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Cessione contratto di leasing Aspetti contabili e fiscali

di Giuseppe Rebecca e Carlotta Pilotto
Il Fisco, N. 21/2004

Accade, talvolta, che il contratto di leasing venga ceduto ad un terzo soggetto, nel corso di validità del contratto. Oltre all’autonoma cessione del contratto in sé, si pensi anche alle operazioni, sempre più frequenti, di cessione di azienda, conferimento, fusione e scissione.

La cessione di un contratto di leasing nel corso di validità del contratto comporta il trasferimento in capo al cessionario degli obblighi (pagamento dei canoni residui ed eventuale riscatto) e dei diritti (godimento del bene e diritto al riscatto dello stesso alla scadenza) derivanti dal contratto stesso. Pare ovvio ricordare che la società di leasing dovrà dare il proprio assenso.

Per questa fattispecie esistono problematiche di un certo rilievo, contabili e fiscali.

L’Associazione dei Dottori Commercialisti di Milano è intervenuta, sul punto, con la norma di comportamento n. 141, ma la soluzione proposta, comunque, non appare del tutto appagante.

Di seguito si analizzano gli effetti, contabili e fiscali, derivanti dalla cessione di un contratto di leasing; ciò sia per il soggetto cedente che per il subentrante.

2) SOGGETTO CEDENTE

2.1) Introduzione

Dopo alcuni cenni sulla contabilizzazione del contratto di leasing, si esaminano l’aspetto contabile della cessione del contratto di leasing da parte del cedente e i calcoli effettuati per determinare il valore di tale cessione. Si analizza infine la disciplina fiscale, relativa a tale operazione (imposte dirette, IRAP e IVA).

2.2) Contabilizzazione del contratto di leasing

La prassi italiana prevede, al momento, la rilevazione contabile del leasing in base al metodo patrimoniale. Ciò consente la deducibilità fiscale dei canoni corrisposti, a certe condizioni (art. 102 comma 7 TUIR, già art. 67 comma 8 TUIR) ammessa solo se i costi sono rilevati in Conto Economico (art. 109 comma 4 TUIR, già art. 75 comma 4 TUIR).

In relazione a tale statuizione, l’utilizzatore del bene imputa a Conto Economico i canoni, per competenza, e indica nei conti d’ordine il debito residuo verso la società di leasing.

La rilevazione del bene tra le immobilizzazioni viene effettuata dalla società di leasing, in quanto proprietaria del bene, e la stessa procede al relativo processo d’ammortamento.

Per il futuro, in relazione allo IAS 17, sarà possibile applicare anche il metodo finanziario che prevede la contabilizzazione del bene tra l’attivo dello stato patrimoniale dell’utilizzatore, come contropartita alla rilevazione del debito. A conto economico si imputano gli ammortamenti. Per quanto riguarda la rilevazione dei canoni, questi vengono imputati a conto economico solo per la quota relativa agli interessi. Come successivamente illustrato, tale metodo di rilevazione del leasing finanziario potrà probabilmente risolvere definitivamente il problema della corretta rilevazione contabile, in caso di cessione del contratto. Il valore del bene, in questo modo, viene ammortizzato in relazione alla residua possibilità d’utilizzazione del bene.

Allo stato attuale, comunque, la modifica introdotta con la riforma societaria prevede solo l’indicazione in nota integrativa dei dati che sarebbero necessari ai fini dell’applicazione del metodo finanziario (art. 2427 c.c., punto 22).

Ma a dire il vero la Cassazione, con sentenza n. 8292 del 26 maggio 2003, ha precisato che l’adozione del metodo finanziario non è inibita dall’art. 67, comma 8, del TUIR (attuale art. 102 comma 7 TUIR). E’ peraltro sempre esclusa la possibilità di detrarre le quote di ammortamento, da parte dell’utilizzatore.

E relativamente a tale sentenza l’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 211/E del 18 novembre 2003 (il Fisco n. 44/2003, fascicolo 2, p. 6727) ha precisato che comunque l’unico soggetto autorizzato a dedurre le quote d’ammortamento è il concedente, confermando la necessità della contabilizzazione in base al metodo patrimoniale.

2.3) Aspetto contabile: la cessione del contratto di leasing

Il metodo attualmente usato per la rilevazione contabile del contratto di leasing impatta anche sulla contabilizzazione della cessione di tale contratto.

Considerando che la prassi italiana prevede l’utilizzo del metodo patrimoniale, il soggetto cedente, al momento della cessione del contratto di leasing, rileva un componente positivo di reddito, una sopravvenienza attiva per la precisione, per l’importo equivalente al corrispettivo percepito; dai conti d’ordine vengono poi stornati i residui impegni assunti nei confronti della società di leasing.

Nel caso in cui si procedesse a contabilizzare il contratto di leasing in base al metodo finanziario, cioè iscrivendo il bene tra le immobilizzazioni e il relativo debito nello Stato Patrimoniale, il soggetto cedente dovrebbe eliminare il valore iscritto tra le immobilizzazioni, stornando il fondo ammortamento ad esso relativo, ed azzerare il debito verso la società di leasing.

2.4) Determinazione del valore

Esaminiamo ora le problematiche relative alla determinazione del valore di cessione del contratto di leasing.

