Vicenza, Lunedì 30 Dicembre 2024

Tesoreria accentrata e finanziamenti infragruppo con società non residenti. Aspetti tributari

di Filippo Baggio e Giuseppe Rebecca
Il Fisco, N. 43/2003

Nei gruppi imprenditoriali, nazionali ed inter­nazionali, l’ottimizzazione delle risorse finanzia­rie può essere raggiunta tramite l’analisi e la ge­stione dei flussi. L’allocazione delle risorse mo­netarie dalle società con maggiore liquidità a fa­vore di altre consociate “operative” permette di ridurre i costi complessivi derivanti dall’accesso al credito. Tale obiettivo può essere raggiunto dal­l’utilizzazione dei contratti di finanziamento inter-societari e dai contratti di conto corrente inter-societari, questi ultimi denominati anche contratti di tesoreria accentrata o di cash pooling.

Entrambe le tipologie contrattuali consentono di migliorare la gestione dei flussi di cassa e di conseguire un adeguato risparmio nell’allocazione delle risorse finanziarie.

La distinzione tra le due categorie ha assunto una notevole rilevanza anche in relazione alle differenti discipline tributarie applicabili ai con­tratti conclusi con società non residenti.

1. Il Cash Pooling.

Il contratto di cash pooling viene utilizzato per accentrare in capo ad un unico soggetto giuridico l’intera gestione delle disponibilità finanziare di un gruppo societario; l’utilizzo di tale struttura permette infatti di migliorare l’allocazione della liquidità monetaria.

Per poter raggiungere tale scopo la società che dispone delle maggiori risorse economiche (società pooler) conclude con una, o più, delle altre socie­tà appartenenti al medesimo gruppo un contrat­to di conto corrente inter-societario.

La società pooler provvede poi a stipulare un contratto di conto corrente bancario principale, denominato pool account, in cui confluiranno tutti i movimenti che transiteranno per i conti corren­ti delle singole società.

La gestione del contratto di conto corrente inter-societario avviene utilizzando gli ordinari conti corrente bancari aperti dalle società coinvolte nell’operazione. Le movimentazioni dei singoli conti correnti intestati alle società del gruppo sono riversate nel conto corrente bancario della socie­tà pooler.

La società finanziaria provvede con cadenza giornaliera ad azzerare il saldo contabile risul­tante nel conto corrente delle società operative. Nel caso in cui il saldo sia positivo, la liquidità viene trasferita nel conto corrente della società finanziaria; nel caso opposto la società pooler provvederà a ripianare il debito presente nel conto corrente della società operativa.

Per raggiungere tale obiettivo viene richiesta la stipulazione di un contratto di conto corrente inter-societario che giustifichi le singole posizio­ni debitorie, e creditorie, successive al trasferi­mento dei saldi attivi, o passivi, dai singoli conti correnti a quello della società pooler.

L’esecuzione materiale del contratto di conto corrente inter-societario viene effettuata dagli Istituti di credito presso cui le singole società hanno acceso i conti correnti ordinari.[1] Le prin­cipali forme di cash pooling utilizzate dai grup­pi societari internazionali sono individuate nel:

1) Notional Cash Pooling (N.C.P.);

2) Zero Balance System (Z.B.S.);

La prima tipologia permette di determinare gli interessi bancari utilizzando il saldo giornaliero netto derivante dalla somma algebrica dei saldi dei singoli conti intestati alle diverse società del gruppo. Il notional cash pooling si distingue per la mancanza di una documentazione riassuntiva delle movimentazioni avvenute nei singoli conti; non richiede la movimentazione fisica degli im­porti in denaro.

La seconda tipologia di cash pooling viene iden­tificata nello Zero Balanced System;[2] tale pro­cedimento consente di accentrare in un unico conto corrente le movimentazioni effettuate nei conti correnti delle varie società. Questo sistema presuppone l’effettivo trasferimento del denaro dai conti corrente delle società partecipanti ver­so un unico conto corrente intestato alla società finanziaria. I movimenti di tesoreria sono regi­strati all’interno di un contratto di conto corren­te non bancario stipulato fra le società operative e la società finanziaria. L’amministrazione finan­ziaria ha recentemente chiarito[3] che il regime di esenzione fiscale previsto per contratti di te­soreria accentrata stipulati con società non resi­denti richiede l’effettivo trasferimento di dena­ro.

