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Usufrutto sempre più maltrattato

di Giuseppe Rebecca
commercialistatelematico.com - 15 dicembre 2023

 Il trattamento fiscale della cessione dei diritti reali di godimento sta subendo una evoluzione peggiorativa, a tutto danno dei contribuenti.

Ricordiamo come ad oggi la cessione dei diritti reali di godimento sia trattata in due diverse modalità:

  • nel caso di cessione di diritti di superficie, d’uso ed enfiteusi, si applica l’articolo 67, comma1, lettera b) dei TUIR;
  • nel caso di cessione del diritto di usufrutto, si applica invece, anche se la questione non è a nostro avviso del tutto pacifica, l’articolo 67, comma 1, lettera h) sempre del TUIR.

La differenza tra i due trattamenti è del tutto evidente; in base alla lettera b), la tassazione si avrà solo in presenza di cessione di diritti su terreni edificabili o di cessioni entro i 5 anni dall’acquisto; in base alla lettera h), sempre.

Il ddl di bilancio 2024 prevede novità negative, per tutti, relativamente a queste fattispecie.

Breve analisi

L’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 6/E/2018 ha recepito una sentenza della Corte di Cassazione (n. 15333del 2014) secondo la quale c’è perfetta equiparazione tra cessione delle piena proprietà e cessione di diritti reali di godimento, nel caso di cessione del diritto di superficie. E questo in base all’articolo 9, comma 5 del TUIR. Pertanto, come sopra indicato, si applicherà la lettera b) del comma 1 dell’articolo 67 del TUIR.

Nel caso invece della cessione dell’usufrutto, che pur sempre è un diritto reale, si hanno più interventi da parte dell’amministrazione finanziaria, tutti per la applicazione della lettera h) sempre del comma 1 dell’articolo 67 del TUIR. Ci riferiamo, da ultimo, alla risposta ad interpello n. 381 del 12 luglio 2023, da noi commentata e criticata nell’articolo “ L’usufrutto maltrattato dal Fisco: non è vero che la cessione è sempre tassabile !”, ne Commercialista Telematico del 15 settembre 2023. Tale risposta richiama una datata risoluzione del 1993 (la n. 20 del 12 gennaio 1993).

Si rimanda a tale articolo per un commento dettagliato. Qui ne riportiamo un estratto, relativo alla critica che muoviamo, assieme ad altra dottrina, a questa soluzione.

La critica

Questa tesi è stata fin da subito contestata. Gli argomenti posti a supporto sono i seguenti:

1. L’articolo 67 TUIR alla lettera b) prevede la tassazione delle cessioni immobiliari, ma solo in presenza di determinati presupposti, e cioè o che si tratti di area edificabile, sempre, oppure di immobile acquistato da meno di 5 anni, e non utilizzato direttamente per almeno metà del periodo;

2. Non viene considerato, con questa previsione, l’articolo 9, comma 5, del TUIR il quale parifica la cessione dei diritti reali di godimento alla cessione dei beni; si tratta di un principio generale, che quindi necessariamente prevale su disposizioni specifiche; se la cessione dell’intero bene non è tassabile, lo deve essere anche la cessione di un diritto reale sullo stesso.

3. Se fosse valida la tesi dell’Amministrazione finanziaria, la cessione di un diritto di usufrutto sarebbe in ogni caso sempre tassabile, indipendentemente dal tipo di immobile ceduto;

4. La distinzione fatta dalla Agenzia, usufrutto tassato e servitù non tassata non è condivisibile, trattandosi in ambo i casi di un diritto reale.

L’articolo 9, comma 5 prevale su tutto, e quindi la cessione di un immobile o di un diritto reale sarà tassata solo in presenza dei necessari presupposti, terreno edificabile o possesso inferiore ai 5 anni.

È stata ricordata anche la sentenza della Cassazione n. 15333 del 2014 secondo la quale la cessione di un diritto di superficie su area edificabile o su immobili posseduti da meno di 5 anni è sempre tassabile, mentre non lo è per la cessione dello stesso diritto di superficie su immobili posseduti da oltre 5 anni. Ed è evidente come si tratti sempre di diritti reali, diritto di superficie, diritto di servitù e diritto di usufrutto. Alla fine anche l’Agenzia delle Entrate ne ha condiviso l’orientamento, come risulta dalla circolare 6/E/2018 con la quale appunto ha cambiato atteggiamento. Quindi costituzione di diritto di superficie su terreno agricolo posseduto da oltre 5 anni non tassabile, anche per l’Agenzia delle Entrate, mentre lo sarebbe la cessione dell’usufrutto. Sul punto si ricorda anche la norma di comportamento n. 183 della Associazione Italiana dei Dottori Commercialisti che ha ritenuto applicabile la tassazione, ai fini delle imposte dirette di una cessione di diritto di superficie solo in presenza dei presupposti di cui all’art. 67, comma 1, lettera b).