Il contratto di leasing, per le sue caratteristiche strettamente finanziarie, può essere assimilato, ai fini che qui interessano, ad un contratto di mutuo. Se si escludono il maxicanone iniziale e il riscatto finale, le due operazioni sono certamente equivalenti, sempre soltanto sotto l’aspetto finanziario. Infatti, come evidenziato nella tabella che segue, entrambe le operazioni comportano la corresponsione di un importo, a scadenze fisse, composto dalla sommatoria di una quota capitale e una quota di interessi. Certamente le differenze sono rilevanti, tra mutuo e leasing, e tra queste la principale è la proprietà del bene, ma l’aspetto finanziario è comunque molto simile.

LEASING E MUTUO - Contabilizzazione

Contratto di leasing

Contratto di mutuo

- disponibilità del bene per l’utilizzatore

- proprietà del concedente

- maxicanone

- canoni

- quota capitale

- quota interessi

- riscatto finale

- entrata di denaro

- proprietà del bene

- rate

- quota capitale

- quota interessi

Partendo da tale presupposto, si può determinare il valore di un contratto di leasing, ad una certa data, detraendo dal valore del bene, al momento della cessione del contratto, il debito residuo nei confronti della società di leasing, così come evidenziato dallo stesso piano d’ammortamento.

I dati necessari risultano quindi essere:

- valore del bene al momento della cessione del contratto di leasing;

- piano d’ammortamento del contratto di leasing.

Per quanto riguarda il valore da attribuire al bene, questo può essere contrattato direttamente dalle parti, eventualmente sulla base di una perizia tecnica.

Per quanto concerne il piano d’ammortamento del contratto, si rileva come solitamente le società di leasing non usino consegnarlo al cliente. Ove non fosse consegnato nemmeno a richiesta, si dovrà procedere primariamente al calcolo del tasso di interesse contrattuale, in relazione ai dati desumibili dal contratto (visto che solitamente nemmeno questo viene comunicato), e alla successiva redazione del conseguente piano d’ammortamento.

A questo punto non esiste più alcuna problematica per quanto concerne la determinazione del valore da attribuire al contratto in cessione. L’unica variazione che può eventualmente essere apportata al valore del contratto è data dalla diversa forza contrattuale delle parti, forza che si manifesta con la capacità di riuscire ad ottenere un determinato tasso di interesse. Ciò ben può essere valutato ed opportunamente considerato nella determinazione del corrispettivo di cessione del contratto.

Sono comunque le parti a determinare il valore della cessione, anche sulla base di altri dati.

Esemplificazione : Si riporta di seguito il piano d’ammortamento di un contratto di leasing relativo ad un macchinario del valore originario di € 700.000,00. Il tasso considerato è del 4,5% annuo. Il maxicanone iniziale è di € 70.000,00. Il contratto ha la durata di sei anni. Il valore di riscatto è stato fissato in € 70.000,00, con scadenza pagamento ultima data. I canoni sono corrisposti semestralmente, in via posticipata.

L’importo della rata è pari ad € 55.358,15.

All’inizio del terzo anno il contratto viene ceduto. Il valore del macchinario, in tale data, risulta essere pari a € 650.000,00.

Piano d’ammortamento:

SEMESTRALE POSTICIPATA

Q. CAPITALE

Q.INTERESSI

DEB. RESIDUO

0

70.000,00

0,00

630.000,00

1

41.161,92

14.196,23

588.838,08

2

42.089,45

13.268,70

546.748,63

3

43.037,88

12.320,27

503.710,75

4*

44.007,69

11.350,47

459.703,06

5

44.999,34

10.358,81

414.703,72

6

46.013,35

9.344,81

368.690,37

7

47.050,20

8.307,96

321.640,17

8

48.110,41

7.247,74

273.529,76

9

49.194,52

6.163,64

224.335,24

10

50.303,05

5.055,10

174.032,19

11

51.436,57

3.921,59

122.595,62

12

52.595,62

2.762,53

70.000,00

* inizio terzo anno

Il valore di cessione di tale contratto, dopo il pagamento della quarta rata, all’inizio del terzo anno, risulta quindi essere pari a € 190.296,94 dato dalla differenza tra il valore del bene al momento della cessione del contratto (€ 650.000,00) e il debito residuo (€ 459.703,06).

Questo, si ripete, è un valore “teorico”, nel senso che ben le parti possono accordarsi su importi differenti, anche previa valutazione del tasso del contratto di leasing in corso.

3) ASPETTO FISCALE

3.1) Introduzione

La cessione del contratto di leasing assume rilevanza fiscale per quanto concerne:

- imposte dirette;

- IRAP;

- IVA.

Di seguito si analizza la normativa fiscale di riferimento per ogni imposta.

3.2) Imposte dirette

L’art. 88 comma 5 del TUIR (già art. 55 comma 5 TUIR) prevede che la società cedente il contratto di leasing debba imputare a sopravvenienza attiva il valore normale del bene.

Ciò prescindendo dal valore attribuito al contratto dai due contraenti. Non è quindi possibile determinare il componente positivo di reddito in base al corrispettivo ricevuto.

Il legislatore è stato spinto in questa scelta operativa dall’obiettivo di eliminare i comportamenti elusivi che si erano diffusi nella pratica, con cessione di contratti di leasing (a soggetti terzi collegati all’impresa) verso la scadenza dello stesso contratto a valori vicini al prezzo di riscatto per beni per i quali invece il valore di mercato era di gran lunga superiore.