2. Le differenze sostanziali fra il contratto di conto corrente intersocietario e quello di finan­ziamento.

La differenza fra il contratto di finanziamento ed il contratto di conto corrente intersocietario assume una notevole importanza per determi­nare il regime fiscale applicabile alle operazioni concluse con società non residenti.

Gli elementi distintivi dei due istituti rilevanti ai fini fiscali sono contenuti nella disciplina codicistica; per tale ragione appare opportuno eviden­ziare le differenze civilistiche che distinguono i due contratti.

La prestazione tipica del contratto di mutuo, così come definito nell’art.1813 c.c., viene ad essere la consegna, da una parte contraente all’altra, di una determinata quantità di danaro, o di altre cose fungibili; l’altra parte si obbliga a restituire al­trettante cose della stessa specie e qualità.

L’obbligazione principale del contratto di mu­tuo viene quindi individuata nella restituzione della somma convenuta, aumentata dei relativi interessi.

Il contratto di conto corrente è disciplinato nell’art.1823 c.c.[4] e prevede che le parti si conce­dano temporaneamente credito per le loro rimes­se reciproche affinché colui che risulti creditore possa esigere il saldo attivo al termine pattuito in sede di chiusura del conto.

All’interno dei criteri[5] utilizzabili per distin­guere il contratto di finanziamento da quello di conto corrente, appare opportuno evidenziare che “nel caso di deposito bancario, o del conto cor­rente, l’Istituto di credito riceve una determinata somma di denaro dal cliente sul quale deve corri­spondere interessi compensativi, mentre nell’ipo­tesi di finanziamento, ancorché regolato nelle for­me del conto corrente, è la banca che mette a di­sposizione del cliente una determinata somma di denaro che deve essere restituita alle scadenze convenute, aumentata degli interessi compensa­tivi”.

Un ulteriore contributo emerge nella circolare Assonime 27 maggio 1998, n.42.[6]

Nel caso in cui una sola delle parti esegue delle rimesse, mentre l’altra esegue soltanto rimborsi, la convenzione potrà essere considerata come un conto di gestione, conto che con il contratto di conto corrente ha in comune solo l’aspetto for­male; possono inoltre risultare irrilevanti la previsione del conteggio ad epoche fisse e la matura­zione di interessi dalle somme nel frattempo ver­sate in pagamento. [7] Le differenze esistenti fra le due tipologie contrattuali sono state recente­mente affrontate dall’Amministrazione Finanzia­ria[8] e si rivelano utili per individuare i criteri distintivi utilizzati per qualificare i contratti di cash pooling e quelli di “finanziamento”.[9] Tale differenziazione risulta determinate nell’analisi delle disposizioni tributarie previste per i contratti conclusi con società non residenti e può essere così riassunta:

Contratto di conto corrente intersocietario (art.1823 del codice civile)

Contratto di finanziamento (art. 1813 del codice civile)

- Le somme depositate sul conto sono inesigibili fino alla chiusura del conto;

- Vengono effettuate rimesse reciproche; queste ultime po­tranno essere oggetto di una successiva compensazione.

- I flussi monetari devono coprire le esigenze di liquidità delle consociate; solamente al termine del periodo di rife­rimento saranno evidenziate, e corrisposte, le somme che risulteranno a credito, od a debito, per ogni singola socie­tà.

- La consegna del denaro viene ef­fettuata da una parte a favore dell’altra; quest’ultima si assume l’obbligo di restituire a scadenza quanto ricevuto in prestito;

- Non vengono effettuate rimesse reciproche;

- Non è prevista la compensazione di partite.

3. La disciplina tributaria applicabile agli inte­ressi attivi corrisposti a società non residenti in esecuzione di un contratto di finanziamento.

