Vicenza, Domenica 22 Dicembre 2024

>> Anno 2013

Mission impossible: la riduzione del debito pubblico in Italia

di Giuseppe Rebecca
Il Commercialista Veneto, N. 213 - Maggio / Giugno 2013

Il debito pubblico italiano è in costante continua crescita, da circa 30 anni. Prima era quasi inesistente.

Nello stesso tempo anche la spesa pubblica corre, e corre evidentemente di più delle entrate.

La tanto millantata “spending review” è solo una dichiarazione di facciata; non si riduce la spesa, o meglio, si riducono certe spese essenziali (sanità e istruzione), ma non si riducono o si riducono troppo poco altre spese (spese militari, spese per la politica, spese per il malaffare).

Ogni governo ha le sue colpe, anche Ciampi e Amato, da taluno ritenuti invece virtuosi, sotto questo aspetto.

Da uno studio del Ministero dell’Economia e delle Finanze “La spesa dello stato dall’unità d’Italia. Anni 1862 – 2009” riportiamo i dati della spesa pubblica.

In tale studio risulta che per il 2009 la spesa complessiva è stata di 699 miliardi di Euro. Da tale tabella riportiamo la spesa, a valori espressi in base ai prezzi 2009, per qualche anno.

1960

52 miliardi

1970

119 miliardi

1975

168 miliardi

1980

350 miliardi

1985

437 miliardi

1990

589 miliardi

1995

597 miliardi

2000

663 miliardi

2005

676 miliardi

2009

699 miliardi

Nel 2013 la spesa è stata stimata sull’ordine degli 800 miliardi di Euro.

A fronte di queste spese, questo l’andamento del debito pubblico italiano.

Dati in miliardi di Euro

Anno

PIL

Debito Amministrativo Pubblico Consolidato

Saldo interessi

Delta debito pubblico

Governi

1980

203

114

8

-

Cossiga I – II - Forlani

1981

244

141

10

27

Forlani – Spadolini I

1982

288

169

17

28

Spadolini II – Fanfani VI

1983

335

203

24

34

Fanfani VI – Craxi I

1984

383

247

30

44

Craxi I

1985

430

300

34

53

Craxi I

1986

475

357

38

57

Craxi I – Craxi II

1987

520

417

38

60

Craxi II – Fanfani VI – Goria

1988

577

481

45

64

Goria – De Mita

1989

634

553

55

72

De Mita – Andreotti VI

1990

701

668

67

115

Andreotti VI

1991

766

755

83

87

Andreotti VI –VII

1992

806

850

94

95

Andreotti VII – Amato I

1993

830

960

101

110

Amato I – Ciampi

1994

878

1.069

93

109

Ciampi – Berlusconi I

1995

947

1.151

102

82

Dini

1996

1.004

1.214

108

63

Dini – Prodi I

1997

1.049

1.238

92

24

Prodi I

1998

1.091

1.254

82

16

Prodi I – D’alema

1999

1.127

1.282

71

28

D’alema

2000

1.191

1.300

72

18

D’alema – Amato II

2001

1.249

1.358

75

58

Amato II – Berlusconi II

2002

1.295

1.369

68

11

Berlusconi II

2003

1.335

1.393

65

24

Berlusconi II

2004

1.400

1.445

63

52

Berlusconi II – Berlusconi III

2005

1.423

1.513

67

68

Berlusconi III

2006

1.475

1.582

68

69

Berlusconi III – Prodi II

2007

1.554

1.599

78

17

Prodi II

2008

1.575

1.663

80

64

Prodi II – Berlusconi VI

2009

1.520

1.769

 

106

Berlusconi VI

2010

1.552

1.851

 

82

Berlusconi VI

2011

1.578

1.907

 

56

Berlusconi VI – Monti

2012

1.566

1.989

 

82

Monti

2013

genn.

2.023

 

34

Monti

Cosa aspettarci?

Nulla di positivo.

I problemi dati dalle spese non sono affrontati in modo sufficientemente deciso, e le entrate, anche a causa di una politica solo ora da tutti ritenuta recessiva, in un periodo tra l’altro già caratterizzato da una crisi mondiale, non potranno che diminuire.

La questione è del tutto irrisolvibile, salvo decisioni forti.

Ma per non deprimerci troppo, ecco intanto qualche aspetto curioso del debito pubblico.

Si tratta di un importo che nessuna persona al mondo riuscirebbe mai a contare, in tutta la sua vita. Ma anche ove si volesse proprio contarlo materialmente, questo debito, servirebbero molte persone che per tutta la loro vita non facessero altro[1]. Almeno 20 persone che contano, per tutta la loro vita, fino alla pensione. Con il rischio che, arrivati alla fine, il debito sia ancora aumentato. Se ragioniamo invece in termini di lunghezza, il debito pubblico tradotto in biglietti da 100 euro è lungo 7 volte l’equatore [2]. Pare incredibile, ma è proprio così.



[1] Si stima che una persona possa contare 200 biglietti da 100 al minuto pari a 12.000 all’ora e 96.000 al giorno di 8 ore. Per un anno di lavoro, stimato in 220 giorni lavorativi, abbiamo 21,12 milioni di biglietti annui. In 40 anni di lavoro, si hanno 845 milioni di biglietti. Il debito pubblico è fatto da 20 miliardi di biglietti da 100. Servono quindi 24 persone (845 x 24 = 2.028) che lavorino 40 anni, sempre, mai una malattia, mai uno sciopero, per un lavoro così noioso. Se fossero un po’ più veloci, forse basterebbero anche solo 20 persone.

[2] Equatore km 40.075. Biglietto da 100 euro: larghezza cm. 14,75. L’equatore è equivalente a 271,7 miliardi di biglietti da 100 euro. Per fare 2.000 miliardi di euro si gira l’equatore oltre 7 volte (7,36 per l’esattezza).

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