Nell’art. 55 del vecchio TUIR, come nel nuovo art. 88 del TUIR, non è stata invero prevista la possibilità di dedurre, dal valore normale del bene, i canoni relativi alla durata residua del contratto e il prezzo stabilito per il riscatto. A colmare tale lacuna è però intervenuta la C.M. 108/E del 3 maggio 1996 con la quale si è chiarito che “ai fini della determinazione della sopravvenienza attiva da assoggettare a tassazione detto valore normale non può che essere assunto al netto dei canoni relativi alla residua durata del contratto e del prezzo stabilito per il riscatto, che dovranno essere pagati al cessionario in dipendenza della cessione, attualizzati alla data della cessione medesima”.

Esemplificazione : riprendendo i dati dell’esemplificazione precedente, la sopravvenienza attiva è determinata come segue:

valore normale 650.000,00

debito residuo 459.703,05

sopravvenienza attiva 190.296,95

Nella fattispecie si è considerato il valore normale, che comunque deve necessariamente coincidere con il valore concordato dalle parti in modo equo.

In altre situazioni il legislatore ha previsto la rilevanza del corrispettivo conseguito. Ad esempio, l’art. 86 comma 2 del TUIR (già art. 54 comma 2 TUIR) stabilisce che la plusvalenza è costituita dalla differenza tra il corrispettivo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato. Il successivo comma 3 di tale articolo indica che il valore normale al netto degli ammortamenti è rilevante solo nel caso in cui i beni vengano assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’impresa.

In teoria, se non ci sono sfasature nelle valutazioni, la sopravvenienza del cedente corrisponde al costo d’acquisto del subentrante.

3.3) Problema di raccordo tra comma 1 e comma 2 dell’art. 164 TUIR

Nel caso in cui il contratto di leasing abbia ad oggetto beni per i quali è prevista una limitazione alla deduzione delle spese relative, in base all’art. 164 del TUIR (già art. 121-bis TUIR), anche i canoni di leasing relativi a tali beni devono essere dedotti nella misura ridotta. Non esiste pertanto alcun dubbio sull’obbligo di dedurre solo in parte i costi sostenuti per il godimento del bene.

Tale articolo al successivo comma 2 stabilisce che “ ai fini della determinazione del reddito d’impresa, le plusvalenze e le minusvalenze patrimoniali rilevano nella stessa proporzione esistente tra l’ammontare dell’ammortamento fiscalmente dedotto e quello complessivamente effettuato ”, ma non richiama esplicitamente l’art. 88 comma 5 del TUIR (già art. 55 comma 5) relativo alla determinazione della sopravvenienza attiva in caso di cessione del contratto di leasing. Sorge quindi il problema di come trattare la sopravvenienza attiva.

Attenendosi al dettato della norma, e non trovando alcun rinvio nell’art. 164 comma 2 all’art. 88 comma 5, sembrerebbe necessario far concorrere per intero il valore della sopravvenienza al reddito d’impresa.[1]

La società cedente si troverebbe così ad aver dedotto solo una parte dei canoni corrisposti, mentre dovrebbe imputare per intero la sopravvenienza attiva, non potendo essere trattata come le plusvalenze patrimoniali (disciplinate dall’art. 86 TUIR già art. 54 TUIR).

Su tale aspetto sarebbe necessario un ulteriore intervento ministeriale volto a rendere esplicitamente possibile, in analogia con quanto previsto per le plusvalenze patrimoniali, di rilevare fiscalmente solo la quota di sopravvenienza attiva corrispondente alla proporzione in cui sono stati ammessi in deduzione i canoni di leasing effettivamente sostenuti. Non risulta infatti comprensibile il motivo per il quale, a fronte della deducibilità solo parziale del costo sostenuto, debba invece essere tassata l’intera sopravvenienza attiva.

3.4) IRAP

La sopravvenienza derivante dalla cessione del contratto di leasing è un componente positivo di reddito attinente la gestione operativa dell’impresa. La cessione di un contratto di leasing ben può infatti essere assimilata ad una normale cessione di un bene strumentale.

In relazione all’art. 11 comma 4 del D. Lgs. 15/12/1997 n. 446, “ Indipendentemente dalla collocazione in conto economico, i componenti positivi e negativi sono accertati in relazione alla loro corretta classificazione ”, la sopravvenienza attiva deve essere assoggettata ad IRAP.

Per quanto riguarda il valore rilevante ai fini IRAP, l'art. 11 bis comma 1 prevede che “ I componenti positivi e negativi che concorrono alla formazione del valore della produzione, così come determinati ai sensi degli articoli 5, 6, 7, 8 e 11, si assumono apportando ad essi le variazioni in aumento o in diminuzione previste ai fini delle imposte sui redditi ”. Il valore deve quindi essere calcolato sottraendo il debito residuo dal valore normale del bene (art. 88 comma 5 del TUIR, già art. 55 comma 5 TUIR).

E’ stata invece sostenuta[2] la tesi dell’irrilevanza della cessione del contratto di leasing ai fini IRAP, in quanto è stato ritenuto che tale cessione non rientri nell’attività ordinaria, e conseguentemente, che la componente positiva di reddito che tale operazione genera debba essere imputata alla gestione straordinaria iscrivendola nell’aggregato E del Conto Economico. A tale proposito è stato richiamato l’art. 11 comma 3 del D. Lgs. n. 446 del 15/12/1997 il quale dispone che concorrono alla formazione della base imponibile le plusvalenze e le minusvalenze relative a beni strumentali non derivanti da operazioni di trasferimento di azienda, e il successivo comma 4 per il quale, ai fini della determinazione della base imponibile, i componenti positivi e negativi di reddito sono accertati in relazione alla loro corretta classificazione, indipendentemente dalla loro imputazione in conto economico. Considerando che la base imponibile viene determinata in relazione al valore netto della produzione e che il legislatore ha disciplinato espressamente i casi in cui i componenti straordinari di reddito devono essere attratti a tassazione, introducendo una presunzione assoluta, la sopravvenienza attiva derivante dalla cessione del contratto di leasing non rientrerebbe nel calcolo della base imponibile ai fini IRAP.