La stipulazione di un contratto di finanziamen­to fra società residenti non comporta rilevanti dif­ficoltà interpretative. Gli interessi derivanti dai capitali concessi in finanziamento perdono la na­tura di reddito di capitale e vengono qualificati all’interno delle componenti attive rilevanti per la determinazione del reddito di impresa. Non sor­ge per il soggetto erogante l’obbligo di effettuare la ritenuta d’imposta. Nei contratti conclusi con società estere la corresponsione di interessi atti­vi a favore di società residenti non comporta dif­ficoltà interpretative. Gli interessi corrisposti a favore di una società residente sono tassati se­condo il principio di competenza.[10] Le eventuali ritenute subite all’estero[11] possono essere portate in detrazione utilizzando il credito di imposta disciplinato nell’art. 15[12] Tuir. La questione principale riguarda l’applicazione delle ri tenute sugli interessi corrisposti a favore di società non residenti. Nel caso in cui la società finanziatrice risieda in uno Stato estero, le somme corrisposte a titolo di interesse devono essere assoggettate alla disciplina prevista per il reddicto prodotto da non residenti. In applicazione del combinato disposto degli art.20, comma 1, lett.b),[13] art. 41, lett.a), [14] e art.112, 2° comma,[15] del Tuir,[16] sono imponibili in Italia i redditi di capitale corrisposti alla società non residente.

La corresponsione di interessi attivi effettuata a favore di soggetti non residenti è disciplinata nell’art.26 del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600; [17] nel quinto comma del medesimo articolo vie­ne prevista l’effettuazione della ritenuta sugli in­teressi corrisposti a società creditrici non residenti anche se i proventi sono conseguiti nell’esercizio dell’impresa commerciale. La ritenuta viene ef­fettuata nella misura del 12,5 per cento, oppure al 27 per cento, a seconda dello stato di residenza del soggetto percettore; viene fatta salva la mino­re ritenuta convenzionale.

4. La disciplina fiscale applicabile ai contratti di Cash Pooling.

La disciplina applicabile agli interessi corrispo­sti a società non residenti in esecuzione di un con­tratto di cash pooling è contenuta nell’art.26-bis del D.P.R. n.600 del 1973.[18]

Questa disposizione consente di esentare dal­l’applicazione della ritenuta alla fonte gli inte­ressi corrisposti a società non residenti [19] con cui è stato stipulato un contratto di conto cor­rente intersocietario.

L’applicazione di questa disposizione richiede che gli interessi non devono essere corrisposti in esecuzione di un contratto avente per oggetto il prestito di denaro. Appare quindi chiara l’eviden­za che assumono i criteri distintivi fra contratto di finanziamento e contratto di conto corrente intersocietario; solamente in questa seconda ipo­tesi potrà essere applicata l’esenzione dalle rite­nute. Anche l’Amministrazione Finanziaria si è espressa in materia attraverso le due recenti ri­soluzioni già citate;[20] in entrambe è stato chia­rito che i benefici previsti dall’art. 26-bis, del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 possono essere disconosciuti ai negozi formalmente qualificati come cash pooling ma che realizzano, in concre­to, un’operazione di prestito di denaro.

In tal caso, l’esenzione prevista per gli interes­si attivi corrisposti alla società finanziaria non residente può essere disconosciuta; sorge quindi per il sostituto di imposta l’obbligo di applicare le ritenute sui redditi corrisposti ai non residenti.

L’esenzione dalle ritenute viene concessa sola­mente per gli interessi derivanti da depositi e conti correnti; sono esclusi quelli derivanti da prestiti di denaro.[21]

L’interesse attivo maturato dalla società pooler potrà essere esentato a condizione che il rappor­to di cash pooling venga ricondotto ad un con­tratto di conto corrente; appare opportuno veri­ficare che i movimenti in denaro, effettuati nel­l’esecuzione del contratto, non debbano risultare assimilati in alcun modo ad un contratto di fi­nanziamento. Fra gli elementi richiesti per soddi­sfare tale condizione, si evidenzia l’inesigibilità e l’indisponibilità del saldo fino alla chiusura del conto corrente intersocietario.

Non tutte le tipologie di cash pooling possono usufruire del regime di esenzione da ritenuta.

Nella recente Risoluzione n. 194 del 8 ottobre 2003 è stata ribadita l’inapplicabilità dell’esenzione nelle operazioni di cash pooling effettuate utiliz­zando il metodo nozionale (Notional cash pooling). L’amministrazione ha chiarito che l’unica forma di cash pooling ammessa ad usufruire dell’esen­zione sulle ritenute in uscita viene identificata nel metodo denominato Zero balance system.[22] L’applicazione dell’esenzione richiede quindi l’ef­fettivo trasferimento delle risorse monetarie.

