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Riforma Catasto, le nuove rendite e l’impossibile invarianza di gettito

di Giuseppe Rebecca
portale Lettera43.it, 14 novembre 2014

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La riforma del Catasto (prevista dalla legge delega di riforma fiscale numero 23 dell’11 marzo 2014) sta facendo i suoi primi incerti passi. Il 10 novembre è stato approvato dal governo il decreto legislativo sulla istituzione delle commissioni censuarie - centrale e periferiche (103 commissioni) - nuovo strumento operativo sul quale si baserà tutta la costruzione del nuovo Catasto. Per inciso, ai componenti delle commissioni spetta solo il rimborso delle spese di viaggio e di soggiorno.

NUOVI VALORI E CATEGORIE. Dovranno essere definiti da queste commissioni unità, categorie e i nuovi valori catastali; la chiave di tutto è l’algoritmo che starà alla base di questi conteggi. E il decreto sulla «funzione statistica» è previsto per la fine del 2014, così da consentire l’avvio del lavoro delle commissioni già dal 2015. Per ogni «microzona» e per ogni tipologia di immobile (abitazione, negozio, capannone, e così via) bisognerà infatti individuare il «valore medio di mercato» cui applicare i coefficienti che terranno conto, tra l’altro, di «ubicazione, epoca di costruzione e grado di finitura».

RIORDINO PER IL CATASTO. Le attuali categorie catastali (45) verranno riordinate, prevedendone solo tre per il residenziale (fabbricati con più unità, unifamiliari e abitazioni tipiche dei luoghi), otto o nove per le categorie «ordinarie» (cantine, negozi, laboratori, magazzini e uffici) e infine circa 17-18 per le categorie speciali (le ex B, D ed E più alcune residuali come la ex A9 che oggi comprende gli immobili storici). La categoria F sarà ancora una categoria a parte (immobili improduttivi di reddito). Le attuali classi, invece (oggi sono migliaia, diversificate a seconda dei Comuni), scompariranno del tutto. Saranno elaborate più funzioni per la stima degli immobili: una nazionale e altre locali, in collaborazione con i Comuni.

REVISIONI CON CONSEGUENZE. Approfondiamo in questo intervento le possibili conseguenze che deriveranno dalla revisione in aumento dei valori relativamente alle imposte, dirette e indirette. La questione era ovviamente presente al legislatore, che ha provveduto con una delega specifica, prevedendo in generale l’invarianza degli introiti. Solo che, come avremo modo di vedere, si tratta di parole, di belle parole, del tutto inapplicabili, sotto l’aspetto pratico operativo. Ci meraviglia in ogni caso come ancora poche voci si siano alzate contro quello che si preannuncia come il cataclisma fiscale prossimo venturo, almeno secondo noi.

Il gettito complessivo sugli immobili resta invariato

La legge delega per la riforma fiscale, oltre a una rassicurante generale previsione di riduzione dell’imposizione fiscale (articolo 16), prevede una cosa molto importante, come si è già detto: l’invarianza di gettito complessivo relativamente alla imposizione sugli immobili. Ma si tratta solo di belle parole, come si vedrà, di promesse impossibili da mantenere; la realtà sarà del tutto differente, e a danno dei cittadini.

VICINANZA ALLA REALTÀ. La riforma catastale, modificando in modo radicale i criteri di determinazione dei valori catastali imponibili, porta i valori fiscali più vicini a quelli reali. Si rischia così di innescare un processo di lievitazione dell’imposizione tributaria sugli immobili, tale da dare il colpo di grazia al settore, già così fortemente colpito dalla recente frenesia degli introiti facili e immediati innescati dall’improvvido Mario Monti. Il Sole 24Ore di martedì 11 novembre 2014 ha ipotizzato, con il nuovo catasto, un aumento dei valori patrimoniali da due a tre volte, e un aumento delle rendite anche di 11 volte. Ma al di là di questo aumento dei valori, sicuro, essendo la stessa logica del provvedimento a prevederlo, non dovrebbe invece aumentare il gettito complessivo, come prevede la legge.