Tale impostazione non è assolutamente condivisibile in quanto, in base al principio contabile n. 12 del CNDC e del CNR, tra i proventi e gli oneri straordinari devono essere iscritti tutti quei proventi e quegli oneri la cui fonte è estranea all’attività ordinaria, indipendentemente dall’eccezionalità o dall’anormalità dell’evento. La cessione di un contratto di leasing non può ritenersi estranea alla gestione ordinaria dell’impresa e quindi la sopravvenienza attiva va imputata nell’aggregato A del Conto Economico (Valore della produzione, punto 5, altri ricavi e proventi).

In definitiva, la cessione del contratto di leasing deve essere assoggettata ad IRAP, in base al valore normale del bene ottenuto dalla differenza tra il valore di mercato del bene al momento della cessione e il debito residuo.

3.5) IVA

La cessione del contratto di leasing, in base all’art. 3 comma 2 punto 5 del DPR 633/72, è soggetta ad IVA, con la stessa aliquota prevista per la cessione del bene oggetto del contratto.

Qualora il trasferimento del bene non sia soggetto ad IVA, al contratto di leasing, e conseguentemente anche alla sua cessione, si applica l’aliquota ordinaria del 20%.[3]

3.6) Problema di raccordo tra l’art. 19-bis1 e art 10 punto 27-quinquies del DPR 633/1972

Può verificarsi che l’IVA relativa ai canoni non sia interamente detraibile, in base all’art. 19 bis-1 del DPR 633/72 (indetraibilità oggettiva) oppure per la natura del soggetto (indetraibilità soggettiva). In questo caso si verrebbe a verificare una doppia imposizione, in quanto l’art. 10 punto 27-quinquies del DPR 633/72 prevede l’esenzione dall’imposta solo per le cessioni di beni acquistati senza il diritto alla detrazione totale della relativa imposta in base all’art. 19 bis-1 del DPR 633/72.

Visto che la cessione del contratto di leasing è considerata una prestazione di servizi, e non una cessione di beni, non si può ritenere applicabile l’art. 10 punto 27-quinquies DPR 633/72, che prevede l’esenzione solo per le cessioni di beni.

L’intero importo risulta dunque soggetto ad IVA, mentre a suo tempo l’IVA sui canoni era stata detratta solo parzialmente.

Anche in questo caso sarebbe auspicabile un intervento ministeriale volto ad eliminare tale incongruenza. Non si capisce infatti il motivo per il quale, se l’IVA sui canoni di leasing non è interamente detraibile, e se in caso di vendita del bene, dopo averlo riscattato, il corrispettivo è esente, nel caso di cessione del contratto di leasing, invece, l’intero importo debba essere soggetto ad IVA.

4) SOGGETTO SUBENTRANTE

4.1) Introduzione

Si passa a considerare la cessione del contratto di leasing nell’ottica del soggetto subentrante, per quanto concerne gli aspetti contabili e fiscali. C’è grande incertezza, in merito. Sul punto è intervenuta, in settembre 2000, la norma di comportamento n. 141 dell’Associazione dei Dottori Commercialisti di Milano con una soluzione a nostro avviso non appagante. C’è pertanto la necessità di trovare una soluzione alternativa che consenta una diversa soluzione della problematica relativa alla contabilizzazione della cessione del contratto di leasing, da parte del cessionario.

La questione che si deve ancora risolvere è quella di riuscire ad imputare il costo sostenuto, per competenza, senza dover ricorrere a calcoli particolarmente complessi e talvolta, verrebbe da dire sempre, anche impossibili da effettuare, tenendo conto che le parti procedono alla determinazione del valore del contratto in modo molto semplice e lineare, non certamente con complessi calcoli finanziari. E tale problematica è tanto più evidente quanto più il subentro nel contratto di leasing avviene in prossimità della scadenza dello stesso.

Una possibile soluzione, come illustrato successivamente, potrebbe essere quella di rilevare il contratto di leasing con il metodo finanziario. Ma finché il leasing è contabilizzato con il metodo patrimoniale, il problema sussiste, e nessuna soluzione proposta appare appagante.

Nella pratica, può anche accadere che il soggetto subentrante decida di subentrare nel contratto di leasing e di riscattare subito il bene. In tale situazione l’intero importo spesso dovrà essere capitalizzato. In questo caso il subentro nel contratto di leasing è solo funzionale all’acquisto del bene.

4.2) Aspetto contabile: norma di comportamento n. 141 dell’Associazione Dottori Commercialisti di Milano (settembre 2000)

In assenza di altre specificazioni, la norma di comportamento n. 141 dell’Associazione Dottori Commercialisti di Milano prevede di scindere in due l’importo complessivo corrisposto per il subentro in un contratto di leasing, e quindi riscontare la quota di corrispettivo pagata in relazione al godimento del bene e di capitalizzare la parte relativa all’opzione d’acquisto della proprietà.