La corresponsione degli interessi alla società non residente in esecuzione di un contratto di cash pooling è inoltre assoggettata ad un trattamento differenziato in funzione della localizzazione del soggetto percettore. L’analisi dei requisiti di resi­denza fiscale della società non residente si pre­senta indispensabile per determinare l’applicazio­ne o meno dell’esenzione sugli interessi in uscita. La disciplina fiscale applicabile ad un contratto di cash pooling può essere così riassunta:

Zero balance system

Notional cash pooling

La società estera pooler ri­siede in un Paese non indicato nella black list , di cui al D.M. 23/01/2002, con cui vige un adeguato scambio di i n-formazioni.

Ai sensi dell’art.26-bis del D.P.R. n.600 del 29/09/1973 po­trà essere richiesta l’applica­zione dell’esenzione dalle rite­nute sugli interessi corrisposti alla società non residente.

La recente RM n.194, emessa in data 8 ottobre 2003, ha l’escluso l’applicazione dell’esenzione a tale azntratto che viene considerato in­tegrare una forma di finanziamen­to, ancorché indiretta.

La società estera pooler ri­siede in uno Stato compreso nella black list di cui al D.M. 23/01/2002.

Trova applicazione la ritenuta del 27 per cento prevista nel-l’art.26, c.5, D.P.R. 600/ 1973, salvo la minore aliquota con­venzionale.

Trova applicazione la ritenuta del 27 per cento prevista nel-l’art..26, c.5, D.P.R. 600/1973, salvo la minore aliquota con­venzionale.

5. L’esenzione delle ritenute alla fonte sugli in­teressi corrisposti a società comunitarie.

L’imponibilità degli interessi corrisposti a so­cietà consociate non residenti è stata oggetto del­le modificazioni contenute nella Direttiva Comu­nitaria n.2003/49/CE del 3 giugno 2003.[23]

Al fine di eliminare la doppia tassazione[24] nel pagamento di canoni ed interessi effettuati fra società consociate residenti in diversi Paesi dell’Unione Europea,[25] l’art.1 della Direttiva

prevede che: “ i pagamenti di interessi o di cano­ni provenienti da uno Stato membro sono esenta­ti da ogni imposta applicata in tale Stato su detti pagamenti, sia tramite ritenuta alla fonte sia previo accertamento fiscale, a condizione che il beneficiario effettivo degli interessi o dei canoni sia una società di un altro Stato membro o una stabile organizzazione situata in un altro Stato membro, di una società di uno Stato membro”. L’applicazione dell’esenzione viene subordinata alla verifica di una serie di condizioni, fra cui l’esa­me dei requisiti soggettivi delle società consociate, la definizione del rapporto di connessione intersocietaria,[26] la definizione di interessi e di canoni, [27] la nozione di beneficiario effettivo[28] e l’obbligo di presentare un’idonea certificazione amministrativa.[29] Il legislatore comunitario ha imposto agli Stati membri[30] l’obbligo di adeguare le legislazioni nazionali alle prescrizioni contenute nella suddetta direttiva entro il 1° gennaio 2004.[31] Le vigenti disposi­zioni in materia di ritenute alla fonte continue­ranno a trovare applicazione nei contratti di fi­nanziamento che non potranno beneficiare del­l’esenzione da ritenuta prevista dalla disciplina comunitaria ed, in ogni caso, per quelli stipulati con società consociate non residenti nell’Unione Europea.

6. Conclusioni

La stipulazione di contratti di finanziamento e di tesoreria accentrata permette di ottimizzare la gestione delle risorse monetarie e di diminuire i costi necessari per l’accesso al credito. L’utilizzo delle diverse tipologie contrattuali consente di meglio soddisfare le esigenze legate alle dimen­sioni dell’impresa,[32] ma richiede una particola­re attenzione alle modificazioni fiscali che saran­no a breve introdotte in materia di thin capitalization e di esenzione nei finanziamenti inter-societari comunitari.



[1] Accanto alla stesura di specifici contratti di conto corrente intersocietari, dovranno essere redatti i contratti di mandato con cui le consociate affideranno l’esecuzione del trasferimento dei fondi agli istituti di credito ove verranno accesi gli specifi­ci contratti di conto corrente bancali.

[2] Denominato anche Zero Balance Pool Account System.