OMBRE SUI PRELIEVI. Ci sono, però, degli aspetti problematici ancora irrisolti, e a nostro avviso nemmeno risolvibili. L'invarianza complessiva del gettito prevista dalla legge delega fiscale non è, infatti, invarianza del prelievo a carico del contribuente, né invarianza di una specifica imposta, ma una dichiarazione di principio su una semplice invarianza teorica di gettito totale per lo Stato, come parrebbe di poter intendere. Non è stabilito nemmeno il principio dell’invarianza del gettito a livello locale, in quanto manca una specifica norma in tal senso. Si tratta quindi di una invarianza complessiva, calcolata non si sa come né da chi, e nemmeno è indicato chi dovrà valutarla.

LA RIDUZIONE FISCALE. Vediamo cosa dice la norma. L’articolo 2 della legge delega al comma 3, lettera B attribuisce al governo la delega a emanare, tramite decreto legislativo, norme dirette a: «Garantire l’invarianza del gettito delle singole imposte il cui presupposto e la cui base imponibile sono influenzati dalle stime di valori patrimoniali e rendite, a tal fine prevedendo, contestualmente all’efficacia impositiva dai nuovi valori, la modifica delle relative aliquote impositive, delle eventuali deduzioni, detrazioni o franchigie, finalizzate a evitare un aggravio del carico fiscale, con particolare riferimento alle imposte sui trasferimenti e all’imposta municipale propria (Imu), prevedendo anche la tutela dell’unico immobile non di lusso e tenendo conto, nel caso delle detrazioni relative all’Imu, delle condizioni socio-economiche e dell’ampiezza e della composizione del nucleo familiare, come rappresentate nell’indicatore della situazione economica equivalente (Isee), anche alla luce dell’evoluzione cui sarà soggetto il sistema tributario locale fino alla piena attuazione della revisione prevista dal presente articolo». Nella successiva lettera M è previsto un meccanismo di monitoraggio, con relazioni dapprima semestrali, con possibilità di intervenire anche con correttivi. E si tenga anche conto che, come già riportato, lo stesso articolo 16 della legge delega prevede, in generale, il dichiarato obiettivo di riduzione dell’imposizione fiscale!

Niente di positivo all'orizzonte con la riforma completata

Cosa dobbiamo attenderci? Niente di positivo, a riforma completata, ma nemmeno nel frattempo, purtroppo. Il presidente della commissione Finanze del Senato, Mauro Marino, ha così letteralmente affermato: «Non bisogna aspettare che il percorso di cinque anni per il nuovo Catasto sia portato a termine: le sperequazioni maggiori possono essere ridotte drasticamente con un algoritmo che valga per il periodo transitorio e che entrerà in vigore a breve». Ma cosa vorrà dire? Molto semplice: che a breve avremo un algoritmo anticipatore della riforma. Ma cosa sarà mai? Un qualcosa di automatico? Parrebbe di sì, o meglio uno strumento che, partendo dalla base vecchia, arrivi a una nuova valorizzazione degli immobili e conseguentemente delle basi imponibili. È ovvio che temiamo il peggio. Con gli algoritmi si possono fare molte cose, e non necessariamente positive.

NESSUN DANNO ALL'ERARIO. Ma vediamo la questione gettito. I nuovi e sicuri maggiori valori degli immobili, comporteranno anche l'aumento del gettito fiscale, a parità di aliquote attuali. Si tratta di un semplice calcolo aritmetico il cui effetto è del tutto pacifico, salvo appunto la clausola dell’invarianza, della parità di gettito. Il fatto che oggi la base imponibile sia più bassa del valore reale degli immobili, il che è notorio, non significa che il gettito delle imposte sia inferiore a quanto l’amministrazione finanziaria desidera. Il legislatore, infatti, ha modulato nel tempo le aliquote in modo tale da ottenere il gettito voluto, gettito che tiene conto dei valori ridotti. I valori bassi non comportano quindi alcun danno per l’Erario.