Si può ricordare come il Notariato, nello studio n. 32-2017/T, abbia cercato di trovare una giusta interpretazione a quanto previsto dalla lettera h) dell’art.67 TUIR. La “concessione in usufrutto” prevista da tale articolo, sempre tassabile, si riferisce esclusivamente alla cessione di usufrutto posta in essere dall’usufruttuario, ex art. 980 c.c..

Lo Studio distingue tra:
- la cessione del diritto di usufrutto operata dall'usufruttuario, che ricade nella lett. h) dell'art. 67 e genera, quindi, sempre plusvalenza, indipendentemente dal decorso del quinquennio;
- la costituzione del diritto di usufrutto, che ricade nella lett. b) dell' art. 67 del TUIR e genera plusvalenze imponibili solo nei limiti da questa norma fissati (Nello stesso senso anche Studio Notariato n. 60 -2006/T). Sempre secondo questo studio, con riferimento alla cessione e costituzione di diritti reali, il presupposto di imposta si esaurisce e coincide con il trasferimento del diritto, in relazione alla sola fattispecie della cessione di usufrutto operata dall'usufruttuario, il legislatore ha voluto cogliere un ulteriore aspetto, “volto a tassare in capo al cedente usufruttuario, non solo la cessione in sé ma anche la ricchezza che derivi dalla circolazione della produttività del bene nel tempo”.
Conclude, il Notariato, ricordando come la fattispecie di cui alla lett. h) dell'art. 67 implica che il diritto di usufrutto “sopravviva” all'operazione di cessione. Ne consegue che la cessione dell'usufrutto operata dall'usufruttuario congiuntamente alla cessione della nuda proprietà operata dal suo titolare produce redditi ricadenti nella lett. b) dell'art. 67 anche per l'(ex)usufruttuario, configurando nel suo complesso una “cessione” della piena proprietà, atteso che, a seguito dell'operazione, l'usufrutto si estingue ex art. 1014 co. 2 c.c., per la riunione dell'usufrutto e della nuda proprietà in capo al medesimo soggetto “.

Resta in ogni caso evidente il fatto, a nostro avviso del tutto razionalmente insostenibile, che per uno stesso bene, terreno non edificabile o acquisito da oltre 5 anni, in presenza di una cessione totale da parte di un privato non si ha imposizione, mentre la si avrebbe per una cessione di usufrutto. Si pensi anche ad una eventuale cessione frazionata contestuale; applicando la tesi ministeriale, non ravvisando motivazioni sufficienti per escluderne la applicazione a questa fattispecie, questa infatti sarebbe la situazione: applicazione di trattamenti tributari differenti, per la cessione della nuda proprietà ad una persona e dell’usufrutto ad altri. Proprio questa ipotesi dovrebbe poter far capire la irrazionalità della interpretazione ministeriale.

Il DDL di bilancio 2024

Ed ecco che ora interviene la legge di bilancio 2024, che prevede la applicazione della lettera h) del primo comma dell’articolo 67 TUIR a tutte le cessioni di diritti reali, e quindi non solo per l’usufrutto (ora previsto specificatamente), ma anche per gli altri diritti reali, che fino al 2023 ne erano esclusi, rientrando nella lettera b) di tale articolo.

Pertanto dall’1 gennaio 2024 tutte le cessioni di diritti reali sono considerate operazioni speculative, indipendentemente dalla data di acquisizione del bene, ed anche per i terreni non edificabili.

Tra l’altro, per quanto riguarda il diritto di superficie, l’uso e l’enfiteusi, con evidenti problemi pratici di determinazione della plusvalenza, per quanto concerne il valore iniziale da porre a confronto.

Non siamo convinti che si tratti di una soluzione corretta, quanto piuttosto di un appoggio normativo ad una tesi ministeriale, almeno per l’usufrutto, e anzi prevediamo un ripensamento, che ci auguriamo a breve. Si pensi tra l’altro a quanti problemi potrà sollevare questa norma, per il settore energetico, relativamente ai contratti di diritto di superficie per gli impianti fotovoltaici.

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