[3] Nella risoluzione n. 194/E dell’8 ottobre 2003 (in “il fisco” n. 38/2003, fascicolo n. 2, pag. 5901), merge che solamente il sistema di tesoreria effettuato mediante la procedura dello Zero Balance System può usufruire del regime di esenzione; l’altra procedura viene infatti considerata un sistema di compensazione degli interessi tra le società del gruppo ed è stata assimilata ad una forma di finanziamento, ancorché in­diretta.

[4] Codice civile

Art. 1823

Nozione

II conto corrente è il contratto col quale le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimes­se, considerandoli inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del conto.

Il saldo del conto è esigibile alla scadenza stabilita. Se non è richiesto il pagamento, il saldo si considera quale prima rimessa di un nuovo conto e il contratto s’intende rinnovato a tempo indeterminato.

[5] Cfr. Cassazione, Sez. I, n. 11041 del 22 dicembre 1994, in “il fisco” n. 2/1995, pag. 323.

[6] Nella circolare - ai fini Dit - “si esclude che abbiano natura di crediti di finanziamento le posizioni attive che potrebbero sorgere in relazione all’esecuzione di servizi tipici all’interno del gruppo fra cui, ad esempio, i servizi cosiddetti di tesoreria centralizzata che una società del gruppo di solito rende in favo­re delle altre per l’incasso delle fatture attive e il pagamento di quelle passive relative alla loro attività commerciale”.

[7] Cfr. Trib. Roma, sez. I, n.453, del 1 febbraio 1988, edita in Foro Padano, 1988,1, 453.

[8] R.M. del 27/02/2002, n.58/E e nella recente R.M. del 8/ 10/2003, n.194, in Banca dati “ I Quattro Codici”, Ipsoa edito­re.

[9] La qualificazione di una convenzione all’interno di una fattispecie contrattuale piuttosto che in un’altra compete al giudice di merito.

[10] Cfr. Art.56 Tuir (Dividendi ed interessi); nello schema del decreto legislativo di riforma del Tuir la disciplina applicabile alla tassazione di dividendi ed interessi è contenu­ta nell’art.90.

[11] L’applicazione delle ritenute sugli interessi corrisposti a soggetti non residenti individua il principio di tassazione de­nominato principle of source.

[12] Nello schema del decreto legislativo di riforma del Tuir il credito di imposta per i redditi prodotti all’estero viene di­sciplinato nell’art.167, inserito all’interno delle “Disposizioni relative ai redditi prodotti all’estero ed ai rapporti interna­zionali”.

[13] D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modifica­zioni ed integrazioni

Art. 20

Applicazione dell’imposta ai non residenti [comma 1, lettera h)]

1. Ai fini dell’applicazione dell’ imposta nei confronti dei non residenti si considerano prodotti nel territorio dello Stato:

b) i redditi di capitale corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti, con esclusione degli interessi e altri proventi derivanti da depositi e conti correnti bancari e postali.

[14] D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e successive modifica­zioni ed integrazioni

Art. 41

Redditi di capitale

[comma l, lettera a)]

1. Sono redditi di capitale:

a) gli interessi e altri proventi derivanti da mutui, depositi e conti corrente.

[15] Ai sensi dell’art. art.112, 2° comma, TUIR, si conside­rano prodotti nel territorio dello Stato i redditi indicati nell’art. 20, tenuto conto, per i redditi di impresa, anche delle plusvalenze e delle minusvalenze dei beni destinati, o comun­que relativi alle attività commerciali esercitate nel territorio dello Stato, ancorché non conseguite attraverso stabili orga­nizzazioni, nonché gli utili distribuiti da società e enti, di cui alle lettere a) e b) del comma 1° dell’art.87, e le plusvalenze indicate nell’art.20, comma 1, lett.f).

[16] Nello schema del decreto legislativo di riforma del Tuir le disposizioni che disciplinano i redditi di capitale corrisposti a società non residenti sono disciplinate dal combinato dispo­sto degli articoli n. 44 (Redditi di capitale), art.23 (Applicazio­ne dell’imposta ai non residenti) e art.153 (Reddito complessi­vo).

