto dall’art. 2467 genera profili di responsabilità in capo agli amministratori che hanno proceduto al rimborso, nonché in capo ai soci che hanno deciso o autorizzato l’operazione. |
[1] Si tratta, ben inteso, di limitazioni di natura ben diversa rispetto a quelle operanti nel caso di restituzione ai soci di poste di capitale della società. Infatti, nel caso di riduzione dei capitale sociale vi è una apposita procedura (art. 2482 del codice civile), soggetta a specifici obblighi di tipo pubblicitario, procedura che consente ai creditori sociali di fare opposizione prima che la restituzione ai soci abbia luogo e che, in taluni casi, può portare all’esclusione di tale restituzione. Viceversa, nel caso di cui all’art. 2467 del codice civile, siamo in presenza di una norma che non impedisce in concreto la restituzione delle somme ai soci, ma che introduce profili di responsabilità per gli amministratori che hanno effettuato l’operazione in violazione del disposto normativo (e per i soci che hanno deciso o autorizzato il rimborso). Altro discorso è poi l’eventuale dichiarazione di fallimento della S.r.l., posto che in questo caso per i rimborsi effettuati entro l’anno precedente l’art. 2467 del codice civile pone effettivamente un obbligo tout court di restituzione da parte dei soci.
[2] Disposizioni di questo genere sono in via di introduzione anche nell’ambito della normativa fiscale (si pensi infatti all’istituto della cosiddetta thin capitalization), ove la leva utilizzata dal legislatore è sostanzialmente quella di disconoscere la deducibilità dal reddito di impresa degli interessi passivi pagati dalla società per la parte di essi in astratto riconducibile a finanziamenti che la società ha ricevuto non in forza della sua effettiva capacità di credito (che ovviamente è tanto maggiore quanto maggiore è il suo patrimonio), bensì alla capacità di credito dei soci. Sul punto si consenta un rinvio a E. Zanetti, La riforma del sistema fiscale, IPSOA, 2003, monografia allegata a Pratica contabile n. 6/2003.
[3] Per alcune considerazioni in ordine all’ambito oggettivo di applicazione dell’ari. 2467 si veda anche L. De Angelis-C. Feriozzi, S.r.l., a rischio i finanziamenti dei soci, in “Italia Oggi” del 18 settembre 2003, pag. 34.
[4] Estendibile anche ai soci che hanno deciso o autorizzato il rimborso, in base all’estensione nella S.r.l. della responsabilità solidale degli amministratori ai soci, come previsto dall’alt 2476 del codice civile.
[5] Ovviamente, sul punto, sarà importante verificare il consolidamento degli orientamenti dottrinali e giurisprudenziali.
[6] In senso conforme: L. De Angelis-C. Feriozzi, cit.
[7] La sussistenza del danno deve comunque essere valutata alla luce del risultato complessivo dell’attività di direzione e coordinamento, non potendosi quindi estrapolare il singolo atto dal contesto in cui è stato effettuato e dalle eventuali operazioni successive dirette appunto all’eliminazione del danno.