Secondo tale interpretazione, la parte del prezzo relativa al godimento del bene comprende i canoni residui, la quota del maxicanone iniziale relativo alla durata residua del contratto, il differenziale tra il tasso di interesse utilizzato dalle parti per l’attualizzazione dei canoni residui (così precisa l’Associazione) e il tasso di interesse implicito nel leasing, il rateo del canone in corso di maturazione, la maggiorazione di prezzo pagata per l’opportunità di poter usare immediatamente il bene. Tale somma deve essere suddivisa per la residua durata del contratto con la tecnica dei risconti.

Per quanto riguarda la determinazione del prezzo relativo all’opzione d’acquisto della proprietà, si considera il prezzo di riscatto, il differenziale tra il valore economico al momento della cessione con quello al momento della stipula del contratto con la società di leasing, la quota capitale implicita nei canoni già pagati. Il corrispettivo relativo all’acquisto dell’opzione deve essere imputato ad acconto delle immobilizzazioni. Una volta riscattato il bene, si sommano il valore di riscatto e la parte di costo imputata ad acconto delle immobilizzazioni e si inizia il processo d’ammortamento.

Nella prassi aziendale, però, due elementi, previsti dalla norma di comportamento in oggetto, non vengono mai calcolati. Si tratta della determinazione del differenziale tra il tasso di interesse usato dalle parti e il tasso implicito nel leasing, e della maggiorazione di prezzo pagata per l’opportunità di poter utilizzare subito il bene. La determinazione di tali dati comporterebbe un impegno notevole, oltre che inutile, a nostro avviso, da parte dei soggetti contraenti. Per tali motivi si ritiene che la norma di comportamento n. 141, anche se da un punto di vista teorico costituisce un primo apprezzabile tentativo di soluzione razionale alla problematica, non consenta comunque una corretta rilevazione contabile della fattispecie cessione del contratto di leasing. Da un punto di vista pratico la soluzione proposta è certamente non appagante, visto che i conteggi ivi previsti non vengono mai, o quasi mai, effettuati.

SOGGETTO SUBENTRANTE: LA NORMA DI COMPORTAMENTO N.141

Norma di comportamento n. 141 dell’Associazione dei Dottori Commercialisti di Milano

Corrispettivo da dividere in due parti:

- una parte da riscontare per la residua durata del contratto:

  • canoni residui

· quota del maxicanone iniziale relativo alla durata residua del contratto

· differenziale tra il tasso di interesse utilizzato dalle parto per l’attualizzazione dei canoni residui e il tasso di interesse implicito nel leasing

· rateo del canone in corso di maturazione

· maggiorazione di prezzo pagata per l’opportunità di utilizzare subito il bene

- una parte da capitalizzare ed aggiungere al valore di riscatto

  • prezzo di riscatto

· differenziale tra il valore economico al momento della cessione con quello al momento della stipula del contratto con la società di leasing

· quota capitale implicita nei canoni già pagati

4.3) Possibile soluzione: semplificazione della norma n. 141 dell’Associazione Dottori Commercialisti di Milano

Si propone una soluzione semplificata di quanto previsto nella norma di comportamento n. 141.

Al valore da suddividere (riscontare) per la durata residua del contratto si imputano il maxicanone non ancora maturato e la differenza tra il prezzo concordato e il valore equo del contratto di leasing alla data della cessione. Le motivazioni per cui si intende riscontare la quota relativa al maxicanone non ancora maturato sono evidenti. Si segue infatti lo stesso comportamento che si adotterebbe nel caso in cui il contratto fosse stato stipulato sin dall’inizio tra società di leasing e soggetto subentrante. Per quanto riguarda il differenziale di valore pattuito dalle parti, questo deriva dalle particolari caratteristiche del contratto di leasing, che possono essere migliori (differenziale positivo) o peggiori (differenziale negativo) di quelle che potrebbe ottenere il soggetto subentrante se stipulasse direttamente il contratto con una società di leasing. La corretta contabilizzazione, in relazione a quanto appena esposto, sembra essere quella di spalmare tale valore sulla durata residua del contratto di leasing.

D’altro lato, come valore da capitalizzare, si indica la variazione del valore del bene tra il momento della stipula del contratto di leasing iniziale e il momento della cessione dello stesso, la quota di maxicanone già maturato e la quota capitale dei canoni pagati.

Si riportano tre diverse esemplificazioni (si utilizzano gli stessi dati):

I - Acquisto/subentro al prezzo di € 190.296,94, dopo il pagamento della 4° rata semestrale.

- importo da suddividere per la durata residua del contratto

maxicanone non ancora maturato (70.000x8/12) 46.666,67

differenziale tra prezzo concordato e valore equo 0,00

TOTALE 46.666,67
Nel caso in cui le parti pattuissero un prezzo diverso (solitamente tale differenziale deriva dalla diversa forza contrattuale dei soggetti coinvolti), tale importo dovrà essere aggiunto a quello del maxicanone non ancora maturato e suddiviso per la durata residua del contratto.

- importo da capitalizzare (oltre il riscatto)

variazione valore del bene (700.000-650.000) (50.000,00)

maxicanone già maturato (70.000x4/12) 23.333,33

quota capitale canoni pagati (sommatoria prime 4 rate 170.296,94

conto capitale. Vedere piano

ammortamento)

TOTALE 143.630,27

II – Acquisto/subentro nel contratto di leasing dopo la corresponsione della prima rata. Il valore del macchinario, in tale data, risulta essere pari ad € 680.000,00.