[17] D.P.R. 29-09-1973, n. 600, e successive modificazioni ed integrazioni,

Art. 26

Ritenute sugli interessi e sui redditi di capitale (comma 5)

I soggetti indicati nel primo comma dell’ articolo 23 opera­no una ritenuta del 12,50 per cento a titolo d’ acconto, con obbligo di rivalsa, sui redditi di capitale da essi corrisposti, diversi da quelli indicati nei commi precedenti e da quelli per i quali sia prevista l’applicazione di altra ritenuta alla fonte o di imposte sostitutive delle imposte sui redditi. Se i percipienti non sono residenti nel territorio dello Stato o stabili organiz­zazioni di soggetti non residenti la predetta ritenuta è applica­ta a titolo d’imposta ed è operata anche sui proventi consegui­ti nell’ esercizio d’ impresa commerciale. L’aliquota della rite­nuta è stabilita al 27 per cento se i percipienti sono residenti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato individuati con il decreto del Ministro delle finanze emanato ai sensi del comma 7-bis dell’ articolo 76 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22-12-1986, n. 917 . La predetta ritenuta è operata anche sugli interessi ed altri proventi dei prestiti di denaro corrisposti a stabili organizzazioni estere di imprese residenti, non appar­tenenti all’ impresa erogante, e si applica a titolo d’ imposta sui proventi che concorrono a formare il reddito di soggetti non residenti ed a titolo d’ acconto, in ogni altro caso.

[18] DPR 29 settembre 1973, n.600 e successive modificazioni ed integrazioni,

Art. 26-bis

Esenzione dalle imposte sui redditi per i non residenti [1] Non sono soggetti ad imposizione i redditi di capitale derivanti dai rapporti indicati nelle lettere a), diversi dai depositi e conti correnti bancari e postale , con esclusione degli interessi ed altri proventi derivanti da prestiti di denaro, c), d), g-bis) e g-ter), dell’ articolo 41, comma 1, del testo unico delle imposte sui redditi , approvato con decreto del Presiden­te della Repubblica 22-12-1986, n. 917, qualora siano perce­piti da:

a) soggetti residenti all’estero, di cui all’ articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239, e successive modificazioni (lettera così sostituita, dall’art. 10, comma 2, lettera a), D.L. 25 settembre 2001, n. 350, modificato in sede di conversione).

[1-bis]. I requisiti di cui al comma 1 sono attestati mediante la documentazione di cui all’ articolo 7, comma 2, del decreto legislativo 1° aprile 1996, n. 239 (comma aggiunto, dall’art. 10, comma 2, lettera b), D.L. 25 settembre 2001, n. 350, modi­ficato in sede di conversione)

[2] Qualora i rapporti di cui alle lettere g-bis) e g-ter) abbia­no ad oggetto azioni o titoli similari l’esenzione di cui al comma 1 non si applica sulla quota del provento corrispondente all’ ammontare degli utili messi in pagamento nel periodo di du­rata del contratto (articolo aggiunto dall’ art. 12, comma 2, D.L.gs 21-11-1997, n. 461) .

[19] L’applicabilità dell’esenzione richiede la verifica dei presupposti soggettivi richiesti alla società non residenti che gestiscono la tesoreria accentrata. Nell’art.26-bis, D.P.R. n.600 del 29 settembre 1973, primo comma, lett.a) viene richiesto che i soggetti non residenti debbano risiedere in Stati con i quali sono in vigore convenzioni per evitare la doppia imposi­zione sul reddito e che consentono all’Amministrazione finan­ziaria di acquisire le informazioni necessarie per accertare la sussistenza di tali requisiti. Appare chiaro che tale disciplina non potrà essere applicata ai soggetti residenti in territori a fiscalità privilegiata.

[20] ) Cfr. R.M. del 27/02/2002, n.58/E e R.M. del 8/10/2003 n.194, in Banca Dati tributaria “I Quattro Codici”, Ipsoa edito­re.

[21] Cfr, Circolare ministeriale del 24 giugno 1998, n.165/E, punto 4.6.

[22] Viene quindi richiesto l’effettivo trasferimento giorna­liero dei fondi ad un unico conto corrente centralizzato.

[23] All’interno del “pacchetto fiscale” oggetto di discussio­ne fino dal 1997, il Consiglio ha emanato la Direttiva n.2003/ 49/CE in materia di pagamenti degli interessi e canoni, e la Direttiva n.2003/48/CE in materia di tassazione dei redditi da risparmio sotto forma di pagamento di interessi. Quest’ulti­ma è stata recentemente analizzata da E. Mignarri, in La de­finitiva approvazione della Direttiva comunitaria sulla fiscalità del risparmio, in “il fisco”, n.34/2003, pag.5318.

