La tassa del futuro
di Giuseppe Rebecca
Il Commercialista Veneto, N. 136 luglio-agosto 2000
Ogni epoca ha le sue tasse, da sempre. Si cambia il modo di vivere, cambiano i consumi, ma il Principe (e ora il governo) è sempre pronto a tassare il comportamento umano. Non importa cosa si faccia, si colpiscono i consumi, una volta anche vitali. Ai primi dell’800, quante lotte, in tutta Italia, contro l’odiosa tassa sul macinato che dava all’erario oltre l’80% delle entrate totali. Poco importava se la gente povera moriva di fame, se i mugnai lavoravano murati nei loro mulini, la farina era un bene essenziale, non se ne poteva fare a meno, ed ecco i vari governi di quel tempo a tassarla. Al tempo dei faraoni, ricordiamo il “Nilometro“, strumento che in base all’altezza dell’acqua nel pozzo stimava la fertilità del terreno. Ma tornando ai nostri giorni, il contatore dei giri della ruota del mulino è stato da tempo sostituito, dall’erogatore della benzina. Stesso principio, stesso contatore, stessa tassa. Su ogni litro di benzina, ben ¾ del prezzo pagato va all’erario; è una esagerazione bella e buona. Si parla poi degli sconti, attuali, delle 50 lire al litro, quando le imposte sono già di circa 1.500 lire per litro! E siccome non tutti si muovono, per le strade, ecco anche la tassa sulla casa, tipica imposta patrimoniale travestita da imposta sui redditi, accompagnata da parecchi anni, oramai, anche dall’I.C.I.. E’ la tassa più odiata dagli italiani, dopo la tassa sulla salute, che non c’è più, e la tassa sulle successioni, che comunque è in fase di drastico restiling; così ha confermato un recente sondaggio (Il Mondo, Giugno 2000). Comunque, tutta roba da buttare. La tassa del futuro sarà sulle comunicazioni e su internet; già oggi c’è qualcosa, in futuro sarà, riteniamo, la fonte più rilevante di entrate erariali. Si dirà: ma da qualche parte bisognerà pur attaccarsi, per non vedersi ridotto totalmente il gettito. E’ vero, ma ci sono altri settori che, stranamente, non sono tassati. Anni fa, ricordiamo come fosse stata solo ipotizzata la tassa sulla pubblicità. Chi voleva fare pubblicità, chi voleva attirare l’attenzione del consumatore, prendergli un po’ del suo tempo e della sua attenzione, avrebbe dovuto pagare. Non era male, come idea; il disturbo andava pagato, c’era qualcosa di razionale, nella proposta. Il progetto è stato peraltro subito accantonato, su pressione di molti; non certamente dei consumatori. Intanto, finchè il telefono e Internet non sono ancora tassati, sfoghiamoci bellamente; fra non molto potrebbe forse essere più costoso telefonare o chattare.