Il valore del contratto al momento del subentro risulta quindi essere pari ad € 91.161,92 dato dalla differenza tra il valore del bene (€ 680.000,00) e il debito residuo (€ 588.838,08).

Acquisto/subentro al prezzo di € 91.161,92.

- importo da suddividere per la durata residua del contratto

maxicanone non ancora maturato (70.000x11/12) 64.166,67

differenziale tra prezzo concordato e valore equo 0,00

TOTALE 64.166,67

- importo da capitalizzare (oltre il riscatto)

variazione valore del bene (700.000-680.000) (20.000,00)

maxicanone già maturato (70.000x1/12) 5.833,33

quota capitale canoni pagati 41.161,92

TOTALE 26.995,25

III – Acquisto/subentro nel contratto di leasing dopo la corresponsione dell’undicesima rata. Il valore del macchinario, in tale data, risulta essere pari ad € 400.000,00.

Il valore del contratto al momento del subentro risulta quindi essere pari ad € 277.404,38 dato dalla differenza tra il valore del bene (€ 400.000,00) e il debito residuo (€ 122.595,62).

Acquisto/subentro al prezzo di € 277.404,38.

- importo da suddividere per la durata residua del contratto

maxicanone non ancora maturato (70.000x1/12) 5.833,33

differenziale tra prezzo concordato e valore equo 0,00

TOTALE 5.833,33

- importo da capitalizzare (oltre il riscatto)

variazione valore del bene (700.000-400.000) (300.000,00)

maxicanone già maturato (70.000x11/12) 64.166,67

quota capitale canoni pagati (dal piano d’ammortamento) 507.404,38

TOTALE 271.571,05

TABELLA RIASSUNTIVA DELLE ESEMPLIFICAZIONI PROPOSTE

Riscatto dopo la prima rata

Riscatto dopo la quarta rata

Riscatto dopo l’undicesima rata

Valore del bene

680.000,00

650.000,00

400.000,00

Debito residuo

588.838,08

459.703,05

122.595,62

Valore del contratto

(prezzo subentro)

91.161,92

190.296,94

277.404,38

Importo da ripartire per durata contratto

64.166,67

46.666,67

5.833,33

Importo da capitalizzare

(oltre al riscatto)

26.995,25

143.630,27

271.571,05

Considerando che nel caso d’acquisto di un contratto di leasing l’importo da suddividere per la durata residua del contratto può essere ricondotto alla quota di maxicanone corrisposto all’inizio del leasing ma di competenza futura, si rileva che tale valore si riduce progressivamente con il passare del tempo. D’altra parte, l’allontanarsi dalla data della stipula del contratto, per effetto della quota capitale insita nei canoni già pagati, fa aumentare il valore di cessione. Tale variazione è parzialmente controbilanciata, solitamente, eccetto il caso degli immobili, dalla riduzione del valore del bene oggetto del leasing. Altro valore che deve essere considerato è la quota di maxicanone già maturato per il quale vale il discorso opposto rispetto a quello precedentemente effettuato per il maxicanone di competenza futura.

Dalle considerazioni appena esposte e dalle esemplificazioni proposte, si evidenzia come, con il trascorrere del tempo diventi sempre più rilevante l’importo da capitalizzare mentre si riduca il valore da riscontare per la durata del contratto.

4.4) Possibile soluzione, per il futuro: applicazione IAS 17

La metodologia prevista dalla norma di comportamento n. 141 dell’Associazione dei Dottori Commercialisti di Milano, precisa nei presupposti teorici, risulta essere, come si è indicato, di assai ardua, se non di impossibile applicazione pratica. Tutti i conteggi considerati non esistono, e le parti trovano l’accordo sulla base di altri presupposti.

L’unica strada attualmente percorribile sembra essere quindi quella proposta nel precedente paragrafo, frutto di una semplificazione della norma di comportamento n. 141. In base a tale soluzione, se il subentro nel contratto di leasing avviene dopo qualche anno, o addirittura in prossimità della scadenza del contratto stesso, la parte più rilevante del costo sostenuto viene capitalizzata. Dopo il riscatto del bene si procederà con il normale processo d’ammortamento.

Nel caso in cui il contratto fosse contabilizzato in base al metodo finanziario, non si porrebbe alcun tipo di problema. Il valore del bene dovrebbe essere iscritto tra le immobilizzazioni, in relazione alla natura del bene, nel momento in cui avviene la cessione del contratto e si potrebbe iniziare subito il periodo d’ammortamento. Nel passivo dello stato patrimoniale si dovrebbe contabilizzare il debito residuo. A completare la partita si rileverebbe, semplicemente, l’uscita di cassa o banca. Nel conto economico si imputerebbe la parte di canone relativa agli interessi passivi.

Il recepimento dello IAS 17 (rilevazione in base al metodo finanziario del contratto di leasing), oltre a dare una migliore rappresentazione della situazione finanziaria aziendale, consentirà anche di eliminare all’origine il problema di rappresentare correttamente in contabilità il subentro in un contratto di leasing.

Recentemente, la Corte di Cassazione, sezione tributaria, con sentenza n. 8292 del 26/05/2003, come già indicato, ha ritenuto possibile contabilizzare il bene tra le immobilizzazioni materiali ma, d’altra parte, ha escluso la possibilità di dedurre le quote d’ammortamento, in quanto l’art. 67 primo comma del TUIR (attuale art. 102 primo comma TUIR), consente tale facoltà solo in relazione al costo dei beni strumentali appartenenti all’impresa.