[24] Cfr. R. Parisotto, Le consociate “liberate” dalle ritenu­te, in “Ilsole24ore” del 27 agosto 2003.

[25] La Direttiva n.2003/49/CE emessa in materia di interessi e royalties si inserisce nella politica di uniformazione della normativa societaria e fiscale all’interno degli Stati membri dell’UE. Nella disciplina societaria si evidenzia l’emanazione del regolamento comunitario n. 2157/2001 contenente la disciplina applicabile alla Società Europea, e la direttiva 2001/86/CE, in materia di coinvolgimento dei lavoratori. Il regolamento è stato pubblicato in G.U.C.E. in data 10 novembre 2001, entrerà in vigore l’8 ottobre 2004 e si presenta composto dalle disposizioni generali (artt. 1-14), dalle modalità di costituzione della SE (artt.15-37) e di funzionamento della struttura (artt.38-62). La Società Europea potrà nascere dalla costituzione di una SE holding, affiliata, per fusione, e per trasformazione di una precedente società di capitali. Il regolamento contiene ulteriori disposizioni in materia di scioglimento, la liquidazione, e la cessazione dei pagamenti (artt.63-66).Le disposizioni ivi contenute saranno alla data prestabilita di immediata applicazione all’interno dei singoli Stati nazionali.

[26] Nell’art. 3 è contenuta la definizione di società, socie­tà consociata e stabile organizzazione.

[27] Direttiva 2003/49/CE, pubblicata in G.U.C.E in data 26/06/2003,

Art.2

(Definizione di interessi e canoni)

Ai fini della presente direttiva s’intendono per:

a) “interessi”: i redditi da crediti di qualsiasi natura, garan­titi o non da ipoteca e recanti o meno una clausola di parteci­pazione agli utili del debitore e, in particolare, i redditi deri­vanti da titoli e da obbligazioni di prestiti, compresi i premi collegati a detti titoli; le penali per tardivo pagamento non sono considerate interessi;

b) “canoni”: i compensi di qualsiasi natura percepiti per l’uso o la concessione del diritto di autore su opere letterarie, arti­stiche, scientifiche, comprese le pellicole cinematografiche, e il software, di brevetti, marchi di fabbrica o di commercio, disegni e modelli, progetti, formule o processi segreti o per informazioni concernenti esperienze di carattere industriale, commerciale o scientifico; sono considerati canoni i compensi per l’uso e la concessione in uso di attrezzature industriali, commerciali o scientifiche.

[28] Cfr. Direttiva 2003/49, art.1, quarto comma.

[29] Cfr. Direttiva 2003/49, art.1, comma 11, 12 e 13.

[30] Speciali disposizioni transitorie sono state previste per Grecia, Portogallo e Spagna.

[31] Il legislatore italiano dovrà quindi introdurre il regime di non imponibilità per gli interessi corrisposti in esecuzione di rapporti di finanziamento infragruppo stipulati con società residenti nell’Unione europea. L’applicazione di tali disposi­zioni verrà subordinata alla verifica dei presupposti soggetti­vi ed oggettivi indicati nella Direttiva 2003/49/CE.

[32] L’amministrazione finanziaria si è pronunciata in me­rito alle modalità di rimborso delle ritenute di imposta appli­cate ai dividendi distribuiti da una società residente a favore della casa madre estera mediante l’utilizzo del contratto di cash pooling. In merito alla possibilità di corrispondere divi­dendi ad un soggetto estero mediante la procedura di cash pooling era stato posto in data 20 maggio 2003 uno specifico quesito all’Ufficio Italiano Cambi che ha confermato la legit­timità dell’operazione. L’utilizzazione del procedimento di cash pooling per tale operazione è stata avvallata anche dall’am­ministrazione fiscale; nella risoluzione n.189 del 30 settem­bre 2003 è stato chiarito che “il pagamento dei dividendi me­diante il sistema di cash pooling-tesoreria accentrata- oltre ad apparire corretto, risulta legittimo da un punto di vista procedimentale, come confermato, peraltro, dall’Ufficio Ita­liano Cambi”. Nella medesima risoluzione viene descritta la documentazione che deve produrre la casa madre non resi­dente per ottenere il rimborso del credito di imposta relativo alle ritenute applicate sui dividendi distribuiti mediante il con­tratto di tesoreria accentrata da parte di una società control­lata residente in Italia.

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