RISCHIO DI SQUILIBRI. Piuttosto, nel sistema catastale attuale possono invero presentarsi situazioni di squilibrio di valori, a seconda delle epoche dell’accatastamento, delle revisioni intervenute, del diverso funzionamento degli uffici erariali e dei Comuni. Ma per ovviare a queste sperequazioni non c’è - e non c’era - alcun bisogno di cambiare i criteri di determinazione dei valori imponibili. Ora si prevede una revisione in aumento di tutti i valori degli immobili. Ove le aliquote, sia per le imposte dirette sia per quelle indirette, non dovessero subire la stessa riduzione inversamente proporzionale all’aumento di valore degli immobili, ne conseguirebbe una situazione del tutto insostenibile, da parte dei contribuenti, per via dei conseguenti aumenti dell’imposizione.

MECCANISMO NON NEUTRO. Il meccanismo della dichiarata invarianza di gettito è destinato a incepparsi, e a non essere neutro per i contribuenti. L’aumento di valore degli immobili sarà molto diversificato, sul territorio, sia per area, sia per zona e microzona, sia per tipologia di immobili. Avranno maggior peso le tipologie dell’area (città o periferia), le zone (più o meno degradate), gli interventi di recupero e l’età degli immobili. Le aliquote, delle imposte dirette e indirette, invece, si presume saranno uniformi, come oggi, su tutto il territorio nazionale, più basse, appunto, ma uniformi.

Il sistema è destinato a essere schizofrenico

Come si farà, dunque, a garantire l’equivalenza, rispetto a oggi? Per il futuro, avremo aliquote per ogni Comune, o meglio aliquote per ogni immobile? Oppure una sola aliquota media, che possa tenere conto di tutte le variazioni? E questo sia per le imposte dirette sia per le imposte indirette. E per le imposte dirette, come si procederà? Forse con un abbattimento specifico? Chiaramente non potrà essere così! Quindi si pagherà di più? E qualcuno riuscirà a pagare di meno? C’è qualcosa di schizofrenico, in tutto ciò. Forse conveniva non fare nulla.

FINTA RAZIONALIZZAZIONE. L’unica spiegazione che riusciamo a darci è solo una, ed è scoraggiante, tanto che non la reputiamo realistica. Si vuole aumentare ancora una volta il gettito sugli immobili facendo finta di nulla, o meglio facendo finta di razionalizzare la materia. Si comincia con una rassicurazione, non richiesta: la riforma fiscale ha l’obiettivo di ridurre le imposte; si dà poi la bonaria rassicurazione che il gettito totale sugli immobili non aumenterà, e si abbandonano i contribuenti al loro triste segnato destino. Se poi i proprietari dovessero protestare, si vedrà, piano piano, cosa fare. La politica dei piccoli passi, appunto. Che fallimento!

MERCATO AL COLLASSO. Pare difficile, per non dire assolutamente impraticabile, l’applicazione pratica della clausola di salvaguardia. Evidentemente non è bastato il disastro della Tasi, con migliaia di delibere e di regolamenti, in un guazzabuglio sempre più inestricabile! Già i grossi pasticci causati da Monti hanno portato al collasso il mercato immobiliare. Per raccogliere con immediatezza qualche risorsa in più, si è di fatto applicato una patrimoniale monstre sul patrimonio immobiliare; e tutto ciò per nulla. Siamo tutti più poveri, e con scarse e sempre più incerte possibilità di crescita.

MEGLIO LA PATRIMONIALE. Era decisamente meglio se si fosse applicata una patrimoniale, una tantum, e il mercato non ne avrebbe risentito così tanto come invece questo stillicidio di norme ha comportato. Il nuovo Catasto darà il colpo di grazia al settore, già fiaccato. Ma non c’è nessuno che ha il coraggio di bloccare queste norme fiscali dettate solo da esigenze immediate di cassa?

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