L’adozione dello IAS 17 dovrebbe essere recepita anche dal legislatore tributario, allo scopo di ridurre le rettifiche da apportare al reddito d’esercizio in sede di dichiarazione dei redditi.

Allo stato attuale il problema della corretta imputazione fiscale del costo sostenuto per il subentro in un contratto di leasing risulta comunque ancora aperto.

In attesa del recepimento dello IAS 17 anche da parte del legislatore tributario, sembra potersi applicare la soluzione prospettata dall’alternativa, esposta al precedente paragrafo. Si semplifica la norma di comportamento n. 141 dell’Associazione Dottori Commercialisti di Milano, suggerendo calcoli molto semplici e praticamente immediati. In base a tale soluzione, il costo sostenuto viene suddiviso in due parti: una viene riscontata per la residua durata del contratto, l’altra viene capitalizzata ed aggiunta al riscatto finale. A tale conclusione si giunge considerando che nel silenzio della norma tributaria, devono ritenersi applicabili i corretti criteri di contabilizzazione, ai quali può essere ricondotta la soluzione sopra esposta (una parte del corrispettivo pagato viene suddivisa per la durata del contratto e l’altra viene capitalizzata).

4.5) Metodo finanziario

Riprendendo i dati dell’esemplificazione precedente, considerando il caso di subentro dopo il pagamento della quarta rata, illustriamo quello che accadrà con l’adozione dello IAS 17.

Nello stato patrimoniale si dovrà rilevare il valore del bene (nella nostra esemplificazione del macchinario) al momento del subentro, il debito residuo, che verrà ridotto a mano a mano che si procederà corrispondere i canoni alla società di leasing, e l’uscita di banca.

Stato patrimoniale

Immobilizzazioni:

macchinari 650.000,00

Debiti 459.703,05

Banca 190.296,95

In conto economico, verrà imputata la quota d’ammortamento di competenza di ogni esercizio e la quota di interessi compresa nei canoni, sempre per competenza. Contabilizzando gli ammortamenti del bene oggetto del contratto di leasing, la quota capitale dei canoni corrisposti non viene rilevata in conto economico.

Conto economico

A) Valore della produzione

B) Costi della produzione
Ammortamento (XXX)

C) Proventi ed oneri finanziari
Interessi passivi (XXX)

4.6) Aspetto fiscale: corrispettivo pagato

Per quanto riguarda la rilevanza fiscale della cessione del contratto di leasing in capo al soggetto subentrante, si rileva la mancanza di specifiche previsioni nel TUIR. L’imputazione del costo sostenuto per il subentro nel contratto di leasing deve quindi seguire i criteri di contabilizzazione dei costi previsti ai fini civilistici e non può essere contestata una rilevazione effettuata coerentemente con i corretti criteri contabili (art. 6 comma 1 D. Lgs. 472 del 18 dicembre 1997).

La Direzione Regionale delle Entrate per l’Emilia Romagna, in data 4 maggio 1999[4], si è espressa in merito ritenendo corretto classificare il costo sostenuto per l’acquisto di tre contratti di leasing, aventi ad oggetto un capannone e trascorsi mediamente due anni e mezzo dalla stipula degli stessi, come “Altre immobilizzazioni immateriali” (B.I.7 dello stato patrimoniale) e considerarlo ammortizzabile per la residua durata dei contratti stessi. Alternativamente, ha previsto la possibilità di rilevare il costo tra le “Immobilizzazioni in corso e acconti”.

Tale Direzione Regionale ha sostenuto che “… in luogo di una soluzione unitaria, sia maggiormente significativa la ricerca di una prospettiva, per così dire pluralista, che, prestando attenzione alle concrete vicende contrattuali, attraverso l’esame comparato degli elementi oggettivi da queste desumibili, riesca a cogliere l’effettività dell’operazione posta in essere, decifrando di volta in volta, se la stessa trovi le sue obiettive motivazioni e connotazioni della pluriennale facoltà di godimento e di utilizzo del bene, o, al contrario, nelle potenzialità acquisitive connesse al subentro nel contratto” .

La direzione delle entrate fa riferimento alla possibilità di dividere in due parti il corrispettivo pagato, senza però spiegare in base a quali elementi, e conseguentemente per quale valore, deve avvenire l’imputazione di una parte nel periodo residuo del contratto e un’altra capitalizzata assieme al valore di riscatto. Inoltre, considerando che la natura del contratto di leasing è collegata al godimento del bene e solo eventualmente al trasferimento della proprietà, non si capisce come possa essere distinto il subentro per ragioni di godimento del bene dal subentro finalizzato all’acquisto del bene. A livello pratico, tale impostazione non è applicabile. Mancano infatti le indicazioni sul concreto modo di operare da parte del contribuente.

Anche da un punto di vista fiscale deve ritenersi ammissibile l’adozione della soluzione alternativa esposta nel paragrafo 4.3 e quindi si deve suddividere il prezzo pagato in due parti. Una viene riscontata per la residua durata del contratto, mentre l’altra viene capitalizzata. A tale conclusione si perviene in relazione al fatto che, nel silenzio della norma tributaria, devono essere applicati i corretti criteri di contabilizzazione.

4.7) Deducibilità dei canoni

Per quanto riguarda la possibilità di dedurre fiscalmente i canoni, il limite rimane quello del rispetto del vincolo di durata minima del contratto (otto anni per gli immobili, e la metà del periodo d’ammortamento ottenuto applicando il coefficiente ordinario relativo all’attività esercitata dall’impresa per gli altri beni). La durata del contratto che rileva ai fini del rispetto di detto vincolo è quella complessiva del contratto di leasing inizialmente sottoscritto.

In pratica, nessun problema sia per il cedente che per il cessionario del contratto. Anche nel caso in cui ci sia riscatto anticipato del bene, non deve essere apportata alcuna rettifica, a livello fiscale, per quanto riguarda i canoni già dedotti. La risoluzione ministeriale del 4 dicembre 2000, n. 183, ha precisato infatti che l’espressione “durata del contratto” prevista dall’art. 67 comma 8 TUIR (attuale art. 102 comma 7 TUIR), si riferisce alla durata prevista e non a quella effettiva. Si precisa inoltre che l’intento di tale norma è quello di evitare comportamenti elusivi da parte del contribuente che non sono ravvisabili in caso di risoluzione anticipata del contratto di leasing in quanto il contribuente ha “spesato per ciascun esercizio una quota parte di riferimento commisurata alla durata del contratto e prosegue con l’ammortamento del valore residuo sulla base dei coefficienti ministeriali” .

5) CONCLUSIONI

La corretta rilevazione della cessione di un contratto di leasing comporta la soluzione di alcune problematiche di un certo rilievo, problematiche relative anche alla determinazione del valore di tale contratto.

Si è evidenziata, unicamente sotto l’aspetto finanziario, l’assimilabilità del contratto di leasing al contratto di mutuo. In relazione a questa considerazione, il corrispettivo della cessione di un contratto di leasing può essere determinato in modo molto semplice e cioè sottraendo dal valore di mercato del bene al momento della cessione del contratto il debito residuo. Peraltro le parti, in relazione alla diversa forza contrattuale, possono stabilire un corrispettivo diverso. In modo particolare, si deve considerare la capacità delle parti di “spuntare” sul mercato tassi di interesse diversi. Tale differenziale deve essere opportunamente valutato e riflesso nel valore di cessione. Da un punto di vista fiscale, il cedente rileva una sopravvenienza attiva imponibile ai fini delle imposte dirette, in base all’art. 88 del TUIR (già art. 55 TUIR) e ai fini IRAP in relazione agli artt. 11 comma 4 e 11-bis comma 1 del D. Lgs. 15/12/1997, n. 446. Il valore fiscalmente rilevante, indipendentemente da quanto concordato dalle parti, è dato dalla differenza tra il valore del bene al momento della cessione e il debito residuo, come chiarito dalla C.M. 108/E del 3 maggio 1996.

Ai fini IVA, la cessione del contratto di leasing, è assoggettata all’imposta con la stessa aliquota prevista per la cessione del bene oggetto del contratto (con la problematica dell’IVA acquisti indetraibile).

Per quanto riguarda il soggetto subentrante, l’Associazione dei Dottori Commercialisti di Milano ha proposto una soluzione, soluzione che però non appaga del tutto, mancando i conteggi di base richiesti, essendo di norma tra le parti stabilito un prezzo omnicomprensivo. Sembra però attuabile la soluzione semplificata, precedentemente esposta, soluzione che permette di suddividere il corrispettivo pagato in due parti sulla base di facili conteggi. Tale soluzione deve ritenersi valida anche ai fini fiscali visto che, in mancanza di una specifica previsione normativa, devono essere utilizzati i corretti principi contabili.

Per il futuro, ove i contratti di leasing fossero rilevati con il metodo finanziario, sarebbe eliminato il problema all’origine, quantomeno sotto l’aspetto contabile.

CESSIONE CONTRATTO DI LEASING - EFFETTI

Soggetto cedente

Soggetto subentrante

Aspetto contabile

Sopravvenienza attiva

Soluzione dubbia,

fino a quando non si utilizzerà il metodo finanziario.

Valore base determinato come differenza tra il valore di mercato del bene al momento della cessione del contratto e il debito residuo;

possibilità delle parti di concordare un corrispettivo diverso.

Aspetto fiscale

Idem

Soluzione dubbia;

non è consentito dedurre gli ammortamenti se si applica il metodo patrimoniale.



[1] Si veda Studio Tommasin Commercialisti “La cessione del contratto di leasing nell’ambito del reddito d’impresa” in www.portaleaziende.it

[2] Si veda Cerato – Popolizio “La cessione del contratto di leasing. Imposte dirette ed indirette”, in Il commercialista veneto n. 131/2000.

[3] Per un approfondimento, relativamente ad un terreno non fabbricabile, si veda la R.M. del 7 aprile 1997 n. 57, disponibile nel sito www.agenziaentrate.it: “ In caso di leasing avente ad oggetto un terreno insuscettibile di utilizzazione edificatoria, ossia un terreno la cui cessione è esclusa dal campo di applicazione dell’IVA ai sensi dell’art. 2, comma terzo, lettera c), del D.P.R. n. 633 del 1972, si ritiene che, in corrispondenza ai pagamenti dei canoni periodici, il concedente sia ugualmente tenuto ad applicare l’imposta con l’aliquota ordinaria del 19% prevista per le prestazioni di servizi”.

[4] Nella banca dati “I quattro codici della riforma tributaria big premium” IPSOA

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